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Autore: margotj    30/11/2013    0 recensioni
(Storia completa in pubblicazione a puntate)
PREMESSA ALLA STORIA: si tratta di un ALTERNATIVE UNIVERSE: con gran raccapriccio dei puristi, in questa storia Dc incontra Marvel: il presupposto? Bruce Wayne e Tony Stark si conoscevano, ben prima di divenire rispettivamente Batman e IronMan. Tutto ciò che viene visto nei film è quindi modificato opportunamente (stravolto, oserei dire, valgono le immagini più delle trame) per raccontare la storia della loro amicizia e dell'inizio della loro leggenda.
Spoiler: credo nessuno. Utilizzo spudorato di IronMan, IronMan2, Batman Begins e TheDarkKnight, qualche accenno agli Avengers
Pairing: canonico Tony/Pepper Bruce/Rachel
Rating: AU Angst, Dark, Friendship...
Disclaimer: i personaggi non appartengono ai legittimi proprietari. L’autrice scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.
Genere: Angst, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Batman aka Bruce Wayne
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Iron & Darkness (acciaio e oscurità) Di MargotJ EPISODIO 10/13 – (spoiler alla lettura)

http://www.youtube.com/watch?v=iwDvQohogOQ&list=PLB1F21203D1E4126E _____________

1.11 Hope, present and past

I need another story

Something to get off my chest

My life gets kinda boring

Need something that I can confess

(One republic - Secrets)

Ho bisogno di un'altra storia Qualcosa che esca fuori dal mio petto

La mia vita sta diventando un po' noiosa Ho bisogno di qualcosa da poter confessare

Non morire, per favore.

Solitamente la gentilezza gli piaceva, lo predisponeva a concedere il richiesto e a sentirsi magnanimo. Ma, in questo caso...

Tony sprofondato in poltrona, si passò una mano sugli occhi. Questa volta, a Bruce era mancato un pelo per finire definitivamente dall'altra parte del muro e l'unica cosa che era stato in grado di dire, tornando indietro, era... 'non morire, per favore?'

Ma chi può chiedere una cosa del genere ad un altro essere umano? Non morire, per favore? Come se chiedesse una birra!

Non morire, per favore. Ma, dico!

Se non fosse stato che era stanco, stufo e parecchio dolorante, Tony si sarebbe anche un po' offeso. Certo, perché secondo voi muoio per capriccio! Di tante opzioni che ho, io scelgo di abdicare a sesso, alcool, velocità e sana ricchezza da record mondiale? Rinuncio al mio magnifico corpo?

Grugnì, seccato. Poi, un respiro profondo come lo sconforto che provava, gli sfuggì dalle labbra.

Non sono pronto a morire. Non lo sono affatto.

Si alzò e attraversò l'attico, a piedi scalzi, fermandosi davanti alle ampie vetrate, le mani nelle tasche di vecchi pantaloni di felpa. Come la casa di Malibu, le StarkTowers, sparse in parecchie città del mondo, erano fatte di vetro e specchio, triplicando la visuale dei palazzi e dell'orizzonte. A Gotham, lo spettacolo era particolarmente affascinante. La città era scura, costruita in colori freddi, grigi, azzurri, ghiaccio... l'oscurità sembrava non lasciarla mai, trasudando da ogni singolo edificio.

Gotham probabilmente era malata dalle fondamenta... ma aveva la bellezza inverosimile delle cose sbagliate e voluttuose.

Senza una meta precisa, Tony uscì sulla terrazza, respirando l'aria fredda dell'alba. Bruce dormiva ancora sul divano, dove lo aveva lasciato. Pepper, sulla poltrona a fianco. Aveva un braccio teso anche nel sonno, per tenergli una mano.

Contatto fisico, aveva detto Tony. Pepper lo aveva preso alla lettera. E chissà come mi è venuto in mente, considerò l'uomo, voltandosi e intravvedendoli appena dietro il vetro a specchio.

Però ha funzionato, rispose la coscienza. Aveva la voce di Jarvis.

E come sai che ha funzionato? Domandò Tony a se stesso. Funzionato riguardo a cosa, poi...

Dal volergli tanto bene, ho ricavato solo un nuovo grattacapo... non devo morire. Per favore.

Malumore e frustrazione a parte, Tony sapeva di non avere più molto tempo e che, ormai, da ogni fronte subivano un attacco. Non c'era molto da essere indecisi: o trovava una cura per il suo stato, o trovava un modo per arginarlo fino a fine della battaglia. E il biossido di litio, nel suo organismo, era ormai presente in una percentuale tale da provocargli di tutto, da un'intossicazione a un blocco renale.

Ancora fermo sulla terrazza, nell'anomalo silenzio che precede il riprendere vita della città, Tony si posò una mano sul reattore, ragionando.

Fox l'aveva definita tecnologia imperfetta. Aveva detto che il reattore era alla base di qualcosa di grande. Obadiah Stane non si era espresso in termini altrettanto positivi ma, per lungo tempo, aveva dichiarato il reattore non funzionante. C'era voluta la disperazione di Tony in mezzo al deserto per rendere l'utopia un esperimento riuscito.

Ma, una volta ottenuto il risultato, al di là dei perfezionamenti occorsi, Tony non aveva trovato il modo di variare né il procedimento nè l'elemento fondamentale del sistema: il palladio. E, ormai da settimane, brancolava nel buio.

Per abitudine, passò ancora una volta in rassegna la tavola periodica degli elementi, a caccia di un'idea. Era già arrivato al numero atomico settanta quando si accorse di essere osservato.

Bruce, puntellato contro l'intelaiatura della vetrata, a braccia conserte. Tony non sapeva da quanto fosse lì, né come potesse reggersi in piedi, dopo la notte trascorsa. Ma così era: Bruce, ritto sulle sue gambe, attendeva che Tony si accorgesse di lui.

Si fissarono, in silenzio.

Tony, osservando quanto fosse magro in viso e pallido, ripensò ai primi tempi di quell'avventura, quando le cose non andavano né bene né male e tutto sembrava più a grandezza d'uomo, meno spaventoso.

Ripensò all'ultima volta che erano stato così rilassati, così ignari. E la mente gli giocò un brutto scherzo, riportando a galla un episodio.

Doveva essere la settimana prima del compleanno di Bruce: prima della morte di Rachel, di Ducard, del rogo di Wayne Manor: Bruce gli aveva offerto un passaggio fino ad un'inaugurazione. Poi, in macchina, bevendo whisky e scambiandosi i giornali, avevano scherzato sul concetto di bene e male.

“Andiamo, non essere così fiscale.” - lo aveva ammonito Bruce, mentre Tony commentava un fatto di cronaca - “Il confine tra bene e male non è poi così preciso. Uno sceglie da che lato stare.. poi è una lotta continua.”

“No, non se hai le idee chiare. Il fine giustifica, no?”

“Certo, lo penso anche io. Ma non c'è un punto in cui il fine non è più giustificazione? Non esiste un limite che non dobbiamo superare?”

“Un limite di che genere? Prima di sbagliare? Prima di lasciarci la pelle? Credevo che stessimo parlando di argomenti assoluti come giustizia, pace, equilibrio... poni dei limiti alla tua sfera d'azione se punti a cose del genere?”

“Credo di sì. Pongo il limite della compassione.”

“Ok, mi sta bene. Quindi non ricerchiamo ad oltranza il castigo anche se vi è una colpa. Un punto a tuo favore. E, se alziamo il tiro, depenniamo la vendetta.”

“Ovvio.” - aveva risposto Bruce. Aveva sorriso, difendendo le proprie idee, sottolineando tutto con un gesto della mano - “Io credevo nella vendetta... ma, a conti fatti, è soltanto caos. Ora voglio armonia.”

Armonia... sembrava tutto così chiaro, allora. Non era un questione di vita, morte, dolore, paura... follia... in quel mondo perduto, Bruce non era bruciato dalla disperazione, l'intossicazione di Tony era sotto al trenta per cento ed il mondo, come sempre, era ai loro piedi.

Nel presente, tutto il peggio sembrava essersi triplicato. Tony piegò la testa, contemplandolo, in silenzio. E, forse, il passato era solo un'arma per torturarsi ulteriormente. Forse era meglio guardare avanti, non voltarsi. Forse era meglio usare il presente per costruire il futuro.

Un frase degna di mio padre, pensò, distrattamente. Forse basta una piccola intuizione per cambiare il corso degli eventi. Una, piccolissima...

Si mosse, lentamente, come se avesse paura di spaventarlo. Contatto fisico, ma chissà da dove mi è venuta questa idea...

Gli si avvicinò e gli posò una mano dietro al collo.

“Non sei solo...” - sussurrò, fissandolo negli occhi - “.. e sei uno stupido se lo hai pensato.”

E poi lo abbracciò, piano, incredibilmente piano.

Quando Bruce ricambiò l'abbraccio, quando la sua testa dura cedette, posandosi sulla sua spalla, Tony pensò che la giustizia, al di là dei limiti, al di là dei doveri, non fosse solo armonia... ma speranza.

***

L'antidoto aveva fatto il suo effetto. E, in parte, il miracolo era davvero dovuto alla combinazione con la manciata di antidolorifici con cui Bruce si era tenuto in piedi nelle trenta ore precedenti. Lucius Fox, giunto finalmente all'ora di colazione, non aveva dubbi a riguardo: il suo essere vivo era legato alla costola dolorante e mal curata di cinque colluttazioni prima.

“Tuttavia, signor Wayne...” - concluse, accettando la tazza di caffè che Pepper gli porgeva - “Io la inviterei ad evitare di imbottirsi così di barbiturici. Questa volta le è andata bene... non ripeta l'esperimento.”

“Posso prometterglielo.” - aveva sorriso Bruce. Sedeva al centro del divano su cui aveva dormito e, per quanto si sforzasse, era penoso: labbro rotto, livido sulla tempia, occhiaie, colorito verdognolo. Aveva una felpa addosso e questo almeno risparmiava la visione dello scempio. Nessuno sapeva la sua temperatura solo perché rifiutava di farsi visitare... motivo per cui Tony avvertiva un certo prurito alle mani.

Lucius forse non era altrettanto sanguigno, ma era visibilmente preoccupato.

