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Autore: cartacciabianca    23/11/2013    3 recensioni
— Benjamin, da quando sai suonare il violino? — domando sinceramente sorpreso inarcando un sopracciglio.
— Se mi dai qualcosa di più forte, Kenway, tra un paio di giri te lo suono anch'io, — brontola Thatch alle mie spalle ruotando la bottiglia con disappunto per leggerne l'etichetta con occhio critico.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Edward Kenway
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Nunc est bibendum!"

 (Orazio, "Odi", I, 37, 1)

 

— E poi… aspetta, Edward, aspetta! Senti qua! — sta dicendo Benjamin Hornigold, sbattendo il suo calice sul tavolo per attirare la nostra attenzione, ma le facce che fa nel tentativo di trattenere le risate anticipate rischiano di farci ridere più della battuta stessa, che da un paio di minuti a questa parte non è ancora riuscito a pronunciare. Dove non crescono la barba o le folte sopracciglia, Thatch, di fronte a me, è già rosso come un'aragosta: non potrebbe mai dimenticare l'episodio della loro carriera assieme che Hornigold mi sta raccontando forse per la centesima volta ed è probabile che siano quel ricordo sommato alle facce di Ben a farlo singhiozzare sotto ai baffi in attesa di esplodere.

— E così il mio terribile secondo in comando si allunga verso quel poveretto, — continua Benjamin indicandomi Thatch con un'occhiata; poi mi afferra un braccio e inchiodandomi lo sguardo al suo: — lo guarda dritto negli occhi e dice: bravo, e quella sarebbe una testa di scimmia? A me sembra più una palla di scimmia! AHAHAHA! —

Scoppiano contemporaneamente, riempiendo la cabina della Jackdaw delle loro risate; sollevo il calice e brindiamo, spargendo rum dappertutto.

— Certo che quando alzi troppo il gomito, Ben, ti resta ben poco del gentiluomo, — commento mentre il sorriso mi si allunga da un orecchio all'altro. Per la prima volta sono il meno ubriaco dei tre e devo ammettere che fa uno strano effetto.

— Sono solo un'umile cantastorie, Edward, — obbietta lui sbirciandomi da sopra il bicchiere. — Il merito va tutto a Barbanera e al suo inestinguibile carisma. — Tracanna un lungo sorso e poi mette giù il calice vuoto, che Thatch si allunga a riempirgli di nuovo. —Ancora uno e lo vedrai ballare, Kenway, come non ballerebbe neanche mia madre,— dice lanciandomi un'occhiata.

— Nah, — sbotta Benjamin. — Meglio di tua madre. Abbonda, abbonda, nunc est bibendum, amici miei. Oggi questo novello capitano, — comincia con tono da cerimonia stringendomi una spalla, — ha riempito la stiva al suo primo abbordaggio, pertanto dobbiamo festeggiare come si conviene. — Alza il calice verso di me ed io sorrido, commosso, accogliendo l'ennesimo brindisi e l'ennesima chiazza di rum sul pavimento.

Fuori dalla cabina del capitano la notte è profonda e silenziosa. Siamo ancorati a largo di Nassau già da qualche ora, la nave ciondola placida in balia della corrente, la brezza tropicale accarezza gli alberi nudi e spazza il ponte deserto dove due marinai chiacchierano all'impavesata e un terzo fa il giro di cambio d'olio alle lampade. Sottocoperta, negli alloggi della ciurma, qualcuno gioca a dadi, qualcuno a carte o a Faraona, mentre una piccola minoranza dondola e russa indisturbata nella propria branda.

— Che il Diavolo mi porti, qui dentro c'è un casino mostruoso, Ed, — dice Benjamin ad un tratto; si alza scostando rumorosamente la sedia e va verso un ammasso di cianfrusaglie legate da alcune cime in fondo alla cabina, sotto quella che dovrebbe essere la mia branda, ma che invece è servita a tenere ferme contro la parete alcune casse durante la battaglia.

Alzo gli occhi al cielo. —Ci sto lavorando, Ben. Non cominciare a farmi la predica o tu e le tue manie per la pulizia da ufficiale della Marina del Re vi prendete un bel calcio nel sedere.— Io e Thatch ci scambiamo un'occhiata d'intesa, sorridendo.

— Infatti, ora che mi ci fai pensare il tuo ponte era un lerciume, oggi, — risponde Benjamin, senza voltarsi, frugando tra le casse.

— È il legno che è marcio, — obbietto. —Devo farne sostituire ancora metà insieme a non so quanti metri di drizze e fasciame. Non passa giorno che Adéwale non sia nelle mie orecchie, per questo, perciò non mettertici pure te, che c'è poco spazio.—

Mondieu! Qu'est-ce que c'est?! — esclama Benjamin all'improvviso, tuffandosi come un pesce tra le cianfrusaglie.

