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Autore: Finnick_    17/11/2013    3 recensioni
I Giochi della Fame sono cambiati.
Ogni persona può essere offerta come tributo negli Hunger Games.
John e Sherlock, Amy, Rory e il Dottore.
Nessuno è al sicuro.
POSSIBILI SPOILER HUNGER GAMES (Catching Fire & Mockingjay).
Genere: Avventura, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota:
Nessuno dei personaggi qui sotto, nei vari fandom (Sherlock, Hunger Games e Doctor Who) mi appartengono.
E' solo un grandissimo miscuglio ;)
Buona lettura!






Capitolo 1: la mietitura
 
Distretto 4
 
Il grido che proviene dalla mia bocca risuona nella stanza vuota.
Apro gli occhi di botto e artiglio le coperte con le dita delle mani, per cercare stabilità.
Ansimo alla ricerca dell’aria. Quella che mi mancava nel sogno.
Scuoto la testa, mi guardo intorno in modo compulsivo e mi rendo conto di essere nella mia stanza, seduto sul mio letto, la finestra aperta sul mare. Il sole penetra nella stanza attraverso le tende, che frusciano verso di me a ritmo della brezza.
Sono al sicuro. L’incubo è finito.
Il terribile incubo dei passati Hunger Games è di nuovo svanito nell’oscurità della notte.
O almeno questo è ciò di cui tento di convincermi.
“Mary?” chiamo ad alta voce. Nessuno risponde.
Provo ancora, ma la mia voce rimbalza tra le pareti e torna come un’eco, portando con sé la sola risposta del suo stesso suono.
Poi ricordo.
No, l’incubo non è svanito, è appena cominciato.
Scendo dal letto in tutta furia, indosso le calosce che mia moglie mi ha regalato due anni fa e corro alla finestra. Scosto la tenda con un movimento rapido e secco, come se si stesse tramutando davanti ai miei occhi nel muro che mi separa dall’ossigeno.
Mi attacco al davanzale e mi lascio inondare dalla luce del sole. E’ mattino, l’aria è calda. Il mare fa rumore.
E’ estate.
Ed è passato un anno esatto dagli ultimi Hunger Games. Nessuno è al sicuro con quei giochi. Si tengono ogni anno e mettono in ballo la vita di ogni singola persona del Distretto.
Nella piazza centrale del paese, d’estate, si allestisce il palco, si montano le sedie, si alza il telo per la proiezione del filmato che ci ricorda la “terribile guerra” che hanno passato i nostri antenati, e un’esuberante Tilla Nikyel, l’accompagnatrice del Distretto 4, si piazza proprio al centro del palco, sfoggiando i suoi abiti eleganti e perennemente azzurri, per estrarre, tra i tanti, i nomi dei due disgraziati che prenderanno parte agli Hunger Games.
Questi sono gli 85°.
Possono essere pescati sia due uomini che due donne. Oppure un uomo e una donna. L’ampolla da cui Tilla attinge è una e sola e all’interno reca migliaia di biglietti: i nomi di ogni abitante del Distretto.
Si narra che un tempo potessero essere pescati solo ragazzi dai dodici ai diciotto anni e dovevano essere necessariamente un maschio e una femmina. Adesso le cose sono cambiate.
L’unico limite è che non possono essere reclutati ragazzi di età inferiore ai dieci anni.
Per quanto riguarda la nuova legge potrei essere nominato io insieme al bisnonno del sindaco, che regge l’anima con i denti, oppure la figlioletta di dieci anni di Tilla, che abita qui, insieme al padre di famiglia che non sa come arrivare in fondo alla giornata.
L’anno scorso, agli 84° Hunger Games, è stata pescata Mary.
Mary Morstan, mia moglie.
E’ vero che ogni abitante del 4 può essere offerto come tributo, eppure noi non la ritenevamo una cosa possibile. Abbiamo una buona reputazione, qui.
Io sono un medico militare, adesso in servizio per i pazienti comuni e lei è… era. Lei era un’impiegata comunale. Avevamo costruito la nostra vita sulla convinzione che noi fossimo protetti dalla mano di Tilla e dalle armi dell’arena.