“Vada a casa e si metta a letto.” - aggiunse, posando la tazza semipiena sul tavolino - “Può anche sentirsi bene, ma non è così. Deve dare al suo corpo il tempo di espellere le tossine. Non faccia sciocchezze.”

“Ci penso io.” - lo rassicurò Pepper, sedendosi a sua volta sulla poltrona a fianco - “Ho già parlato con Alfred.”

“Pepper...” - esordì Bruce.

“Non discutere con me.” - fu la risposta.

“Non guardarmi.” - aggiunse Tony, quando il ragazzo alzò la testa in cerca di aiuto - “Io sono d'accordo con loro.”

“Ed anche fosse che decida di spalleggiarti...” - sottolineò Pepper con decisione - “So tenere testa ad entrambi.”

Lucius sorrise con ammirazione. Che ragazza... se qualcuno aveva delle perplessità sul successo delle StarkIndustries, le sentiva svanire nell'istante stesso in cui gli presentavano Virginia Potts, il mostro che le dirigeva.

Tony Stark era un genio indiscusso, degno erede di suo padre e già cittadino di un secolo che doveva ancora venire. Ma Virginia Potts era una figlia spudorata dei propri tempi, con il dono del tempismo, dell' intuizione e della forza.

“Signorina Potts...” - le disse, a quel punto, seguendo il fluire dei propri pensieri - “Se mai vorrà licenziarsi, mi telefoni. Ho un ufficio già pronto per lei.”

“Ed io sottoscrivo.” - concordò Bruce.

“Ma che spudorati!” - esclamò Tony. Fino a quel momento, appoggiato alla colonna centro salone, era entrato poco nel merito della conversazione. Sembrava pensasse ad altro - “E' così che si fa? Rubate il mio amministratore delegato senza vergogna?”

“Tony...” - lo corresse Bruce, voltando la testa nella sua direzione - “Tu mandi una proposta di assunzione a Lucius ogni venti giorni...”

“Perchè mi apprezza! Ci diamo persino del tu!”

“Oh, sì.” - ridacchiò Lucius - “Sono un tuo grandissimo fan.”

“Hai sentito, Bruce? Puoi dire lo stesso di Pepper?”

“Io sono una tua fan, Tony.” - si intromise lei, aggiustando l'orlo della gonna con due dita - “Ma, se continui a fare così tanta confusione, ricomincerò a darti del lei.”

Non poteva esprimersi più chiaramente. Tony chiuse la bocca e Lucius si alzò prendendo commiato.

“Abbiamo problemi?” - domandò Bruce, alzando la testa verso l'uomo. Fox esitò: avevano un problema ed anche bello grosso ma... ma scosse la testa.

“Niente di cui si debba parlare ora.” - lo rassicurò, tendendogli la mano - “Non si preoccupi.”

Salutò Bruce, sorrise a Pepper e si avviò alla porta, accompagnato da Tony.

“Dimmi.” - mormorò sottovoce Tony, mentre attendevano insieme l'ascensore.

“E' sparito qualcosa dalla WayneEnterprises...” - replicò l'uomo, senza guardarlo in viso - “Il prototipo di un'arma commissionata dal mio predecessore, Bill Earle.”

“Credi che abbia anche fare con i nostro attuali problemi?”

“Potrebbe.” - ammise Lucius, cauto come sempre - “Riesci a...”

“Certo.” - rispose Tony, senza farlo finire - “Ci vediamo alla WayneEnterprises tra qualche ora.”

***

Scappare da WayneManor non si rivelò particolarmente difficile, soprattutto per uno come Tony, avvezzo a evadere da ogni forma di evento scientifico: gli era bastato dichiarare la necessità di mettere mano alla Mark 7 con l'attrezzatura degli scantinati della WayneEnterprises per potersela filare. Bruce, a riposo forzato, non era stato interpellato e Pepper, seduta alla scrivania davanti al computer, aveva finto di credergli come al solito.

“Mi farai sapere?” - aveva solo domandato, senza alzare gli occhi dallo schermo.

“Tutto quello che vuoi.” - era stata la risposta, più o meno sincera, portandole via le chiavi della macchina - “Restare in contatto con te sempre e comunque è la mia prerogativa...”

“Tony, non esagerare...”

“Giusto. Non esagero.” - concordò lui, baciandola - “Torno per cena, tesoro...”

“Non fare tardi, caro...” - rispose lei, continuando a premere sulla tastiera e sorridendo per la loro abituale farsa.

Tony prese la Lamborghini di Bruce per dare, come diceva Alfred, meno nell'occhio: alla WayneTower, soprattutto, sarebbe stata più discreta della Viper personalizzata e della R8 che Happy aveva recuperato in mattinata nel parcheggio fuori città.

Lucius era in ufficio e Tony attese che terminasse alcune telefonate, passeggiando nella sala d'aspetto. Una foto di Thomas Wayne con la moglie troneggiava al centro della parete e Tony vi sostò a lungo davanti: l'uomo del ritratto assomigliava a quello che ricordava, per il sorriso aperto e l'espressione ottimista. Un uomo che aveva scelto di non occuparsi della propria azienda, preferendo fare il medico e che, tuttavia, non aveva mai barattato la visione d'insieme a favore della propria serenità: aveva inseguito i propri sogni e aveva, allo stesso tempo, sfruttato le proprie risorse per rendere il mondo un posto migliore. Un uomo ammirevole... ma Gotham lo aveva compreso solo quando lo aveva visto morto, in un vicolo, ai piedi del figlio.

Tony abbassò la testa, quasi in segno di rispetto. E Lucius gli venne a fianco, condividendo lo stesso silenzio.

“Ti sarebbe piaciuto.” - mormorò, accennando un sorriso al ritratto del suo vecchio amico - “Aveva il dono di rendere possibile qualsiasi cosa.”

“Un uomo pieno di sogni...” - con un figlio carico di incubi...

“Ma non sereno come volesse far credere. Thomas sapeva che ogni scelta comporta un peso e non l'ho mai visto lamentarsi, in nessun frangente. In questo, Bruce gli assomiglia... i suoi dolori sono compressi da qualche parte, in un punto così profondo dell'anima da sembrare irraggiungibile.”

“Hai mai trovato un modo per aiutarlo a sopportare quei pesi?” - domandò Tony, osservando il quadro. Ma Lucius sorrise, comprendendo la domanda autentica nascosta tra le parole.

“Non l'ho mai lasciato solo.” - rispose, gentilmente - “E, solo con il tempo, ho compreso quanto valore desse ai nostri silenzi.”

***

Purtroppo non c'era tempo per perdersi in altre riflessioni: la WayneEnterprises aveva davvero una gatta da pelare tra le mani.... Tony lo capì con una sola occhiata ai progetti srotolati in sala riunioni.

“Che mi venga un colpo...” - borbottò, sollevando l'incartamento con entrambe le mani - “Lucius, dimmi che è uno scherzo.”

“Sai cosa sia?”

“So chi l'ha progettato.” - fu la risposta, fissando i calcoli e i disegni. Posò il foglio e sollevò il secondo - “Ma come potevate averne un prototipo? Questo ordigno non dovrebbe esistere.”

“Tony, prima di risponderti, dovrai dirmi di cosa stiamo parlando.” - lo interruppe Lucius, grave, obbligandolo a voltarsi - “Metà della documentazione che riguarda questo affare è scomparsa, non riusciamo a trovarla. Non ho la più pallida idea di cosa sia.”

Tony lo fissò, sorpreso.

“Ma come...”

“Opera di Earle. Quando Bruce è tornato a Gotham, stava cercando di rendere la WayneEnterprises una Public Company.”

“E le armi danno sicurezza e soldi.” - sospirò Tony - “Ne so qualcosa...”

Non proseguì il discorso. Scostò alcuni fogli, gettando un'occhiata a quelli nascosti sotto. Obie Stane... non esisteva uno dei quei progetti che non portasse la sua firma in ogni particolare.

“E' un emettitore di microonde.” - comunicò, quindi, con tono piatto - “Serve a polverizzare, e non sto scherzando, le riserve d'acqua dei nemici. Attivalo in un acquedotto e farai bere sabbia nel raggio di chilometri.”

Tony non attese un commento da Lucius... sarebbe stato superfluo. Afferrò solo uno degli incartamenti, trascinandolo più vicino.

“Il progetto è della Stark. Ma non lo abbiamo brevettato, che io sappia.” - aggiunse soltanto - “Io mi sono rifiutato di firmarlo. L'acqua non è un'arma, è solo un bene incalcolabile.

“Tu ti sei rifiutato e...”

“E Obie lo ha venduto. Sua l'idea, suo il guadagno, a quanto sembra.” - concluse Tony, passandosi una mano sulla barba e riflettendo. Ora, a conti fatti, si pentiva del proprio menefreghismo imprenditoriale - “Dobbiamo avvertire Pepper... è sicuramente in grado di trovarci tutta la documentazione.”

“Tu credi?”

“Non è la prima volta che qui si perdono documenti... credo fosse prerogativa della gestione precedente, Bruce se è già occupato parecchie volte. E poi, se esiste un prototipo, qualcuno l'ha costruito. E temo che serva uno dei miei per farlo.” - spiegò, digitando il numero della fidanzata e attendendo che partisse la chiamata - “Ci risiamo con la produzione illegale... devo proprio decidermi a contare i bulloni e catalogare gli scienziati.”

“L'allarme è partito da uno dei nostri convogli, ieri notte.” - spiegò Lucius, mentre attendevano che Pepper rispondesse - “Questa macchina faceva parte di una partita di oggetti da valutare e, se necessario, distruggere. Hanno preso solo quello.”

“Solo quello o anche questi?” - domandò Tony, sfilando un foglio dalla catasta. Mentre Lucius parlava, con il cellulare bloccato con una spalla, non aveva mai smesso di spostare e impilare quella confusione. Ora, reggeva in mano una serie di disegni più piccoli, quasi minimalisti.

“Il verbale parla di un prototipo e di componenti d'assemblaggio.”

“Certo, come no! Componenti!” - sbuffò Tony, con una risata amara. Poi dedicò la sua attenzione alla telefonata - “Ciao, tesoro. Ti ho bisogno qui. E svegliami Bruce.

***

Tony non si era fatto particolari illusioni sul fatto che Bruce si accontentasse di parlargli per telefono. E non aveva potuto nemmeno valutare di non informarlo del problema perché, se davvero non sbagliava, la difesa nazionale sarebbe piombata sulle loro teste prima di sera.

