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Autore: LilithJow    25/10/2013    3 recensioni
Luci spente, cala il sipario, ma il mondo continua a girare. Con te, senza di te, non fa differenza.
Tutte le lotte, le urla, la disperazione, il panico, l'angoscia che hai affrontato, improvvisamente, cessano di esistere e tu... Semplicemente scompari.
Come potevo pensare alla morte in questi termini? L'idea dell'immortalità si era celata in me, fin dentro alle ossa, a tal punto che nella mia testa non vi era più il posto per il pensiero della fine di tutto.
Non era poi per questo che erano stati creati i vampiri? Vivere sempre, per sempre.
Nemmeno la solitudine mi toccava più, anzi; nell'ultimo periodo, l'avevo persino desiderata e amata.
Forse, avrei dovuto amarla di più.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna, Jeremy Gilbert, Kol Mikaelson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"..so go on, live your life, so go on, say goodbye".



Luci spente, cala il sipario, ma il mondo continua a girare. Con te, senza di te, non fa differenza. Tutte le lotte, le urla, la disperazione, il panico, l'angoscia che hai affrontato, improvvisamente, cessano di esistere e tu... Semplicemente scompari.

Come potevo pensare alla morte in questi termini? L'idea dell'immortalità si era celata in me, fin dentro alle ossa, a tal punto che nella mia testa non vi era più il posto per il pensiero della fine di tutto. Non era poi per questo che erano stati creati i vampiri? Vivere sempre, per sempre. Nemmeno la solitudine mi toccava più, anzi; nell'ultimo periodo, l'avevo persino desiderata e amata.

Forse, avrei dovuto amarla di più.

***


Il mio corpo giaceva a terra, su un manto morbido, bianco, candido. Sembrava essere neve fresca: la sensazione che regalava alle mie dita che la toccavano lieve, era la stessa che provai un inverno, di tanti secoli fa, quando ero ancora bambino e giocavo sotto i grandi fiocchi che cadevano sul villaggio dove abitavo.
Avevo gli occhi chiusi, le palpebre pesanti, che feci fatica a sollevare. Sopra di me, il cielo, azzurro, il più limpido che avessi mai avuto occasione di vedere. Non c'era nemmeno una nuvola a sfumarlo, eppure la neve continuava a scendere da esso: imperterrita e delicata, a sfiorarmi e accarezzarmi piano le guance, quasi volesse lenire le mie non-evidenti ferite. Stavo stranamente bene, per quanto uno nelle mie condizioni potesse esserlo.
Sarei rimasto lì sdraiato per ore, giorni, forse davvero per l'eternità, se non fosse stato per il viso di una ragazza che si interpose tra il mio viso e il cielo, oscurandomi la visuale.
I suoi tratti mi erano familiari, oppure no. Nella mia testa c'era troppa confusione in quel momento per recuperare un ricordo di chissà quanti anni prima.
Ma i suoi occhi allungati, le sue labbra rosee, la pelle color latte e i capelli scuri, mi infusero ancor più benessere e tranquillità. Era possibile che una sconosciuta potesse farmi un effetto del genere?

«E tu chi sei?». Quelle parole uscirono fuori dalla mia bocca senza che io potessi effettivamente controllarle.

Lei sorrise appena e si portò una ciocca di capelli dietro ad un orecchio. «Beh, potrei farti la stessa domanda» sussurrò. Aggrottai le sopracciglia e il suo sorriso appena accennato si trasformò una lieve risata. Scossi la testa e mi alzai da terra, quasi di scatto. Guardandomi attorno, tutto ciò che vidi, fu la neve.

Tutto bianco in basso, tutto azzurro in alto.

Nient'altro, come se avessimo i piedi sopra al vuoto.

«Dove siamo?» chiesi, ancora, e quella volta fu per mia volontà.

«Vuoi sempre sapere tutto, uh?» replicò la ragazza, aggiustandosi con grazia il vestito color panna che indossava e che quasi si confondeva con la sua carnagione.

Mi morsi piano il labbro inferiore. Perché, improvvisamente, il benessere era svanito? Forse a causa dei dubbi o forse, più semplicemente, per paura.

«Hai intenzione di rispondermi prima o poi?». Posi l'ennesima domanda, allargando le braccia, con fare plateale. Lei inclinò di poco il capo di lato e mi guardò. Due pozzanghere color nocciola mi squadrarono; sentii i suoi occhi penetrarmi e rabbrividii, quasi meccanicamente.

