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Autore: Soqquadro04    18/11/2013    5 recensioni
[Child!Defaaaaan | Fluff. E Fluff. E ancora Fluff | Riferimento alla 5x07, of course | Pensavate davvero che me la sarei risparmiata?]
La brezza fresca che solleva le foglie, nella luce del pomeriggio inoltrato che vede due bambini giocare alla lotta, davanti a casa.
Non è solo un gioco, in fondo.
Crescere è difficile, crescere fa male. E, malgrado tutto, Stefan sta crescendo - qualcuno deve prepararlo, è necessario, anche se quel qualcuno, forse, non è ancora proprio pronto a farlo.
A dodici anni appena compiuti, Damon Salvatore non è un bambino. Ma, del resto, non può ancora essere definito un uomo.
È, semplicemente, Damon Salvatore – o, perlomeno, lo sta diventando.
Sta crescendo, e crescere è sempre difficile. Soprattutto quando bisogna farlo da soli.
E, anche se non è un uomo grande, grosso e pericoloso, Damon Salvatore sa – o magari intuisce solamente – che dovrà difendersi. Da cosa, poi, non ne ha la minima idea.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Damon Salvatore, Stefan Salvatore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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N/A - Note dell'Autrice - Premessa

Buonsalve, lettrici.
Seriamente, credevate di esservi liberate di me? Eh, non è così facile ù.ù
Purtroppo ultimamente ci son stati vari motivi per cui sono scomparsa dalla circolazione: pooooooco tempo, poca voglia e progressiva perdita di affinità coi ragazzi, lì >.<
Oggi, però, ho bisogno di Defan. Non c'è molto da fare, quando ne ho voglia ne ho voglia. Quindi vi beccate questa ù.ù
Qui la mia pagina, se voleste fare un salto, così... XD
A presto,
la vostra Soqquadro

 
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O
ttobre 1852

I giochi dei bambini non sono giochi, e bisogna considerarli come le loro azioni più serie.
Michel De Montaigne


Non esistono i presagi: il destino non manda araldi. E' troppo saggio o troppo crudele per farlo.
Oscar Wilde

Come un sentiero d'autunno: appena è tutto spazzato, si copre nuovamente di foglie secche.
Franz Kafka

 

A dodici anni appena compiuti, Damon Salvatore non è un bambino. Ma, del resto, non può ancora essere definito un uomo.

È, semplicemente, Damon Salvatore – o, perlomeno, lo sta diventando.
Sta crescendo, e crescere è sempre difficile. Soprattutto quando bisogna farlo da soli.

E, anche se non è un uomo grande, grosso e pericoloso, Damon Salvatore sa – o magari intuisce solamente – che dovrà difendersi. Da cosa, poi, non ne ha la minima idea.

Sa anche di avere delle responsabilità di un certo tipo nei confronti di qualcuno.

Qualcuno che non comprende, non ancora – e non dovrà capire fino all'ultimo momento utilizzabile, perché crescere fa male –, ma a cui lui deve insegnare.
A difendersi, appunto.

*****

Stefan Salvatore ha solo otto anni* e non capisce, proprio no, perché suo fratello stia ostinandosi tanto nel cercare di insegnarli – com'è che aveva detto? Ah, sì – a tirare un pugno con la destra**. O qualcosa del genere.

«Forza, Stefan! Tieni su le braccia!»

La voce ancora esile si leva alta nella calma sonnacchiosa del pomeriggio morente, mentre una brezza leggera rinfresca l'enorme giardino di Villa Veritas.
L'edificio si staglia candido contro lo splendore del sole calante, una gigantesca ombra scura, e due figure di bambini stazionano nell'angolo di prato davanti al portone d'ingresso, fronteggiandosi con movimenti inesperti.

La scena sembrerebbe quasi priva di colore, se non fosse per i mucchi di foglie rosse e arancio che, sollevati giocosamente nel vento, cambiano posizione sull'erba.