L'emettitore, se attivo, era un'arma di distruzione di massa. I danni che poteva fare l'assenza di acqua non erano da prendersi sottogamba. Non si trattava di arginare, si trattava di ritrovare e prima che fosse troppo tardi.

Venti minuti dopo, alzando gli occhi dai progetti, vide le porte della sala aprirsi ed entrare sia Bruce che Pepper. La differenza di colorito tra i due era imbarazzante.

“Siediti.” - mormorò, spostando una sedia e indicandogliela, mentre Pepper prendeva posto a capotavola. Poi gli mise davanti i fogli - “Questo è il problema che abbiamo...”

In maniera sintetica, illustrò quello che al telefono aveva preferito non dire: la WayneEnterprises aveva appena 'perso' un'arma sperimentale, progettata da Stane ma mai brevettata alla StarkInd. Bill Earle, ormai gloriosamente in pensione e logicamente irreperibile, aveva acquisito i progetti (e spettava a Pepper scoprire quanto legalmente o in che termini) e ne aveva fatto costruire un prototipo, comprensivo di 'supporti'.

Cosa intendi per supporti, aveva domandato Bruce, ponendo involontariamente lo stesso quesito di Lucius.

“I supporti sono cariche di ampliamento.” - ripetè Tony, senza cambiare né termini né tono, indicandogli i disegni, in serie - “Questo è un emettitore a vasta portata. Queste servono per ampliare il raggio di azione. Basta gettarle lungo il perimetro che si intende coprire e si raddoppia la portata del disastro. Non intendo darti le cifre precise.”

“Perchè no?”

“Le ha Lucius. E non abbiamo tempo di occuparci di due infarti. Basta già il suo. Pepper, devi contattare lo Shield, ci serve una mano.” - commentò, lasciando scivolare alcuni fogli verso la ragazza che, a capo tavola, stava accedendo agli archivi protetti della Stark - “Poi cerca anche questo protocollo. Ma cercalo tra i miei brevetti.”

“Che cos'è?” - domandò lei, digitando furiosamente codici. I dati cominciavano a scorrere, a beneficio di tutti, sullo schermo alle sue spalle.

“E' il sistema che ho ideato per integrare questa tecnologia a quella delle bombe rubate da Ducard. Così, tanto per star tranquilli...”

Il ticchettio si interruppe. Pepper alzò la testa di scatto. Tony alzò le spalle.

“Ero un signore della guerra.” - commentò - “Non fingiamo di non saperlo.”

***

Un signore della guerra... lo era stato, affermare di non ricordarlo non serviva a nulla. Aveva prodotto solo armi dall'età di ventun anni e, a conti fatti, aveva realizzato metà delle idee che aveva avuto se non di meno. Aveva scelto cosa far costruire e, in certi casi, aveva preferito non donare al mondo nemmeno la speranza di certi ordigni che riusciva a immaginare.

Aveva progettato ad ampio spettro e poi scelto fin dove arrivare. E sapeva di essersi comunque spinto oltre la violenza, oltre la giustizia e persino oltre l'umana comprensione... ma esistevano limiti che aveva finto di non saper superare.

Finto.

Esistevano progetti che Tony sapeva di aver cancellato dalla faccia della terra, altri che aveva nascosto, sperando di perdere per sempre. Cose di cui nemmeno Pepper sapeva l'esistenza, figlie di una mente troppo vasta in cui tutto diveniva sequenza matematica e progettazione senza freni inibitori. Superare i limiti non era difficile, se il proprio cervello non ne incontrava mai. E Tony, che conviveva con questo paradosso dalla nascita, aveva imparato a domare se stesso al meglio.

Il mondo lo conosceva per gli eccessi, le scelte esasperate... ma il mondo non poteva davvero capire come fosse comprimere le proprie potenzialità dentro una forma di etica, rinunciare a una autodistruttiva onnipotenza come la sua.

Nessuno poteva comprenderlo, non del tutto.

Ma Obadiah... Obie era il suo braccio destro, l'uomo con cui si confrontava. E gli scontri tra loro erano stati feroci, spesso: Obie credeva al superamento dei limiti nella maniera peggiore possibile, spingendosi oltre l'idea della semplice distruzione, fino all'annientamento totale. Tony, senza perdono né attenuanti, aveva in cuor suo sperato di fornire violenza solo ai buoni, in una semplicistica e opportunistica visione della realtà.

L'emettitore di particelle era stato uno spartiacque tra loro. Tony vi aveva lavorato fino a quando non aveva compreso la portata del progetto. Quando, dati alla mano, Obie aveva cominciato a parlare di metri cubi d'acqua polverizzabili, l'animo di Tony si era ribellato.

Così come rifiutava di quantificare il mare, pensava all'acqua come a qualcosa di sacro al di sopra di ogni possibile diatriba. L'acqua, la distesa azzurra che poteva vedere da ogni finestra di casa, l'oceano in cui aveva sepolto i suoi genitori... no, l'acqua non è un'arma, l'acqua è una forma di pace.

L'acqua è acqua. E ciò che è.

Il progetto di Obie era finito nel dimenticatoio, bloccato a tempo indeterminato. Ma quello di Tony, quello che prevedeva l'integrazione di armi differenti in un solo ordigno, era sopravvissuto, forse in vista degli sviluppi del mercato.

Pepper se ne stava occupando proprio in quel momento. E Tony non era in vena di restarla a guardare mentre apriva il vaso di Pandora e spargeva sui server della Wayne il marciume della StarkInd. Era quindi disceso nelle profondità della WayneTower, con la Mark 7 sotto il braccio, per la messa a punto che, in ogni caso, era indispensabile fare prima che la situazione peggiorasse ancora. Lucius gli aveva fornito le chiavi e spiegato dove trovare alcuni 'generi di conforto'. Tony, accese le luci della sezione scientifica e sentito il rassicurante sibilo dei computer, si era generosamente servito di antidolorifici e ghiaccio per la spalla.

E così lo aveva trovato Bruce, raggiungendolo circa un'ora dopo: seduto alla postazione, tra sei schermi accesi, in maglietta, con il ghiaccio bloccato a un bicipite con il nastro adesivo e un bicchiere del suo intruglio anti radiazioni in mano.

“Siamo il ritratto della salute.” - aveva scherzato, affacciandosi sopra uno dei monitor. Tony aveva braccia gialle e blu che non sfiguravano vicino alle sue.

“Pepper mi picchia di continuo.” - rispose Tony, digitando con una mano e gettandogli un'occhiata storta - “Novità?”

“E' finita la riunione straordinaria.” - disse Bruce, appoggiandosi al profilo del tavolo e guardando i dati che Tony stava analizzando: progetti, articoli su Vanko, diagnostica dell'armatura, un telegiornale e l'ultimo video di Christina Aguilera - “Il tuo Shield non è niente male. Qualcosa abbiamo saputo inventarci.”

“Non parlarmi di invenzioni.”

“No, affatto. Ti parlo di realizzazioni. Indovina da dove esce il prototipo dell'emettitore.”

“Se mi dici dalla fabbrica di Obie in Asia mi uccido con una sorsata di antigelo.”

“Non lascerò più in giro l'antigelo della Thumbler.”

“Uh, voglio morire.” - mugugnò Tony, bevendo con aria imbronciata il liquido nero e vischioso - “Dovevo farla saltare in aria il decennio scorso.”

“Ti saresti fatto un favore. Perchè pensi che sia connesso alla bomba di Ducard?”

“E' una teoria che, per il momento, preferisco non raccontarti...” - sospirò Tony. Il computer emise un ronzio e apparvero i dati dell'armatura. La Mark 7 sembrava quasi a posto. Tony si chinò sulla tastiera e Bruce ne approfittò per guardarsi attorno.

La Thumbler, nell'angolo, era stata messa a punto con le nuove armi... la moto era stata riverniciata dopo l'ultimo utilizzo... e, camminando su un sensore a pavimento, Bruce fece emergere anche la teca per la nuova corazza, ancora in fase di progettazione.

La contemplò, in silenzio, mentre la gabbia si apriva. E gli apparve spaventosa, distorta, come le immagini della notte precedente.

Sentì il proprio polso accelerare, la vista annebbiarsi. Premette sul bracciale per chiudere il contatto.

Tony, abbassando gli occhi sullo schermo, vide l'iconcina azzurra con il pipistrello svanire, ma non commentò. Dopotutto, poteva tenerlo d'occhio senza trucchetti.

Pensò a quello che aveva detto Lucius, riguardo i silenzi tra lui e Thomas. E attese.

La corazza di Batman stava di nuovo sparendo nelle profondità del pavimento.

Bruce si stava voltando.

Sorrise: Tony si teneva sul viso la maschera di Iron Man, come se fosse carnevale. E, a quanto sembrava, in mancanza di fogli, ci aveva scritto sopra qualche appunto. In giallo.

Bruce provò gratitudine per le pochissime pressioni che gli stava facendo, riguardo a ogni fatto spiacevole degli ultimi tempi. Tony non dava l'impressione di giudicarlo né di pressarlo in alcuna maniera. Semplicemente, c'era. E, per il momento... restava.

“Roba tua?” - domandò, additando una catasta di oggetti dietro la scrivania. Tony si voltò, fissando il punto indicato attraverso le lenti della maschera.

“Credo di sì. Penso che il professor Fox mi stia facendo capire che devo fare ordine.” - replicò, con un sorriso divertito, osservando il ciarpame messo ad arte innanzi alla postazione computer. Troneggiava persino, poco discreto, un plastico della Expo, così come suo padre l'aveva disegnata negli anni settanta.

Lo fissò, con una punta di irritazione. Suo padre, ovunque. Ormai non c'era angolo in cui Tony potesse rifugiarsi senza trovare qualcosa che lo riguardasse. Fastidioso.

“E' davvero così anche oggi?” - chiese Bruce, avvicinandosi e guardando il modellino.

“Ha qualche chiosco commerciale in più ma ho rispettato il progetto.” - Tony aveva posato la maschera ed era tornato ai propri schermi e ai propri tasti, disinteressandosi del panorama da scantinato in cui si aggirava Bruce - “Ha una simmetria affascinante. A dirla tutta, l'ho sempre trovato piuttosto bello. ”

“Lo è.” - concordò Bruce, pulendo una targhetta inchiodata a lato - “La chiave del futuro...”

