Era un
giorno piuttosto afoso di agosto. Lei richiudeva tranquilla e,
finalmente,
felice il suo borsone sul suo letto. Stava per partire. Partire per
sempre.
Via, lontana da quella città che le aveva messo le catene
impedendole di
crescere. Stava fuggendo.
«Sei
pronta, Lena?», domandò la madre affacciandosi
dalla porta della stanza della
ragazza. Quest’ultima annuì entusiasta. Non era
mai stata più pronta di quel
giorno.
Milena
aveva quasi diciassette anni e sapeva di aver già perso fin
troppo tempo in
quel luogo. Il suo più grande desiderio era quello di
partire e andare via,
pronta per iniziare nuovamente chissà dove, con
chissà chi. Nulla oramai la
teneva legata a quel luogo. Amici, parenti, cotte, scuola…
Erano tutti pesi
inutili da tenere nel cuore. Lena era pronta a gettarli via, come i
suoi sedici
anni.
Nuova
città. Nuova aria. Nuovi posti. La novità
eccitava Lena, ma una parte, che lei
cercava di far tacere, temeva tutto questo. Aveva paura, ma non lo
avrebbe mai
ammesso. Aveva fatto così tanto per andare via da
lì, ed ora che stava per
succedere si sarebbe tirata indietro? Mai. Piuttosto morire, si disse
nella
mente. Osservò le lettere sul tavolo. Una per Elisa, una per
Maria, una per
Deborah, per Isabella, per Christian, per Helena. Erano tutte
lì sotto i suoi
occhi. Questi saettarono fugaci sull’orologio al suo polso.
Mancavano tre ore
alla partenza. Forse sarebbe stato meglio iniziare a consegnare quelle
lettere.
Prima
tappa Deborah. Prese il suo fedele motorino e andò al bar
della sua famiglia.
Lei era lì, allegra e sorridente come sempre. Lena sapeva
che quella sarebbe
stata una delle persone più difficili a cui dire addio, ma
doveva farlo. Prima
o poi.
«Ciao
Lena», esclamò quella vedendo l’amica.
L’altra fece un sorriso forzato. Tese la
lettera sopra il bancone del bar, senza dire niente. Deborah la
osservò
preoccupata.
«Cosa…?»,
domandò non capendo. Lena prese fiato, nella speranza di
riuscire a far vibrare
un po’ le sue corde vocali.
«Parto
Debby, fra tre ore…», disse con
difficoltà. L’amica dietro il bancone
cambiò
espressione. Milena, Lena, la compagna ideale di chiacchiere varie
stava per
andarsene, era possibile!?
Deborah
uscì da dietro il bancone con le lacrime agli occhi. Prese
la lettera tra le
mani e la lesse fugace. Lena osservava i suoi piedi, non era in grado
di
guardare l’amica negli occhi. Era davvero la fine di tutto?
L’amica
piangeva, davanti a tutti, senza ritegno, senza vergogna. Ma nessuno
dovrebbe
vergognarsi dei proprio sentimenti, nessuno. Tranne Lena. Deborah
buttò le
braccia al collo dell’amica. Forse, era realmente la fine di
tutto.
Finita
l’agonizzante addio a Deborah, Lena scelse Christian. Avrebbe
saluto suo
fratello con più tranquillità, non avrebbero
sofferto della reciproca mancanza.
Erano fatti così, per loro fortuna.
Lena
andò
a casa di suo fratello, dall’altra parte della
città. Suonò il campanello e fu
lui ad aprirle la porta.
«Ehi
Lena!
Che ci fai qui?», domandò lui allegro. Adesso la
timida Lena non era più così
sicura dei sentimenti di prima. Avrebbe perso il suo unico amico,
l’unico di
cui non temeva le mani addosso, l’unico uomo che non avrebbe
mai ferito i suoi
sentimenti.
Tese come
a Deborah la sua lettera. Tremava. Si mordeva il labbro inferiore
talmente
forte, che preso sentì in bocca il sapore del sangue.
Christian lesse fugace.
Poi portò lo sguardo su sua sorella.
«Cosa
vuol
dire?», domandò inerme. Lena deglutì.
«Me
ne
vado Christian, parto fra tre ore…», mormoro con
poca voce. Era così difficile
dirlo?
