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Autore: Graffitisuimuri    17/11/2013    5 recensioni
Mentre chiudeva la porta della sua stanza senti una leggera pressione sulla guancia, come se qualcuno lo stesse baciando.
Sorrise, forse questo era il modo di Amu di ringraziarlo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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“Destiny”
02:30.
15  febbraio 2013.
 
Notte inoltrata.
Osaka.
Amu Hinamori e il suo migliore amico Ikuto Tsukiyomi tornavano da una serata in un pub.
Amu aveva appena finito di litigare col suo avvenente ragazzo – Tadase Hotori – e  aveva un aria un po’ imbronciata.
Detestava litigare con lui, e odiava ancora di più il suo modo di farglielo pesare.
Litigavano spesso nell’ultimo periodo, per i motivi più svariati l’ultima novità? Il nuovo coinquilino di Amu.
Si erano trasferiti – lei e Ikuto – qualche mese prima a Osaka per frequentare l’università da allora Tadase non le dava più pace.
Odiava Ikuto quasi quanto Ikuto odiava lui.
Quella sera si erano sentiti dal telefono. Aveva squillato nella borsetta che portava a tracolla bel mezzo della serata e sotto lo sguardo indagatore di Ikuto era uscita fuori dal locale dove si stavano prendendo un aperitivo per rispondere.
Avevano parlottato per un po’ e poi lui aveva esordito con: << non dirmi che sei uscita con lui anche stasera >> da li era partita una discussione che era finita con il telefono sbattuto in faccia e un pianto sommesso e silenzioso durato meno di cinque minuti nello schifosissimo bagno del locale.
Dopo era tornata al tavolo – una volta asciugate le lacrime - e con Ikuto aveva ordinato un quantitativo spropositato di vodka liscia. Alla fine, aveva cominciato a balbettare frasi senza senso costringendo Ikuto a trascinarla via.  
Adesso la portava quasi in spalla – non aveva mai retto bene l’ alcool – borbottando frasi contro quell’idiota del fidanzato della sua amica.
 
Se fossi stato io il suo ragazzo non l’avrei mai trattata così. Che idiota.
 