Le mani di Tony si bloccarono.

“Come?” - chiese, alzando la testa. Il suo cervello, al pari degli amati computer, aveva appena emesso un piccolo segnale acustico e acceso una spia.

“E' scritto qui.” - spiegò Bruce, girandosi verso di lui.

In concomitanza, la stanza prese a vorticare. E la conversazione subì un'improvvisa interruzione.

***

Quella sera, rientrando a WayneManor, Tony si era trascinato appresso una di quelle casse militari che mantenevano in bilico il plastico di suo padre. Non aveva niente da fare e, a dirla tutta, la frase mormorata da Bruce prima di finire lungo disteso, lo aveva tormentato tutto il pomeriggio.

Alla fine di ogni incombenza, dopo aver inseguito per ore l'emettitore e i possibili colpevoli, dopo aver esposto a Lucius la propria teoria perché gli fornisse alcune prove, Tony aveva capito di non poter più fare molto.

Lo Shield si stava interessando per depistare i controlli della difesa, sia dalla WayneEnt. che dalla StarkInd. Tony non saltava di gioia a doversi appoggiare a quel il tizio, Carlton, Colsom o come diavolo si chiamava, che stava collaborando con Pepper. E non gli piaceva nemmeno che stesse tanto simpatico alla signorina Potts che, a quanto sembrava, ormai dava volentieri 'del tu' a tutti con una predilezione per il nome di battesimo.

“Phil, chi diamine è Phil!” - aveva borbottato, lasciandola con l'agente il sala riunioni e tornando nell'ufficio di Fox. Happy aveva portato a casa Bruce, con l'imperativo categorico di stenderlo con un pugno se opponeva resistenza. Una resistenza che, al momento, vista la pressione di Bruce, si avvicinava a quella di un… “chirottero ubriaco”.

“Spiritoso.” - aveva commentato l'interessato, dal finestrino della Viper. Tony gli aveva fatto ciao con la mano, insensibile innanzi al suo orgoglio ferito di uomo ed eroe. Poi, era tornato a inseguire e a dipanare la matassa dei loro problemi.

Bruce gli aveva detto di verificare le registrazioni della notte precedente: ricordava di aver lasciato cadere una cimice dal lucernaio, per poter avere una traccia della trattativa in corso. Ricordava di aver visto un notevole quantitativo di soldi, finiti poi in fumo, dato che la polizia aveva rinvenuto solo qualche banconota bruciata.

I cadaveri, ancora in via di identificazione, risultavano all'obitorio. Gordon si stava occupando del caso. Chi stesse vendendo cosa, continuava ad essere un mistero: nessuno era stato pagato, nessuno aveva caricato o scaricato merce in quella zona. Ma Bruce aveva parlato di camion e, pur non potendolo ritenere un testimone attendibile visto lo stato in cui si era trovato, la sua parola andava tenuta in considerazione.

Alla cimice non era piaciuto precipitare per dieci metri. Il segnale era intermittente, le parole si sentivano a malapena. I filtri che Tony aveva applicato per migliorare lo stato della registrazione, necessitavano di tempo ed era inutile restare a fissare la barra di progressione.

Tony aveva girullato attorno al sistema fino a quando non era stato certo che non si sarebbe arrestato in maniera anomala. Poi si era distratto, un po' con la Thumbler (senza comunque cercare di prelevarne l'antigelo) e un po' con la corazza sperimentale di Bruce che, dal suo punto di vista, si poteva ancora modificare.

Infine, inevitabilmente, era inciampato di nuovo nei ricordi. Inevitabilmente, se Lucius teneva una vecchia foto ingiallita sul fondo del cassetto della scrivania a cui Earle lo aveva incatenato per anni. E così, cercando un cacciavite, Tony si era ritrovato a contemplare un vecchio scatto di suo padre.

Si riconosceva Lucius, in piedi dall'altro lato del tavolo: era l'unico che aveva notato il fotografo e gli rivolgeva un sorriso, come suo solito, tra il sornione e l'ironico. Ma i due, chini sul progetto, erano persi con lo sguardo sullo stesso punto.

Erano tutti giovani. Così giovani... Tony fissò suo padre, le tempie non ancora ingrigite, l'espressione di chi spiega un particolare indicandolo con una matita. L'uomo in ascolto, appoggiato sui gomiti, era Thomas Wayne, con i capelli più lunghi gettati indietro, il profilo dritto e ossuto che Bruce aveva ereditato.

Lo contemplò, assorto. Ancora più giovane che nel quadro ufficiale dei piani alti. Tony si domandò quanti anni avesse quando lo avevano ucciso. La sua età? Possibile. Non si riteneva giovane, eppure... eppure... eppure Thomas era morto giovane.

Si sedette alla scrivania, sempre con la foto in mano. E suo padre? Lo ricordava così, sempre chino su di un'invenzione. Ma si assomigliavano? A parti invertite, Bruce avrebbe riconosciuto in Howard l'espressione di Tony, la linea della bocca o un altro particolare?

Forse non voleva saperlo. Forse non gli importava di assomigliargli.

Riposò la foto nel cassetto e lo chiuse. Ma non riuscì ad alzarsi.

La chiave del futuro.... voltò la testa e fissò la catasta dei beni ereditati. Lucius era stato preciso, a riguardo: Howard aveva portato alla Wayne ciò che riteneva prezioso, perché stesse al sicuro. Non alla StarkIndustries, che portava il suo nome, non a casa dove c'erano suo figlio e sua moglie... perché lì?

Perché si fidava? Perché sapeva che, un giorno, inevitabilmente, gli Stark e i Wayne sarebbero entrati nuovamente in collisione? E perché erano rimasti in quello scantinato, dopo la morte di Thomas? Mistero. Di nuovo mistero.

Il dubbio iniziava ad infastidirlo... abbastanza da sapere che era giunto il momento di affrontare il problema. Se davvero suo padre aveva lasciato un segreto da scoprire, se davvero aveva avuto tanta considerazione del suo intuito da seminare indizi in tutto quel ciarpame, allora non restava che affrontare, una volta per tutto, l'enigma e risolverlo.

“Buonasera. Prevede un assedio?” - aveva chiesto Alfred, aprendogli la porta di WayneManor e vedendolo entrare con una cassa verde militare in spalla.

“Mi sorprende, Alfred. Le sembriamo tipi che si possono assediare?” - era stata la risposta, sparendo il biblioteca. Si sentì un tonfo, poi Tony riapparve, sfregandosi le mani - “Il signor Wayne?”

“Il signor Wayne ha ceduto alle preghiere telefoniche della signorina Potts e si sta riposando.” - rispose l'uomo, impassibile.

“Immagino.” - sorrise Tony. Virginia Pepper era famosa per il proprio stile di preghiera - “Se non è un problema, devo occuparmi di alcuni affari, stasera... userò la biblioteca.”

“Le porterò dei sandwich e del the freddo.” - fu la pratica risposta, mentre Tony saliva le scale - “Gradisce altro?”

***

Doveva essere arrivato Tony. Bruce aprì gli occhi, sentendo le tempie comprimersi in una morsa dolorosa. Alfred aveva riservato a lui e alla signorina Potts l'appartamento in fondo al corridoio e Bruce lo sentì percorrere la passatoia con passi attutiti. Immaginò che stesse trafficando con il palmare, come suo solito e si domandò se sarebbe riuscito ad alzarsi e raggiungerlo.

No. Palesemente non riusciva. Si mosse e, incerto, rinunciò rapidamente a provare a scendere dal letto. Non gli era piaciuto crollare a terra come un sacco e, per amor proprio, non intendeva ripetersi per il resto della giornata.

Ma che ore potevano essere? Aprì nuovamente un occhio, osservando l'orologio digitale sul comodino.

Otto e venti... Ma quanto aveva dormito... si strofinò le tempie, sperando che il movimento riducesse il dolore. Niente da fare, si sentiva quasi le lacrime agli occhi. Gli sembrò che le palpebre si riempissero di ali nere che battevano furiosamente una contro l'altra, ferendolo. Si girò su un fianco, seppellendo il viso nel cuscino. Il rumore del battito non accennava a smettere. Si portò una mano alla spalla, stringendo forte e il semplice gesto sembrò calmarlo. Ma come era possibile? Bruce riaprì gli occhi, piano.

Una mano che lo stringeva per una spalla. Una luce, vicino al viso. L'aveva sfiorata con le dita, percependola come fredda, captandone il lieve ronzio. Ma cosa stava ricordando? Con la mente tormentata dalle droghe, la realtà delle ultime ore si confondeva con le allucinazioni e gli incubi che da sempre lo attendevano nel buio. Ma quel ricordo, quella luce... il corpo di Bruce, ancor prima della sua mente, lo associava a qualcosa di positivo, incredibilmente forte.

Una mano a stringerlo, un corpo a sorreggerlo, una luce. D'improvviso sorrise, nel buio. Forse non ricordava realmente... ma sapeva a chi rimandavano quei tre particolari.

Era così che Tony lo aveva riportato indietro dal delirio? Bruce ricordava poco, quasi niente. Ma la sensazione... la sensazione... Si lasciò cullare nella consapevolezza quasi tattile dell'accaduto. La luce del reattore, la mano che lo afferrava, il senso della stoffa sotto al viso. Sì, Tony. Nel bene e nel male... Tony Stark.

***

Pepper lo aveva chiamato mentre usciva dalla doccia, per confermargli la vendita regolare dei progetti e la costruzione, un po' meno legale, del prototipo. Poi aveva chiesto della sua salute, di quella di Bruce, di alcune sciocchezze e aveva riattaccato. Tony era rimasto a grondare acqua al centro del bagno domandandosi cosa Pepper avesse deciso di non dirgli.

La perplessità era durata poco, con la testa già proiettata alla cassa siglata 'H.Stark' che lo attendeva in biblioteca: provava una strana eccitazione, in un misto di senso di colpa. Non aveva mai frugato tra gli oggetti personali di suo padre, non ne aveva mai sentito né la necessità per motivi affettivi né per il diritto di farlo. Altri si erano occupati di tutto, Obie prima di tutto e, forse, allora, con una lealtà che non aveva mai più provato... chi poteva dirlo...

