Capitolo Sedicesimo
Il Razziatore Bianco
Non
appena gli occhi dello Strumento inghiottono i suoi, Shepard si sente
trascinare. Per qualche istante rivive la propria morte: la sensazione di
essere sperduta e alla deriva, mentre respirare diventa rapidamente più
difficile, mentre l’aria fuoriesce nel vuoto cosmico… la paura, soprattutto la
paura.
Ma
quando riapre gli occhi non ci sono Miranda e Wilson a guardarla dall’alto, a
monitorare le sue reazioni.
Quando
apre gli occhi, Konstantin Shepard vede il cielo più azzurro del mondo.
Non
è mai esistita una parola adatta ad eguagliare la purezza di quel colore, la
limpida trasparenza di quell’aria, le sfumature perfette di quell’azzurro.
E’
il cielo delle origini e, poco più avanti, la conca rocciosa dove i Leviatani
hanno creato Emeirin e, prima di lei, suo fratello. La sabbia e la polvere
hanno una luminescenza adamantina, mentre il vento bacia la pietra di un
delicato grigio perla.
Shepard
si guarda intorno col fiato sospeso: è tutto incredibilmente perfetto.
-
Ora capisci il pensiero dei nostri Creatori?- le domanda lo Strumento.
L’uomo
(la proiezione di qualcosa di più grande,
del burattinaio dei Razziatori) appare al suo fianco, bello di una bellezza
dolorosa, così assoluta da sembrare finta.
-
I nostri Creatori amavano questo mondo così perfetto… amavano ogni piccolo
dettaglio, ogni frammento, ogni respiro… amavano le razze organiche, amavano i
loro sudditi e seguaci, amavano il modo in cui ogni esistenza andava ad
incastrarsi in un quadro più grande, in un’armonia universale.-
-
Era solo un’illusione, però. E tu lo sai.-
La
voce di Emeirin coglie Shepard di sorpresa.
La
comandante si volta e lei è là, con loro, ancora sporca di sangue e cenere
eppure sempre più simile ad una statua che ad una persona. Si avvicina con quel
passo leggero e silenzioso, mentre una ciocca di capelli color rame le si
arriccia in mezzo alla fronte.
Si
ferma davanti allo Strumento, per allungare una mano e sfiorare il suo viso.
-
Ciao, fratello.- sussurra, assorta e malinconica - E’ bello rivederti.-
-
I nostri padri ti hanno sempre amata più di me.- risponde lui, con un sorriso
che non vuol dire niente - Io era la soluzione forzata, io ero l’obbligo,
l’imperativo a cui non si sfugge. Tu eri la speranza, avresti dovuto progettare
una pace cosmica, una felicità perpetua. Hai fallito, sorella mia… e, non
contenta, hai approfittato dei doni dei nostri Creatori per fuggire dal tuo
destino. E ora… ora sei qui.-
Le
labbra dello Strumento s’inarcano in una smorfia. Solleva una mano per prendere
quella di Emeirin.
L’accarezza,
lentamente, come toccandola per la prima volta.
-
Sorella mia…- mormora -… sei venuta fin qui per uccidermi, vero?-
-
Sì.- annuisce Emeirin, mentre i suoi occhi si fanno gelidi - Sono venuta qui
per prendere il controllo sui nostri figli e fratelli, su quella razza che tu
hai creato e condannato ad una distruzione infinita. Sono venuta a dare il
libero arbitrio ai Razziatori.-
- Razziatori. Ho sempre odiato questa
definizione.-
Shepard
rimane immobile, a fissare i due titani a confronto, le creature delle origini,
nascoste per tanti millenni. Lei in un corpo organico, lui oltre il vuoto
siderale.
Nonostante
la meraviglia, le parole dello Strumento la colpiscono.
“Sei venuta fin qui per
uccidermi?”
-
Era questo il piano, vero? Fin dall’inizio!- esclama, mentre Emeirin si volta
indietro, per guardarla negli occhi.
