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Autore: Je91    04/05/2008    0 recensioni
Milena ha sedici anni, ma sta per perderli. Sta per perdere i suoi lunghi sedici anni, per iniziare i diciassette da un'altra parte. Riuscirà a dire addio ai suoi amici più cari, senza morire di dolore?
Scritta in un momento particolarmente triste e malinconico della mia vita.
Genere: Generale, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era un giorno piuttosto afoso di agosto. Lei richiudeva tranquilla e, finalmente, felice il suo borsone sul suo letto. Stava per partire. Partire per sempre. Via, lontana da quella città che le aveva messo le catene impedendole di crescere. Stava fuggendo.

«Sei pronta, Lena?», domandò la madre affacciandosi dalla porta della stanza della ragazza. Quest’ultima annuì entusiasta. Non era mai stata più pronta di quel giorno.

Milena aveva quasi diciassette anni e sapeva di aver già perso fin troppo tempo in quel luogo. Il suo più grande desiderio era quello di partire e andare via, pronta per iniziare nuovamente chissà dove, con chissà chi. Nulla oramai la teneva legata a quel luogo. Amici, parenti, cotte, scuola… Erano tutti pesi inutili da tenere nel cuore. Lena era pronta a gettarli via, come i suoi sedici anni.

Nuova città. Nuova aria. Nuovi posti. La novità eccitava Lena, ma una parte, che lei cercava di far tacere, temeva tutto questo. Aveva paura, ma non lo avrebbe mai ammesso. Aveva fatto così tanto per andare via da lì, ed ora che stava per succedere si sarebbe tirata indietro? Mai. Piuttosto morire, si disse nella mente. Osservò le lettere sul tavolo. Una per Elisa, una per Maria, una per Deborah, per Isabella, per Christian, per Helena. Erano tutte lì sotto i suoi occhi. Questi saettarono fugaci sull’orologio al suo polso. Mancavano tre ore alla partenza. Forse sarebbe stato meglio iniziare a consegnare quelle lettere.

Prima tappa Deborah. Prese il suo fedele motorino e andò al bar della sua famiglia. Lei era lì, allegra e sorridente come sempre. Lena sapeva che quella sarebbe stata una delle persone più difficili a cui dire addio, ma doveva farlo. Prima o poi.

«Ciao Lena», esclamò quella vedendo l’amica. L’altra fece un sorriso forzato. Tese la lettera sopra il bancone del bar, senza dire niente. Deborah la osservò preoccupata.

«Cosa…?», domandò non capendo. Lena prese fiato, nella speranza di riuscire a far vibrare un po’ le sue corde vocali.

«Parto Debby, fra tre ore…», disse con difficoltà. L’amica dietro il bancone cambiò espressione. Milena, Lena, la compagna ideale di chiacchiere varie stava per andarsene, era possibile!?

Deborah uscì da dietro il bancone con le lacrime agli occhi. Prese la lettera tra le mani e la lesse fugace. Lena osservava i suoi piedi, non era in grado di guardare l’amica negli occhi. Era davvero la fine di tutto?

L’amica piangeva, davanti a tutti, senza ritegno, senza vergogna. Ma nessuno dovrebbe vergognarsi dei proprio sentimenti, nessuno. Tranne Lena. Deborah buttò le braccia al collo dell’amica. Forse, era realmente la fine di tutto.

Finita l’agonizzante addio a Deborah, Lena scelse Christian. Avrebbe saluto suo fratello con più tranquillità, non avrebbero sofferto della reciproca mancanza. Erano fatti così, per loro fortuna.

Lena andò a casa di suo fratello, dall’altra parte della città. Suonò il campanello e fu lui ad aprirle la porta.

«Ehi Lena! Che ci fai qui?», domandò lui allegro. Adesso la timida Lena non era più così sicura dei sentimenti di prima. Avrebbe perso il suo unico amico, l’unico di cui non temeva le mani addosso, l’unico uomo che non avrebbe mai ferito i suoi sentimenti.

Tese come a Deborah la sua lettera. Tremava. Si mordeva il labbro inferiore talmente forte, che preso sentì in bocca il sapore del sangue. Christian lesse fugace. Poi portò lo sguardo su sua sorella.

«Cosa vuol dire?», domandò inerme. Lena deglutì.