Obie... Tony si strofinò la testa con l'asciugamano e ripensò a quell'uomo grande e grosso che per tanto tempo lo aveva protetto. Per indole, Tony non era sospettoso, a posteriori soprattutto. Cinico, forse, ma ben poco tormentato dai possibili torti subiti nel passato dall'ex socio e amministratore delegato delle StarkInd.

Gli aveva voluto bene, in quella maniera genuina e lievemente anaffettiva che aveva avuto per buona parte delle persone conosciute nella sua vita. Pochi, a conti fatti, avevano superato lo sbarramento e gli erano veramente entrati nel cuore e nella testa. Davvero pochi... ma questi non escludevano a priori che avesse ammirato, apprezzato e sentito vicino i propri collaboratori e mentori.

Si vestì e scese le scale rapidamente, non senza prima essersi affacciato alla camera di Bruce.

Nulla. Penombra, silenzio, la sua figura allungata sul letto, di traverso. Meglio così.

***

Articoli, quaderni, alcune bobine otto millimetri, rotoli di progetti.

I progetti originali del reattore, per l'esattezza. Ma Tony li aveva già visti, ne esisteva una copia anche nell'archivio informatizzato della Stark. Li arrotolò e li mise da parte. Aprì il vecchio proiettore e, ripulendo qui e là, ebbe la soddisfazione di farlo ripartire. Montò le bobine, si sedette e allungò le gambe, studiando il vassoio che Alfred gli aveva lasciato su un tavolino basso. Poi, mentre il filmato iniziava, prese a sfogliare i quaderni.

Appunti. Appunti su appunti in una calligrafia piccola e nervosa, fittissima. Tony, che scriveva solo quando si trattava di firmare gli autografi, si sorprese dell'ordine, della meticolosità e, pagina dopo pagina, della mole di dati che contenevano.

Suo padre aveva lasciato schizzi di ogni elemento trasferito poi nei progetti ufficiali. Tony li scorse rapidamente cercando quelli sul reattore. Erano tre o quattro quaderni al massimo e, avendo già costruito la propria rivisitazione del reattore Arc, Tony era certo di poterli leggere in poche ore. Era rimasta anche una matita, sul fondo del baule. Aveva l'odore delle vecchie pagine ingiallite, ma non era spiacevole, anzi. Tony se la mise in tasca. Poi, palmare alla mano, cominciò la decodifica.

Ogni volta che trovava qualcosa di interessante, si segnava un appunto sul dispositivo. E lo faceva, senza accorgersene, in una calligrafia piccola e nervosa, fittissima.

Le bobine conservate erano, come i progetti, immagini già viste: alcuni promo, spezzoni vari e, nella bobina più spessa, i ritagli del filmato ufficiale della Expo '74, con cui suo padre aveva presentato al mondo le proprie idee e il proprio genio. Non avrebbero portato da nessuna parte, ma Tony non se l'era sentita di interrompere la visione. Era piacevole risentire la voce di suo padre, vederlo per una volta meno impaludato, in crisi per la battuta dimenticata, incerto tra il sentirsi uno stupido e un uomo controllato, immortalato nel bersi uno scotch.

Tony sorrise, lasciandosi andare andare contro lo schienale, concedendosi un mezzo attimo di indulgenza verso la leggenda informatica che aveva per genitore. Bruce, a cavallo della porta che dava sui corridoi secondari, fece altrettanto. Aveva sentito la voce mentre si avviava in cucina, a caccia di un bicchiere. Alfred doveva essere nelle proprie stanze ed era inutile disturbarlo per nulla. Aveva sentito la voce... la sua voce.

Howie Stark era di nuovo nello studio di suo padre. E parlava di futuro, come se fosse qualcosa che tutti possono afferrare e stringere tra le mani solo volendo. Bruce si era fermato, in ascolto.

Poi si era affacciato, convinto di avere un'allucinazione. E lo aveva confortato riconoscere gli scricchiolii di un vecchio proiettore, vedere Tony semisdraiato in una poltrona di fronte allo schermo, con il palmare in mano e un quaderno in bilico su un ginocchio.

Il Tony di sempre, quello che faceva dei suoi appunti degli aeroplanini che volavano male. Il Tony delle discussioni in officina.

C'era Howie, sullo schermo, proprio come lo ricordava. Lo osservò, con nostalgia, mentre alle sue spalle appariva un bambino bruno, con le mani sul plastico... un plastico che sembrava piacergli molto.

Vide Howard voltarsi e richiamarlo all'ordine. Tony, Tony, posalo! Non l'aveva fatto con sgarbo ma, nella sua voce, era vibrata una forma di autorità quasi ferrea, come se fosse abituato a lanciare ordini e a vederli eseguiti all'istante.

Gettò un'occhiata obliqua a Tony: immobile, occhi allo schermo, non batteva ciglio.

“Junior...” - sentì solo mormorare, sobbalzando - “Entra e siediti... basta origliare.”

Forse non aveva il tono autoritario del padre.. ma Bruce si rallegrò che il buio nascondesse la sua espressione vergognosa.

“E, quindi, ho deciso che dirò così:” - stava dicendo Howie sullo schermo - “Ogni cosa si può ottenere con la tecnologia... una vita migliore, una sana costituzione...”

“Capelli più folti...” - rammentò Tony, sussultando. C'era un uomo, presente, durante le riprese. Un uomo che prendeva in giro suo padre, tenendolo seduto su un ginocchio.

Thomas, sono serio.”

Anche Anthony ed io siamo seri. Tu hai bisogno di capelli più folti, Howie. Prometti a te stesso una chioma fluente e ci convincerai che sei un genio. Vero, Anthony? A papà non donerebbero le trecce?”

Thomas...

Tony abbassò di nuovo gli occhi sul quaderno: pagine bianche.

Nulla di ottenuto. Lanciò per terra il plico, si strofinò gli occhi e si piegò a recuperare il bicchiere di the sul tappeto. Sentì Bruce alzarsi e allontanarsi, in maniera discreta, come se non ci fosse mai stato e si rallegrò che, tra i ritagli di pellicola, non ci fosse anche quel fuoriscena che si era appena ricordato.

Suo padre camminava ancora, sullo schermo.

Poi, mentre iniziava ad averne abbastanza di tutto, di lui, dei ricordi e dei suoi quaderni... Accadde il miracolo.

***

"Tony...ora sei troppo piccolo per capire, così ho pensato di lasciarti questo film.

L'ho costruita per te e, un giorno, ti accorgerai che rappresenta più di una semplice invenzione ... rappresenta tutta la mia vita.

Questa è la chiave del futuro.

Io sono limitato dalla tecnologia dei miei tempi ma, un giorno, tu risolverai questo rompicapo e, quando lo farai, potrai cambiare il mondo.

Quello che ora è, e resterà sempre, la mia più grande creazione... sei Tu.”

***

La chiave del futuro...

Pepper si muoveva al buio, nella stanza, scalza. Aveva acceso una lampada sul tavolino vicino alla finestra e si era spogliata con la minor confusione possibile. Tony non le aveva detto di essere sveglio, godendosi la sua presenza, i passi sul tappeto, il rumore della spazzola tra i capelli.

Quando l'aveva sentita scivolare sotto le coperte, si era girato e le aveva passato un braccio attorno alla vita. Con il viso sulla pelle, aveva respirato il profumo e chiuso gli occhi.

“E' stata una giornata faticosa...” - sentì sussurrare, con voce assonnata - “Tony...”

Non rispose. Il suo nome le era sfuggito in un sospiro, mentre si addormentava.

Rimase solo, sveglio, godendosi la vicinanza del suo corpo, il suono del suo respiro, lasciando scorrere la notte, minuto dopo minuto.

La chiave del futuro...

Tony non riusciva a smettere di pensare a suo padre sullo schermo, alle immagini che accompagnavano le sue parole... a Bruce che leggeva la targa del plastico... a Lucius, che sembrava custodire una parte del segreto.

Tecnologia incompleta... chiave del futuro...

Quello che ora è, e resterà sempre, la mia più grande creazione... sei Tu.

Si girò, fissando il soffitto, una mano tra i capelli.

La mia più grande creazione...

Niente da fare. Si sedette, portando con sé buona parte delle coperte. Poi se ne liberò, gettandole addosso a Pepper e alzandosi. Lei, abituata alla sua insonnia, non si scompose più di tanto e cambiò solo posizione.

Tony si infilò una maglietta e discese le scale, senza far rumore. La pendola, nell'ingresso, segnava le due del mattino... ma a che ora era arrivata Pepper?

C'era una luce accesa al pianoterra e Tony si affacciò alla porta, da buon ficcanaso.

Bruce, semisdraiato in una delle poltrone, aveva lo sguardo perso nel vuoto, un libro sotto la mano. Tony si scelse quella a fianco e si lasciò andare.

“Credo che Crane abbia una specie di arma addosso.” - fu l'esordio di Bruce, come se la presenza di Tony fosse un fatto di routine. Alzò le braccia, unendo i polsi - “Ha compiuto questo movimento e io mi sono ritrovato a respirare quella roba... credo...”

“Ancora non ricordi...”

“Non tutto. Qualcosa più di stamattina, ma non quanto vorrei.” - ammise Bruce, decidendosi a guardarlo negli occhi - “Ti va un Brandy?”

“Mi va sempre un Brandy. E correggilo con del gyn, per favore.”

Bruce sorrise riempiendo un secondo bicchiere. Poi si risedette.

“Hai trovato qualcosa di utile?” - azzardò.

“Qualcosa... forse.” - rispose Tony, vago, portando l'alcolico alle labbra - “Ma dovrò ancora lavorarci. Bruce?”

“Dimmi.”

“Cosa ricordi di tuo padre? Davvero, intendo. Non l'opinione che ti sei fatto di lui nel tempo.”

Bruce esitò e bevve un sorso, a sua volta.

“Credo che fosse gentile, sempre. E paziente. Ma non ricordo più molto... ho voluto dimenticare tante cose...” - rispose, lentamente. Poi lo fissò dritto negli occhi - “E tu?”

“Non lo so. Penso di non aver capito proprio niente di lui. Davvero...” - si interruppe e aggrottò le sopracciglia - “Senti, lasciamo stare, facciamo finta che non te lo abbia chiesto e ricominciamo, ok?”

“Volentieri. Nemmeno io ho voglia di ubriacarmi.”