«Mi chiamo Anna» mormorò, con tono flebile.

«Anna» ripetei, quasi facendole da eco. «Io sono Kol. Kol Mikaelson».

«Mikaelson». L'eco lo fece lei, allora. «Deduco tu sia uno dei vampiri Originali».

«Sì, qualcosa del genere». Feci una breve pausa, cercando di distogliere il più possibile lo sguardo dal suo viso. «Ora, puoi dirmi dove siamo?».

Anna sollevò le spalle, vaga. «In qualunque posto, da nessuna parte» disse, a bassa voce. «Io la chiamo, semplicemente, “l'altra parte”».

«L'altra parte?».

«Sì. Non è il paradiso, ma nemmeno l'inferno».

«Il purgatorio?».

«Quanti libri hai letto?». Rise, stavolta più per divertimento, che per cordialità. Inspirai a fondo: l'aria, tutto ad un tratto, si era fatta più gelida, ma non era quel freddo pungente che, nel mondo reale, riusciva a farmi pizzicare la pelle. No, era un vento paragonabile alla brezza estiva, solo... Più fredda.

«Da quanto sei qui?» domandai.

«Non lo so. Qui il tempo e lo spazio non hanno forma. Potrebbero essere passati giorni, o mesi, o anni. Non ne ho idea».

«Quindi noi... Resteremo semplicemente qui? Bloccati nel nulla, senza... Vedere nessuno, per sempre?».

«L'idea è questa, ma, se ti consola, qui non siamo soli».

Strabuzzai gli occhi a quella sua affermazione. Non eravamo soli? Ma se attorno a noi c'era solo il nulla!

Anna si accorse della mia perplessità e mosse un passo in avanti, avvicinandosi al mio viso. Era incredibilmente bassa, rispetto a me. «Sì, lo so, ora non c'è nessuno, ma sei arrivato in un momento un po'... Particolare» sussurrò.

«Particolare? In che senso?».

«E' quel momento che precede l'arrivo dei nuovi, come te. Io lo chiamo “alba”, per semplicità. La gente qui si perde nei ricordi felici, cerca di riviverli, nella propria testa e poi torna a gironzolare qui attorno».

«E tu non hai nessun momento felice da rivivere?».

La vidi abbozzare un sorriso, malinconico. «La felicità è un'arma a doppio taglio, Kol» biascicò e dovetti sporgermi verso di lei per capire cosa stesse effettivamente dicendo. «Far riaffiorare i momenti lieti della propria vita è bello, stai bene, almeno fin quando non finiscono e ti ritrovi di nuovo qui, da solo, a sperare che le persone che hai amato non sentano troppo la tua mancanza e col desiderio di riavere quegli attimi con loro. Solo che non puoi e allora... Preferisco dare il benvenuto ai nuovi, anche per dir loro cosa accadrà, per prepararli ad affrontarlo. Io non sono stata accolta da nessuno ed è stato parecchio difficile adattarmi».

Ascoltai le sue parole in silenzio e non potei fare a meno di notare come il suo tono di voce si fece sempre più basso e rauco, man mano che andava avanti. Anche per qualcuno come me, che per anni era stato dalla parte dell'apatia, a difenderla con le unghie e con i denti, era facile capire che dire quelle cose la turbava, la faceva stare male.

«Come si chiamava?» sussurrai, allora, cercando – forse per la prima volta nella mia lunga vita – di essere comprensivo. Anna cercò di ridere, ma quel tentativo d'entusiasmo fu soffocato da un gemito. Una lacrima le solcò una guancia e si affrettò ad asciugarla. «Non penso ti interessi sentire i miei drammi» disse. «Sei appena morto, ne hai già abbastanza di tuo»

«Se te l'ho chiesto, vuol dire che mi interessa».

Era davvero così? In realtà, non lo sapevo, ma, del resto, c'era una sola cosa certa per me, in quel momento?

Anna sospirò e si passò una mano sul volto, cercando di tornare seria, ma soprattutto rilassata, com'era all'inizio. «Jeremy» mormorò. «Si chiamava Jeremy».
Quel nome non mi era assolutamente nuovo: come poteva esserlo? Scordare il nome del proprio assassino non era per niente immediato. “Insomma, sai quanti Jeremy esistono?” suggerì una voce nella mia testa, ma, di nuovo, dalla mia bocca uscirono parole che non riuscii a controllare: «Jeremy... Jeremy Gilbert?».

