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Autore: artemisius    28/11/2013    2 recensioni
{Buon compleanno a Fede e a Gureh ♥}
[ AtsuMasa | AU!Paris, 1892. | Generale | Sentimentale (?) ]
«Mi chiedo ancora per quale motivo voi siate qui.» il malva aveva un tono serio, per niente stanco o di difficile comprensione. Non aveva sonno ed era lucidissimo. Forse era un po’ come Kariya, chissà. Quest’ultimo alzò le spalle, senza rispondere veramente alla domanda posta dal ragazzo. «Vi siete lasciato guidare dai piedi, vero?»
[...]
Atsushi non distoglieva gli occhi dai soggetti della litografia del suo pittore preferito, ammirandone le movenze, constatando quanto fossero bravi. Probabilmente li vedeva insieme per la prima volta. Insieme a lui.
*
OneShot AtsuMasa per il compleanno di Fede e Gureh~ Tanti auguri!~
Fate un saltino, se vi va.
» Aki.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kariya Masaki, Minamisawa Atsushi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«Gli artisti sono fatti così» rise, «non puoi metterti in discussione con loro perché loro stessi non sanno mettersi in discussione. Non hanno un Dio. Fanno solo quello che vogliono.»
David Grossman; Qualcuno con cui correre.
 


Parigi, 1892.


Soffiò sulle dita intirizzite, fingendo di scrutare la notte parigina. Quel vicolo sembrava fuori dal mondo. Era strano, forse era quasi inadatto a lui. Più guardava quell’insegna, più se ne convinceva. Non udiva nessuna melodia lì intorno, ma quando arrivò davanti al locale strinse di riflesso la tracolla di pelle morbida. Erano stati i piedi a portarlo lì e la sua mente – troppo attiva per concedersi alle braccia di Morfeo – aveva acconsentito a quella pericolosa passeggiata notturna. 

Masaki seguì le lettere dell’insegna con gli occhi dorati e più volte la rileggeva più si chiedeva come fosse arrivato in quel luogo.

 

Bienvenue au Moulin  Rouge!
 