“Io non mi ubriaco mai.”

“Tony...”

“Quasi mai.”

“Viva la sincerità.” - sospirò Bruce, posando il bicchiere sul tavolino tra loro e piegando un ginocchio, fino a portarlo al petto - “Tony, a proposito di sincerità... penso di aver bisogno di aiuto. Credo che Batman abbia bisogno di Iron Man.

“Sai che puoi averlo.” - rispose Tony, senza perdersi in altri commenti - “E non aspettavo altro.”

“Ormai sono in troppi. E sono almeno tre passi avanti rispetto a dove mi trov... ci troviamo noi. Quando attaccheranno, dovremo essere preparati.”

“Ci sto già pensando.” - ammise Tony, giocherellando con il bicchiere. Si alzò, prelevò la bottiglia dal carrello e versò nuovamente ad entrambi - “Non mi resta più molto tempo, Bruce. Se dobbiamo affrontarli, dobbiamo farlo ora.”

Bruce non rispose.

“Tuttavia...” - riprese Tony, con pacatezza - “Io potrei avere un asso nella manica. Ti chiedo solo di darmi fiducia e di credermi... non ho nessuna intenzione di lasciarti solo.

***

La mattina dopo, Pepper si svegliò sola. C'era un biglietto di Tony, sul comodino: le comunicava di avere da fare e che si sarebbe fatto vivo il prima possibile.

Poco confortata, ma rassegnata alla sua ennesima scomparsa, Pepper si vestì, si riavviò i capelli e scese per la colazione. La casa era silenziosa e Bruce, da solo, in sala da pranzo, a un estremo di una tavola incredibilmente lunga, beveva caffè.

Era già vestito di tutto punto, giacca e cravatta comprese. La sua intenzione, evidentemente, era quella di andare in ufficio, fingendo interesse per la propria compagnia e una giornata lavorativa, in attesa di nuove informazioni riguardo gli avvenimenti degli ultimi giorni.

“Come stai?” - le chiese, vedendola marciare sino al bricco del caffè senza attendere Alfred.

“Come se mi avessero passato sotto lo schiacciasassi.” - fu la candida risposta - “Tu sai dove sia andato?”

“Aveva appuntamento con Lucius e poi ha detto che aveva da fare.”

“Almeno è riuscito a dare la stessa versione a entrambi.” - sospirò lei, sedendosi. Stringeva in mano una busta - “Mi ha lasciato questa per te.”

“Davvero?” - Bruce tese la mano, curioso.

Nella busta c'era una fotografia. Bruce la contemplò un attimo e la passò a Pepper, tenendo per sé il foglio di quaderno piegato in quattro. Tony aveva scritto a matita, senza dilungarsi troppo.

“Da quella cassa è uscito di tutto...” - iniziava il messaggio, senza preambolo né intestazione - “Storie che non sapevo, verità che non volevo ricordare, per autodifesa e per egoismo. Anche io, quando è morto mio padre, ho voluto dimenticare per negare il vuoto che aveva lasciato in me. Ma questo è un ricordo che appartiene ad entrambi. Portalo con te e ricorda sempre che noi siamo ciò che scegliamo di essere. Tony.”

Pepper sollevò la foto ingiallita. Era un gruppo attorno ad un tavolo da giardino di ferro battuto, in un parco. Bruce piegò la testa verso di lei, indicando le persone.

“Mio padre.” - mormorò, sorprendendola, indicando l'uomo seduto, le gambe allungate sotto il tavolo. Poi il dito si spostò verso l'uomo in piedi - “E Howie, il padre di Tony.”

“Howie?” - ripetè, stupita, voltandosi. Non aveva mai sentito nessuno chiamare così il grande e irraggiungibile Howard Stark!

“Io...” - aggiunse Bruce, indicando un bambino sui cinque o sei anni, seduto per terra a gambe incrociate, con una pallina da tennis in mano - “E... Tony.

Sì, concordò Pepper, in cuor suo, Tony. In piedi vicino a suo padre, con la mazza da baseball in spalla. La stessa mazza che ancora conservava in laboratorio, nel suo incredibile disordine.

Tony, sorridente, in piena contraddizione con ciò che Pepper aveva sempre pensato della sua infanzia e del rapporto con i suoi genitori. Fuggevolmente, si chiese se Tony avesse mai visto quello scatto, prima d'ora... se avesse ritrovato di colpo quel ricordo felice, sepolto in fondo al cuore, così in profondità da sembrare perduto.

Senza riflettere, girò la foto. Bruce stava rileggendo il biglietto. Gli occhi le si dilatarono per la sorpresa.

“Bruce, guarda.” - lo chiamò, avvicinandosi e tendendogli il cartoncino.

Il presente ed il futuro.” - aveva scritto una mano. Sotto, a matita, in una calligrafia quasi identica, era stata aggiunta una seconda frase - “Nel passato, la speranza del nostro presente.”

“Tony.” - mormorò Bruce. Pepper ne fu intenerita: Bruce lo aveva detto in maniera disarmante.

“Anche lui ti vuole tanto bene. E si sente male, ogni volta che pensa di perderti.” - sussurrò, mentre i loro sguardi si incontravano - “Ma credo che tu lo sappia...”

Bruce non rispose. Le sorrise soltanto. E fu abbastanza.

***

La macchina di Tony correva sulla litoranea, rapida. E l'aria fischiava attraverso gli elementi del plastico della Expo, accatastato sul sedile a fianco. Happy, quando aveva visto la R8 così caricata, nel corridoio coperto della WayneTower, per poco non era morto d'infarto.

“Preferivi che provassi a infilarlo nella Viper?” - gli aveva domandato, con spirito pratico, Tony, porgendogli le chiavi - “Vai, posi in officina, torni. Tutto chiaro?”

Happy aveva ringhiato e, a modo suo, era stato rassicurante. Tony lo aveva lasciato partire ed era rientrato dalla porta secondaria della sezione scientifica, con aria stranamente soddisfatta.

Lucius Fox, seduto alla sua vecchia scrivania, lo aveva salutato con un cenno e gli aveva offerto un bicchiere del chiosco di fronte al palazzo. Si serviva lì, tendendo a snobbare il pregiato caffè che gli riservavano ai piani alti. Anni e anni passati negli scantinati gli avevano insegnato a diffidare delle ricercatezze apparentemente facili e a tenersi strette le piccole soddisfazioni affidabili.

Tony lo ringraziò e si sedette sullo sgabello di fronte.

“Motivi particolari per essere così radioso?”

“Non ho ancora avuto pessime notizie.” - rispose Tony, sorseggiando la bevanda densa e caldissima - “E credo che tu avessi ragione su mio padre.”

Lucius sorrise, incassando il colpo.

“Di solito non tengo particolarmente ad avere ragione... ma, in questo caso, ne sono davvero contento.” - gli indicò il poco che restava, ora che una cassa e il plastico erano scomparsi- “Hai trovato qualcosa, quindi...”

“Per il momento solo un modo per fare pace con il mio passato.” - spiegò Tony - “Per il futuro sto ancora lavorando.”

“E' già qualcosa.”

“Lo credo anche io.” - ammise. Poi posò il bicchiere - “Lucius, mentre io inizio ad attrezzarmi per compiere il miracolo... devo chiederti un favore.”

“Sentiamo.”

“Voglio che tu sia il mio esecutore testamentario.” - comunicò Tony, posando una usb sul tavolo - “Una copia del mio testamento è già depositata presso uno studio legale di mia fiducia. Ci attendono tra un'ora per le firme.”

Silenzio.

“Su quella chiave c'è tutta la mia vita in termini di progetti: tutto ciò che ho mai immaginato o costruito, fino ai segreti di Iron Man. Tu ne avrai l'accesso esclusivo e deciderai cosa farne.”

Ora, Lucius fissava la chiave. La T placcata oro che Tony aveva sempre usato per consegnare i propri progetti alla StarksInd era appena divenuta la tomba virtuale di tutto ciò che era stata la sua vita.

“Le armature si bloccheranno con il mio decesso. Ci penserà Jarvis. Tutte tranne una... e puoi ben immaginare chi l'abbia in consegna. Sul tuo computer, qui sotto, troverai i dati criptati per accedere ai segreti del Cavaliere Oscuro. Ieri mi è sembrato il caso di portarmi avanti con il lavoro.” - aggiunse, con calma - “Troverai le istruzioni e le volontà che non ho potuto mettere per iscritto e potrai accedervi solo dopo la mia morte. Voglio che sia Bruce che Pepper siano tutelati, qualunque cosa accada... per favore.

Lucius soppesò la richiesta. Poi alzò lo sguardo. In piedi dietro la scrivania, con i capelli spettinati e la giacca di pelle, Tony era soltanto troppo giovane: troppo giovane per la vita che aveva avuto, per l'intelligenza di cui era stato fornito, per il peso che stava portando.

Troppo giovane e, come Bruce, incapace di piegarsi innanzi alla propria fragilità, agli inevitabili compromessi della vita.

“Ho fiducia nelle mie intuizioni, Lucius. E, per la prima volta da molto tempo, ho una speranza. Ma i numeri sono numeri, e parlano chiaro: non sopravvivrò un altro mese. Voglio essere pronto.”

Nessuno lo conosceva davvero. Nessuno lo avrebbe mai conosciuto del tutto. Ma Tony era l'uomo che poteva solo rendere fiere le persone che amava, a partire da quel padre da cui si era sentito rifiutato così a lungo.

Lentamente, con il peso dei propri anni e dei propri ricordi, Lucius si mise in piedi.

“Se per te non è un problema...” - disse, chiudendo la giacca e facendo scivolare in tasca la usb - “Andiamo con la mia macchina. La tua Viper potrebbe darmi il colpo di grazia.”

***

A metà mattina, mentre stava fingendo noia e insegnando alla nuova segretaria della sezione bilanci a giocare a golf, Bruce Wayne fu richiamato all'ordine da una voce allegra in uscita dal suo ascensore.

“Bruce, che piacere, anche tu qui!” - esclamò Tony, nella parte del miliardario in visita, con un tubo porta progetti sotto al braccio. Sorrise a destra, sorrise a sinistra, mandò in deliquio due stagiste e gli diede una poderosa pacca sulla spalla.

“Questo è il mio ufficio.” - commentò Bruce, con aria svanita, stando al gioco - “Dovrei essere io, il sorpreso, Tony...”