Il ragazzo
non si mosse. Nel suo viso si intravedeva il dolore di non averlo
saputo prima,
di non aver potuto salutare la sorella come avrebbe voluto. Un misero
abbraccio
avrebbe compensato gli anni che li avrebbero tenuti lontani,
l’uno dalle
braccia dell’altro? Forse no, ma in quel preciso momento non
doveva mostrare la
debolezza, né lui, né lei.
«Mi
mancherai, piccola psicopatica», mormorò lui
dandole il suo ultimo abbraccio.
Lena ride divertita, udendo per l’ultima volta la voce dal
vivo del fratello.
Ed era
già
a meno due. Scelse Helena come terza. Non era sicura di trovarla a
casa, così
le chiamò. Si sedette in piazza, per l’ultima
volta. Osservò il traffico
cittadino. Sospirò e prese il cellulare.
«Pronto?»,
disse la voce allegra di Helena. Lena stava per morire.
«Ciao
Hele», disse atona. L’altra non perse il buonumore.
«Perché
mi
chiami?», domandò tranquilla. Lena
sospirò nuovamente, osservò il cielo e
chiese la forza necessaria a continuare la sua strage.
«Perché
fra meno di tre ore io prenderò un treno e non mi vedrai
più», disse seria.
Dall’altro capo non si sentì alcun suono.
«Hele?»,
domandò dopo poco Lena. L’altra
resuscitò.
«Dove
sei?», disse con voce tremante. Lei gli indicò il
luogo. Helena chiuse il
telefono.
Lena
tremava. Cercava le frasi migliori da dire alla sua amica, compagna di
viaggi
fantastici e sogni segreti, libri proibiti e scritti illeggibili. Come
avrebbe
vissuto senza?
In meno di
cinque minuti arrivò Helena affannata, sconvolta, delusa.
Vide la piccola Lena
seduta sulla panchina, la osservò per pochi minuti poi
gettò le sue braccia al
collo di lei. Pianse tante lacrime amare, che spesso aveva ingoiato, ma
non per
la sua amica. Non si sarebbe trattenuta per la sua Lena.
Milena
doveva trattenersi. Una sola lacrima le rigò il viso. Una
sola. Stava realmente
dicendo addio a tutto?
Diede
anche a lei la lettera. Helena non riusciva a smettere di carezzarle il
viso.
«Siamo
all’ultimo atto, piccola Lena?», mormorava quella
ogni due frasi che leggeva.
L’altra annuiva ingoiando le lacrime. Poteva esistere un
addio più doloroso?
Lena
cercava di immaginare la sua vita lontano da lì. Migliore,
più rosea, sicura,
viva. Eppure voleva essere morta, insieme ai suoi amici. Voleva la vita
peggiore, ma insieme a loro. In quel momento Milena si pentì
di non aver mai
detto la verità riguardo i suoi sentimenti. Esatto, si
pentì, come una
vigliacca, quale era. Lena era una vigliacca.
Dopo
Helena, scelse Maria. L’amica secolare. Erano insieme da
quasi undici anni,
chissà se sarebbe stato difficile o facile…
Oramai Lena era pronta a tutto, o
quasi.
Maria era
in piscina, sotto casa sua a prendersi il sole. Non appena vide Lena si
spaventò.
«Lena,
successo qualcosa?», domandò alzando gli occhiali
da sole dal viso. L’altra
scosse la testa e tese la lettera per Maria. Quella la lesse
d’un fiato e
tremò.
«E
così,
hai finalmente realizzato il tuo sogno?», domandò
materna Maria. Lena annuì
scoppiando a piangere. Con la sua migliore amica non aveva bisogno di
trattenersi. Era la sua amica.
Dopo pochi
minuti decise di continuare la sua strage di innocenti. Le parole che
non aveva
detto per una vita, stavano per uccidere le persone più
importanti per lei. Era
la volta di Elisa.
Suonò
al
citofono, guardandosi in giro con aria circospetta. Era spaventata,
sapeva che
avrebbe deluso l’amica. Ma stavolta non le importava di dirle
addio, non a lei.
«Ciao
Lena! Entra», disse Elisa allegra. Lena sorrise tristemente.
Si accomodò nella
cucina. L’amica stava disegnando su un quaderno.
«Ti
piace?», domandò mostrandole il disegno. Lei
annuì. Poi prese fiato.
«Elly,
sono venuta a salutarti… Fra due ore salirò su un
treno e me ne andrò via… Da
qui…», disse atonica, poi le consegnò
la lettera. Elisa diventò pallida. Prese
al volo la lettera dalle mani dell’amica.
