Serie TV > Once Upon a Time
Ricorda la storia  |      
Autore: Marti Lestrange    26/11/2013    5 recensioni
Wendy|Peter {DarlingPan}
Dal testo:
{... Wendy Moira Angela Darling chiuse la finestra. Chiuse la finestra pensando che quella sarebbe rimasta chiusa fino a quando lei non avesse lasciato la casa dei suoi genitori. Peter Pan volò via nella notte, seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino.
La finestra venne riaperta circa un mese dopo, ma Peter Pan non venne. Non venne più. E gli anni passarono...}
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Pan, Wendy, Darling
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questa storia è per Lilyhachi, perchè se penso al DarlingPan penso a lei,
e a tutti coloro che shipperanno Wendy e Peter
'til the very end. 



Come Back. Be Here
 
 
 
“Perché un pretesto per tornare bisogna sempre seminarselo dietro, quando si parte.”
 
 
 
 
 
*Casa Darling, Londra
 
« Seconda stella a destra, poi dritto fino al mattino. »
 
« Peter! »
Wendy si alzò a sedere di scatto, il fiato corto, gli occhi sbarrati. Era notte. Fuori era buio, con uno di quei cieli plumbei, che preannunciano tempesta. Nubi scure si addensavano all’orizzonte, perse dietro i tetti. Non c’era nemmeno una stella.
Wendy Darling si mise una mano sul petto: il cuore le batteva fortissimo. Non sapeva cosa fosse successo, di preciso. Le era sembrato di udire una voce, una voce che non sentiva da tanto, troppo tempo. Una voce che pensava di aver dimenticato, archiviata nei meandri della sua memoria e perduta per sempre. Una voce che aveva ancora il potere di ammaliarla, incatenarla a sé e farla andare a fondo con le sue paure e le sue debolezze più grandi. La sua voce. La voce di Peter.
 
 
*
 
 
*Finestra di casa Darling, Londra – cinque anni prima
« Non tutto è perduto, Wendy » le sussurrò Peter, sospeso sul suo davanzale, gli occhi nuovamente accesi. « Puoi ancora cambiare idea. Puoi tornare a Neverland. Con me. »
Wendy scosse la testa, i ricci castani mossi dal venticello di fine agosto che rendeva l’aria del tramonto su Londra frizzante e nuova.
« Non posso farlo, Peter » rispose tornando a guardarlo negli occhi e vedendo la loro luce spegnersi all’improvviso, evaporare in un battito di ciglia. « John e Michael hanno ancora bisogno di me. Soprattutto Michael. »
« Sono dei bambini, Wendy. Bambini. E tu non sei la loro mamma. »
« Non sono nemmeno quella dei Bimbi Sperduti, però » replicò lei piccata. « Non sono ciò che tu speravi che fossi, Peter. Non posso farlo. »
« Quando sei arrivata a Neverland… » cominciò l’altro, dondolandosi sui talloni, a mezz’aria. Lanciò un’occhiata alla città addormentata e poi tornò a guardare Wendy. « Quando sei arrivata a Neverland, ho pensato davvero fossi tu. Ho pensato fossi tu, il cuore di chi crede davvero. »
Wendy scosse la testa, sconsolata. « Sei davvero sicuro che quel cuore possa salvarti? Devi ritrovare il tuo cuore, Peter. Solo allora sarai davvero al sicuro. Non si può vivere senza amore. Ricordatelo. »
« Amore? » ripeté lui con una smorfia. « Non mi serve, l’amore. Ho Neverland, è la mia Isola. Ho i Bimbi Sperduti. Ho la magia. Cosa vuoi che mi serva, uno stupido sentimento che sa solo renderti debole e vulnerabile? »
Wendy rimase in silenzio. Una sola, calda lacrima le scese lungo la guancia. Annuì, e all’improvviso sentì addosso tutta la stanchezza, tutti i giorni passati fuori casa, tutte le notti al chiaro di luna e le nuotate e i falò e i voli a fil di nuvola. Le battaglie, i pirati, i litigi con Peter, la gabbia. La gabbia.
« Dici che non ti serve l’amore, eh? E allora perché mi hai lasciata andare? Felix ha detto che non l’avevi mai fatto, prima. Con nessun prigioniero. E soltanto qualche attimo fa mi hai chiesto di tornare a Neverland. Con te. Questo sentimento come lo chiami, Peter Pan? »
« Sei un’illusa, Wendy » esclamò lui, all’improvviso contrariato. « Sei un’illusa e una sciocca se pensi che sia innamorato di te. Non mi servi e mi pento di averti chiesto di venire con me. Avrei dovuto semplicemente voltarmi e andarmene. »
Wendy annuì. Adesso gli occhi erano pieni di lacrime.
« L’ho sempre saputo » disse, la voce rotta. « Ho sempre saputo che eri il male. E il dolore. E tutto ciò che di peggiore c’è al mondo. Mi sono sempre rifiutata di crederlo, però. Ho sempre sperato che saresti cambiato, un giorno. Magari per merito mio. Sono solo una sciocca, hai ragione. »
Peter non rispose, si limitò a guardarla, silenzioso e immusonito.
« Non tornare mai più » continuò lei, guardandolo decisa. « Capito? Mai più. Non aprirò mai più questa finestra alla notte, Peter Pan. Addio. »
Così dicendo, Wendy Moira Angela Darling chiuse la finestra. Chiuse la finestra pensando che quella sarebbe rimasta chiusa fino a quando lei non avesse lasciato la casa dei suoi genitori. Peter Pan volò via nella notte, seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino.
La finestra venne riaperta circa un mese dopo, ma Peter Pan non venne. Non venne più. E gli anni passarono.
 
