Giorno 1 – Pentimento
There’s nothing left to say now
«Caporale! Ci sono quattro Titani che
si dirigono nella nostra direzione!» urlò un soldato
della Guarnigione. «Due di circa 18 metri, uno di 15 e
uno di 10 metri!»
Li avvistarono dopo pochi minuti; i Titani sembravano ignorare tutti coloro che gli stavano attorno. Erano veloci, nessuno
riusciva ad avvicinarli.
«Altri
anomali?» chiese Hanji, atterrando accanto a lui.
«Già. A quanto pare cercano noi».
«Allora
diamo loro il benvenuto come si deve!».
Rivaille non rispose.
Non
era la battaglia che lo spaventava. Era in ottimo stato, i sensi da guerriero
che lo tenevano all’erta, sensibile a ogni minimo movimento e cambiamento
nell’aria. I Titani li avevano attaccati all’improvviso, ma non si era lasciato
spaventare.
Eppure, da quella conversazione con Hanji ed Erwin
tre settimane prima, addosso aveva una strana sensazione che non riusciva a
comprendere. Una brutta sensazione.
Si
scrollò quei pensieri di dosso e si diresse verso i
quattro mostri che si avvicinavano a loro, Hanji e
altri soldati della Squadra con lui.
«Occupatevi
di quello più piccolo» ordinò Rivaille. «Io mi
occuperò degli altri» e si avvicinò a loro.
«Sempre
il solito…» sbuffò Hanji. «Soldati!
Assumete le posizioni dell’esercitazione!».
«Sissignore!».
Si
divisero e si diressero verso i Titani.
La
formazione consisteva nel dividersi: un soldato – il più agile ed esile –
avrebbe fatto da esca, mentre l’altro si sarebbe posizionato
alle spalle del mostro, abbattendolo.
Levi,
d’altro canto, si era già portato lateralmente ai Titani più grandi, così da
poter tagliare i loro colli in un colpo solo. Si appoggiò su un tetto, posizionò le spade in modo che la lama fosse rivolta verso i
mostri e portò le dita sul meccanismo per attivare le funi del Dispositivo.
In
quel preciso istante, i Titani si voltarono verso di lui.
Erano
tutti e tre muscolosi e ben piazzati, ma completamente diversi.
Quello
di 18 metri aveva i capelli corti e biondi, la bocca aperta in un ghigno e la
parte inferiore del corpo senza pelle. L’altro aveva la testa leggermente piegata
rispetto al resto del corpo, coperta di capelli neri. Il Titano di 15 metri,
invece, aveva un cranio scuro coperto da una zazzera di capelli
biondo chiaro, la grande lingua penzolante.
Rivaille, per la prima
volta da quando aveva cominciato a combattere contro i Titani. Si bloccò.
Conosceva
quei volti fin troppo bene.
Lo
avevano tormentato per settimane nei suoi sogni, ogni notte. Li sentiva urlare
e piangere. Lo incolpavano di averli abbandonati, di non aver saputo essere un
bravo Caporale, di averli portati alla morte, eppure loro si fidavano di lui, si sono sempre fidati
di lui, fino alla fine, ma lui li aveva traditi e abbandonati fuori dalle mura,
i corpi gettati via dalle carrozze come fossero spazzatura, via da dai loro
compagni, da lui, lui che non aveva mosso un dito, non aveva fatto nulla, e ora
erano lì davanti a lui, i volti sfigurati in un ghigno malvagio tutto denti e
gli occhi privi di qualsiasi emozione-
«Rivaille!» urlò Hanji.
Il
soldato sbatté gli occhi, risvegliandosi dal torpore e spostandosi un attimo
prima di venire colpito dalla mano del mostro con i
capelli biondi.
“No” pensò Rivaille, “non sono mostri”.
Eppure
lo erano. Camminavano come dei mostri, urlavano come dei mostri,
uccidevano come dei mostri, e loro non avevano ucciso nessuno come dei mostri.
