Ecco a
voi il secondo capitolo! Innanzitutto ringrazio Evans Lily, Sakura Bethovina,
Sakura182blast e Yumemi per le recensioni al Prologo…
Le vostre parole mi hanno fatto molto piacere, sono contenta che vi interessi
il fantasy e non vedo l’ora di sentirvi tutte su MSN! E poi vi dico che
da questo momento inserirò un personaggio che nell’anime
appartiene al passato, ma che qui è trasportato nella vita presente dei
protagonisti… Un’altra cosa: EVVIVA, finalmente anch’io lo
chiamo Shaoran!
Buona
lettura…
Aamyan degli Elfi
2
Il mago e il cavaliere
Vagava
tra i fumi della capanna, assorto nella preparazione di un decotto.
Avvertì le presenze dietro di sé e sorrise, ma finse di non
essersi accorto di nulla. Così, quando uno dei ragazzini gli si
gettò addosso prendendolo alla vita, lanciò un’esclamazione
di esagerato stupore.
«Dei del cielo!» Abbassò lo sguardo
sul bambino che si arrampicava su per la sua tunica. «Oh, sei tu,
piccolo… Mi hai fatto spaventare!»
Il bimbo sorrise apertamente, rivelando i vuoti di alcuni
dentini caduti.
«Sei un bugiardo, Mastro Clow! Tu sapevi che ero
io, perché sai sempre tutto!»
Il mago gli rivolse uno sguardo divertito e colpevole. Lo
prese tra le braccia e lo sollevò in aria, facendolo volare sulla
propria testa, per poi posarlo di nuovo a terra e rivolgersi alla schiera di
bambini che erano appena entrati dietro il loro piccolo amico.
«Non si può nascondere nulla a voi piccoli
apprendisti maghi.»
I bambini si raccolsero in terra attorno a lui, in semicerchio,
chiamandolo a gran voce.
«Mastro Clow, Mastro Clow, perché non ci
racconti…?»
L’uomo si portò le mani alle tempie, senza
smettere di sorridere.
«Uno alla volta! Uno alla volta, ve ne
prego!»
Quasi subito calò il silenzio. Poi il bambino che
gli si era arrampicato addosso prese la parola.
«Tutti zitti, glielo chiedo io! Mastro Clow, ci
racconti una storia?»
Il mago lanciò un’occhiata al paiolo fumante
alle sue spalle. Poi sorrise e si sedette sul pavimento davanti a loro.
«Che genere di storia volete ascoltare?»
Si scatenò di nuovo il caos.
«Una storia d’amore!», strillarono le
bambine, quasi in coro.
«No, una storia di guerra!», disse un altro
bambino.
«Cosa ci trovi nella guerra, me lo spieghi?»,
lo rimbeccò la bambina seduta al suo fianco.
«Io voglio sentire una storia di magia»,
intervenne il più piccino, parlando con un dito in bocca.
Con un gesto delle mani, il mago li calmò tutti.
Quando ebbe riottenuto il silenzio, dopo aver gettato un’altra occhiata
al paiolo, catturò la loro attenzione.
«So io cosa ci vuole. Vi racconterò una
storia vera. È una storia che parla di tutto questo: di guerra, di amore
e di magia, e anche di tanto in più. E comincia proprio qui, nella Terra
del Buio.»
I bambini si fecero più vicini, tutti tesi ad
ascoltare, e lo guardarono frementi. Clow si schiarì platealmente la
gola e iniziò il suo racconto.
«Molto, molto tempo fa, quando non c’eravate
né voi né i vostri genitori né i vostri nonni e neppure i
vostri bisnonni, il Regno di Tomoeda viveva in pace. So che è difficile
crederlo, per voi che siete abituati a crescere in un clima di guerra, eppure
è così. Più di cento anni fa,
«E poi cos’è successo?», chiese
il bambino più piccolo, subito zittito da uno scapaccione della sorella
maggiore.
«Ci sto arrivando. Un giorno il Re della Terra del
Buio andò in visita dalla sua futura sposa, l’erede al trono del
Regno della Luce. I due erano felici insieme, ma prima delle nozze il Re
conobbe gli Elfi, e si innamorò perdutamente di una giovane donna di
quella razza. La fanciulla lo ricambiava, ma non potevano assolutamente stare
insieme: in primo luogo, la legge elfica vietava l’unione tra le due
razze; inoltre il Re avrebbe dovuto sposarsi di lì a breve. Così
iniziarono ad incontrarsi di nascosto…»
«Com’è romantico…»,
sospirò la bambina, e stavolta fu lei a rimediare un pizzicotto dal
fratellino.
«Ma furono scoperti», proseguì il
mago. «Il Re della Terra della Luce, padre della futura sposa, sorprese
il fidanzato della propria figlia con quella ragazza del Popolo degli Elfi, e
ovviamente andò su tutte le furie.»
«E poi?»
«E poi, beh, le due terre iniziarono a farsi
guerra.»
«Ma…» Un’altra bambina
saltò su in ginocchio. «Ma scusa, Mastro Clow, queste cose sono
successe così tanto tempo fa… Com’è possibile che la
guerra ci sia ancora? Quelle persone devono anche essere morte, no?