*
 
 
*Casa Darling, Londra
Wendy si alzò piano dal letto, poggiando i piedi sul soffice tappeto bianco disteso a terra. John e Michael erano stati trasferiti nella stanza in fondo al corridoio e la loro vecchia camera era rimasta a lei. Lì dentro, i ricordi erano come attaccati alle pareti, affreschi invisibili ma vividi, e bruciavano come fuoco nella memoria di Wendy. Forse aveva dimenticato tante cose. Troppe cose. Quello che non avrebbe mai scordato, invece, era l’odore della foresta, delle foglie bagnate di rugiada al mattino, del canto degli Uccelli dell’Alba dalle piume color arcobaleno. Non avrebbe mai scordato lo scoppiettare del fuoco dei falò notturni, tutti seduti in cerchio ad ascoltare Peter raccontare storie di fantasmi, Michael attaccato al suo braccio e John seduto proprio accanto a Peter. Non avrebbe mai scordato l’enigmatico canto delle sirene, e la luce che, al tramonto, colpiva la Roccia del Teschio, e le danze delle fate a mezzanotte, nella Radura Viola. Non avrebbe mai scordato Neverland. Avrebbe raccontato tutto ai suoi figli e i suoi figli lo avrebbero raccontato ai suoi nipoti, per generazioni e generazioni, fino a quando la storia sarebbe diventata mito. E leggenda. Gesta eroiche avvenute la notte dei tempi, in un’epoca remota e poetica in cui ancora esisteva la Magia.
Con passo leggero, si diresse alla finestra. Un mese dopo il suo addio a Peter, la mancanza era diventata come un macigno che le opprimeva lo stomaco e popolava i suoi sonni di incubi. Disperata, una sera aveva spalancato la finestra e l’aveva lasciata aperta tutta la notte, in attesa. Faceva freddo, ma a Wendy non era importato granché. Ricordava solo che, all’alba, aveva pianto. Le lacrime l’avevano riscaldata, ma sul suo cuore si era formata un’altra crepa, lunga e sottile, infida. Il dolore era stato troppo grande e la finestra era rimasta chiusa per tanto tempo, dopo quella volta. L’aveva riaperta soltanto dopo un anno, quando ormai aveva capito che Peter non sarebbe mai più tornato da lei. Se n’era andato per sempre e Wendy aveva cominciato a dubitare della sua esistenza, durante quelle notti tempestose grondanti pioggia, quando le stelle giocavano a nascondino e la stella più luminosa del cielo occidentale spariva, gettandola nello sconforto. Con il mattino tornava a crederci. Tornava a credere in Peter e in Neverland.
La sottile camicia da notte bianca era appiccicata alla sua schiena sudata e i capelli erano spettinati, un insieme scomposto di onde e boccoli ormai sciolti. Wendy si fermò di fronte alla finestra e, dopo aver fatto un profondo respiro, la spalancò. L’arietta frizzante della notte la investì in pieno petto, facendole mancare il respiro. Londra dormiva ancora, ipnotica e bella. Wendy sedette sul davanzale sotto la finestra, rivestito di comodi cuscini, e si cinse le ginocchia con le braccia, poggiandovi il mento, riflessiva e pensierosa.