Il più grande – che comunque molto grande non sembra, con quell'aria incerta e allampanata che lo rende così spropositatamente simile a un cucciolo da coccolare – accenna un gesto verso l'altro, i capelli scompigliati dal venticello e lo sguardo azzurro e determinato mentre attende un'iniziativa che il minore non ha intenzione di tirare fuori. Lo osserva, confuso, le piccole mani strette a pugno ancora sollevate davanti al visino terribilmente corrucciato.

Così Damon sbuffa, irritato, lanciandosi contro il fratellino – una reazione, perdio. Vuole cercare di ottenere una reazione.

Ed è accontentato, infatti.

Stefan indietreggia di colpo, allarmato. Lui, sbilanciato in avanti, finisce faccia a terra con decisamente poca eleganza, dopo aver cercato per un inutile attimo di mantenere l'equilibrio – agitare le braccia come impazzito non serve a nulla, si appunta per la volta seguente, mentre si solleva a sedere con fastidio crescente. È imbarazzante.

Damon Salvatore, nel preciso istante in cui si rimette in piedi, spolverandosi il terriccio e i rimasugli di foglie marce dai pantaloni, decide che odia le cose imbarazzanti.

Riprende la posizione, mentre nota che Stefan sta cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere – non ci sono molte altre spiegazioni possibili per le guance paonazze e la smorfia strana che gli deforma il volto. A meno che non stia, in modo alquanto preoccupante, accusando i sintomi di una qualche malattia esotica che, chissà come, staziona nell'aria del loro giardino. Il che è parecchio improbabile.

Damon gli lancia un'occhiata truce che promette dolorose, dolorosissime conseguenze se solo si azzarda a liberare l'ilarità che gli stringe la gola, ed improvvisamente Stefan sembra molto più propenso a collaborare – suo fratello fa davvero paura, quando lo squadra con la faccia da sfuriata. Che è poi quella che tira fuori quando si prepara a una nuova, violenta e spaventosa litigata con papà.

Poi ci sono la faccia contenta – non che la veda molto spesso –, quella pensierosa, quella da ho-avuto-una-delle-idee-che-faranno-impazzire-metà-casa.

Ma al momento non importa granché, mentre il piccolo sospira pesantemente, ingoiando la risata che minaccia di uscire quando nota uno sbaffo di terra che marchia la guancia candida dell'altro come un bizzarro segno di guerra e rassegnandosi a cercare, perlomeno, di assecondarlo. Forse lo lascerà andare a giocare, se finiscono in fretta, e magari riuscirà persino a convincerlo ad andare con lui senza troppa fatica. Considerato che di solito ci vogliono almeno un'ora di suppliche sfibranti e qualche promessa strappata a tradimento, sarebbe un bel traguardo. Ma, del resto, Stefan Salvatore non sa che per suo fratello quello è il primo gioco del pomeriggio.

Damon, intanto, decide che è il momento di passare all'azione.

«Stefan, ora ti faccio vedere. Stai tranquillo, non ti colpirò davvero.» si passa appena la lingua sulle labbra, piegando un poco le ginocchia mentre, ignorando l'espressione a metà fra lo sconvolto e il terrorizzato che domina il viso del fratello, chiude la destra a pugno e, con occhio attento, dirige il colpo verso il volto dell'altro.

Non ha assolutamente intenzione di fargli del male, e infatti la sua è solo una dimostrazione.
Dovrebbe essere solo una dimostrazione.

Sbaglia i calcoli.

Quando le nocche incontrano l'osso delicato del naso – e Damon ha veramente una brutta, brutta, brutta sensazione –, è già troppo tardi per fermare il braccio.
Stefan geme, sorpreso e dolorante, e il maggiore sgrana gli occhi, affrettandosi ad abbassare la mano e ad avvicinarsi al faccino contuso del più piccolo.

«Stefan?» sussurra, incerto, studiandolo. Quello lo guarda per qualche secondo, di rimando, le sopracciglia aggrottate e gli occhi lucidi.

Ed è semplicemente troppo indifeso – troppo debole per il mondo, troppo nudo di fronte alla vita.

