Resembool 1911, qualche
settimana prima di ottobre.
Attenzione al transito di UFO (Unidentified Fluff Object).
La botte è di acciaio
«Ma
così sembri femmina!»
«Fatti
gli affaracci tuoi, Winry, vuoi?»
Le
guance le si gonfiano e gli occhi si allargano, tondi e blu; due bulbi
indignati riflessi nello specchio, appena dietro l'espressione
tremendamente concentrata di Edward, che sta armeggiando
testardamente coi capelli da almeno cinque minuti.
«Bene!»
sentenzia Winry, e lo fa agitando una chiave inglese. «Bene, fai
come ti pare! Tanto fai sempre come ti pare... Somiglia pure ad una
femmina, se ci tieni! In ogni caso già nessuno ti avrebbe preso sul
serio, visto che non arriverai neanche alla scrivania di qualunque
pezzo grosso dell'esercito tu abbia intenzione di...»
«Mi
stai dando del nanerottolo così piccolo che potrebbe vivere nella
casa delle bambole?!»
«E
anche della femminuccia, sì!»
Ordinatamente
accovacciato sul pavimento sotto la finestra, Alphonse sospira: non
sa dove siano i suoi polmoni, se ci siano ancora, ma lo trova
distensivo, quindi lo fa comunque. È inutile intervenire, Winry
continuerà a sostenere la sua opinione e Ed come sempre farà di
testa propria.
«Almeno
dimmi perché, in nome del Cielo, hai deciso di sembrare più
stupido facendoti una treccia!»
La
treccia in questione sembra solo un tentativo disturbante di cavarsi
via lo scalpo, per ora, ma Edward ha di nuovo quella luce da pazzo
negli occhi – il lato indulgente e affezionato di Alphonse vorrebbe
chiamarla determinazione, ma la fedeltà scientifica all'osservazione
del fenomeno glielo impedisce –, quindi tanto vale rassegnarsi.
Oltretutto la treccia in sé sembra veramente una cosa innocua,
soprattutto confrontata ad altre idee di suo fratello: tentare di
resuscitare un genitore e impegnarsi fino a vomitare sangue allo scopo
di divenire una funzionante arma
umana in tempo per i propri dodici anni sono solo le prime della
lista.
«Che
diamine significa “perché posso”?» sta sbraitando Winry,
disarmata in ogni senso: quasi le cade l'attrezzo di mano.
Ed
sbuffa forte e mugugna qualcosa, probabilmente masticando un po' di
sano imbarazzo – perché, davvero, la treccia! –, prima di
scivolare via dalla stanza con uno sventolio dell'automail, come a
scacciare eventuali stupidaggini che dovessero pedinare lui e la sua
abominevole scopetta di capelli malamente attorcigliati.
Pinako
ne segue lo svolazzare con la coda dell'occhio, la fronte corrugata.
Si ferma sullo stipite e trae una boccata dalla pipa, mentre squadra
la figura furibonda della nipote.
«L'ho
capito non appena ho conosciuto Hohenheim... Gli alchimisti sono
gente contorta» sentenzia, guadagnandosi l'attenzione di occhi e
elmo. Davanti all'espressione basita di Winry, soffia via una
perfetta ciambella di fumo chiaro e annuncia il pranzo a voce alta
abbastanza perché anche Edward la senta. Poi sbuffa: «Per farsi una
treccia ci vogliono due mani» ed esce dalla stanza così come è
entrata, canticchiando a bocca chiusa in corridoio.
A
tavola, la strampalata capigliatura di Edward ha un aspetto molto
migliore, dopo essere passata tra le abili dita di una meccanica in
erba.
«Con
un po' di applicazione» dice Winry, ed è un parere professionale
dovuto ad anni e anni di capelli lunghi, «imparerai a fartela senza
sembrare un maiale cui abbiano insegnato ad intrecciare cestini di
paglia».
Per
fortuna la zuppa scotta e il costipato grazie o l'anatema
mortale finiscono risucchiati in un unico, lodevolmente diplomatico
barbuglio ustionato.
Alphonse
ridacchia, mentre regala un pezzo di formaggio a Den.
«Che
c'è!» scatta Edward, ostile e imbarazzato. La treccia quasi gli
frusta la guancia.
Al
lo guarda impugnare minaccioso il cucchiaio con la destrezza di un
mancino navigato e scuote l'elmo, allegro.
«Niente,
pensavo... Se davvero si tratta solo di applicazione, siamo in una
botte di ferro!»
Nda
Le
note dicono che non ci sono note! *fugge insieme alla logica*
Strano ma vero, Fullmetal Alchemist è proprietà intellettuale di una mucca nata in Hokkaido.