Aveva sempre pensato – e sperato – di poter costituire, un giorno, un pretesto abbastanza forte per Peter per tornare indietro. Un pretesto abbastanza forte per lasciare Neverland, un giorno, e venirla a cercare, tornare da lei e ricominciare. Un pretesto per fargli capire che la vita vera era lì, con lei, e non laggiù, su quell’Isola maledetta che gli avrebbe portato solo morte e sofferenza. Un pretesto per salvarlo. Se non dall’Isola, almeno da se stesso. Ci aveva sperato fino in fondo, per tutti quegli anni. E l’attesa era stata lunga, talmente lunga che si era sempre rifiutata di cambiare stanza, di lasciare casa Darling per andare a studiare a Oxford, preferendo un’università più vicina. Si era sempre rifiutata di andare avanti, dando un taglio netto e ricominciando da zero. Da una vita senza Peter. La verità era che non ce l’aveva fatta. Almeno non fino in fondo. Non ce l’avrebbe fatta mai, probabilmente. Avrebbe sempre convissuto con il suo ricordo, anche quando un giorno si sarebbe sposata, avrebbe avuto una casa sua, una famiglia, dei figli. Avrebbe sempre conservato Peter nel cuore, come un ricordo indissolubile e indelebile, marchiato a fuoco nell’anima. Lui era sempre lì, con lei, come un fantasma, uno spirito, una presenza inconsistente, ma pesante come un macigno, quasi corporea nella sua immaterialità. E forse nemmeno voleva lasciarlo andare, quel ricordo. Forse la faceva stare bene, pur facendola soffrire nello stesso tempo. Forse era troppo angosciante vivere senza di esso, perché sarebbe stato come dire addio ad una parte di sé, una parte troppo importante e bella.
Peter non era mai tornato. A volte le era sembrato di intravedere un’ombra, appena fuori dalla finestra, ma forse aveva soltanto lavorato con la fantasia e immaginato tutto quanto. A volte gli occhi vedono ciò che non esiste e si rifiutano invece di vedere la realtà. Di riconoscere l’evidenza. Così come il cuore.
Wendy si sporse e aprì un cassettino di un piccolo comò poggiato accanto alla finestra. Era ancora lì, il bacio di Peter. L’unico bacio che lui le avesse mai dato. La piccola ghianda era poggiata sul fondo del cassetto, solitaria, sacra reliquia della memoria e di un tempo lontano. La conservava ancora, intatta, così come Peter gliela aveva donata. Era un altro piccolo tassello che Wendy si rifiutava di perdere. Lo conservava in un cassetto, dove sarebbe sempre rimasto, imperituro.
Richiuse il cassetto e si alzò. Lanciò un’ultima occhiata a Londra e al cielo. Lontano, laggiù, un brillio remoto faceva capolino dalle nuvole scure. La seconda stella a destra. Wendy sorrise e fece per chiudere la finestra. Poi cambiò idea. La lasciò aperta e tornò a letto.
 