Si ripeteva mentre poggiava il piccolo corpo della giovane sullo scalino e frugava nelle tasche alla ricerca delle chiavi del portone. Una volta aperto si era caricato di nuovo Amu tra le braccia e l’aveva trasportata fino a casa dopo di che l’aveva appoggiato su uno sgabello.
<< Dio, che mal di testa >> biascicò lei, mentre poggiava le mani sulle tempie massaggiandosele delicatamente. << Ci credo >> disse lui sedendo dosi di fronte a lei << vuoi un the? Potrebbe farti sentire meglio >> non ne era molto sicuro ma almeno teneva le mani occupate. Non riusciva stare fermo sapendo che a qualche chilometro da li c’era un idiota che faceva ridurre così la sua Amu.
Così mise l’acqua sul fuoco, aspettò che  bollisse per  poi metterci  la bustina dentro. Le passò la tazza che lei afferrò portandosela alle labbra.
<< Ah, ci voleva proprio >> sospirò portandosi un'altra volta la tazza alle labbra << Ikuto sei sempre il migliore >>.  Lui gli poggiò una mano sul braccio << dimmi, che è successo tra te e Tadase? >> Amu distolse lo sguardo seguendo le linee della scaffalatura dietro le spalle di Ikuto. << Beh lo sai le solite discussioni, è geloso >> scrollò le spalle << solo che stasera la discussione è degenerata e gli ho chiuso il telefono in faccia >> gli occhi le si riempirono di lacrime facendo tremare il cuore di Ikuto << i-io non ce la faccio più >>. Si mise le mani sul viso cominciando a piangere. Lui le si avvicinò abbracciandola da dietro appoggiando il mento sulla sua testa, con le sue braccia tentava di calmare i tremiti che scuotevano il piccolo corpicino di Amu. Non sopportava di vederla così.
Si mise di fronte a lei e gli prese la faccia tra le mani, raccolse con i pollici le lacrime che scendevano copiose lungo i goti baciandole delicatamente il naso.
<< Amu, ti prego, non fare così >> tirò su col naso << s-scusa, i-io sono proprio una frana. N-n volevo deprimere pure te >>. Ikuto scosse la testa << stai scherzando spero, sono il tuo migliore amico. Tu devi sfogarti con me >>  le raccolse un altro paio di lacrime << ti prego smettila di piangere >>  la supplicò nuovamente poggiando la sua fronte contro quella di lei. Si mordicchiò il labbro inferiore << C-credevo di poter aspettare fino al prossimo semestre >> disse reprimendo l’ennesimo singhiozzo << ma adesso,adesso mi sembra così difficile Ikuto. F-forse farei meglio a tornare a Tokyo >>  a quelle parole il cuore nel petto del ragazzo si fermò.
Tornare a Tokyo?.
E lui?.
Che fine faceva lui senza di lei?.
Cosa avrebbe fatto, tutto solo, in quell’appartamento senza la sua migliore amica?.
Come avrebbe fatto a confessarle che l’amava se fosse tornata da lui?.
<< No Amu, tu devi resistere. Cosa farai una volta tornata a casa? Aspetterai che lui torni dall’università da brava mogliettina? >> sapeva di comportarsi da egoista, si sentiva un verme, ma non poteva permettere che lei se ne andasse. Lei gli tolse le mani dal viso << io vado a farmi una doccia. Ci vediamo tra un poco >> si alzò e si chiuse in bagno.
Ikuto si sedette sul divano del salotto reclinando la testa all’indietro.
Erano quattro anni – uno più, uno meno – che conosceva Amu. L’aveva incontrata il primo anno di liceo durante l’assemblea con il quale si accolgono gli alunni a inizio anno. Lei era seduta in una delle ultime file due prima di lui, la notò subito, forse per quel colore strano di capelli che non aveva mai visto – rosa confetto – o, forse, la postura. Se ne stava li seduta su quella sedia di plastica dritta come un fuso, attenta a ogni parola che pronunciava il rappresentante di classe.
Ikuto si annoiava, il discorso era tenuto da un ragazzo allampanato con una strana montatura nera sul naso quindi aveva deciso di osservarla, quasi certo che dopo non la avrebbe rivista. Fortuna volle che, sia lei che Ikuto, capitassero nella stessa sezione compagni di banco. Era simpatica, chiacchierona, ma simpatica.
Al terzo anno poi aveva conosciuto Tadase ad una festa, era un amico del festeggiato, andava in una spocchiosa scuola al centro di Tokyo e aveva già vinto una borsa di studio per un altrettanta prestigiosa università.
Era il ragazzo perfetto, ed Amu se ne era innamorata, spezzando il cuore ad Ikuto. Si erano messi insieme un mese dopo ed Amu era così felice e se lei era felice anche Ikuto era felice in un certo senso.
L’anno scolastico si era concluso con il loro diploma e insieme avevano deciso di trasferirsi ad Osaka.  Ikuto aveva pensato che fosse un ottima occasione per stare insieme ma quel damerino, figlio di papà di Tadase non la lasciava stare nemmeno un minuto. E adesso, per colpa sua, lei voleva tornare a Tokyo rovinando i suoi piani per conquistarla.