«E’
la
fine, Lena?», domandò titubante. Lei
annuì.
«Temo
proprio di sì, Elly», disse triste. Le sarebbe
mancato il sorriso buono e
sempre allegro di Elisa. La pazienza e l’affetto che nutriva
questa per Lena.
Stava perdendo realmente tutto. E si sentiva un lurido verme.
Oramai il
peggio era passato. Era davvero all’ultimo atto. Isabella. La
sua amica
prediletta, l’unica che ha rinnegato lei stessa per il suo
bene. Sì, Lena ha
scelto per Isabella, ma l’ha fatto per il suo bene.
Salì
all’ultimo piano del palazzo di Isabella. La trovò
in tenuta di casa, che
giocava con il fratellino.
«Ciao
Lena! Che bella sorpresa», esclamò felice di
vederla. Lei sorrise ed entrò.
Osservò il piccolino divenuto già grande, non lo
avrebbe mai visto crescere. Si
sentì morire.
«Sono
venuta per salutarti, Isabella… Sto per
andarmene», disse lei sena cambiare
minimamente la frase che ripeteva da tre ore.
L’altra
andò a posare il neonato nel box e osservò
preoccupata Lena. Perché aveva
deciso di andarsene per sempre? Perché aveva deciso di dirlo
così? Perché?
Lena tesa
l’ultima lettera ad Isabella. Era davvero l’ultima,
stavolta.
«Perché
Lena?», mormorò Is spaventata. Lei alzò
le spalle e sorrise mentre una lacrima
le cadeva sul volto.
«Perché
ho
bisogno di provarci da sola… Perché da quando ho
scelto io per te, la mia vita
si è trasformata in un incubo ed io non me la sento di
continuare così, non ci
riesco…», disse cercando di non piangere, ma era
stanza di trattenersi le
lacrime, era stanca di fingere che tutto quello che le era accaduto non
la
toccava minimamente. Avrebbe pianto sangue se sarebbe stato sufficiente
a
ridargli la sua vecchia vita.
Isabella
abbracciò l’amica. La strinse forte,
accarezzò più volte la testa piccola e
dura di Lena. Pianse, anche lei. Era stato tutto uno stupido errore,
potevano
rimediare forse.
«Oh
Milena! Possiamo rimediare, non c’è bisogno che
vai via… Non c’è bisogno che ci
lasci, io posso tornare da te, io posso ricominciare con
te…», disse convulsa
Isa, ma era tardi. Per Lena era tardi. Aveva avuto l’estate
più buia della sua
vita, aveva visto le foglie gelarsi nella sua estate intrisa
prettamente di
inverno. Era stanca degli sprazzi primaverili. Voleva
l’estate piena. Basta
inverno, basta finta primavera. Solamente l’estate.
«E’
troppo
tardi Isa… E’ troppo tardi»,
mormorò Lena tra le lacrime. Era oramai tutto
perso. Aveva perso i suoi sedici anni piangendo, non intendeva tornare
indietro, non voleva più tornare indietro.
«Lena,
ti
prego! Dammi la possibilità di
rimediare…», supplicò Isabella. Ma lei
oramai lo
riteneva inutile ed ipocrita. Scosse energicamente la testa.
«No
Is, è
tardi… Ti prego tu, lasciami andare. Sai che la tua vita
sarebbe stata migliore
senza di me, lo sai meglio di chiunque altro», disse
staccandosi da
quell’abbraccio. Era realmente così? Forse
sì, forse no. Nessuno avrebbe mai
saputo con certezza quello che sarebbe accaduto, poi…
Isabella
restò immobile a fissare Lena nei suoi occhi velati di
tristezza. Non li aveva
mai visti felici, mai. Nemmeno quando rideva. Lena era triste
nell’anima.
«Allora
addio, Isabella! Grazie di tutto», disse Lena tendendole la
destra.
«Nessun
addio, Lena. Solo un arrivederci», disse Is. E lei
sparì per sempre dalla vita
dei suoi amici.
Corse
verso casa, ripensando all’ultima frase della sua amica.
‘Arrivederci’, era una
parola troppo assurda per esistere. Per Lena esistevano solo il bianco
e il
nero, nessun grigio, nessun mezzo termine, nessun arrivederci. Solo
addii.
Per
Isabella no. Sapeva che un giorno quella timida ragazzina che aveva
voluto bene
sarebbe tornata. Quello non era un addio, era un arrivederci.