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Autore: Chica Anonima    15/11/2013    3 recensioni
Questa piccola one-shot parla di un amore immortale che distrugge, ma che nello stesso tempo non ti abbandona e in qualche modo ti salva. Parla di una ragazza che vede la sua vita ormai distrutta e nel momento in cui sta per cadere nell'abisso più profondo riscopre la speranza.
Dal testo:
Sono ormai l’ombra di me stessa, la scuola, i parenti, gli amici… ormai tutto è sparito, mi rimane solo la mia camera e i miei ricordi, vivo nella mia completa solitudine come se stessi in un mondo tutto mio fatto solo di lui, solo che lui non è più con me, non posso stingerlo, non posso baciarlo o farci l’amore… sono sola.
*La storia partecipa al contest “Pacchetti e stagioni” indetto da nemi23
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mio angelo custode
 
Risi iniziando a correre come una stupida, i miei capelli scuri sventolarono al vento, Luigi poco dietro di me rideva e faceva finta di rincorrermi, sapevamo entrambi che avrebbe potuto raggiungermi subito.
Nonostante questo però continuammo a correre felici, girai a destra immergendomi nel traffico del paese, l’asfalto correva veloce sotto i miei piedi, successe tutto in un secondo, sentii una macchina suonare impazzita il clacson e due mani spingermi in avanti facendomi cadere a terra.
Guardai le mie ginocchia sbucciate e piano cercai di alzarmi per capire cosa fosse successo, mi voltai indietro e vidi un corpo disteso in una pozza di sangue davanti a una macchina blu, solo dopo pochi secondi capii che non era un corpo qualsiasi, era Luigi. Urlai.
 