Dio, come lo odiava.
<< Cazzo,nemmeno l’acqua calda dannazione! Mi sono dovuta lavare i capelli nel lavandino >>.
La voce di Amu riporta Ikuto nel mondo dei vivi, si voltò verso l’amica che frizionava i lunghi capelli rosa con un asciugamano bianco, il viso era struccato ma era rimasto un alone nero intorno agli occhi che accentuava le occhiaie violacee che facevano a pugni con la pelle bianca. In dosso aveva ancora il vestito nero e aderente che lasciava scoperte le gambe affusolate ma ai piedi non aveva i tacchi dodici centimetri. Era struccata,distrutta e semi ubriaca ma lui la trovava bellissima lo stesso.
Era innamorato, innamorato perso e non capiva come fosse possibile.
Ikuto si alzò andandole vicino, molto vicino. Le spostò una ciocca ribelle e umida dietro l’orecchio scoprendo così i tre piccoli brillantini sul lobo. Lei alzò lo sguardo su di lui << ci credi? Nemmeno l’acqua calda, tz, che schifo >> << Amu >>  la richiamò lui << cioè non posso neanche farmi una doccia decente >> << Amu >> provò di nuovo lui attirando finalmente la sua attenzione << si? >> la attirò per i fianchi << stai zitta >> la baciò. La baciò come non aveva mai baciato nessuna in vita sua.  
Amu lasciò andare l’asciugamano che teneva tra le mani che cadde per poi finire in un punto indefinito della stanza
Fece scendere la mano lungo la gamba accarezzandola sentendo sotto il suo tocco i muscoli di lei irrigidirsi all’istante << rilassati Amu, non stai facendo niente di male >> le sussurrò all’orecchio depositandole un bacio sul collo << so che lo vuoi pure tu >> mosse le dita lungo il suo interno coscia. << N-no Ikuto b-basta. Ti prego >> supplicò con voce strozzata << n-non voglio. I-io amo Tadase >> Ikuto  la ignorò, mosse le labbra lungo la linea del suo collo continuando a baciarlo e a morderlo << non ti credo, non guardi lui come guardi me >> le baciò la guancia << sarà la migliore esperienza della tua vita >> la baciò all’angolo della bocca << giuro >> le sue labbra furono, di nuovo, su quelle di lei. Le mosse leggermente tentando di scatenare la reazione delle sue che non tardò ad arrivare. Affondò le dita nei capelli blu di lui cominciando a rilassarsi.
<< E’ sbagliato >> ansimò lei tra un bacio e l’altro.
<< No>> le stampò un lunghissimo e intenso bacio << non c’è niente di sbagliato in questo >>.
Spostò la mano libera lungo il suo fianco fino ad arrivare alla cerniera del vestito aderente che portava facendolo scivolare sul pavimento e lo butto lontano con un calcio. La prese in braccio continuando a baciarla e la depositò sul divano del appartamento facendola distendere poi si posizionò su di lei puntellandosi i gomiti per non pesarle troppo. Ammirò il suo corpo semi nudo sotto il suo e fece un sorrisetto malizioso cominciando a baciarle il collo, le clavicole scendendo fino all’incavo tra i seni. Con le mani cercò il gancio del reggiseno ma fu bloccato da Amu << Ora tocca a me >>. Ribaltò le posizioni trovandosi a cavalcioni su Ikuto e cominciò a sbottonargliela con una lentezza disarmante tanto che Ikuto fece saltare gli ultimi due bottoni e lo lanciando la camicia lontano in un luogo indefinito. << Sembri Impaziente Ikuto, molto impaziente >> percorse la linea del petto con le unghie e scese fino alla tappa dei pantaloni. Ikuto grugnì facendola ridacchiare. Abbassò la tappa dei pantaloni che finirono sul pavimento in meno di cinque minuti.
Ikuto ribaltò le situazioni << pensavi di poter avere tutto il divertimento per te>>. Le tolse il reggiseno e circondò con le labbra il suo capezzolo tirandolo e mordendolo facendola gemere sotto di lui, con la mano libera le accarezzò il fianco nudo scendendo fino alle mutande. Scostò leggermente il pizzo accarezzandole la femminilità. << Oh Ikuto … >> sospirò appena sentì le dita di Ikuto muoversi dentro di lei. << Dimmi se ti faccio male >> disse lui infilando un terzo dito. Lei annuii conficcandogli le unghie nella carne sentendo che stava per venire. << I-ikuto ti voglio dentro di me. Adesso >>.
Non se lo fece ripetere due volte, si tolse i boxer e in un attimo era dentro di lei.
Fecero l’amore tutta la notte.
Ansimando e gemendo insieme, sospirando.
Quando vennero insieme per l’ultima volta Ikuto le baciò la fronte stringendosi accanto a lei sul piccolo divano.
<< Credo di amarti Amu >> lei non rispose si limitò a baciarlo sulle labbra per poi accoccolarsi tra le sue braccia e dormire.
 