Erano gli eroi loro, la Squadra per le Operazioni Speciali di Rivaille, loro, Erd, Gunther, Auruo e-
La
corda del Dispositivo si tese improvvisamente e Rivaille
si sentì tirare in avanti a grande velocità; l’aria gli mancò dai polmoni, il
vento gli sbatteva sulla faccia, e qualcosa di estremamente
caldo lo avvolse, rendendogli difficile respirare. Quando le farfalle davanti
agli occhi si dissolsero e riuscì a vedere meglio, si rese conto di essere
stretto dalla morsa di un Titano.
Lo
fissò dritto negli occhi – occhi grandi, enormi, di un
denso color miele che prima avrebbe definito dolce, ma che in quel momento
sembrava spento e terrificante. La bocca non era piegata in un ghigno, ma Rivaille era certo che
nascondesse dei denti pericolosamente appuntiti. La pelle era bollente e
dovette fare uno sforzo notevole per rilassare i muscoli e cercare di prendere
fiato.
«Ciao…
Petra» sussurrò.
Il
Titano lo fissò per qualche secondo.
Poi
urlò.
«Dovevo
immaginare che saresti tornata» commentò lui, le
orecchie che fischiavano leggermente. Faceva troppo caldo in quella morsa, non
riusciva a respirare, ma doveva tenere duro e parlarle. Poteva divorarlo in
qualsiasi momento, perciò doveva preservare ogni singolo attimo.
Il
volto del Titano-Petra gli copriva la visuale, impedendogli di vedere gli altri
tre.
«Certo, speravo che potessi
finalmente riposare in pace. Mi avevi sempre detto che volevi una vita
tranquilla. Ma hai deciso di diventare un soldato e la
vita tranquilla è andata a quel paese».
Il
Titano emise un suono cupo, come un ringhio, continuando a fissarlo come se ne
volesse comprendere il valore.
«Speravo
che diventassi almeno un Titano attraente, ma a quanto pare non hai avuto così
tanta fortuna» disse con il suo solito tono indifferente, le mani sudate
attorno alle spade.
Il
Titano-Petra rispose con una serie di ringhi, più brevi e rauchi dei
precedenti.
«Mmh? Cos’è, stai
ridendo o sei stitica? Non riesco a capire, la tua faccia ha sempre la solita espression-».
«Fermo!».
Rivaille distolse lo
sguardo dal Titano solo un attimo, giusto il tempo di vedere un soldato
dirigersi verso di loro. Non ebbe neppure il tempo di urlare: «No!», che il
Titano-Petra si voltò verso di lui e lo scaraventò via con un gesto della mano.
Rivaille deglutì. Tra
poco sarebbe arrivata la reazione rabbiosa, forse un grido, uno scatto omicida
improvviso…
Ma il Gigante non urlò.
“Merda”.
La
mano del Titano si chiuse ancora di più attorno a lui, stringendolo in una
morsa soffocante. Rivaille tentò di prendere quanta
più aria possibile, prima di essere inghiottito dall’oscurità.
Hanji non riusciva a
pensare.
Più
della metà dei soldati erano stati uccisi dai tre Giganti, e Rivaille era stato preso dal Titano donna. Tre soldati si
affiancarono a lei.
«Cosa facciamo?».
«Qual
è il piano?».
«Heichou è stato preso?».
«Non
abbiamo speranza, ora!».
Hanji digrignò i
denti e strinse i pugni. No, non si sarebbe arresa. Non era arrivata fin lì per
niente. I suoi subordinati non erano morti invano
Ma quei Titani erano forti,
pericolosi e più intelligenti degli altri. Doveva far qualcosa, e subito.
«Soldati! Distraeteli ed evitate
tutti i loro attacchi! Io mi occupo del Titano donna!»
ordinò. «E non morite».
«Sissignora!».
Si
diresse verso di loro cercando di non attirare l’attenzione. “Dannazione, Rivaille…”.
Mi
piacciono le tue mani.
Sono
troppo esili.
Ma
sono belle.
«Avevi
ragione, Petra… sono troppo esili!».
Si
sentì i rumore della carne fatta a pezzi, il veloce
movimento delle spade e un urlo disumano.
Rivaille aveva
squarciato la mano del Titano, liberandosi dalla sua morsa. Prima che il
Gigante potesse reagire, però, aveva già tagliato l’altra mano.