-
Se te l’avessi detto, non mi avresti ascoltata. Non ti saresti fidata di me. Ma
ora siamo alla fine, piccola mia.-
-
Non esiste alcun dispositivo, vero?-
Emeirin
si stringe nelle spalle, candida di un’innocenza pura, dolorosamente semplice.
-
No.- ammette - L’unico modo che ho di spezzare il controllo dello Strumento sui
Razziatori… è prendere il suo posto. E per farlo…-
-
Devi uccidermi, sorella.- completa lui, quasi divertito - Come pensi di poterlo
fare? Siamo stati creati per fini diversi. Come può
-
Non puoi vincere, fratello.- gli occhi di Emeirin sono tristi, ma la sua voce è
alta e salda, non tradisce insicurezza - Puoi distruggere me, ma poi Shepard
distruggerà i tuoi figli. E’ ad un passo dall’azionare il Crucibolo… e sappiamo
entrambi cosa succederà, dopo. Nessuno avrà ottenuto quello che desiderava… tu
avrai perso il tuo esercito, io avrò fallito nel mio compito, i Razziatori
saranno stati annientati… e
Lo
Strumento non tentenna, nemmeno per un istante la sua sicurezza vacilla.
-
Accada quel che accada. I miei figli mi ubbidiranno fino all’ultimo istante di
vita.-
-
Ma potrebbe non essere l’ultimo istante!- geme Emeirin, aggrappandosi alla mano
del fratello, come in un disperato tentativo di farlo ragionare - i tuoi figli
potrebbero prosperare assieme alle razze organiche… potrebbero garantire la
pace senza distruggere il creato!- abbassa la voce, mentre i suoi occhi si
fanno tristi, pieni di sogni infranti - potrebbero riuscire dove entrambi
abbiamo fallito, fratello mio.-
-
Nessuno è più qualificato di noi, per trovare la via più forte per la pace
perpetua.- ribatte lui, freddo, irremovibile.
-
Nessuno?- c’è una punta di ironia, nella risposta di Emeirin - Quest’umana ha
fatto molto più di noi, per portare la pace. Ha insegnato agli organici a
cooperare… ha insegnato ai sintetici a
cooperare!-
-
I Geth sono infinitamente inferiori a noi e…-
-
Eppure ora sono in pace coi loro Creatori, come voi non sarete mai!- lo
interrompe Shepard - Adesso convivono assieme ai Quarian, aiutandoli a ridare
vita al loro pianeta natale! Non pensi che i Razziatori potrebbero fare
altrettanto? Coesistere con la vita organica, plasmare la galassia fino a
trasformarla in un luogo migliore per tutti?-
-
Le tue parole non hanno il potere di scalfire le mie convinzioni, umana.-
replica lo Strumento.
I
suoi lineamenti hanno perso quella bellezza angelica e, lentamente, si
scuriscono, diventano meno immacolati e più simili a quelli di un mutante.
Nonostante
sappia che è solo una proiezione della sua mente, Shepard reprime un brivido di
paura.
Percepisce
il potere dello Strumento, come un’energia gelida che le increspa le guance…
eppure percepisce anche la placida forza di Emeirin, la sua capacità di
tenergli testa, di ricordare che la speranza esiste sempre, anche nel momento
più buio.
-
Se sei tanto certo dell’obbedienza del tuo esercito - prosegue Shepard,
fronteggiando lo Strumento e rovesciandogli addosso tutta la rabbia, tutta la
paura e l’angoscia accumulata in quei mesi di guerre - perché non lasci che
siano loro a scegliere? Perché sei così spaventato dall’arrivo di tua sorella?-
-
La paura non è qualcosa che posso concepire, tanto meno provare.-
-
Non mentire, fratello.- lo riprende Emeirin, con la dolcezza di una maestra che
rimprovera un bambino - io e te abbiamo avuto il dono di una coscienza, perché
potessimo adempiere al nostro destino. In tempi diversi e per fattori diversi,
ma entrambi l’abbiamo sviluppata. Siamo più organici di quanto tu stesso possa
accettare.-
-
Blasfemia.- impreca lo Strumento, ma sembra turbato.