La mattina dopo Ikuto allungò il braccio e si accorse che al suo fianco non c’era nessuno, aprì gli occhi e vide che Amu non era di fianco a lui. Il suo lato era freddo, segno che si era alzata da un po’.
 
Ha lezione di mattina oggi?.
 
Si chiese mentre si alzava dal divano e recuperava i suoi vestiti, notò che quelli di Amu – al contrario dei suoi – erano spariti dal pavimento.
 
Strano, molto strano.
 
Si mosse verso il tavolo sul quale, nel centro, troneggiava un bigliettino . Ikuto riconobbe il corsivo ammaliante e riccioluto di Amu. Prese il foglio e cominciò a leggere ciò che c’era scritto.
 
Caro Ikuto,
so che avrei avuto avere il coraggio di parlarti di persona ma dopo quello che è successo ieri non ne ho trovato.
E ‘stata la nottata più bella della  mia vita, sono contenta di aver perso la mia verginità con te.
Ma stamattina, quando mi sono svegliata, ho visto i nostri vestiti sparsi sul e il tuo corpo nudo stretto al mio mi sono resa conto di quello che abbiamo io ho fatto.
Non voglio dare la colpa all’alcool per quello che è successo, perché mentirei, mentre facevo l’amore con te ero perfettamente cosciente di quello che succedeva.
Mi sono resa conto che stavo staccando dai miei problemi, dalla mia relazione incasinata e dalla mia vita incasinata.
Mi sono resa conto che venire ad Osaka è stato un errore ed è per questo che tornerò a Tokyo, da Tadase, per cercare di aggiustare le cose con lui perché non posso fuggire per sempre.
Mi spiace.
Ti prego di non cercarmi,non posso amare te e stare con Tadase e forse starti lontano mi aiuterà a dimenticare.
Forse anche tu dimenticherai, anche se nel mio egoismo spero proprio di no.
E lo so che dopo questa lettera mi odierai, che ogni volta che penserai a me ricorderai la ragazza che ti ha spezzato il cuore. Credimi se ti dico che anche il mio cuore è ridotto a brandelli, e che questa decisione è stata una delle più difficili della mia vita ma devo farlo. Devo almeno provarci.
Ricordati sempre però che sei stato, sei e sarai sempre il mio migliore amico.
Ti voglio bene.
Ti amo.
Amu.
 
Il cuore di Ikuto perse, uno, due, una decina di battiti. Rilesse il biglietto sperando di aver letto male o di essere diventato improvvisamente dislessico. Ma era tutto vero, tutto maledettamente vero.
Su una cosa Amu però aveva torto, lui non sarebbe mai e poi mai riuscito ad odiarla. Pur volendo. Non funzionava come le lezioni di violino, non sarebbe servito a niente tutto l’esercizio o l’impegno. L’avrebbe amata, amata e basta. Anche se gli aveva spezzato il cuore, anche se aveva preferito Tadase a lui. E non sarebbe riuscito nemmeno a dimenticarla. Ne era sicuro, sicuro come è sicura la morte.
Lentamente appoggiò la testa sul tavolo stringendovi le braccia attorno e poco dopo cominciò a piangere.
Forse per la prima volta in vita sua.
 
 
 
 
New York, U.S.A.
23 dicembre 2022.
00:15.
 