Mi svegliai di colpo tirandomi su, il respiro si fece pesante e delle gocce scivolarono dalla mia fronte. Ancora quel sogno.
 Ormai erano passate tre settimane, ma sapevo che quel ricordo non mi avrebbe mai abbandonata, avevo perso tutto in pochi secondi, come può la vita di una persona essere distrutta in così breve tempo? Forse la domanda giusta da porsi è quando è grande il mio amore per lui? Forse troppo.
Calde lacrime scendono dal mio viso infrangendosi sulla coperta lilla, mi accascio di nuovo sul cuscino che in breve diventa umido.
Non riesco più a resistere, ormai la mia vita da quel giorno è diventata un buco nero, un buco fatto di solitudine, tristezza e disperazione, il senso di colpa mi ha attanagliato lo stomaco, mangio poco e niente, ma come posso? Come fanno a pretendere i miei genitori che io vada avanti senza di lui?
<< sei giovane devi andare avanti>>
<< ti innamorerai di nuovo>>
 << devi dimenticare>>
Tutte frasi che scorrono nella mia testa, frasi che non voglio e non posso ascoltare, perché dovrei andare avanti e dimenticare tutto? Sarei dovuta morire io quel giorno e ora è giusto che mi comporti come se non esistessi, nulla intorno a me esiste più.
Sono ormai l’ombra di me stessa, la scuola, i parenti, gli amici… ormai tutto è sparito, mi rimane solo la mia camera e i miei ricordi, vivo nella mia completa solitudine come se stessi in un mondo tutto mio fatto solo di lui, solo che lui non è più con me, non posso stingerlo, non posso baciarlo o farci l’amore… sono sola.
Qualcuno apre di scatto la porta della mia stanza facendomi sobbalzare, mia madre si avvicina alla finestra e apre la tenda facendo entrare la debole luce della luna, ormai siamo quasi a natale e fuori l’inverno è arrivato.
“ Dovresti alzarti Rebecca, sono stanca di vedere mia figlia in questo stato, io ti capisco, sul serio, so bene che stai soffrendo, ma hai solo diciassette anni la vita va avanti, non puoi semplicemente smettere di vivere, lui non lo vorrebbe” .
Le parole di mia madre sbattono contro la mia corazza invisibile, ormai è da tre settimane che sento le stesse frasi e non solo da lei, ci hanno provato Sara e Noemi, le mie migliori amiche o almeno lo erano fino a quando non le ho allontanate, ci ha provato mio padre, mio fratello Stefano, perfino mia zia Lucia, ma io non voglio ascoltare nessuno, perché nessuno di loro può capirmi.
“ Lasciami sola, per favore” Mia mamma sospira uscendo dalla camera con gli occhi lucidi, mi dispiace vederla in questo stato, ma non ci riesco, mi sento come se fossi in apnea e qualcuno cercasse di tirarmi su senza successo perché qualcosa mi trattiene. Sono io, sono io che voglio morire, sono io che non voglio essere salvata.
Abbandono il mio letto solo per andare a chiudere di nuovo la tenda, quando mi avvicino rimango però incantata, i primi fiocchi di neve cadono infrangendosi sulla strada e ciò non può che riportarmi a due anni fa.
Ci stingiamo ancora di più ormai fradici, Luigi mi accarezza i capelli inzuppati sorridendo, sembriamo proprio due bambini.
“ Ci conviene tornare dentro,  altrimenti ci prenderemo l’influenza”
Inizio a ridere sulla sua spalla e dopo poco mi stacco da lui incamminandomi verso casa, la prima neve è scesa proprio oggi, il giorno del nostro anniversario e io non potevo non esserne felice, l’invero non era la mia stagione preferita a caso, in particolare dicembre era il mio mese, il mese in cui ero nata e il mese in cui avevo incontrato per la prima volta l’amore della mia vita, in realtà ci ero finita addosso scivolando sul marciapiede ghiacciato.
“ A cosa pensi, amore?” sorrisi verso Luigi fissando i suoi occhi azzurri.
“ Penso che adoro l’inverno e che dicembre è sicuramente il mio mese preferito”
“ Perché è il mese in cui sei nata?”
“Anche, ma specialmente perché se l’arrivo dell’inverno non avesse ghiacciato le strade facendomi cadere come una pera, forse non ti avrei conosciuto”
“ Se è un modo carino per ricordarmi che oggi facciamo un anno, sappi che lo so e ti ho fatto anche un regalo…” Mi fermai improvvisamente, non poteva essere! Mi ero dimenticata il regalo! Luigi sembrò  intuire i miei pensieri, ma non disse nulla, tirò fuori dalla giacca una scatolina rossa e…
Ritorno con la mente a oggi e la mia mano si posa sul ciondolo che ho al collo, un cuore con incisa una sola lettera, “L”. 
Le lacrime tornano a scorrere sul mio viso o forse non si sono mai fermate?
Mi chiedo ancora come sia possibile, mi chiedo il perché di tutta questa sofferenza e non capisco, viviamo i nostri giorni come se nulla fosse, quante volte avevo sentito di persone uccise in qualche incidente stradale? Moltissime, eppure non ci ho mai pensato, nessuno ci pensa fino a quando quel qualcosa non accade a te, solo in queste due settimane mi sono resa conto che viviamo in un mondo fatto di egoismo, la gente vive solo per se stessa.
Mi stacco dalla finestra con una consapevolezza che ormai è dentro di me da giorni, non voglio più vivere in questo mondo, perché se prima poteva essere accettabile grazie a lui, ora non lo è più e maledico il destino per questo, perché forse se non l’avessi mai incontrato non avrei scoperto la vera felicità, il vero senso della vita e ora sarei tranquilla a vivere in un mondo grigio e senza colori come fanno tutti, ma non è andata così.
Per la prima volta in due settimane decido di aprire l’armadio e uscire da questa casa per l’ultima volta, voglio morire con lui.
Con movimenti quasi meccanici mi sfilo il pigiama e indosso un semplice jeans, una maglia, il giubbotto bianco e le scarpe, apro la porta e mi sembra strano mettere un piede fuori dalla mia stanza, cammino per il corridoio e incontro mio fratello che mi abbraccia e sorride, resto immobile forse pensa che io stia meglio e che ho deciso di tornare a vivere, quanto si sbaglia.
“Bentornata sorellina”
Non rispondo e scostandomi ricomincio a camminare fino alla cucina vuota e buia, senza accendere la luce apro il primo cassetto sotto al lavello e ne tiro fuori un coltello infilandolo subito all’interno del giubbotto.
Mi avvio verso la porta principale, ma mia mamma mi blocca il passaggio, molto probabilmente Stefano deve averle detto che sono uscita dalla mia stanza.
“ Piccola dove vuoi andare?” Non posso fermarmi ora e così decido di mentirle, so già che lei sarà quella che soffrirà di più la mia mancanza, ma capirà, forse un giorno riuscirà a perdonarmi.
“ Voglio fare una passeggiata, mi manca l’aria fresca e sta scendendo la prima neve” mia mamma mi guarda confusa, forse pensa che sia impazzita.
“Piccola è notte e fuori fa freddo, se vuoi passiamo uscire domani, o magari chiamo le tue amiche, che ne dici?”
“Preferisco stare da sola e uscire ora, ne ho bisogno.” Vedo che è indecisa, non sa se fidarsi o meno, ma so che mi lascerà andare alla fine, troppo impaurita che io mi rinchiuda di nuovo in quella stanza e forse si pentirà per sempre di questa decisione.
“ Va bene, ma resta qui in giardino”
“Grazie” e questa l’ultima parola che lascio a mia madre? Non le dico che le voglio un mondo di bene? Vorrei farlo, ma a quel punto capirebbe e non riuscirei ad andare fino in fondo.
Apro la porta e silenziosamente esco, faccio finta di sedermi sulla panchina in legno piena di neve e aspetto che lei chiuda la porta, non ho molto tempo.
Osservo mia madre spiare per pochi secondi dalla finestra per poi lasciare andare la tenda, inizio così a correre fuori, il cancello cigola e lo accompagno lentamente, una volta uscita riprendo la mia corsa. So già dove il mio cuore mi sta portando.
Quando arrivo al cimitero del paese e facile scavalcare il cancello in ferro battuto e arrivare dall’altro lato, non so dove sia la sua tomba perché sua madre non mi ha dato il permesso di partecipare al funerale e io ho deciso di rispettare la sua decisione, incomincio quindi a girare nel cimitero alla ricerca disperata del mio amore e ringrazio la mia buona stella quando solo cinque minuti dopo la trovo.
Sulla lapide è inciso il suo nome e una scritta << ti ricordiamo come un eroe, amici e parenti.>>
Cado sulle ginocchia accarezzando la lapide, i jeans diventano umidi al contatto con la neve e tutto sembra ancora più vero, lui è veramente morto.
Il dolore è così forte che decido di non volere stare qui un minuto di più, voglio raggiungerlo. Abbasso la cerniera della giacca e afferro il coltello, un gelo improvviso mi attraversa le ossa e arriva fino al cuore stringendolo in una dolorosa morsa.
Punto il coltello dritto al cuore e per un secondo penso di non avere il coraggio di farlo, la mia mano trema, ma riprendo il controllo. Stringo la presa e sto per affondare, quando una luce improvvisa mi acceca e una mano si posa sulla mia, la vedo, ma non sento il suo tocco.
Dopo pochi secondi la luce scompare, ma la mano è sempre sulla mia, non so cosa fare, ho paura a girarmi per il semplice fatto che io so di chi è quella mano e so che non è possibile che lui sia qui.
“Sono qui amore mio, girati” inizio a tremare e lascio cadere il coltello a terra, è la sua voce quella che ha parlato, forse sono in paradiso? O sto sognando?
Mi volto lentamente e lui è inginocchiato dietro di me, è bellissimo come lo ricordavo, ma un particolare si è aggiunto a questa bellezza, due ali bianche dietro di lui.
“Sei veramente tu?” Questa volta le lacrime che scendo dal mo viso sono di felicità e la sensazione che prima mi stringeva il cuore è sparita, sono tornata in superficie, non sto più annegando.
“Sono io” Non può essere vero.
“ Come fai ad essere qui? Sei un angelo? O sono morta io?”
“ Sono il tuo angelo, il tuo angelo custode” Il mio angelo custode? Com’è possibile? Non esistono gli angeli, eppure lui è qui e ha le ali…
“ So che ti sembra assurdo, ma ci sono molte cose che non sai e che non posso dirti, sappi solo che non me ne sono mai andato, ti ho sempre protetto e quando stavi per ucciderti ho potuto fermarti e ora puoi vedermi” Non capisco nulla e la testa incomincia a girarmi, vedo la sua mano avvicinarsi al mio viso e accarezzarlo, ma non posso sentirla e fa davvero male tutto ciò.
“ Mi dispiace, ma puoi solo vedermi… “ Una nuova sensazione si fa strada in me, un misto tra tristezza e consapevolezza.
“ Potrò vederti per sempre? O scomparirai?”
“Potrai vedermi per sempre, sarò sempre al tuo fianco.” guardo il suo viso e tutto sembra così strano, ma la felicità è troppo grande e le mie domande vengono messe da parte.
“ Allora vivrò per entrambi.”
Un rumore mi distrae, mi alzo e dietro al mio angelo vedo la mia famiglia e alcuni agenti che mi guardano sconvolti, posso capire il perché, vicino a me ho ancora il coltello e loro non possono  vedere Luigi, avranno pensato che stavo parlando da sola. Sorrido e ai loro occhi sembrerò uscita di testa, ma non mi importa, non ora che non sono più sola.
 