— Ecco, ha iniziato a parlare in francese: è andato, — dice Thatch attaccandosi alla bottiglia per svuotarla dell'ultimo goccio.

C'est an violon!

—Un ché?— domando voltandomi a guardarlo, e proprio in quel momento Hornigold riemerge dal caos della cabina reggendo tra le mani quello che ha proprio l'aria di essere un violino, e di ottima fattura, anche.

— Chissà quanto vale. —

— Il solito blasfemo, in alcune culture la musica è sacra! — mi rimprovera Thatch alzandosi in cerca di un'altra bottiglia. — Fossi in te lo terrei, Kenway: certe cose sono ottime per fare un falò sulla spiaggia,— sghignazza.

— Chi è il blasfemo, ora? — ridacchio.

Nel frattempo Hornigold è scomparso di nuovo nella penombra della cabina. — Ma dov'è finito il… come si chiama… l'asticella.... — lo sentiamo borbottare.

— Intendi l'arco? — gli suggerisce Thatch, stappando coi denti una nuova bottiglia.

— E io che ho detto?... AH-AH! TROVATO! — Hornigold torna verso di noi e comincia a pizzicare le corde mentre, con fare esperto, muove i pioli per tenderle o allentarle. Una volta soddisfatto se lo mette in spalla e nell'improvviso silenzio della cabina si alza e si abbassa una scala semplice e senza virtuosismi.

— Benjamin, da quando sai suonare il violino? — domando sinceramente sorpreso inarcando un sopracciglio.

— Se mi dai qualcosa di più forte, Kenway, tra un paio di giri te lo suono anch'io, — brontola Thatch alle mie spalle ruotando la bottiglia con disappunto per leggerne l'etichetta con occhio critico.

— Sciocchezze, non so più farci granché, ormai: sono anni che non ne prendo in mano uno, — dice Hornigold togliendoselo dalla spalla per osservarlo meglio. — L'ultima volta dovevo essere alto così. —

— Lo vuoi? — gli domando con un sorriso e lui alza gli occhi, grandi di stupore, nei miei.

— Guarda che vuole vendertelo. —

— Aaaaah, zitto Thatch! — sbotto. — Sul serio, Ben, se lo vuoi è tuo. Non saprei che farmene, a parte venderlo, appunto, ma quanto mi darebbero quegli incivili giù a Nassau? Dieci? Venti Réal? Piuttosto ci accendo sul serio un falò. —

— Non lo so, Ed, — mormora Benjamin stringendosi nelle spalle e accarezzando la schiena striata del violino. — Coltivare i rimorsi non fa bene all'anima di un pirata. —

— A maggior ragione, prendilo, — dice Ed Thatch. — Potresti pentirtene quando lo vedrai tra le fiamme. —

Un lungo silenzio, poi Hornigold si batte una mano sulla coscia esclamando: — D'accordo. — Posa il violino da una parte e torna a sedersi con noi.

— Bene, — sospiro appoggiandomi allo schienale, — allora quanto mi offri? Facciamo cinquanta Réal e ti do anche l'archetto? —

Benjamin si piega in due sulla sedia e Thatch deve afferrarmi una spalla per non cadere.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo d'Autrice

Immagino che il pezzo parli abbastanza chiaro da sé, ma farò lo stesso una piccola parentesi.

Finita la storia principale di Black Flag ho sentito come un vuoto. A neanche pochi secondi dall'inizio dei titoli di coda avevo nostalgia delle atmosfere tropicali e della comitiva piratesca di Ed. Barbanera più di tutti, nonostante qui abbia quasi il ruolo di un pappagallo sulla spalla di qualcuno, di sfondo, insomma, mentre Hornigold strimpella il suo nuovo violino e Edward si sbriga ad allineare il tasso alcolico del suo fegato a quello degli altri due. Entrambi, Hornigold e Thatch, soprattutto nelle prime sequenze la fanno un po' da padrini per Edward e questa cosa mi fa sorridere anche adesso, mentre compilo queste note.

A chi ha boicottato questo titolo per i più svariati motivi, dico solo che vi state perdendo una vera e propria ventata d'aria fresca nella serie. Non fate i finti puritani, davvero, perché Brotherhood e Revelations li avete e Black Flag lo si può quasi paragonare ad uno qualsiasi dei capitoli nel filone principale, aka AC I-II-III, sul piano emotivo e di innovazione.

Tutto qui.

A parte il piccolo cameo autobiografico del violino (che suono da 10 anni), spero che il pezzo sia stato di vostro gradimento.

Alla prossima,

cartacciabianca

 

 


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