Ikuto sedeva al bordo di un lettino di una piazza e mezzo e guardava un bambino dai lunghi capelli blu di a mala pena otto anni dormire beatamente.
Suo figlio.
Incredibile ma vero.
Tutto era cominciato con un invito a un funerale, circa un anno prima. Stava per partire e New York era la destinazione. Si era laureato, economia aziendale - come suo padre – e gli avevano offerto un ottimo posto di lavoro in America e lui aveva intenzione di accettare. Forse stava solo fuggendo, non  lo sapeva.
Mancavano un paio di giorni alla partenza, Ikuto stava prendendo le ultime cose da mettere in valigia quando il campanello del suo piccolo appartamento aveva suonato. Lasciò la camicia sul letto e andò ad aprirla. Ad accoglierlo il viso rugoso della signora Tomoko – la portiera del palazzo - che sorrideva mostrando i buchi tra i denti. Ikuto ricambiò il sorriso.
<< Salve signora, le serve qualcosa? >> .
<< Oh no Ikuto caro, sono venuta a consegnarti questa me l’ha data una donna, non molto giovane, aveva un aria così afflitta >>.
Gli consegno una busta color avorio Ikuto la guardò perplesso, la prese ringraziando poi la signora per il disturbo. Chiuse la porta e aprì la busta. Era un invito a un funerale, il funerale di Amu.
Il cuore gli balzò in gola.
Erano otto anni che non la vedeva  e adesso era morta? Non poteva essere.
Si appoggiò al muro e scivolò sul pavimento.
E come era morta? Incidente? Tumore?.
Ikuto non lo sapeva, sapeva solo che anni addietro lei era scappate e lui non era andata a cercarla.
Per la seconda volta nella sua vita pianse.
 Il giorno dopo andò al funerale e li seduti c’erano tutti gli amici del liceo di Amu, tutti piangevano. L’amavano si vedeva.
Assistette a tutta la funzione e solo alla fine si avvicinò ai genitori di Amu per dare le condoglianze, la madre lo strinse a se << oh Ikuto, speravamo che venissi >> gli disse trattenendo a stento altre lacrime. Un bambino dai lunghi capelli blu e gli occhi color ametista spuntò da dietro la schiena della donna, Ikuto rimase a guardarlo rapito. Quel bambino era quasi identico a lui.
La signora Hinamori prese la mano del bambino << Aruto questo è lo zio Ikuto. Saluta, fai il bambino educato >> Aruto salutò con la manina e tornò a nascondersi dietro la schiena della nonna. Ikuto guardò la donna sconvolto << lo so Ikuto, ne parleremo alla lettura del testamento >> e se ne andò.
Più tardi, alla lettura del testamento, Ikuto sentiva la testa esplodergli.
Chi era quel bambino?.
E perché somigliava tanto a lui?.  
Era suo figlio?.
Amu voleva dirle questo?.
Lentamente il notaio lesse le sue ultime volontà. A Ikuto sembrava assurdo che un uomo di cinquanta anni leggesse le ultime volontà di una donna di ventisette anni con tutta la vita d’avanti e un figlio di sette anni. Non aveva senso.
A scatti sentiva ciò che l’uomo diceva, così venne a sapere che ai genitori aveva lasciato una casetta in montagna comprata col sudore della fronte e la fatica, al figlio dei soldi da ritirare appena compiuta la maggiore età e a lui una lettera. L’ultima della sua vita.
L’aprì durante il rinfresco in memoria di Amu. Si era nascosto dietro una tenda, in modo da stare tranquillo, si sentiva come se tutti lo stessero osservando e non gli piaceva come lo guardavano.
Tolse la cera lacca molto lentamente e tirò fuori dalla busta rigida un pezzetto di carta stropicciata. Su di essa le sue ultime parole.
 
Caro Ikuto,
sono passati otto anni dall’ultima volta che ti ho visto e ancora sento il sapore delle tue labbra sulle mie e il ricordo della nostra prima e unica notte d’amore aleggia ancora nei miei ricordi nitida più che mai.
A oggi vorrei non aver preso la decisione di lascarti, vorrei essere stata più coraggiosa. All’ epoca pensavo che lasciarti fosse un atto di coraggio ma stavo sbagliando, io scappavo da te e dalle mie emozioni.
Dall’amore, Ikuto, io scappavo dall’ amore.
Non è tragico?.
Non sono nemmeno più riuscita a guardare Tadase in faccia da quel giorno, e quando ho scoperto di essere incinta lui mi ha lasciata dandomi della “puttana”.
Ed è così che mi sono sentita, una puttana, ma non tanto perché avevo tradito lui ma perché avevo tradito te.
Oggi è una giornata di sole, fa caldo, vorrei uscire ma non posso il tumore mi tiene bloccata a letto. I miei capelli rosa che ti piacevano  tanto – e che a me facevano tanto penare - non ci sono più e mi sembra che con loro se ne siano andati anche i bei momenti.
Ti ricordi le serate che passavi a giocarci?.
Mi mancano quei giorni.
Ora mi godo il sole primaverile che filtra dalla finestra e  penso a nostro figlio, si Ikuto, nostro figlio. Io e te abbiamo un figlio. Aruto.
Appena l’ho stretto tra le braccia e ho visto la sua testolina ricoperta da capelli blu lucido ho subito pensato a te, e al legame che avevi con tuo padre, li ho deciso che avrebbe avuto il suo nome.
Più volte nel corso di questi anni mi sono chiesta se dovessi fartelo conoscere ma il timore di un tuo rifiuto mi faceva sempre desistere
Ma ora, col cuore in mano, ad un passo dalla morte ti chiedo solo di prenderti cura di lui. come ho fatto io per questi anni. Aruto ha bisogno di un papà, e il suo papà sei tu Ikuto e se proprio non vuoi farlo per me fallo per lui, crescilo e fallo diventare un uomo.
E digli da parte mia che la mamma lo ama infinitamente, che non avrebbe mai voluto abbandonarlo e che, dall’alto, tra gli angeli lo proteggerò per sempre con tutto l’amore di cui sono capace.
E proteggerò anche te, perché ti amo e in tutti questi anni non ho mai smesso di farlo.
 