“Un po' a testa.” - concesse il signor Stark, magnanimo, seguendolo in sala conferenze. La sua espressione cambiò, nell'attimo stesso in cui Bruce chiuse la doppia porta scorrevole - “Junior, abbiamo delle novità e siamo nei guai.”

“Grandioso. Stavo per dirlo io.” - rispose Bruce, aprendo una porta laterale e lasciandolo passare - “Ho sentito la registrazione della cimice... e non ti piacerà sapere chi si è comprato un emettitore ieri sera...”

“Un tizio con il bastone e l'accento di Cambridge che ha per animaletto di compagnia un uomo dalla faccia dipinta?” - domandò Tony, tanto per fare sarcasmo - “Fammi indovinare... chi ha fatto il colpo in banca giace in obitorio vicino agli assaltatori del convoglio. E i soldi finiti in fumo?”

“Specchietto per le allodole. Tutti falsi. Non quelli della banca rapinata di sicuro. Un paio di uomini di Ducard parlavano troppo e troppo vicino al registratore.”

“Bene. Cioè, non bene, ma ci siamo capiti.” - rispose Tony, estraendo dalla tasca interna della giacca un paio di fogli spiegazzati e passandoglieli - “Adesso tocca a me.”

Circa trenta ore prima, mentre Bruce si dibatteva tra le braccia di Tony in preda alle allucinazioni, Gordon aveva ricevuto una chiamata dalla azienda per la manutenzione degli acquedotti di Gotham... telefonata che Tony aveva ascoltato solo l'indomani, mentre giocava con il computer di Lucius e la propria Mark 7 da sistemare. Il responsabile della rete idrica aveva detto al commissario che, nella più rosea delle ipotesi, potevano ritenere che, a Gotham City, fosse avvenuto un attacco batteriologico mal riuscito.

Tony, a partire da questo notizia, aveva montato un caso e cominciato, metodicamente, a ficcanasare e accelerare le procedure.

Nelle ore successive, le analisi richieste da una 'fonte anonima' riguardo l'inquinamento delle acque bianche cittadine, avevano costretto la sezione scientifica della polizia ad alcuni prelievi in vari snodi dell'acquedotto. La risposta era stata più o meno omogenea: in moltissime zone, una sostanza non identificabile era stata immessa nelle tubature, in quantitativo tale da non poter essere eliminata dai depuratori in funzione.

L'acqua di Gotham risultava miscelata con varie sostanze chimiche. In uno dei campioni, consegnato a un 'laboratorio privato' che ne aveva fatto richiesta, si erano riscontrate notevoli somiglianze tra la sostanza e la droga recuperata in grossi quantitativi nelle zone portuali.

“Insomma...” - concluse Bruce, scorrendo i referti che Tony lanciava sul tavolo - “... la droga è stata versata nell'acquedotto. Noi sappiamo che funziona solo per inalazione e...”

“...E, guarda caso...” - proseguì Tony, srotolando una planimetria azzurrata - “E' appena scomparso un ordigno 'polverizza acqua' che si può integrare ad una bomba la quale, scagliata nel punto giusto, provoca un'onda d'urto tale da far schizzare alle stelle la pressione delle tubature e far saltare ogni giunto e ogni tombino da qui all'orizzonte. Risultato? Nebulizzazione totale.”

Bruce abbassò gli occhi sul progetto, cercando di cogliere, in una sola occhiata, la rete dei percorsi e i dati.

“Questa è la WayneTower...” - mormorò, focalizzando ciò che stava vedendo - “E' qui che deve arrivare la bomba, se davvero vogliono la massima distruzione...”

“Sì, Bruce.” - confermò Tony, puntando il dito al centro del foglio - “Ducard colpirà al cuore Gotham e te in un colpo solo. Non si tratta di far collassare la città intesa come insieme di palazzi. Qui si tratta di far crollare le persone.”

La caduta non riguarda gli edifici. La caduta riguarda le anime.

***

Sapere quali fossero le loro intenzioni, per una volta tanto, poteva dare un vantaggio. Informato Lucius, era stato rapidamente diffuso, a mezzo stampa, un comunicato riferito al blocco del sistema idrico in funzione dalla WayneTower per alcune ore.

Bruce aveva prontamente inviato alcuni consistenti assegni in municipio, affinchè si fornisse la città di autocisterne nelle piazze principali e si pazientasse per il disguido.

Le tubature erano state scandagliate e inondate da massicce dosi di soluzione chimica per ridurre il grado di impurità.. non era esatto parlare di tossicità, infatti, essendo la droga pressochè inerte allo stato liquido.

Il tempo guadagnato non erano molto, ma già abbastanza da poter frenare l'avanzata di Ducard e della Setta delle Ombre. Gordon aveva portato all'estremo le forze di polizia e, con questa azione, le ore quasi raddoppiavano.

Due, tre giorni al massimo. Abbastanza per potersi organizzare. Ma Bruce era certo che Ducard stesse aspettando.

“Non può scegliere una notte a caso. Sta seguendo uno schema.” - commentò Bruce, restando seduto su un angolo della propria scrivania, mentre Tony si rimetteva la giacca - “Attende qualcosa.”

“Probabile. Intanto...” - rispose Tony, trafficando con il proprio palmare - “Attende il tuo ritorno. Sei di nuovo in giro con il tuo veliero.”

“Davvero?” - Bruce si sporse sopra la sua spalla, guardando il servizio che stava giusto andando in onda al momento. Forse, questa volta, Tony lo aveva ricreato troppo sorridente, mentre salutava i curiosi - “E quando sono partito?”

“Stamattina. Ieri nessuno sapeva se eri vivo o morto, oggi non sei in città.” - spiegò Tony - “Specchietto per le allodole, giusto? Ducard non può colpire in assenza del suo testimone.”

“E tu credi che basti così poco a fermarlo?”

“Tu non sei poco. Se così non fosse, avrebbe già colpito. Invece sei vivo perché lui ha disperatamente bisogno di sapere che stai soffrendo. Per questo vai in barca... sei stressato.” - spiegò Tony, continuando nel frattempo ad inviare il video modificato alle agenzie stampa - “E, così, guadagniamo da tre a cinque giorni. Abbastanza.”

“Abbastanza per cosa?”

Potrei avere qualcosa da fare.” - rispose, chiudendo con uno scatto il palmare e mettendolo in tasca - “Ed ora, partiamo. Mi servi a Malibu.”

***

Detto e fatto. Happy aveva riconsegnato la macchina e si era visto rendere le chiavi della Viper con l'ordine di portare Pepper in aeroporto. Il suo travaso di bile era stato evidente senza possibilità di errore. Niente in confronto a quello di Pepper, che si era sentita comunicare la propria partenza per New York via messaggio.

“Stai scherzando, spero!” - aveva risposto, sollevando bene il cellulare davanti al viso perché Tony vedesse i suoi occhi iniettati di sangue - “E cosa dovrei fare io a New York?”

“Le solite cose.” - aveva risposto Tony, aprendo la porta di casa e lasciando cadere il borsone sul pavimento dell'ingresso - “Accetti il premio, tieni una conferenza, sorridi molto, bevi un Cosmopolitan e così via. E, visto che sei lì, dai un'occhiata al cantiere della StarkTower di Manhattan. Happy ti ha portato i vestiti giusti? Eravamo incerti su quello rosso, ma a mio avviso sei uno splendore quando lo indossi.”

Altre urla.

“Pepper, amore, c'è un' interferenza, non ti sento.” - Tony scosse il cellulare, sibilando tra i denti per simulare il disturbo - “Ti chiamo dopo, ciao tesoro, ciao.”

Fine del problema Pepper. Bruce, che lo stava seguendo in silenzio in giro per casa, cominciò a chiedersi che intenzioni avesse.

“Posso fare qualcosa?” - azzardò, scendendo le scale del laboratorio.

“Sì, mi servi per montare quello.” - replicò Tony, indicando il plastico, diligentemente lasciato contro una parete - “Prendo gli attrezzi.”

Bruce si bloccò. Ma era davvero il momento ideale per darsi al modellismo.

La sua espressione doveva essere davvero eloquente, perché Tony gli sorrise e gli indicò una sedia.

“Junior, quando hai ragione, hai ragione.” - comunicò, indicandogli una sedia - “Accomodati. Ti spiego tutto.”

***

Per spiegarsi aveva ritenuto necessario stappare una bottiglia e riempire due bicchieri, come suo solito. Si era seduto e non aveva fatto altro che cominciare a parlare. Gli aveva raccontato della teoria di Lucius riguardo il reattore, del video di suo padre e dei suoi appunti. Poi, era giunto al nocciolo del discorso.

“In quel plastico c'è il segreto di mio padre, Bruce. Io lo sento, non so nemmeno spiegarti perché sia così ma, quando lo guardo, so che c'è qualcosa che mi sfugge, che non sto osservando il problema con la giusta prospettiva. Ma mi manca poco per venirne a capo ed è per questo che Pepper non deve essere qui, nei prossimi giorni. Non posso chiederle anche questo.”

“Tu hai paura che lei ti ostacoli.”

“Lo farebbe. Perché, se ho ragione, se ho davvero ragione, tra meno di ventiquattro ore tu ed io scollegheremo e sfileremo questo reattore e staremo a vedere cosa accade.”

Bruce non rispose. Posò il bicchiere, con infinita lentezza.

“Non puoi chiedermelo.” - disse, dopo un attimo, quando fu certo che la gola non si fosse definitivamente chiusa.

“Invece devo.” - ribattè l'uomo - “Te lo chiedo perché non abbiamo il tempo per esitare. Se mio padre ha ragione, io saprò come portare a termine la realizzazione del reattore Arc e, di certo, non starò a perdermi in altre sperimentazioni in attesa di saperne di più. Io morirò comunque, se non gioco d'azzardo ora. E non intendo restare fermo ad aspettare.”

“Hai detto bene, è un azzardo e tu non...”