Perciò… Perché la guerra va avanti?»
Clow perse ogni voglia di sorridere ai suoi ascoltatori.
Sospirò profondamente e si rivolse alla bambina.
«Piccola mia, mi hai fatto una domanda davvero
intelligente. Vedi, l’animo umano è complicato… Hai ragione,
quella storia è finita da un pezzo, ma questo non ha impedito alle
incomprensioni di venire allo scoperto. In tutti questi anni si sono sommati
motivi su motivi, col risultato che la guerra va avanti così, quasi
naturalmente, come se non ci fosse nemmeno una ragione di fondo. Inoltre le
razze magiche, accorgendosi della superficialità degli Esseri Umani, si
sono allontanate da noi. Sai, la guerra spesso è solo desiderio di
imporsi sugli altri…»
Si interruppe. Tutti i bambini si sporgevano verso di
lui, con le espressioni amareggiate di chi ha avuto un’improvvisa
rivelazione sulla vita e se ne sente profondamente insoddisfatto. Il mago
sentì un flusso di tenerezza per loro.
«Mastro Clow», disse seriamente il bambino
che si era fatto portavoce del gruppo, «non c’è un modo per
fermare questa guerra? Non si potrebbe tornare come prima? Quando sarò
grande… io… Non credo che vorrò andare in guerra. Se non ne
ho nessun motivo!»
«Questo», sorrise il mago, «ti rende un
vero uomo, piccolo.»
Si alzò per controllare di nuovo il decotto sul
fuoco; lo mescolò lentamente e poi tornò a sedersi incrociando le
gambe tra i bambini.
«Sapete, forse un modo c’è per porre
fine alla guerra. Ormai questa voce si è diffusa in tutti quei gruppi di
persone che non vogliono più combattere… Immagino che non
sarà un male se lo sapete anche voi.»
«Cosa, Mastro Clow? Qual è il modo?»
«Tranquilli, tranquilli. Ve lo dirò.»
Lasciò vagare lo sguardo su tutti loro. «Vi ho parlato degli Elfi
dell’Est… Beh, a quanto pare la loro attuale Principessa ha
intessuto un’alleanza con gli Angeli del Nord. Lassù, nel paese
degli Angeli, c’è un lago pieno di un’acqua rossa che brucia
come fuoco.
«Ooooh!» I bambini si produssero in un coro
di stupore. «Davvero?»
«Davvero», confermò Clow sorridendo.
«Ma non credete che sia facile. A quanto pare, per guardarsi nello
Specchio degli Elfi occorre essere totalmente puri di cuore. E in questo clima
di guerra, come ci si può aspettare che qualcuno sia puro?» Smise
ancora una volta di sorridere e guardò il soffitto. «Anche chi
odia la violenza non può fare a meno di ricorrervi pur di affermare i
propri ideali. Gli Elfi lo sanno, sanno che noi Uomini non siamo in grado di
usare lo Specchio, e si rifiutano di lasciarlo usare al primo che capita…
Anche perché se un Essere Umano dall’animo non totalmente puro
guardasse il proprio riflesso, morirebbe all’istante…»
Cadde il silenzio. Il mago si alzò e tornò
al suo paiolo fumante, per poi rivolgersi di nuovo ai bambini.
«Bene, ragazzi, avete avuto la vostra storia. So
che non è molto soddisfacente, ma purtroppo la realtà in cui
viviamo è questa. Ora andate pure a giocare, non lasciatevi turbare da
questi pensieri.»
Mormorando tra loro e rivolgendogli saluti pensosi, i
bambini uscirono dalla capanna. Clow voltò le spalle alla porta,
continuando a mescolare il decotto.
C’era ancora una presenza, fuori della capanna;
l’aveva percepita fin da quando i piccoli erano entrati, ma
nell’emozione del racconto non aveva capito a chi appartenesse
quell’aura. Ora, nel silenzio e nella solitudine, capì chi ci
fosse appena fuori della porta.
«Vieni pure dentro», lo invitò senza
voltarsi.
Un lieve suono di passi echeggiò sul gradino
d’ingresso e si fermò sulla soglia della porta aperta.
«Salve, Mastro Clow.»
«Benvenuto a te, giovane cavaliere.»
Il mago si voltò a guardare l’adolescente
immobile davanti alla porta. I suoi capelli castani erano colpiti dalla luce proveniente
dalla finestra ed erano solcati da riflessi dorati, ma i suoi occhi dello
stesso colore bruno restavano cupi. Clow sapeva che quella sorta di
oscurità aveva origine fin dentro l’anima del ragazzo. Lo
conosceva bene, ormai, e non aveva più bisogno di leggere i suoi
pensieri per capirlo.
«Ci sai fare con i bambini», disse il
giovane, abbandonando ogni formalità. «O forse sei solo un abile
narratore.»
Clow si limitò a sorridere, osservando il modo in
cui il ragazzo tormentava tra le dita un lembo del mantello.