Era pazzo. Doveva essere pazzo. Già leggendo la scritta “Moulin Rouge” sull’insegna avrebbe dovuto levarsi di torno ma, no!, aveva completamente ignorato le brutte sensazioni. La sua ragione era andata a farsi benedire. Adesso sentiva le viscere contorcersi tra loro nel suo stomaco, fino a formare un nodo talmente intricato e stretto che nemmeno il più abile dei marinai avrebbe potuto sciogliere. Le dita sembravano esplodere a causa della reazione freddo-caldo.
Solo qualche secondo dopo sembrò realizzare l’insieme per intero: si trovava nel bordello più famoso di Parigi, ossia il Moulin Rouge. Era in mezzo a delle prostitute che ballavano mettendo in bella mostra cosce, gambe e tutto ciò che la Natura aveva loro donato. Masaki Kariya, il povero artista senza speranze – come aveva l’abitudine di definirsi – si trovava in una casa chiusa. Solo perché si era lasciato guidare dai propri piedi.
Ora non poteva nemmeno più fidarsi di se stesso, ottimo.
Non si guardò realmente attorno fino a quel momento. Mosse poco i piedi sul parquet chiaro, macchiato in più punti da bevande rovesciate. Osservò i tavolini di legno scuro accarezzati dalla luce delle lampade che adornavano il locale. Il colore predominante era il rosso. Era ovunque: sulle tende abbastanza pesanti, sulle tovaglie macchiate, sulle gonne svolazzanti delle ballerine… Ed era anche sulle sue guance, giusto.
Passava i secondi a maledirsi, con le nocche ormai bianche sulla tracolla morbida. Era talmente preso a stringere la pelle ormai appiccicosa della borsa che non si accorse di quella donna dalle labbra rosse vermiglio avvicinarsi. Sussultò violentemente quando sentì il fiato della giovane lambirgli il collo. Dannazione, dannazione, dannazione.
«Bienvenue, monsieur!» esibì una fila di denti bianchissimi, circondati dal rosso delle rose più belle. Kariya ingoiò il groppo che gli attanagliava la gola, con il cuore che batteva violento nelle orecchie. Che poi, per quale motivo faceva così? Non si era mai imbarazzato così tanto. Forse qualche demone tesseva un subdolo inganno all’insaputa del giovane.
«Desiderate qualcosa di particolare?» il turchese non ci mise molto a cogliere la malizia nella frase della donna francese davanti a lui. Scosse energicamente la testa, notando il disappunto nel suo viso cereo. Scivolò via dall’entrata, addentrandosi un po’ nella folla, come un umano rincorso dai demoni, inconsapevole che più andrà avanti più essi diventeranno crudeli. Ignorò i vari fiocchi rossi tra i capelli delle prostitute, cercando di urtare meno gente possibile. Quando riuscì ad uscire dalla calca, si guardò intorno. C’era una luce più soffusa lì, come se quel luogo fosse stato un mondo a parte, rispetto alle gambe che si muovevano in aria. Non c’erano molte persone. Captava qualche pezzo di un discorso di un gruppetto di uomini su cose sconce e su quali, secondo loro, fossero le prostitute migliori di Parigi. Probabilmente dovevano essere degli assidui clienti.
Proprio lì dove c’era il rumore, Masaki udì il silenzio.
Spostò lo sguardo felino su un ragazzo poco più grande di lui. Ad occhio e croce doveva avere una ventina d’anni. I capelli malva erano tirati indietro da una parte e dall’altra ricadevano elegantemente davanti al viso, solleticandogli in modo leggero la guancia. La sua pelle nivea era la nota splendida in una volgare melodia di facce traboccanti di trucco. Era leggermente chino su un foglio e tra le dita stringeva un carboncino nuovo. Alternava linee sinuose, fatte con pressioni diverse ad altri tratti più piccoli, scuri e densi al loro inizio, lasciati sfumare dolcemente verso la fine. Doveva essere un artista più o meno come lui.
Scivolò silenziosamente al suo fianco, osservando per un po’ il foglio sopra il quale cominciava a prendere forma l’elegante viso della parigina che l’aveva avvicinato poco prima. Si rese conto di quanto i tratti sicuri del malva rendessero splendido quel volto mediocre, a detta di Masaki. Il naso rivolto un po’ all’insù, le labbra cremisi schiuse e qualche piccolo boccolo castano sfuggito dalla crocchia. Sembrava di guardare un’altra persona.