Invece l’anno scorso, contro ogni previsione, il nome di Mary Morstan è stato pronunciato dalla voce squillante della Nikyel, lasciando tutti a bocca aperta.
Il silenzio calò sulla piazza e sugli astanti.
Quello è il dettaglio più orribile che possa ricordare.
Il silenzio, il nero.
Il nome di mia moglie e successivamente quello di un vecchio pescatore. Entrambi tributi.
Non ricordo, in vita mia, di essere mai svenuto.
Tranne quel giorno, al momento della mietitura per gli 84° Hunger Games.
Mary è stata uccisa da un tributo del Distretto 11, un ragazzone grande e grosso che l’ha gettata con molta delicatezza giù da un burrone.
Continuo a puntare lo sguardo verso l’orizzonte.
Oggi è il giorno della mietitura.
Gli 85° Hunger Games, e io non sono al sicuro. E non lo è nemmeno il mio migliore amico.
La porta al piano inferiore si chiude con un colpo secco e dei passi risuonano sul parquet.
“E’ pronto il tè?”
Chiudo gli occhi e mi concentro sul suono della voce che ha appena parlato.
Scuoto la testa.
“No…” sussurro, per alzare poi il tono della voce e scostare la tenda per scendere di sotto.
“No, mi sono alzato ora.”
Quando scendo l’ultimo scalino trovo Sherlock in cucina, intento ad accendere un fornello su cui campeggia un pentolino pieno d’acqua. Rimango immobile per un attimo.
“Il tè? Mi stai preparando il tè?” chiedo stupito.
Sherlock è il mio migliore amico, indubbiamente. Ma è la persona più strana del Distretto.
Continua a viaggiare con un paio di pantaloni eleganti e una camicia in tinta unita anche in piena estate.
“Non ti ci abituare” risponde lui, senza voltarsi a guardarmi, arraffando due tazze dalla dispensa.
Ci tengo a sottolineare che il tè gliel’ho sempre preparato io. O Mary.
Ma lui si ostinava a dire che quello di Mary era migliore del mio.
Sherlock è estremamente intelligente. Troppo, a volte. I sentimenti sembrano non sfiorarlo nemmeno in lontananza, caratteristica che ho sempre disdegnato, ma che oggi invidio.
Forse lui è tranquillo.
Anche se dovessero pescare il biglietto con su scritto il suo nome, lui non batterebbe ciglio.
Io non lo so. Ormai andare avanti senza Mary diventa più inutile giorno dopo giorno.
Se non fosse per Sherlock, non so dove sarei.
Mi siedo e aspetto che lui versi tutto il tè nelle tazze. Poi me ne porge una.
La prendo con le dita tremanti. Lascio subito il manico e stringo forte le dita sul palmo della mano.
Sherlock mi squadra e si mette a sedere fissando un punto indefinito davanti a sé.
La mano non smette di tremare. La sbatto con violenza sul tavolo e esclamo:
“Al diavolo!”
Sherlock non apre bocca.
“Tilla è vestita di blu elettrico” borbotta dopo un po’, con le labbra nella tazza.
Io lo guardo per un istante prima di sorridere.
“Avrei scommesso sul verde acqua” rispondo.
“Quello ce l’aveva quattro anni fa.”
Annuisco ed entrambi ci mettiamo a ridere.
“Finisci il tè e vai a cambiarti, tra mezzora dobbiamo essere in piazza.”
Eccolo, Sherlock, che prima cerca di consolarmi con il suo scarso senso dell’umorismo e poi mi distrugge i nervi di nuovo, ricordandomi la mietitura. Non lo fa apposta, ma la mia mano ricomincia a tremare.
“Mi dispiace, non lo finisco” dico, spingendo via da me la tazza mezza vuota.
Salgo, mi cambio con i migliori abiti che riesco a trovare e scendo dopo una decina di minuti.
Sherlock è in piedi accanto alla porta, appoggiato al muro.
Si è rimesso la giacca che si era tolto entrando.
“Non…” balbetto. Stringo ancora la mano.
“Vorrei dirti che non ce la faccio nemmeno io, ma non è vero” mi anticipa lui.
Rimango in silenzio.
“Come fai?”
“Non ci penso.”
Sento gli occhi gonfi. I ricordi minacciano di assalirmi, ma faccio come Sherlock. Non ci penso.