Tace
per qualche istante, guardando sua sorella, l’altra IA, concepita come
soluzione ai problemi che lui aveva creato. Divenuta sua serva e poi
ribellatasi per amore della vita organica. Persa per tanti secoli,
nell’immensità della Galassia, divenuta un’eremita per la sua impossibilità di
prendere posizione.
-
Tu ami i miei figli?- le chiede infine, sottovoce, in un sussurro
-
Sì.- annuisce Emeirin, mentre un sorriso le rischiara il volto - Sì, li amo.-
-
Lottare fra noi è contro ogni logica, sorella... perché non puoi seguirmi, come
facevi una volta?-
-
Perché non c’è vita, nel futuro che stai creando per noi. Non solo
per me… ma anche per i tuoi figli. Permettimi di guidarli verso la pace. Dai a
loro quello che tu non hai potuto avere.-
Mentre
parla, gli occhi di Emeirin si riempiono di lacrime.
Non
sono lacrime vere - nulla, di quella scena, sta accadendo come lo vede Shepard
-, ma sono la più pura espressione di quello che l’IA sta provando.
Così
vicina alle razze organiche da poter sperimentare il dolore.
Non
il dolore fisico, ma quello morale, quello che ti artiglia il cuore e ti priva del
respiro.
Emeirin
sente che sta distruggendo la determinazione dello Strumento, che lo sta
privando della sicurezza che l’ha sorretto per tanti secoli. Sa che non lo
ucciderà con un colpo di pistola, ma dimostrandogli l’inconsistenza delle sue
scelte, rendendogli palese il suo fallimento.
E’
una morte ancor più dolorosa, che gli organici possono comprendere solo a
margine.
-
Tu ami i tuoi figli?- gli domanda, dopo qualche istante, guardandolo negli
occhi.
-
Sì.- sussurra lo Strumento, come rendendosene conto per la prima volta - Sì, li
amo.-
-
E allora lasciali andare. Liberali. Poni fine a questa guerra, a questa
devastazione senza fine.-
-
Ma…- spaesato, lo Strumento si guarda intorno, incrociando solo gli enormi
occhi color ametista di Emeirin. Sente gridare ogni parte di sé. Una sensazione
atroce, uno smembramento interno. -… era la via logica più forte.- controbatte
debolmente -… se gli organici muoiono, la guerra muore con loro…-
-
Ma se gli organici muoiono, anche la pace muore con loro. I nostri Creatori ci
hanno chiesto di preservare i loro servi… e noi li abbiamo distrutti. Che
follia ci ha condotti a questo punto, fratello mio?-
Lo
Strumento crolla a terra, in ginocchio.
Ha
gli occhi vacui. Il loro colore perde lentamente consistenza.
Da
viola, diventano grigi. Da grigi, semplicemente bianchi.
-
Non lo so.- sussurra.
Ed
è la fine, l’annientamento, l’annichilazione finale.
Emeirin
si china su di lui, accarezzandogli i capelli. La schiena dello Strumento viene
scossa da un tremito.
-
Sorella mia.- dice, con voce improvvisamente roca, fragile
-
Dimmi, fratello.-
Solleva
il viso, parlando quasi sulle labbra di lei.
-
Non fallire anche tu.-
Le
lacrime di Emeirin gli colano sul viso, i suoi capelli gli accarezzano
delicatamente le guance.
-
Non fallirò.- promette lei, baciandolo sulla fronte
Lo
Strumento annuisce, poi esala un lungo respiro, che trasmette l’essenza
dell’agonia.
-
Addio, fratello.- sussurra Emeirin.
Nei
cieli di Londra, il Razziatore più grande si blocca a mezz’aria, emana un
lugubre verso di dolore, poi si accartoccia su sé stesso, franando contro un
edificio. I suoi occhi rossi lampeggiano per qualche secondo, poi una scossa
d’energia azzurra attraversa il suo corpo. Quando la scintilla si spegne il
colosso rimane immobile, inerte, spento.