Rimase a spiarlo finché gli occhi bicromi dello sconosciuto si scontrarono con i suoi. Sulle prime lo vide irritato dalla sua presenza, ma inaspettatamente si sciolse in una risata gioconda:«Guardate che ho prezzi alti, io~»
Bastardo. Gli era bastato guardarlo in faccia due miseri secondi e aveva captato tutto il suo imbarazzo. Kariya si sentì le proprie orecchie bollire e il viso deformarsi sotto una smorfia di fastidio. L’artista scoppiò ancora a ridere, asciugandosi una piccola lacrima:«Non sembra proprio il posto giusto per te, questo.»
Lo sapeva, ma nonostante tutto il turchese sentì le viscere nel suo stomaco rilassarsi alla vista di quel volto. Bofonchiò qualcosa, alzando le spalle e distogliendo lo sguardo. Il malva scivolò poco lungo il divanetto, appoggiando la tracolla di pelle più scura sotto il tavolo. Era un invito a sedersi a fianco a lui? Invito o no, non se lo fece ripetere. Si sedette accanto a lui, sul cuscino caldo – anch’esso rosso, tanto per cambiare.
Non posò la cartella per terra. Non si mosse più per qualche secondo. Si era perso a fissare lo sconosciuto muovere la mano sul foglio, su quel ritratto che ad ogni segno pareva diventare sempre più realistico. Dovette reprimere l’istinto di passare un dito sui tratti disegnati per vedere se la giovane reagiva in qualche modo. Voleva vedere quelle ciglia scritte sbattere in modo leggero, come le ali di una farfalla. Posò il carboncino a lato del foglio con un gesto sciolto e silenzioso, portando finalmente lo sguardo su Masaki. Il turchese si mise sull’attenti, stringendosi nelle spalle. Si scrutarono per un po’, l’uno negli occhi dell’altro. Il castano ombroso delle foreste accarezzato dalla luce dorata del tramonto. Si rincorrevano a vicenda, si catturavano e rimanevano a fissarsi.
«Mi chiedo ancora per quale motivo voi siate qui.» il malva aveva un tono serio, per niente stanco o di difficile comprensione. Non aveva sonno ed era lucidissimo. Forse era un po’ come Kariya, chissà. Quest’ultimo alzò le spalle, senza rispondere veramente alla domanda posta dal ragazzo. «Vi siete lasciato guidare dai piedi, vero?»
Il turchese annuì, stringendosi ancora un po’ nelle spalle. Era strano a dirsi, ma vicino all’artista si sentiva al sicuro. Come se quelle prostitute avessero potuto accalappiarlo e non lasciarlo andare.
Il malva allungò la mano affusolata, con le dita appena sporche di carboncino:«Atsushi Minamisawa. Artista giapponese dall’anima parigina. Potete darmi del tu.» si pavoneggiò un po’, tenendo la mano verso di lui. Aveva dita lunghe e nivee, di una grazia quasi serafica. Masaki strinse la mano di Atsushi con delicatezza, quasi avesse paura di spezzare o sciupare quella pelle diafana.
«Masaki Kariya» soffiò, «artista fallito, giapponese. E basta. Potete darmi anche voi del tu.»
Minamisawa lasciò un po’ sfumare quel sorriso caldo, riprendendo il carboncino tra le mani. Nessuno dei due aveva voglia di finire quella conversazione, eppure non sapevano come proseguire. Il malva si rigirò il piccolo oggetto tra le dita, per poi schiudere distrattamente le labbra:«Sei un artista, quindi.»
«Ti sei dimenticato il ‘falli–»
«Nessun artista è soddisfatto dei suoi lavori.» lo interruppe, senza distogliere gli occhi dal carboncino. «Egli vuole solo complimenti. Nessuno dipinge solo ed unicamente per se stesso. Ma anche per la fama. O sbaglio?»
Non rispose. Quella domanda rimase sospesa nel vuoto. Immobile, senza lasciarsi trasportare dai balli.
Quante volte Masaki aveva desiderato maggiore successo?
Quante volte aveva desiderato applausi ed elogi?
Troppe volte.
Atsushi si fece sfuggire un sospiro dalle labbra, allungando nuovamente la mano verso di lui:«Posso vedere?»
Non chiese nemmeno cosa. Il turchese tirò fuori titubante il blocco dalla borsa, lasciandoselo sfilare dalle dita. Il malva, prima di aprire l’album, percorse con le dita la pelle che lo rivestiva, fermandosi sui bordi arrotondati. Poi lo aprì, ammirando da ogni angolazione i disegni. Lo sfogliò dal primo all’ultimo come il più esperto degli intenditori, per poi riconsegnarglielo.
«Sei bravo, mh.»
Kariya infilò in fretta la raccolta dei suoi disegni nella borsa, bofonchiando per il complimento. Qualcuno lo diceva ma Atsushi era stato il primo a scrutare così attentamente ogni suo singolo tratto. La cosa lo onorava ma, al tempo stesso, lo infastidiva. Non sapeva bene per quale motivo, ma tutto ciò lo metteva estremamente a disagio.