Mentre un istinto vecchio quanto il mondo lo spinge ad abbracciare il corpicino tremante di fianco a lui, un po' si odia per essere stato così stupido.

Bisbiglia insensati mucchietti di lettere tranquillizzanti, all'apparenza, accarezzando piano i capelli morbidi e chiari mentre sente le prime gocce salate inzuppare il colletto.

«Sssh... ora andiamo da mrs. Kelley e.. sssh, Stef, sssh...» sì, andare da mrs. Kelley è una buona idea; mrs. Kelley è la governante, e sa sempre cosa fare quando a uno di loro due succede qualcosa.

Il naso ha già iniziato a sanguinare e le lacrime a scendere più copiosamente quando il più grande, contrito, si allontana e gli accarezza la fronte, scosta i capelli bagnati con i polpastrelli, mormorando qualche altra parola rassicurante e osservando preoccupato la nuova ferita di guerra – è stato lui. Gli ha fatto male, quando avrebbe dovuto insegnarli a proteggersi dal dolore.

Ancora non sa che l'unico modo per imparare a sopravvivere in una tempesta è lasciarsi trascinare. Cadere e, sì, anche rompersi il naso.
Ma, dobbiamo ricordarlo, Damon Salvatore non è ancora abbastanza grande da saperlo.

Ora è solo un fratello maggiore che usa la sua camicia per ripulire le labbra dal rosso, che stringe al fianco mentre conduce verso casa con passi lenti e strascicati per il peso in più, che corre dalla balia chiedendo aiuto, quando la vede sulle scale, per poi tornare indietro e sentirsi mordere il cuore alla vista delle tracce argentate di pianto.

C'è qualcosa che gli tortura il petto, malevolo – che arrotola lo stomaco e fa venire i nervi e tocca corde decisamente poco piacevoli.

Quando sente le dita di Stefan stringersi appena sulla stoffa della sua manica, mentre aspettano che qualcuno torni con un fazzoletto o qualcosa del genere, Damon Salvatore capisce che sono quelli che mrs. Kelley chiama sensi di colpa.

Dice che ogni tanto dovrebbero venirgli, per tutti i dispetti che architetta quando la giornata è talmente piatta da non finire mai.
Non avrebbe mai creduto potessero essere così... cattivi.
È come una vocina che gli martella in testa, insistente e pedante.

Sei stato tu, sei stato tu, sei stato tu!”

Fastidiosa, pressante.
Quando mrs. Kelley compare lungo l'imboccatura del corridoio, Damon si china a sussurrare qualcosa all'orecchio del fratello, il viso contratto mentre, in fretta, conclude e si allontana, impedendo alla donna di sentire.

«Mi dispiace, Stef. Mi dispiace tanto.»

*****

Mrs. Kelley lo fa andare via mentre scruta preoccupata il naso contuso di Stefan
Quando, corrucciato, scompare dietro una porta, la donna sospira, scuotendo appena il capo.

«Quel bambino mi farà morire, prima o poi.» mormora detergendo delicatamente il sangue dal volto paffuto, sbuffando leggermente.
Stefan non risponde, limitandosi a guardare per terra.

«Naso rotto, proprio così.» dice lei, fra sé e sé. Poi, più piano, alzandogli il mento con due dita per indurlo a guardarla.
Il piccolo ha gli occhi lucidi di pianto, ma una piega determinata sulle labbra mentre, orgoglioso, risponde.

«Non voleva, mrs. Kelley! Mi vuole bene!»

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Mrs. Kelley è un personaggio di mia invenzione ;)

*Licenza poetica n.1: Stefan dovrebbe avere circa sei anni, ma mi sembrava veramente troppo piccolo, così ho aumentato leggermente- non linciatemi <3 XD

** Dubito fortemente che nel 1852 la gente usasse l'espressione “gancio destro”. Ergo, potete interpretare la cosa in due modi: mi sono presa la seconda licenza poetica di dimensioni imponenti nel giro di cinque minuti, oppure Damon ha detto esattamente “tirare un pugno con la destra”. Non lo so nemmeno io, quindi è a vostra discrezione ù.ù

   
 
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