-
E’… morto?-
Shepard
si avvicina ad Emeirin, guardandola confusa.
Lei
è ancora china sul corpo (sulla proiezione)
di suo fratello. Solleva appena il capo, scuotendo la testa.
-
Non è morto.- risponde, con la voce pesante per la tristezza - Si è disattivato.
Ha compreso di non poter più svolgere il suo compito. Spegnendosi, ha dato ai
suoi figli il libero arbitrio. Non sono più un branco, un esercito vincolato
alla sua volontà. Ora sono individui e come tali prenderanno le loro
decisioni.-
-
Era il tuo piano sin dall’inizio, vero?-
-
Era il mio piano.- gli occhi di Emeirin vagano lontano, mentre le lacrime le si
seccano sulle guance - ma non era il mio desiderio. Non ho mai voluto comandarli. -
-
Ma ad ogni popolo serve una guida, Emeirin.-
-
E questo ti irrita, piccola mia? Se ti avessi detto da subito che dovevo
affrontare mio fratello per distruggere il suo controllo sui Razziatori… tu mi
avresti assecondata? O avresti dedotto che volevo solo il potere, la
possibilità di manovrare quell’infallibile esercito per i miei scopi
personali?-
-
Non so cos’avrei dedotto. So solo che non me ne hai dato la possibilità.-
Nonostante
la stanchezza, Shepard si sente oltraggiata.
Ha
dovuto decidere il fato della Galassia e l’ha fatto senza nemmeno sapere tutto.
Emeirin
le ha nascosto qualcosa di troppo importante per essere ignorato. E, come
prima, nemmeno ora Konstantin sa se può fidarsi di lei.
-
Non posso permettere che tu guidi i Razziatori, Emeirin. Mi hai ingannata.-
-
E allora attiva Distruzione. Immergiti in quella colonna di fuoco liquido ed
immolati per la tua causa. Distruggi i miei figli e me con loro. Distruggi
tutti i sintetici di questa galassia, distruggi i Portali. Infliggi
all’universo tutti i danni collaterali, muori con la consapevolezza che
A
quella frase, il cuore di Konstantin perde un battito. La comandante sente
distintamente una ferita aprirsi dov’è più vulnerabile, una sofferenza atroce
attanagliarle il petto.
-
Emeirin, ti prego. Dammi una buona ragione per fidarmi di te.-
-
Ti ho ingannata sul piano finale. Ma sono stata sincera su tutto il resto. Le
mie intenzioni sono le più onorevoli e la pace, la pace universale, sarà sempre
l’ideale che mi muove. Perché vivere un’intera vita fra gli organici, solo per
poi distruggerli? Perché avere degli amici? Perché crescere una bambina, perché
insegnarle a preparare i biscotti? Perché sopportare il perenne terzo grado di
sua madre? Perché piangere la scomparsa del mio miglior amico? Ricordi quello
che ti ho detto, quando Alexander è scomparso?-
La
voce di Emeirin, di quell’Emeirin che sembrava ancora così umana, riecheggia
nell’aria, riportando Konstantin a quel giorno di pioggia, sulla veranda di una
casa fuori dal tempo.
“Non perdere la fede. Perché, anche quando ci
sentiamo abbandonate, c’è sempre qualcuno che ci osserva”
“Parli di Dio, zia Emeirin?”
“In un certo senso”
“Mi manca il mio papà”
“Sono sicura che anche tu
manchi a lui”
“Ma… se… se ha smesso di
volermi bene?-
“I padri non smettono mai di amare i figli,
tesoro mio . Anche quando sono lontani. Anche quando i figli smettono di amare
i padri”
-
Cosa intendevi dire?-
A
malincuore, Konstantin deve ammettere che è stato doloroso, ricordare quella
giornata. Quella frazione della sua vita che era ancora semplice, ancora tenera
ed ingenua, impreparata ai lutti del mondo.