«Si vede che ti lasci guidare e non guidi.» rise, infilando il ritratto di profilo della parigina nel proprio album, sfilandone un altro foglio. «I disegni sono unici. Non ne ho mai visti di simili in giro.»
«È un complimento?»
«Certamente.»
«… Tu invece sei sempre qui?»
«Qualche volta.» alzò le spalle con leggerezza, cominciando a tracciare altre linee morbide. «Più che altro spero di incontrare Henri de Toulouse-Lautrec.» ammise, sorridendo lievemente, concentrato a tracciare più angolazioni di vari volti.
Henri de Toulouse-Lautrec era conosciuto in giro per le sue litografie: manifesti che pubblicizzavano senza troppi problemi il Moulin Rouge. Avevano creato parecchio scandalo a Parigi, come se nessun uomo si recasse alle case chiuse, ma c’era da dire che erano manifesti curati minuziosamente, dalle linee quasi insolite.
Atsushi continuò a disegnare e Masaki fissò per un po’ le pareti. Su di esse, effettivamente, vi erano affissi i manifesti che tanto piacevano al più grande. Erano tutti di Toulouse-Lautrec. Una volta conosciuta la linea dell’artista era impossibile dimenticarla. La sua attenzione fu catturata da un manifesto in cui spiccava una figura grigiastra in primo piano e una ballerina con una maglia rossa a pois bianchi in secondo piano. La ballerina doveva chiamarsi “La Goulue”.
Minamisawa alzò lo sguardo, sorridendo maliziosamente nel vederlo perso ad osservare i tratti del manifesto:«La Goulue et Valentin-le-dessossé au Moulin Rouge. Litografia del milleottocentonovantuno, sono ritratti La Goulue – prostituta che inventò il Can Can – e Valentin-le-dessossé, ballerino talmente flessuoso da sembrare quasi senza ossa
Il turchese ascoltò quelle parole tenendo gli occhi sul manifesto, sorprendendosi di quanto il malva sapesse sull’artista. Si riscossero entrambi dai loro pensieri quando sentirono la musica mutare all’interno del locale. Era molto più alta rispetto a prima e più movimentata. La folla di persone cominciò ad aprirsi, facendo spazio a più ballerine. Vide Atsushi illuminarsi, osservando velocemente le ballerine. Ne scrutò la gonna, le maglie e le acconciature in ogni piccolo particolare. Poi indicò una ballerina bionda, più in carne rispetto alle altre – Masaki non trovava modo più educato per definire quella donna.
«Quella è La Goulue!»
Il turchese dovette quasi salire in braccio al malva per sentirlo parlare, talmente la musica era forte. Un boato si sollevava per ogni gonna svolazzante. Era un miscuglio di colori, come tante farfalle variopinte si intrecciavano, giocavano tra di loro, serene e allegre. Il malva gli indicò anche un’altra figura, più sofisticata. Si muoveva con scioltezza impressionante, passo dopo passo completava l’armonia del ballo delle fanciulle. Pareva quasi elastico… Senza ossa.
«Valentin-le-dessossé.» mormorò con una punta di meraviglia Masaki. Non aveva mai assistito ad un ballo reale, si poteva quasi dire che il ballo non gli interessasse affatto. Eppure rimase catturato da quella danza. Le donne conducevano la pantomima con grande grazia tra le stoffe morbide e screziate, i ciuffi ribelli delle loro acconciature accarezzavano le guance arrossate, le labbra erano spiegate in sorrisi coinvolgenti. Sembravano essersi dimenticate di essere prostitute, donne che si vendevano a poco prezzo. Componevano un’armonia splendida, indipendentemente dalla loro natura e Masaki dovette ammettere che erano proprio brave. Avrebbero potuto riscuotere un gran successo, fuori da quella casa chiusa.
Atsushi non distoglieva gli occhi dai soggetti della litografia del suo pittore preferito, ammirandone le movenze, constatando quanto fossero bravi. Probabilmente li vedeva insieme per la prima volta. Insieme a lui.
Kariya abbassò lo sguardo sul foglio, arrossendo lievemente al pensiero. Serrò le labbra, avvampando e dimenticandosi del trambusto intorno a lui, troppo impegnato a decifrare i tratti del carboncino.
C’era il suo viso.