Hanji si bloccò a
metà strada, lo sguardo fisso su di lui. Era accaduto
tutto così velocemente che aveva fatto fatica a
vederlo.
«Allontanatevi! Me la vedo io!
Sono la mia Squadra!» ordinò Rivaille
ai soldati.
Si
portò verso il Titano-Gunter. «Hai sempre avuto
problemi nelle ginocchia, eppure riuscivi a destreggiare perfettamente il
Dispositivo. Erano quelle che esercitavi di più nelle sessioni. Ma la tua pelle lì è più chiara, quindi…».
Planò
verso il basso, si agganciò alle gambe e tagliò la carne sulle ginocchia del
Gigante, che ululò dal dolore. Si spostò prima che questo gli cadesse addosso,
si portò alle sue spalle e incise un taglio netto e profondo dietro al collo.
Il Titano smise di muoversi.
Una
mano si accasciò sul suolo accanto a lui, provocando un forte spostamento d’aria
e sbalzandolo via. Rotolò a terra, graffiandosi il volto e i palmi delle mani.
Riuscì
a spostarsi col Dispositivo prima che un’altra manata potesse colpirlo.
«Ah, Erd…
sei diventato più irruento. Ma sei sempre il capo, eh?
Sempre il leader, quando io non c’ero. Portavi le responsabilità di tutti sulle
tue spalle. Chi lo avrebbe mai detto che proprio quelle fossero il tuo punto
debole?».
Rivaille si diresse
verso di lui; il Titano cercò di agguantarlo di nuovo, ma non sarebbe cascato
di nuovo nella trappola: si spostò dalla traiettoria, gli tagliò le dita e
cominciò a correre sul suo braccio.
Sentì
un ringhio e un movimento alla sua destra; il Titano Auruo
si stava avvicinando a loro. Quando il suo volto fu abbastanza vicino, lanciò
la lama nel suo occhio, facendolo fermare e arretrare, urlante.
Corse
verso la spalla del Titano-Erd, vi infilzò
la spada, staccò la lama che rimase al suo posto, ne prese subito un’altra e
tagliò la nuca del Gigante.
«Ovviamente
ti sei messo in mezzo, Auruo.
Non puoi proprio farne a meno, eh?». Si avvicinò a lui
schivando una manata, si appoggiò con i piedi al suo volto e tirò via la spada
dall’occhio. «Così come non potevi fare a meno di parlare, anche quando stavamo
a cavallo. Ti ricordi cosa succedeva quando stavi a cavallo? No? Lascia che ti rinfreschi la memoria…». Con un colpo deciso gli tagliò la lingua penzolante e il
Titano-Auruo urlò, portandosi entrambe le mani alla
bocca.
Rivaille saltò verso l’alto,
si agganciò alla nuca e incise la carne, di nuovo. Saltò su un tetto e si
guardò intorno.
«E
ora…».
Il Titano-Petra lo fissava. Non aveva partecipato alla lotta, rimanendo nello
stesso posto di prima. Le sue mani erano appena ricresciute ed era più
pericolosa di prima.
Rivaille sguainò le
spade e si diresse verso di lei.
«Hai
ucciso un uomo a mani nude» cominciò Rivaille. «Non
avrei mai immaginato di vederti uccidere un essere umano, soprattutto non in
quel modo.»
Il
Titano distese la mano verso di lui, ma Rivaille si
scostò appena in tempo.
«Una volta ti dissi che, per uccidere dei mostri,
bisognasse perdere un po’ della propria dignità. E tu mi chiedesti come avremmo
fatto a distinguere gli umani dai mostri, a quel punto. Facevi sempre queste
domande strane e come al solito non seppi darti una
risposta.»
Approfittò di un’altra manata per tagliargli l’intero
braccio a metà. Il Gigante urlò e tentò di attaccarlo con l’altra mano, dando
la possibilità a Rivaille di fare la stessa cosa con
l’altro braccio.
«Ora penso di conoscere la
risposta. A quel tempo non riuscivo a vederla, non volevo vederla.
Per questo mi annoiavo quando mi porgevi quelle domande.»
