Lavi,
I wanna have otur babies!
mmm mmm m m
m m
Gonna button my lip So the truth dont slip
mmm mmm m m m m m
Gotta beep out what I really wanna shout
Woops Did I say it out loud, did you find out
I wanna have your babies
Get serious like crazy
I wanna have your babies
I see 'em springin up like daisies
Aveva
da tempo deciso di prendersi una pausa.
I mille impegni, le missioni, le follie di Komui…non gli
lasciavano il tempo di
vivere la sua vita. O meglio la LORO vita. Quando era stata
l’ultima volta che
lui e Lavi avevano passeggiato tranquilli per la città? Da
quanto tempo non si
sedevano alla mensa per mangiare insieme e magari prendere in giro
Kanda?
Tanto…forse troppo…
Ed
ora ecco là. Passeggiava tranquillo per la
strada, volgendo lo sguardo verso le vetrine o verso quei passanti che
lo
salutavano con rispetto per la divisa. Troppo vistosa forse. Non potevi
passare
inosservato se eri un Esorcista. Si fermò guardando un
locale grazioso, i
tavolini fuori erano protetti dalla strada da una recinzione in legno
sulla
quale si arrampicavano fiori di gelsomino, sui tavolini una tovaglia
bianca con
i bordi di pizzo e al centro un vasetto di fiori rosa e bianchi.
-Desidera
qualcosa?-gli chiese una cameriera
del locale con un vassoio in mano: stava sparecchiando un tavolino e
l’aveva
visto così titubante che gli aveva rivolto la parola.
Allen
ci pensò su. –Sì…vorrei un
caffè.
-Certo!
Si accomodi pure qua fuori, la servo
subito!
Il
giovane esorcista si sedette a un tavolino
nell’angolo, circondato dall’odore dei gelsomini;
gli altri ospiti del locale
lo guardavano ammirati: non capitava tutti i giorni di prendere il
caffè nello
stesso locale di un esorcista! Poco dopo tornò la ragazza
con una tazza
fumante.
-Ecco
a lei!
-Grazie!-la
ringraziò sorridente Allen e la
ragazza non potè fare a meno di arrossire.
Dopo
averlo zuccherat abbondantemente ne
bevve un sorso: si sentì meglio. Si rilassò sulla
sedia e gustò la bevanda
scura in santa pace. Da molto tempo non prendeva un thè con
Lavi nella sua
stanza… La stessa cameriera che l’aveva servito
portò un piatto con alcuni
pasticcini a un tavolo nel lato opposto a dov’era il nostro
esorcista. Un’idea
gli balenò per la mente.
-Mi
scusi signorina!-la chiamò Allen, la
ragazza si avvicinò a lui.
-Mi
dica.
-E’
possibile portare via un vassoio
piccolino di pasticcini?
Ora
era molto più felice, dopo il caffè e
stringendo nella mano quel sacchetto che conteneva la cosa
più bella che gli
fosse venuta in mente. Ora si fermava volentieri ad osservare con
più cura le
vetrine e andava in giro col sorriso sulle labbra. Mentre era fermo ad
ammirare
le abilità di un artista di strada notò una madre
con un bambino: la donna
guardava la vetrina di un atelier di moda e il bambino guardava nella
sua
direzione. Dire ‘guardare’ è dir poco.
Il bambino stava letteralmente fissando
Allen.
-Vieni
tesoro?-lo chiamò la madre tirandolo
per la mano, ma il bambino, come se niente fosse, lasciò la
donna e si avvicinò
ad Allen.
Il
giovane osservava il bimbo divertito e
quando gli si fermò davanti puntando i suoi occhi scuri in
quelli di Allen,
quest’ultimo gli sorrise.
-Ciao!-lo
salutò inginocchiandosi. Il bambino
arrossì imbarazzato. –Come ti chiami?
-Elian…-rispose
con voce timida.
-Che
bel nome! Io mi chiamo Allen!-si
strinsero la mano. –Dimmi sei da solo?
Elian
scosse la testa poi indicò la donna che
osservava la scena da lontano. Allen la salutò con un cenno
della mano.
-Ma
tu sei davvero un Esorcista?-gli chiese
Elian.
Allen
sorrise. –Certamente!!
Il
bambino era ammirato. –Anche il mio babbo
lo è…E quando sarò grande lo
sarò anch’io e difenderò la mamma e
tutta la
città!!!
-Vorrà
dire che ci vedremo di nuovo, quando
sarai esorcista!
Elian
annuì.
-Tesoro,
dobbiamo andare. Si è fatto
tardi!-la madre si avvicinò al figlio e lo prese per mano.
-Ascolta
la mamma e vai a casa-Allen gli fece
l’occhiolino, si alzò e se ne andò.
Tornando
all’ordine, strani pensieri giravano
nella sua mente. Possibile che quel bambino avesse risvegliato in lui
idee
bislacche? Si immaginava in una casa in aperta campagna, tre bambini
correvano
per i campi, rotolandosi per terra e facendo le capriole; lui era
seduto in un
portico a guardarli sorridendo, i capelli scompigliati dalla gentile
brezza di
primavera, un senso materno che gli nasceva dal profondo e invadeva
tutto il
suo corpo compreso quel sorriso dolce che gli ornava il volto. Una mano
strinse
la sua, Allen la guardò: sapeva a chi apparteneva.
Alzò lo sguardo e incrociò
quello di Lavi.
Si
ridestò da quei pensieri accorgendosi di
percorrere un corridoio dell’Ordine. Come c’era
arrivato? Ma soprattutto:
perché aveva immaginato quella scena e
quell’istinto materno? Passò davanti
alla biblioteca, la porta spalancata, ma fece qualche passo indietro
perché
aveva visto il diretto interessato. Lavi stava leggendo un pesante
libro
impolverato. Entrò stringendo il sacchetto del locale.
-Ciao
Lavi…-lo salutò. Il rossino alzò lo
sguardo dal libro e sorrise.
-Ciao
Allen!!! Dove sei stato? In città? Ti
cercava disperatamente Komui!
-Appunto
per questo me ne sono andato…
Lavi
rise. –Cosa mi hai portato?
-Ehm…
Sono dei pasticcini…Li ho presi in un
locale…
-WOW!!!!-esclamò
facendo girare tutti i
presenti. –Ops! Forse è meglio se ce ne
andiamo…
Uscirono
nel parco dove Lavi finalmente
scartò avido il pacchetto e assaggiò un
bignè al cioccolato.
-Ma
è buonissimo!!!!! Grazie Allen!!
-Di
niente…
-Cosa
ti prende?
Allen
ci aveva pensato per tutto il tempo e
la soluzione gli sembrava abbastanza semplice da capire anche se era
impossibile da realizzare…
-Allora?-lo
incalzò Lavi
-Senti…
Lo so che detto così è assurdo, ma…
-Mi
spaventi così!
-…Come
reagiresti se dicessi che voglio avere
dei bambini da te?
-COSA?!?!?!?!?!?!?!?!?!?!
I wanna have
your
babies
Get serious like crazy
I wanna have your babies
I see 'em springin up like daisies