Non una, non due ma per… Non riusciva nemmeno a contare gli innumerevoli disegni. Ogni sua singola espressione era lì, su carta, immobile. Vide il rossore sulle sue guance cartacee, la smorfia imbarazzata, il suo profilo… Era lui, in tutto e per tutto. Boccheggiò impercettibilmente.
Okay.
Quel gran fusto di Minamisawa – Kariya evidentemente quella sera era in vena di confessioni – aveva ritratto proprio lui. Non si era fermato ad osservare la Goulue, non aveva più tracciato le ciglia degli occhi ghiacciati della parigina o i giochi di gambe di Valentin-le-dessossé. Aveva tracciato i suoi capelli turchesi, il taglio felino dei suoi occhi, le pieghe morbide della sciarpa. Si sentiva nuovamente onorato e infastidito. In un modo stranamente piacevole.
Fece per alzare gli occhi verso Atsushi, ma quello era sgattaiolato via. Era sparito un foglio e il carboncino. Il resto della sua roba era ancora lì. Più la musica del cancan sfumava, più si sentiva assalire da un senso di inquietudine. Presto una prostituta probabilmente si sarebbe avvicinata a lui. Ed era solo.
Raccolse in fretta la roba del malva, caricandosi anche la sua tracolla sulla spalla, imboscandosi nuovamente nella folla. Spinse, sgomitò, diede anche calci, tutto pur di uscire di lì. Quello non era un posto sicuro. Non con prostitute, uomini ubriachi e risse dietro l’angolo. Era pericolosa Parigi di notte.
Si sentì chiamare, ma doveva essere stata solo una sua impressione. Sudò come non mai per uscire di lì. Prese un profondo respiro quando l’aria profumata di lavanda e altri intrugli venne sostituita da quella fredda della notte francese.
Strinse le mani in tasca, gettando un’occhiata alla tracolla scura di Atsushi. L’aveva lasciato lì dentro, provvisto solo di un carboncino e di un foglio di carta. La porta si aprì nuovamente dietro di lui.
Temette il peggio per pochi secondi, ma fu sollevato nel risentire la voce del malva:«Cercavi di derubarmi?»
«Ma va, no– Ho preso la tua roba d’istinto– Dovevo allontanarmi…» si mangiò le parole, una dietro l’altra, aspettandosi l’ira del compagno che, in tutta risposta, scrollò le spalle con indifferenza.
«Ho visto Lautrec tra la folla.» gli sventolò sotto il naso il foglio firmato, ficcandoselo poi in tasca. «Scusa se sono scappato.»
«Nessun problema. Lo fanno spesso.»
Minamisawa si sistemò per bene il cappotto, allungando la mano verso la tracolla:«Piaciuta la nottata?»
Non seppe che rispondere. Non ne era in grado. Forse perché, solo in quel momento, si era accorto del tono suadente che aveva la voce di Atsushi. Forse perché gli era davvero piaciuto. Non voleva ammetterlo e la risata del compagno confermò il suo pensiero.
Si era divertito, con lui.
Si erano divertiti, insieme.
Quella parola – “insieme” - gli faceva davvero lo stesso strano effetto provocato dalle gentilezze di Atsushi.
Il malva si caricò la tracolla a spalla, sistemando dentro di essa le caricature di Masaki e la firma dell’artista. Nessuno dei due credeva nel destino, fato, buona sorta o come lo si voleva chiamare, ma quella non poteva essere una coincidenza. E ai piani alti erano troppo impegnati per pensare agli artisti come loro. Forse quell’incontro doveva semplicemente avvenire. Il turchese lo osservò per gli ultimi momenti. Atsushi si allargò in un sorriso quasi malizioso e si fece fin troppo vicino. Bastò poco per far andare in tilt Masaki.

E perse definitivamente la ragione quando il malva lo baciò, prendendo il suo viso tra le mani calde.
 
«E se cominciassimo a dipingere insieme, Masaki?~»




 

Fin.

 

 

 

 

 

 


TANTI AUGURI A VOOOOI, TANTI AUGURI A FEDE E TANTI AUGURI A GUREH *V* <3 <3 *lancia coriandoli
Alla fine sono riuscita a fare qualcosa anche io per il vostro compleanno çuç aw come siete carine, oddio asdfghjk
Okay- tutta la fic è una gran cagatina ma io ci ho provato- voglio dire, so di aver fatto schifo ma volevo regalarvi qualcosina, non potevo farmi abbattere dal mal di gola– e boh, niente, siete tanto chu ;//; Spero che stiate passando un bel compleanno~
Non ho molto da dire perché sto morendo di sonno– -wat- ma mi è piaciuto un casino scrivere la fic.
E ringrazio tanto la mia Regina (S t o r m_) per aver betato la storia. <3

A presto~
Aki-

- Per informazioni su Henri de Toulouse-Lautrec cliccate qui.

   
 
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