Cinque anni dopo:
 
Una donna è seduta su una sedia di legno nella sua cucina, il suo viso è ricolmo di tristezza e pentimento, tra le sue mani ha un giornale e calde lacrime scorrono dai suoi occhi mentre lei inizia a leggere l’articolo:
 In una clinica psichiatrica di un piccolo paese del sud Italia vicino Lecce, l’altro giorno si è assistito ad  una triste vicenda, una ragazza che era ricoverata da ormai cinque anni ha deciso di togliersi la vita buttandosi dalla finestra della sua camera.
La ragazza, di cui non possiamo citare il nome, affermava di poter vedere il suo ex ragazzo, morto cinque anni prima in un incidente stradale. Secondo la psicologa della clinica la ragazza non migliorava e affermava che per colpa delle medicine non riuscisse quasi più a vederlo.
La ragazza di appena ventidue anni ha quindi  deciso di togliersi la vita ieri pomeriggio, nell’ultima pagina del suo diario, scritta quello stesso giorno diceva << Non posso vivere senza di lui, ormai non lo vedo quasi più, è colpa loro, delle medicine che mi danno ne sono sicura e non posso andare avanti cosi, per questo ho deciso che farò quello che dovevo fare cinque anni fa, vado da lui, così finalmente potrò essere felice>>.
La donna chiuse il giornale e uscendo fuori di casa si avviò verso il cimitero del suo paese, una volta arrivata camminò fino a ritrovarsi davanti a due tombe vicine, una era di un ragazzo, l’altra di una ragazza il cui nome era Rebecca.
“Spero che tu sia felice piccola mia” disse la donna accarezzando il nome inciso sulla lapide con le dita.
La donna si girò poi, dando le spalle alle due tombe e dirigendosi verso l’uscita un sorriso apparve sulle sue labbra, sua figlia era felice ora.
  
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