Distretto 11
 
“Non ci pensare.”
“E come faccio?”
“Lo fai e basta.”
“Amy, sai che non è possibile. E se pescano il nome di mio padre?”
“Che c’entra tuo padre adesso? Non stavamo parlando del Dottore?”
Rory fa una smorfia.
“Sarebbe un problema in entrambi i casi.”
Sbuffo, afferro il giacchetto di pelle migliore del guardaroba e lo getto sul letto, squadrandolo incerta.
“Ti sei svegliato positivo, stamani.”
Rory mi fa il verso e aggiunge:
“E tu indecisa su cosa indossare.”
Crolla a sedere sul letto, nei suoi jeans nuovi e il maglione che gli avevo comprato il giorno del nostro primo appuntamento. Sbuffa e si mette a guardare il soffitto.
Lascio andare le braccia lungo il corpo.
Devo sembrargli tanto spavalda e forte.
“Tutti si vestono bene, non vorrei essere da meno” sorrido.
Mi avvicino e gli mollo un cazzotto affettuoso sulla spalla.
Lui non fiata e cade all’indietro, steso sul letto.
Sospiro.
Ha ragione, io so che ha ragione. Io ho paura di sentir uscire dalla bocca di Cloe Montague il nome “Dottore” e Rory ha il terrore che venga pescato quello di suo padre. Non so perché, ma quest’anno nessuno dei due ha paura che venga estratto il nome dell’altro o il proprio.
Mi siedo accanto a lui, le mani sulle gambe.
“Affrontiamo questo giorno da anni. Va sempre tutto bene, arriviamo a sera, ci mettiamo sul divano e leggiamo insieme, ricordi?”
Dico, sorridendo al pensiero.
Lui mi prende per una spalla e mi tira giù con lui.
Sdraiati sul letto, ci mettiamo a fissare il soffitto. Rory mi prende la mano e sospira.
“Ho paura. Per mio padre, sai? E… per il Dottore, ovviamente” bisbiglia, un po’ impacciato.
Questo è il momento che odio di più del giorno della mietitura. Supera in odio anche la voce beffarda di Cloe che annuncia che tra breve infilerà la sua manina nell’ampolla per estrarre i due nomi.
Supera lo shock di rendersi conto che uno dei nomi lo conosci, magari era il tuo panettiere, magari il fruttivendolo. Magari un amico d’infanzia.
Questo va oltre tutto: Rory che trema, la sua mano che suda nella mia, troppo impaurito per gli altri, per pensare a se stesso.
“Anch’io” dico e mi giro su un lato per guardare mio marito negli occhi.
“Ehi.”
“Ehi.”
“Non dovrebbe essere più… non so, normale aver paura per noi due?” chiede.
“Già, ma noi non sappiamo nemmeno cosa sia la normalità, grazie al Dottore.”
“Stropicciato” aggiunge. 
Rido, appoggio la mia fronte alla sua e ripeto:
“Stropicciato.”
Un momento di silenzio. Un momento per capire cosa i nostri occhi stiano comunicando.
E a rompere tale momento è un sasso che entra dalla finestra aperta, rimbalzando per terra e facendoci sussultare. Piombiamo a sedere sul letto, seguiamo la traiettoria del sasso e decidiamo di affacciarci alla finestra.
Quando lo facciamo, scorgiamo un uomo in giacca e cravattino rosso che sbraccia in mezzo al campo.
“I miei Pond!” esclama ridendo.
“Cos’ha da ridere, anche oggi?” mi sussurra Rory.
Alzo le spalle e sorrido. Prendo mio marito per la mano e lo trascino al piano di sotto, usciamo nel campo dietro casa e io mi getto tra le braccia del Dottore.
Non veniva a farci visita da un mese e la mia paura più grande era quella di non vederlo prima del momento della mietitura. Rintracciarlo è impossibile, è sempre in viaggio, ma il suo nome appartiene al Distretto 11 ormai da qualche anno.
Rimaniamo abbracciati a sorridere per qualche secondo.
“Oh, che bello rivedervi. Siete pronti?” chiede, calando piano il tono della voce.
“Nessuno è pronto per i giochi” dico.
Gli do una pacca sulla spalla e lui sorride.
“Già. Nessuno.”
“Dove sei stato per tutto questo tempo?” chiede Rory, quando si rende conto che è il suo turno di abbracciare il Dottore.
Lui fa un giro su se stesso. Tipico. Mi sfugge un sorriso e lo ringrazio mentalmente di essere tornato da noi.
“Ah, sapessi Rory Pond, sapessi!”
“Williams, Rory Will-” cerca di correggerlo Rory.
Il Dottore continua come se non fosse mai stato interrotto:
“Ho visto l’orizzonte, la linea oltre la quale nessuno ha il coraggio di andare” gli occhi gli brillano “L’immenso. Ho visto l’immenso e lo vedrete anche voi, un giorno.”
Il sorriso è splendido, evidentemente i ricordi lo assalgono e lo rendono felice.
“Quando?” chiedo, “Il Distretto ci tiene qui per gli Hunger Games.”
Il Dottore abbassa lo sguardo e si liscia i capelli dietro la nuca.
Lo sguardo perso verso un punto indeterminato dell’erba. E’ una delle persone più sensibili e coraggiose che abbia mai conosciuto. Il uomo migliore dell’universo e il miglior amico che si possa avere.
“Sto cercando un modo per interrompere queste crudeltà. Sto raccogliendo cose interessanti, ce la faremo.”
“Sempre che oggi nessuno di noi venga mandato nell’arena” aggiunge Rory, avvicinandosi a me.
“Finite di prepararvi, dobbiamo andare” conclude il Dottore.
Io e Rory rimaniamo per qualche istante ad osservarlo mentre ci da le spalle e si lascia cadere sull’erba.
Incrocia le gambe, estrae il cacciavite sonico dalla giacca e comincia a lavorarci.
“Forza” dico a Rory, gli metto un braccio intorno al collo e insieme rientriamo a sistemare le ultime cose.
Dopo dieci minuti siamo nella piazza principale. Ci stanno smistando.
Anche quest’anno mi hanno divisa da Rory: i maschi da una parte, le femmine dall’altra.
Il Dottore ha fatto in modo di avere Rory accanto e ogni tanto lo vedo mentre gli bisbiglia qualcosa nell’orecchio.
E’ tutto pronto, il sindaco è seduto su una sedia alla destra dell’entrata del palco. Cloe si sistema l’acconciatura e comincia a salire i gradini di legno, sorridendo al meglio delle sue possibilità.
Questo è il giorno della mietitura.
  
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