«Me ne vado Christian, parto fra tre ore…», mormoro con poca voce. Era così difficile dirlo?

Il ragazzo non si mosse. Nel suo viso si intravedeva il dolore di non averlo saputo prima, di non aver potuto salutare la sorella come avrebbe voluto. Un misero abbraccio avrebbe compensato gli anni che li avrebbero tenuti lontani, l’uno dalle braccia dell’altro? Forse no, ma in quel preciso momento non doveva mostrare la debolezza, né lui, né lei.

«Mi mancherai, piccola psicopatica», mormorò lui dandole il suo ultimo abbraccio. Lena ride divertita, udendo per l’ultima volta la voce dal vivo del fratello.

Ed era già a meno due. Scelse Helena come terza. Non era sicura di trovarla a casa, così le chiamò. Si sedette in piazza, per l’ultima volta. Osservò il traffico cittadino. Sospirò e prese il cellulare.

«Pronto?», disse la voce allegra di Helena. Lena stava per morire.

«Ciao Hele», disse atona. L’altra non perse il buonumore.

«Perché mi chiami?», domandò tranquilla. Lena sospirò nuovamente, osservò il cielo e chiese la forza necessaria a continuare la sua strage.

«Perché fra meno di tre ore io prenderò un treno e non mi vedrai più», disse seria. Dall’altro capo non si sentì alcun suono.

«Hele?», domandò dopo poco Lena. L’altra resuscitò.

«Dove sei?», disse con voce tremante. Lei gli indicò il luogo. Helena chiuse il telefono.

Lena tremava. Cercava le frasi migliori da dire alla sua amica, compagna di viaggi fantastici e sogni segreti, libri proibiti e scritti illeggibili. Come avrebbe vissuto senza?

In meno di cinque minuti arrivò Helena affannata, sconvolta, delusa. Vide la piccola Lena seduta sulla panchina, la osservò per pochi minuti poi gettò le sue braccia al collo di lei. Pianse tante lacrime amare, che spesso aveva ingoiato, ma non per la sua amica. Non si sarebbe trattenuta per la sua Lena.

Milena doveva trattenersi. Una sola lacrima le rigò il viso. Una sola. Stava realmente dicendo addio a tutto?

Diede anche a lei la lettera. Helena non riusciva a smettere di carezzarle il viso.

«Siamo all’ultimo atto, piccola Lena?», mormorava quella ogni due frasi che leggeva. L’altra annuiva ingoiando le lacrime. Poteva esistere un addio più doloroso?

Lena cercava di immaginare la sua vita lontano da lì. Migliore, più rosea, sicura, viva. Eppure voleva essere morta, insieme ai suoi amici. Voleva la vita peggiore, ma insieme a loro. In quel momento Milena si pentì di non aver mai detto la verità riguardo i suoi sentimenti. Esatto, si pentì, come una vigliacca, quale era. Lena era una vigliacca.

Dopo Helena, scelse Maria. L’amica secolare. Erano insieme da quasi undici anni, chissà se sarebbe stato difficile o facile… Oramai Lena era pronta a tutto, o quasi.

Maria era in piscina, sotto casa sua a prendersi il sole. Non appena vide Lena si spaventò.

«Lena, successo qualcosa?», domandò alzando gli occhiali da sole dal viso. L’altra scosse la testa e tese la lettera per Maria. Quella la lesse d’un fiato e tremò.

«E così, hai finalmente realizzato il tuo sogno?», domandò materna Maria. Lena annuì scoppiando a piangere. Con la sua migliore amica non aveva bisogno di trattenersi. Era la sua amica.

Dopo pochi minuti decise di continuare la sua strage di innocenti. Le parole che non aveva detto per una vita, stavano per uccidere le persone più importanti per lei. Era la volta di Elisa.

Suonò al citofono, guardandosi in giro con aria circospetta. Era spaventata, sapeva che avrebbe deluso l’amica. Ma stavolta non le importava di dirle addio, non a lei.

«Ciao Lena! Entra», disse Elisa allegra. Lena sorrise tristemente. Si accomodò nella cucina. L’amica stava disegnando su un quaderno.

«Ti piace?», domandò mostrandole il disegno. Lei annuì. Poi prese fiato.

«Elly, sono venuta a salutarti… Fra due ore salirò su un treno e me ne andrò via… Da qui…», disse atonica, poi le consegnò la lettera. Elisa diventò pallida. Prese al volo la lettera dalle mani dell’amica.