«So cosa pensi», gli disse, rompendo gli
indugi. «Dunque perché non ne parli liberamente, Shaoran?»
L’adolescente alzò lo sguardo su di lui.
«Come mai non mi hai mai parlato di questo…
Specchio degli Elfi?»
«Oh, devo averlo dimenticato. Sai
com’è, l’età mi fa strani scherzi… Ad ogni
modo, non ho nemmeno pensato che fosse importante parlartene.»
«Ah, no?» Shaoran lasciò andare di
colpo il mantello, che gli ricadde dietro la schiena, scivolando giù
fino all’altezza degli stivali, in uno svolazzo. Si avvicinò
guardandolo seriamente. «Tu lo sai… Dopo tutto quello che ho
passato… Davvero credevi che non mi potesse interessare un modo, un
qualsiasi modo per far finire questa follia?»
Clow sospirò e gli voltò le spalle.
«Shaoran, la guerra è inevitabile. Bisogna
rassegnarsi. Credi forse di poter essere in grado di usare quello
Specchio?»
Shaoran lo afferrò per le spalle e lo voltò
di nuovo, e il mago si ritrovò ad un soffio dalla sua espressione
furiosa.
«Rassegnarsi?», sibilò il ragazzo.
«Hai idea di quante volte io me lo sia sentito dire? Ancora non sai che
ne sono stufo? Io non voglio semplicemente rassegnarmi. Sarebbe un
insulto… un insulto al ricordo di tutto ciò che ho dovuto
sopportare in sedici anni di vita. Un insulto ai miei ricordi, a ciò che
c’è ancora di buono nella mia mente.» Lo lasciò
andare come se si fosse scottato e gli voltò le spalle. Si diresse
spedito alla porta, poi si fermò e parlò da sopra la spalla.
«E riguardo la tua domanda… Chissà. Forse sì.»
Clow rimase immobile a guardarlo uscire.
«Te lo auguro, Shaoran», mormorò tra
sé. «Te lo auguro davvero.»
Shaoran
percorse il sentiero della capanna del mago e si fermò quando giunse ad
una larga roccia piatta. Era il posto in cui di solito sedeva a pensare, quando
la realtà e i ricordi e la prospettiva del domani si facevano
insostenibili. Momenti come questo.
Sospirò e si sedette abbracciandosi le gambe. Il
lieve vento primaverile frustava il mantello alle sue spalle e gli scompigliava
i capelli sulla fronte.
Da quel punto, il sentiero proseguiva svoltando a destra,
fino alla piazza principale della città; ma di fronte a lui c’era
un dirupo, da cui lo sguardo poteva spaziare lontano all’orizzonte.
Lo Specchio degli Elfi. Detenuto dalla Principessa
Tomoyo. Che fosse vero? Che fosse quello il modo per cancellare la guerra dal
mondo?
Ma chi voleva prendere in giro? Se anche fosse esistito
uno Specchio del genere, lui non lo avrebbe certo potuto usare… Lui non
era puro, lui uccideva…
Abbandonò la testa sulle braccia e ripercorse la
sua oscura storia.
Fin da quando riusciva a ricordare, era vissuto tra i
cavalieri. Di suo padre ricordava solo che era uno di loro, poi il buio
assoluto. Sua madre la ricordava un po’ di più, ma già il
suono della sua voce era per lui solo il ricordo di un sogno, indistinto,
inafferrabile…
Era diventato cavaliere a soli tredici anni. Un vero e
proprio primato. Nessun altro, nell’esercito della Terra del Buio, poteva
vantare un’ammissione così anzitempo nei ranghi della guardia
reale. Ma Shaoran avrebbe volentieri rifiutato quella vita, lui che odiava la
guerra, lui che per colpa della guerra aveva perso tutto… Aveva pensato
di poter essere un cavaliere per sfogare sul campo di battaglia tutta la sua
rabbia, i suoi rimpianti, il suo dolore, la sua frustrazione; ma lui non era
così, non era in grado di vendicarsi sulla strada della violenza,
perché lui quella strada la odiava profondamente…
Ripensò allo Specchio di cui aveva parlato Clow.
Buffo. Era andato da lui quel giorno solo per chiedergli in prestito un libro,
invece aveva trovato una via.
Ma era percorribile?
Era davvero giusto continuare a sperare?
Clow preferiva arrendersi, certo; ma del resto Clow era
ormai assuefatto a quella vita, non aveva più sogni, semplicemente
perché non ne aveva bisogno. Shaoran, dal canto suo, non avrebbe
sopportato l’idea di una vita così, sempre uguale, sempre intrisa
di sangue.
Si riscosse. Forse stava facendo una stupidaggine, ma in
fondo che altro aveva da perdere?
Nulla… Proprio nulla…
Si alzò in piedi e guardò verso est. Da
qualche parte laggiù c’era
Tornò sui suoi passi e riprese il sentiero,
diretto alle scuderie del Palazzo, per bardare il suo cavallo. E partire.
Lontano da tutto, lontano da qui… Verso un barlume
di folle illusione.
Spero
che la curiosità sia sempre viva… Io ho fatto del mio meglio!
Alla prossima…