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Autore: Karyon    12/04/2008    5 recensioni
La scelta di Nana. L'odio di NANA.
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nana Komatsui, Nana Osaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Shrewd Heart

 

Shrewd Heart

 

 

 

Non credevo potesse essere possibile…

Eppure quel giorno, per la prima volta, odiai Nana.

La odiai con tutta me stessa.

 
“Cosa vuol dire calcolatore?”
Un tempo avrei affermato  di non saperlo, o quanto meno, lo avrei finto.
Calcolatore: scaltro, astuto, furbo.
In qualsiasi modo lo si metta, ha qualcosa di sbagliato.
E’ finto; come un fascio di fiori di plastica.
Possono riprodurre il colore, perfino la consistenza, dei fiori veri;
ma non potranno mai replicarne il profumo, o le sensazioni che instillano.
Quel giorno- maledetto e fortunato- capii di essere come un fiore di plastica.
Di non poter sfiorire, e quindi perdere la bellezza e la vitalità;
ma di non possedere alcun profumo.
***

 
Era una giornata luminosa, come non lo era da giorni.
Il sole splendeva, radioso, come per allontanare con i propri raggi, le nuvole che lo minacciavano.

Eppure non vi era sole in quell’appartamento. Non quel giorno. Non per me.

 “Nana?”

La chiamai sussurrando, poi con maggiore insistenza, non intuendo nulla di quello che sarebbe accaduto da lì a poco.
Avevo trovato lavoro, l’ennesimo, in una libreria.
Fortunatamente, nonostante il mostruoso ritardo, il Signor Hattori aveva accettato di farmi un colloquio.
Perché ero arrivata in ritardo?
Per lui. Anche se avrei dovuto dire per me stessa.

Ma non era il caso di mentire; non a me. Sarebbe stato stupido, fuggire da me stessa.

Avevo passato la notte da Takumi, ancora una volta.
Ero stata bene, tuttavia…c’era qualcosa che mi tratteneva, mi percuoteva.
E sapevo esattamente di cosa si trattava.

Nobu. 

Nobu era lì.
Ancora una volta aveva voluto scortarmi a casa e sulla via che costeggiava il fiume abbiamo incontrato Takumi.
Nell’attimo in cui i suoi occhi avevano incrociato i miei, avevo compreso: mi cercava; inseguiva il mio corpo, non me.

E per una volta avrei voluto essere forte. Non accettare, tornare a casa con Nobu che mi faceva ridere, che si interessava a NANA, non a ciò che ostentavo, a ciò che c’era fuori.

Ma non sono mai stata forte.
Non lo ero con Asano, tanto da diventarne l’amante consapevole;
non lo sono stata con Shoji, il quale ha cercato di meglio.

In realtà, non sono mai stata ingenua.
Ai tempi in cui credevo mi piacesse Yasu, finsi di essere una donna tradita, inerte;
E già ora con Nobu, cercavo consolazione per Takumi.
Nonostante lui non mi avesse affatto “lasciata”, né costretta con la forza a seguirlo.

Ho sempre pensato di essere una malvagia persona, eppure poiché nessuno me lo rammentava,
potevo fingere che non fosse vero.
Costringere lo specchio a riflettere un’altra persona, la Haciko spensierata, ingenua, dolce.

Non la Nana subdola, calcolatrice, indifferente al dolore altrui.

Probabilmente fu quello il motivo per cui odiai Nana.
Perché mi sbatté contro una realtà a cui non ero pronta, che non volevo vedere.

Nana mi mostrò ciò di cui ero capace, con le sue lacrime.

“Nana!”

Quante volte la chiamai? Ma in fondo- ora lo so- speravo non mi rispondesse perché non fosse in casa.
Invece era lì. In camera mia, sul mio letto.
Di solito ero io l’intrigante; sempre a toccare le sue cose, sempre ad invaderle lo spazio…
Come se questo la rendesse più mia, e non le permettesse di abbandonarmi.

Perché ero- mi mostravo- debole e fragile.

Era lì, con le braccia incrociate alle gambe, il maglione che le avevo regalato, il fumo che la avvolgeva come nebbia, offuscandola.

Sembrava quasi un’ illusione.
E sperai con tutte le mie forze, affliggendomi la carne con le unghie, che fosse un sogno.
E non un incubo.

“Nana…”

Non fui io, fu lei.
Mi chiamò Nana, mi fissò con alcuna traccia di amore negli occhi, solo rancore.
Ed io, rimasi inchiodata alla porta, tremante, come se mi avesse schiaffeggiata.
Eppure Nana, non si era mossa di un millimetro.

 “Odio le persone così calcolatrici.”

Chissà perché, mi venne in mente questa tua frase.
Innocua, buttata lì per caso, ma che feriva come olio bollente sulla pelle.
La pronunciasti in una notte nevata.
Quando, al freddo, aspettavamo il mio principe azzurro di ritorno dal lavoro.
Attimi prima che scoprissi di Shoji e Sachiko.
In quel momento, capii di essere in errore.
Che io, col mio aspetto angelico e la mia anima nera, mi sentivo piccola rispetto ai tuoi modi di fare rozzi, ma che non celavano nulla.
Eri tu. Né più, né meno.
Ma non avresti pronunciato nuovamente quelle parole, vero Nana?

Il fumo scomparve, e con esso ciò che l’aveva procurato.
Fissai la cicca, scintillante come una stella cadente, precipitare dalla finestra della mia camera.
Ed ebbi paura. Di un tuo abbandono.
Mentre ti avvicinavi vidi qualcosa che letteralmente mi paralizzò il core: lacrime.
Argentee, copiose, sgorgavano dai profondi occhi color nocciola.

Forse fu una delle pochissime volte che ti vidi piangere.
Versavi lacrime per me, per ciò che ero.

“Nobuo è un bravo ragazzo. Non merita questo trattamento.
Tu non meriti lui.”

Fu una semplice frase, sussurrata al mio orecchio a pochi passi di distanza, ma sembrò come urlata e mi colpì profondamente.

Nana se ne andò. E sembrò prosciugare tutto il calore e la luce di quella stanza.
La guardai, senza in realtà vederla.
Le lacrime premevano per uscire, ma non le lasciai fare: non meritavo di piangere.

Nobu aveva sofferto per me.
E anche Nana aveva sofferto.
Ora lo so: era amareggiata perché non mi aveva aiutata a cambiare, ad essere migliore.
Tutti coloro che hanno avuto a che fare con me, hanno sofferto.
Ed io?
Dolore di pochi giorni, massimo settimane.
Le mie lacrime non sono come quelle di Nana, o Ren, o Nobuo, o Yasu.
Le mie lacrime sono perle;
seppur dolorosamente bellissime,
conservano intatto il sapore amaro del mare tranquillo, nonostante la tempesta che sconvolge il mondo circostante.
Piansi, tanto da soffocare.
Eppure sapevo che- come al solito- le lacrime sarebbero finite, il sole avrebbe nuovamente fatto capolino dietro la coltre di nuvole ed io sarei sopravvissuta.

Bella, calcolatrice e sola.

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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