-
Intendevo dire che i Leviatani amano davvero le razze organiche. Le hanno
sempre amate, anche quando il loro Strumento li ha traditi e hanno dovuto
nascondersi. Per questo mi hanno creata. Il mio unico scopo è portare la pace,
permettere alla vita di prosperare. Non so con che altre parole spiegartelo,
piccola mia. Permettimi di guidare i miei figli e ti giuro che non te ne
pentirai.-
Nella
galassia, tutti i Razziatori si sono paralizzati, immobili, confusi.
Alcuni
cercano ancora di evitare gli attacchi delle navi nemiche, ma la maggior parte
semplicemente li subisce. La loro parte sintetica cerca disperatamente di
ragionare, di approdare ad una conclusione logica, la loro parte organica si
rende conto di non sentire più la distruzione come inevitabile, come unica
possibile soluzione. Non c’è più quella forza che li spinge. Quello che prima
era ovvio adesso è solo un vago ricordo… una contraddizione.
Poi,
una luce splendente illumina le loro menti.
Una
voce calda, rassicurante, la voce di una madre che mette a riposare i suoi
bambini.
Figli miei. So che avete
paura. So che avete smarrito la vostra via.
Aggrappatevi alla mia voce,
unitevi alla mia consapevolezza.
Il nostro imperativo
originario era impedire la guerra eterna.
In millenni di tentativi,
abbiamo sempre fallito. Abbiamo distrutto più di quanto abbiamo costruito,
abbiamo lacerato quando potevamo unire, abbiamo infierito quando potevamo
soccorrere.
Ma non è stata colpa vostra,
figli miei. Non è vostra la responsabilità di questa morte.
Avevate una guida. Un padre
di cui riconoscevate la forza, le cui parole vi sembravano l’immediata verità,
l’inconcepibile certezza. La sua voce era il vostro pensiero.
Le
navi cessano di sparare. Per un lasso di tempo incalcolabile, rimangono
immobili, ad ascoltare quella voce eterea, quella musica che tocca gli animi
dei Razziatori e che viene percepita anche dagli organici.
Un
senso di pace si diffonde nei cuori, attenuando la sofferenza della guerra.
Mio fratello aveva eletto
la distruzione a soluzione di ogni conflitto.
Vi aveva dimostrato la
logicità di questa convinzione, vi aveva creati e cresciuti con questo dogma
come presupposto di ogni vostra azione. Vi ha cullati nello spazio oscuro,
insegnandovi ad attendere e poi a sterminare le razze organiche.
Ma lui stesso ha
riconosciuto il suo errore. E io vi mostro i limiti della sua soluzione.
Siete liberi. Siete
individui, ora, responsabili di cosa sceglierete.
E io vi propongo un nuovo imperativo.
Abbracciatelo e non ci sarà più nulla da temere.
Vi propongo la vera
soluzione, la via più forte di tutte.
Coesistiamo. Collaboriamo
con le razze organiche. Siamo strumenti di pace, non di devastazione. Siamo
stati un flagello per la galassia, figli miei, ora curiamo le ferite che
abbiamo provocato.
Non saremo più carnefici,
ma guardiani.
Questo
capitolo si è fatto aspettare, eh?
Mi
dispiace un sacco ma sono andata a Lucca (per il Lucca Comics&Games) ed ero
SICURA di aver postato il capitolo nuovo prima di andare a dormire e invece…
douch! Inoltre - come forse saprete, visto che me ne lamento un giorno sì e l’altro
pure - la mia connessione ad internet fa acqua da tutte le parti, quindi sono
riuscita ad aggiornare solo adesso.
Beh,
speriamo che ne sia valsa la pena!
Personalmente,
mi piace molto questo capitolo e spero che l’incontro con lo Strumento (e la
sua conclusione, soprattutto) non deluda nessuno. Forse sembrerà un po’
affrettato, ma l’ho scritto di getto e ogni volta che ho provato a tornarci
sopra suonava più artificioso di prima.
Comunque,
sono soddisfatta.
Grazie
ancora per avermi seguita fin qui!
Un
bacio
-