Tua nella vita come nella morte.
Amu.
 
Leggendo l’ultime righe sentiva il cuore collassare su se stesso, avrebbe voluto uscire dal suo nascondiglio, mollare tutto e mettersi a urlare. Lo avrebbe fatto se una testolina blu non fosse spuntata da dietro la tenda. Era Aruto, sembrava molto serio anche se i suoi occhietti così simili a quelli di Ikuto erano contornati da un leggero alone rossastro segno che aveva pianto da poco. Il bambino si sedette di fronte al padre e lo osservò per un istante << tu non sei mio zio vero? >> disse in fine. Ikuto rimase sorpreso, era un bambino sveglio, quasi come lui alla sua età.
<< No. Non sono tuo zio >>.
<< Allora chi sei? >>.
Ikuto non seppe che rispondergli, di certo non poteva dirgli “sono tuo padre” faceva troppo Star Wars.
<< Un amico della mamma >> rispose semplicemente << un suo caro amico che adesso si prenderà cura di te >>.
Aruto scosse la testa.
<< E i nonni? >>.
<< Li potrai vedere lo stesso, prendila come una piccola vacanza che dura per tutto l’anno >>.
<< E dove andiamo?>>.
<< Ti piacerebbe andare in America ? >>.
Gli occhi del bambino si illuminarono.
<< Dici davvero?>>.
<< Ovvio >>.
Ci pensò un attimo poi sorrise << okay, accetto >>.
 
Da quella conversazione così bizzarra era passato quasi un anno, Aruto andava in una delle migliori scuole di New York ed aveva tanti amici. Nel carattere era del tutto simile alla madre ed Ikuto ne era segretamente grato.
Poi Ikuto aveva rivelato ad Aruto di essere suo padre ottenendo una strana risposta << che cosa è un papà? >>Ikuto aveva sorriso tristemente e gli aveva spiegato che un papà è una persona che ha voluto tanto bene alla mamma e che con lei avevano chiesto alla cicogna un bambino. Non era del tutto esatta come definizione, ma come spiegazione per un bambino di otto anni andava più che bene.
Adesso Ikuto osservava suo figlio dormire,sarebbero partiti per passare le vacanze di Natale con i nonni di Aruto che non vedevano l’ora di riabbracciarlo e ovviamente subito dopo sarebbero andati a trovare la mamma.
Magari gli avrebbe comprato dei fiori di ciliegio, i suoi preferiti, o magari avrebbe portato il suo violino e le avrebbe dedicato una delle sue canzoni.
Ancora non lo sapeva.
Si allungò verso Aruto e gli depositò un bacio sulla fronte scostandogli il ciuffo blu che ormai era diventato troppo lungo poi andò a dormire.
Mentre chiudeva la porta della sua stanza senti una leggera pressione sulla guancia, come se qualcuno lo stesse baciando.
Sorrise, forse questo era il modo di Amu di ringraziarlo.









 
Angolo autrice.
lo so che sono moooolto in ritardo con la pubblicazione del capitolo 8 del mio finto fidanzato,o quasi.
Quindi ho pensat di scrivere questa One-Shot per "rassicurarvi" per così dire.
Non sono morta insomma, sono solo enormemente impegnata ma nessun'impegno mi impedirà di portare a termine la mia fan-fiction.
Detto questo vi auguro buona lettura e una buona domenica.
Al più presto.
piccola98.
  
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