Si portò alle sue spalle con una velocità impressionante e le tagliò i tendini,
facendola cadere a terra.«»
«Non te l’ho mai detto, ma era bello sentirti parlare.
A volte eri una palla al piede, ma gli argomenti che ti interessavano
non erano male.»
Atterrò sui suoi capelli rossicci e si diresse verso la nuca.
«E la tua voce dopo un po’ assillava,
soprattutto quando continuavi a ripetere “Heichou! Heichou!”, ma ho continuato a sentirla per notti intere
dopo-»
Si bloccò, la spada a mezz’aria e lo sguardo basso.
«Avrei voluto dirti tante cose.
Vorrei dirtele ancora. Ma non credo che capiresti
ormai. Non sei più un umano. Non se uccidi tuoi compagni senza battere ciglio.
Sei solo un mostro.»
Sentiva
solo la durezza dell’elsa della spada contro il palmo della mano.
«Addio,
Petra.»
La
lama si abbassò in uno scatto e il Gigante sussultò e si immobilizzò,
senza far rumore.
Rivaille scese dalla
schiena del Titano, grondante di sudore e di sangue.
Avrebbe
dovuto lavarsi al più presto, tutto quello sporco gli dava sui nervi.
«Caporale!»
«Hanji, avverti il
resto delle truppe che questo lato è tranquillo. Non ci sono altri Titani nelle
vicinanze» ordinò Rivaille,
lo sguardo fisso davanti a sé.
«Caporale…»
«I
corpi verranno raccolti dopo. Date agli altri soldati
i nomi dei caduti, così che possano avvisare le loro famiglie.»
«Rivaille…»
«Non c’è tempo da perdere. Muovete
il culo e andatevene. Hanno bisogno di rinforzi.»
«Rivaille!» esclamò Hanji,
bloccandolo per le spalle.
Lui
scostò le sue mani e la fissò, lo sguardo glaciale
come sempre.
«Mi disp-»
Un
lampo passò nelle sue iridi. Fu una questione di un secondo, ma bastò a Hanji per farla zittire.
Rivaille annuì.
«Raggiungete
le truppe a sud il prima possibile. Vi raggiungo dopo,
ci sono cose che devo sistemare qui.»
Il
suo tono era perentorio e nessuno osò contraddirlo.
«Sissignore»
obbedirono, lasciandolo solo.
Rivaille si voltò verso
i resti dei Titani in decomposizione.
Forse in ognuno
di noi c’è un mostro. Per questo abbiamo così tanta paura dei Titani: sono la
reincarnazione di tutto ciò che c’è di orribile in noi.
Come facciamo a
distinguere gli umani dai mostri? Quale sarà la differenza, se perdiamo la
nostra umanità? Cos’è l’umanità?
Tu vuoi solo
sembrare indistruttibile, ma sei umano tanto quanto me. Per questo ti amo.
«Mi
dispiace…» sussurrò.
Per
la prima volta nella sua vita, il Soldato più forte dell’Umanità si pentì di
aver ucciso dei Titani.
Tra dieci minuti sarà il 17 novembre e io posto solamente ora… per un pelo! Meglio
tardi che mai, no?
È la mia prima fanfiction
in questo fandom e ci tenevo a contribuire! Quando ho
letto i prompt della week (che potete trovare qui) si
è tipo accesa una lampadina e… beh, eccomi qui!
Spero vivamente che vi sia piaciuta!
Perdonatemi se alcune parti non stanno
né in cielo né in terra, ho cercato di mantenermi quanto più IC possibile, ma scrivere
dal POV di Rivaille è davvero difficile. È un
personaggio estremamente complicato e controverso,
quindi scrivere di lui è stata una vera e propria sfida per me.
Spero di aver reso almeno in parte la
bellezza del suo personaggio!
Ringrazio coloro che mi hanno
consigliato le canzoni più angst al mondo, anche se
poi ho scritto ascoltando solo due canzoni che già avevo nella mia playlist:
- Nothing Left To Say – Imagine
Dragons (che ha ispirato il titolo e la parte finale
del capitolo)
- Burial on the Presidio Banks
– This Will Destroy You
A domani con la seconda shot!
PhoenixOfLight