 
Non si accorse – lei come nessun altro nel quartiere di Bloomsbury – della figura scura nascosta sotto la tettoia in pietra di una villa di fronte al palazzo dei Darling. Il viso nascosto sotto un cappuccio, osservava la finestra illuminata, aperta sulla città. Era cresciuto, dall’ultima volta che l’aveva vista aperta. Era cresciuto e tante cose erano successe. Non sarebbe più riuscito a volare fin lassù, entrare nella camera profumata di gelsomino e rubare un bacio alla bella Wendy. Avrebbe dovuto attendere il mattino. Con passo sicuro e leggero si incamminò lungo la strada, fischiettando una vecchia canzone che sapeva di falò e antiche storie. Avrebbe atteso l’alba a Kensington Gardens. Sorrise.
 
 
 
NOTE
  • Il titolo arriva dall’omonima canzone di Taylor Swift.
  • La citazione è di Alessandro Baricco.
  • Piccolo chiarimento sulle date: facciamo un salto temporale all’infanzia di Wendy, quando si reca a Neverland con Peter. Ho immaginato avesse all’incirca tredici anni e Peter forse uno o due in più. Cinque anni dopo, nel presente della mia storia, Wendy è ormai cresciuta e ha quindi diciotto anni. Chiusa parentesi.
  • Gli Uccelli dell’Alba e la Radura Viola sono di mia invenzione.
  • La danza delle fate arriva direttamente dal film del 2003, “Peter Pan”. Ricordate la famosa scena? *^*
  • Anche la ghianda/bacia arriva dal film. <3
  • Bloomsbury: la famiglia Darling abitava proprio in questo bel quartiere di Londra.
  • Kensington Gardens: be’, proprio lì sarebbe stata eretta la statua in onore di Peter ed è proprio lì che si svolgono le vicende della prima stesura del romanzo di Barrie.
 
 
Buongiorno!
È da un po’ di tempo che questo pairing – e questa storia – mi frullano nella testa e quindi ho deciso di farli uscire e dare fondo alla mia sete di scrittura compulsiva. È un periodo un po’ caotico sul mio profilo, lo ammetto XD
 
Spero vivamente che questa piccola shot vi sia piaciuta. Ammetto di shippare Wendy e Peter dalla notte dei tempi, precisamente da quando ho visto il cartone Disney – e nemmeno conoscevo il termine “shippare”, quindi fate voi. Qui ho rielaborato un attimino le vicende del cartone e del telefilm. Peter vola a casa Darling di persona e attira Wendy e i suoi fratelli sull’Isola con la promessa di avventure e magie, perché crede che “il cuore di chi crede davvero” sia quello di Wendy. Una volta sull’Isola, presto Peter scopre le sue carte e, per un periodo, Wendy è sua prigioniera. Intanto, però, nella mia testolina bacata, Peter si innamora di lei e così, quando scopre che il suo cuore non è ciò che cerca, invece di darla “in pasto” alle Ombre la riporta a casa, insieme a John e Michael, ovvio. Prima di andarsene, tenta nuovamente di farla tornare a Neverland con lui, in un attimo di debolezza che prontamente poi rifiuta di ammettere, tornando lo scontroso, impertinente e antipatico Peter di sempre. Cinque anni dopo, Wendy è ormai cresciuta, ma non lo ha dimenticato. Chi sarà la figura che osserva la finestra della ragazza in silenzio? Be’, penso che tutti abbiate capito. Insomma, si prospetta una sorta di reunion e riappacificazione. Immaginatevelo voi come più vi aggrada. E non si sa mai che non arrivi un’altra shot… :3
 
Ringrazio vivamente Strange per il bellissimo e fantastico banner *^*
I miei Wendy e Peter “cresciuti” sono rispettivamente Elizabeth Olsen e Jeremy Irvine.
 
 
Alla prossima!
 
Marti
 
 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Marti Lestrange