«E’ la fine, Lena?», domandò titubante. Lei annuì.

«Temo proprio di sì, Elly», disse triste. Le sarebbe mancato il sorriso buono e sempre allegro di Elisa. La pazienza e l’affetto che nutriva questa per Lena. Stava perdendo realmente tutto. E si sentiva un lurido verme.

Oramai il peggio era passato. Era davvero all’ultimo atto. Isabella. La sua amica prediletta, l’unica che ha rinnegato lei stessa per il suo bene. Sì, Lena ha scelto per Isabella, ma l’ha fatto per il suo bene.

Salì all’ultimo piano del palazzo di Isabella. La trovò in tenuta di casa, che giocava con il fratellino.

«Ciao Lena! Che bella sorpresa», esclamò felice di vederla. Lei sorrise ed entrò. Osservò il piccolino divenuto già grande, non lo avrebbe mai visto crescere. Si sentì morire.

«Sono venuta per salutarti, Isabella… Sto per andarmene», disse lei sena cambiare minimamente la frase che ripeteva da tre ore.

L’altra andò a posare il neonato nel box e osservò preoccupata Lena. Perché aveva deciso di andarsene per sempre? Perché aveva deciso di dirlo così? Perché?

Lena tesa l’ultima lettera ad Isabella. Era davvero l’ultima, stavolta.

«Perché Lena?», mormorò Is spaventata. Lei alzò le spalle e sorrise mentre una lacrima le cadeva sul volto.

«Perché ho bisogno di provarci da sola… Perché da quando ho scelto io per te, la mia vita si è trasformata in un incubo ed io non me la sento di continuare così, non ci riesco…», disse cercando di non piangere, ma era stanza di trattenersi le lacrime, era stanca di fingere che tutto quello che le era accaduto non la toccava minimamente. Avrebbe pianto sangue se sarebbe stato sufficiente a ridargli la sua vecchia vita.

Isabella abbracciò l’amica. La strinse forte, accarezzò più volte la testa piccola e dura di Lena. Pianse, anche lei. Era stato tutto uno stupido errore, potevano rimediare forse.

«Oh Milena! Possiamo rimediare, non c’è bisogno che vai via… Non c’è bisogno che ci lasci, io posso tornare da te, io posso ricominciare con te…», disse convulsa Isa, ma era tardi. Per Lena era tardi. Aveva avuto l’estate più buia della sua vita, aveva visto le foglie gelarsi nella sua estate intrisa prettamente di inverno. Era stanca degli sprazzi primaverili. Voleva l’estate piena. Basta inverno, basta finta primavera. Solamente l’estate.

«E’ troppo tardi Isa… E’ troppo tardi», mormorò Lena tra le lacrime. Era oramai tutto perso. Aveva perso i suoi sedici anni piangendo, non intendeva tornare indietro, non voleva più tornare indietro.

«Lena, ti prego! Dammi la possibilità di rimediare…», supplicò Isabella. Ma lei oramai lo riteneva inutile ed ipocrita. Scosse energicamente la testa.

«No Is, è tardi… Ti prego tu, lasciami andare. Sai che la tua vita sarebbe stata migliore senza di me, lo sai meglio di chiunque altro», disse staccandosi da quell’abbraccio. Era realmente così? Forse sì, forse no. Nessuno avrebbe mai saputo con certezza quello che sarebbe accaduto, poi…

Isabella restò immobile a fissare Lena nei suoi occhi velati di tristezza. Non li aveva mai visti felici, mai. Nemmeno quando rideva. Lena era triste nell’anima.

«Allora addio, Isabella! Grazie di tutto», disse Lena tendendole la destra.

«Nessun addio, Lena. Solo un arrivederci», disse Is. E lei sparì per sempre dalla vita dei suoi amici.

Corse verso casa, ripensando all’ultima frase della sua amica. ‘Arrivederci’, era una parola troppo assurda per esistere. Per Lena esistevano solo il bianco e il nero, nessun grigio, nessun mezzo termine, nessun arrivederci. Solo addii.

Per Isabella no. Sapeva che un giorno quella timida ragazzina che aveva voluto bene sarebbe tornata. Quello non era un addio, era un arrivederci.

  
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