«Sì, lui». Sorrise appena. «Lo conosci?».

Mi pizzicai appena la lingua con i denti e tentennai. «In un certo senso».

«Immagino sia per via di Klaus e tutta quella faccenda che riguarda la sorella».

«Credimi: quella faccenda non è niente in confronto a ciò che sta succedendo ora».

«Devo essermi persa un bel po' di cose».

«Un po'».

«Ma lui sta bene? Jeremy, intendo... E' felice?».

Serrai la mascella, a tale domanda. Avrei potuto semplicemente dirle sì ed ero abbastanza certo che le sarebbe bastato. Tuttavia, chissà per quale assurdo motivo, tutto ciò che mi venne fuori fu: «Non lo so».
E non lo sapevo davvero. Il tempo che avevo passato con Jeremy era stato relativamente poco, e sempre per secondi fini. E poi, come se non bastasse, era anche colui che mi aveva appena ucciso.

«Non lo sai» sussurrò Anna, retorica. Scosse appena la testa, socchiudendo gli occhi. «Non fa niente. Non che a me cambi molto, insomma... Perlomeno, è vivo».

«Già, lui è...». Lasciai la frase in sospeso. Lei mi guardò con curiosità, quasi si aspettasse che andassi avanti, che le dicessi qualcos'altro, qualsiasi altra cosa.

Per quanto avevo visto, quella ragazza riteneva Jeremy davvero importante, innocente, puro. Come dirle che quella versione di Jeremy era pressapoco sparita? Che ora lui era un Cacciatore di vampiri e non più un ragazzino innocente? Che probabilmente l'avrebbe respinta se fosse stata ancora in vita?
Mi morsi forte il labbro inferiore e rischiai di farlo sanguinare... Sebbene in realtà non potessi effettivamente sanguinare, dal momento che ero morto.

«Lui è felice, Anna» dissi, allora. La vidi sorridere, genuinamente. «Già» andai avanti. «Vive con la sorella, va bene a scuola... Se la cava».

«Merita di essere felice. Ha perso così tante persone nella sua vita, compresa me». Fece una breve pausa e sicuramente avrebbe detto qualcos'altro, se non l'avessi interrotta prima.

Mi accorsi che, mentre parlavamo, quel luogo deserto stava iniziando a riempirsi di persone, che spuntavano dal nulla, tra un denso fumo bianco e prendevano a camminare tutto intorno, presumibilmente senza una meta. Tra di loro, scorsi dei visi conosciuti, e quasi me lo aspettavo.

«Finn?» esclamai, scansando Anna con poca delicatezza – come mio solito, del resto. «Finn, fratello» urlai ancora, richiamandolo e correndogli incontro. Tuttavia, quando gli fui praticamente davanti, lui mi evitò, quasi come non fossi lì. Proseguì dritto, con un sorriso che pian piano gli si delineava sul volto, finché non raggiunse una donna dai capelli rossi, con la stessa espressione in viso. E si abbracciarono e baciarono, proprio come due persone perse e poi ritrovate dopo secoli.

«Salve anche te, Sage» borbottai tra me e me e roteai gli occhi.

«Sono anime gemelle». La voce squillante di Anna mi fece sobbalzare. Sebbene avessi percorso metri per raggiungere mio fratello, lei mi era già accanto. Non mi pareva di averla vista muovere, ma eravamo nell'aldilà – o “altra parte” - quindi tutto era possibile.

«E che vuol dire?» domandai, allora.

«Che per lui esiste solo lei. Puoi provare a richiamarlo, o a buttarlo a terra. Non otterrai nulla. Succede ai predestinati in amore: quando arrivano qui, possono ricongiungersi e vivere insieme per l'eternità».

«Vivere l'eternità nel nulla?».

«Ti sorprenderà sapere che è l'ideale per molte persone».

«Fa un po' schifo per essere un ideale».

«Si vede che non hai mai avuto nessuno con cui condividerlo, Kol».

Aggrottai le sopracciglia e avrei replicato a tono alla sua affermazione. Purtroppo, non ne ebbi occasione: era già scomparsa e io rimasi solo, in mezzo a gente sconosciuta, in quel luogo senza tempo né spazio.

  
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