“Bruce, guardami.” - lo interruppe Tony. E Bruce ubbidì. Ma, quando lo fissò dritto in viso, non riuscì realmente a ricordarsi dove erano e di cosa stessero parlando. Lo rivide nel campo di prigionia, attraverso il fuoco del falò... a terra, la prima volta che aveva pensato di perderlo... davanti all'aereo, il giorno in cui era volato in Asia per riportarlo a casa. Ma non era abbastanza: in officina, seduto sulla gomma della macchina e pronto a lasciar tutto per seguirlo, in piedi nella caverna, con la pelle ustionata dal saldatore e gli occhi scuri così difficili da decifrare.... e mille altri istanti, in cui, senza commentare, Tony lo aveva seguito nel suo cammino.

Lo rivide come era sempre stato: inquieto, sorridente, presuntuoso, incredibilmente forte. Lo rivide per ciò che era, per l'uomo incapace di frenarsi ma terribilmente coerente con se stesso, per l'uomo geniale e del tutto privo di paura che non smetteva mai di salvarlo.

Tony, che lo aveva tenuto tra le braccia per dargli la sicurezza di avere qualcuno da cui tornare.

“Ho vissuto superando ogni limite... e non tradirò me stesso all'ultimo atto. Credi davvero che non giocherò questa partita?” - gli stava domandando, senza cedere di un passo - “Con o senza di te. Scegli.”

Scegli.

Nel passato, la speranza del nostro presente.

Non conta ciò che pensi, ciò che vuoi. Conta ciò che sei.

Non è dono degli uomini poter tener chiusi gli occhi innanzi al proprio destino.

“Con me, Tony. Lo sai benissimo.” - si sorprese a mormorare - “Combattiamo insieme, ancora. E fino alla fine.”

***

Avevano stretto le viti e bloccato ogni elemento. Il plastico, una volta ricomposto, era un piano di quattro metri quadri. Le strutture riprodotte erano essenziali e di una disposizione geometrica quasi semplicistica: un elemento circolare in mezzo, palazzi ben distanziati disposti a linee concentriche attorno.

Bruce, anche impegnandosi, non vedeva altro. Ma Tony... Tony aveva fissato il plastico, ancora verticale al muro, come se vi leggesse un messaggio cifrato. Poi lo avevano sollevato, posandolo su un cavalletto. E, questo punto, Tony aveva compiuto una delle sue magie informatiche.

Jarvis ho bisogno un reticolato digitale, per favore... e puoi farmi uno stampo in vagoform?” - aveva chiesto, lasciando che il sistema di casa scannerizzasse e riproducesse olograficamente il modellino.

La procedura fu breve. Bruce arretrò fin dietro ad uno dei banconi, per non intralciare. Si era levato la giacca, allentato la cravatta e ora, con le maniche di camicia arrotolate e della polvere sulla guancia, poteva solo attendere.

Scansione modello StarkExpo 1974 completata, signore.” - comunicò, asettico come sempre, Jarvis, pochi minuti dopo. Bruce, indeciso se andarsene o restare, non si mosse.

“Bene, allora iniziamo.” - commentò Tony, sollevando l'ologramma dall'originale e ponendolo, sospeso, a centro stanza.

***

La proiezione era mutata sotto i loro occhi, ripetutamente. Tony, con uno schiocco di dita, lo aveva fatto ruotare, poi verticalizzare e, infine, aveva fatto sparire strade, alberi, elementi più legati al turismo che alla scienza.

Non dissimile ad un atomo” - aveva commentato, puntando un dito al centro del progetto - “E, in tal caso, il nucleo sarebbe qui...”

Aveva parlato con se stesso e in egual misura con Jarvis.

Elimina i passaggi, falli sparire. Via l'architettura dei paesaggi, cespugli, uscite, entrate...”

Cosa vuole scoprire, signore?”

Sto scoprendo... mi correggo, sto riscoprendo un nuovo elemento.”

Bruce, ignorato come se non fosse presente, aveva visto il disegno divenire ancora più essenziale e, d'un tratto, aveva visto Tony coprirsi gli occhi con una mano abbassando la testa. Gli era sembrato stanco e come schiacciato dalla consapevolezza di qualcosa che, come il segreto nel plastico, sfuggiva a tutti tranne che a lui.

Osservò le sue spalle piegarsi, per un lungo istante. Poi...

Struttura i protoni e i neutroni, utilizzando come intelaiatura i padiglioni.” - lo sentì mormorare, mentre il plastico si deformava, divenendo una sfera di luce reticolata. Era sospesa ad un metro da terra, innanzi a Tony. E Bruce si ritrovò senza parole.

Si rese conto di trattenere il fiato, di vivere un attimo unico nel progresso umano. Quando Tony spalancò le braccia, espandendo il reticolato atomico tutto attorno e trovandosi nel mezzo, per un attimo, per un solo attimo, Bruce non vide soltanto la soluzione al loro problema, bensì il futuro, quel futuro che i loro padri avevano inseguito fino alla morte.

Percepì la speranza racchiusa in quella visione come se fosse densa e vischiosa, nell'aria. Al centro della luce, Tony sorrideva, con gli occhi brillanti, la testa verso l'alto.

Lo vide muovere le labbra, ma non riuscì a sentire realmente le parole. Come ipnotizzato, fissava le microsfere che lo circondavano, componendosi secondo un ordine che solo Howard Stark aveva saputo riconoscere nel caos dell'universo.

“Sto scoprendo... mi correggo, riscoprendo un nuovo elemento.” - aveva mormorato Tony, durante il processo di decodifica. Una frase così banale da passare quasi inosservata ma... ora... ora la grandezza di quell'affermazione era un dato di fatto.

La chiave del futuro. La speranza che avevano inseguito, in cui avevano tanto creduto, affondava le radici nel passato che li aveva forgiati. E, quando Tony, a mezza voce, sussurrò “Grazie, papà.”, Bruce fece altrettanto, chinando il capo.

***

Tony aveva battuto le mani, riducendo la sfera alle dimensioni di una pallina da golf. E la voce di Jarvis era vibrata sopra di loro, spezzando l'attimo magico con l'unica frase che Bruce avrebbe voluto sentire.

Elemento proposto potrebbe servire come effettuabile rimpiazzo per il palladio.”

Rimpiazzo per il palladio... rimp...

Tony sollevò lo sguardo, sorpreso. Bruce aveva le braccia alzate sopra la testa, in segno di vittoria. E aveva perso di colpo, tutti assieme, vent'anni.

“Ho capito giusto?” - chiese, euforico, senza accennare ad abbassare le braccia.

Tony cominciò a ridere. Ma non lo contraddisse. Aveva capito giusto e, anche se non stava cedendo ad una danza propiziatoria, condivideva la sua euforia.

Sfortunatamente, è impossibile da sintetizzare.”- commentò in quel momento Jarvis, cercando di atterrare la gioia di entrambi.

Le braccia di Bruce si inclinarono penosamente verso il basso, ma Tony intervenne prima di ogni possibile fraintendimento.

“No, Junior, non ti allarmare. Ci penso io.” - intervenne, alzandosi. La sfera di luce svanì, ma non il suo sorriso soddisfatto - “Jarvis, preparati ad un super rinnovamento... torniamo alla modalità hardware.”

Poi si avvicinò a Bruce e, sorprendendolo, gli diede un buffetto affettuoso sulla guancia, levando l'impronta polverosa.

“Adesso, messi a punto i particolari, passiamo alla fase successiva: dobbiamo distruggere casa.”

***

Detto e fatto. Armato del mazzuolo regalato da Lucius, Tony ridusse in rovina il laboratorio nel giro di un paio d'ore: sfondò pareti, sbriciolò paratie, arrivò alle centraline elettriche di casa passando attraverso i mattoni. Nello stesso lasso di tempo, riuscì a farsi consegnare dalle StarkIndustries un numero imprecisato di casse e materiali di varia natura e dimensione. Quando Bruce gli chiese cosa stessero costruendo, Tony, come se niente fosse, rispose: “Un acceleratore prismatico.”

“Stai scherzando, spero...” - si lasciò sfuggire Bruce, osservandolo passare con una livella nella destra e una tenaglia nella sinistra. Un acceleratore di particelle?

“Io non scherzo mai.” - rispose, mettendosi gli occhiali protettivi e controllando l'allineamento delle tubature montate - “Prendimi quei giunti, per favore...”

Il montaggio dell'acceleratore, che Tony assemblava con la facilità con cui il resto del mondo impilava zollette di zucchero, si protrasse per alcune ore. Il materiale continuò ad affluire con regolarità dai magazzini della Stark e, nel tempo con cui Bruce terminò la parte puramente meccanica che gli era stata assegnata, Tony fece i calcoli, ideò una nuova teca per il proprio reattore e posizionò ogni prisma necessario sull'apposito sostegno.

Quando fu certo di aver completato il montaggio ed ebbe verificato la struttura e il raggio di curvatura, si sedette alla scrivania, configurò i computer e sostituì il palladio nel torace. Poi aprì il cassetto. Dentro, c'era il dispositivo con cui, mese dopo mese, aveva monitorato la propria intossicazione.

Premette il polpastrello con decisione e la cifra apparve sullo schermo, mentre Bruce si avvicinava.

96%. Asintomatico grazie ai medicinali ingurgitati... ma terribile.

Rimasero in silenzio, senza bisogno di condividere le implicazioni di quei due numeri. Poi, Tony sentì una mano posarsi sulla sua spalla.

“Non aspettare oltre.” - mormorò Bruce - “Chiudiamo la partita una volta per tutte. Comunque vada... siamo alla fine. Ed io verrò con te fino in fondo.”

“In tal caso...” - rispose Tony, porgendogli degli occhiali e chiudendo con un colpo il cassetto - “Cercati un punto riparato e goditi lo spettacolo.”

***

Il raggio distrusse la parete, una piglia di cemento, tre metri lineari di scaffalature e un numero imprecisato di oggetti. La vibrazione della struttura era tale da sentire sussultare anche il pavimento. Il laser, orientato da Tony stesso con l'ausilio di una chiave inglese, colpiva e distruggeva, ma raggiunse l'obiettivo in pochi minuti, attraversando un sostegno circolare e caricando la lastra.

Mentre l'intera Malibu piombava nel buio per un blackout improvviso e partivano i generatori d'emergenza lungo tutta la costa, Bruce osservò il triangolo di luce che si creava sotto i loro occhi e, quando sentì il suono dell'acceleratore calare di intensità ed entrare nella fase di spegnimento, capì che i giochi erano fatti.

Nel bene e nel male.

Era facile.” - commentò Tony, a quel punto, con abituale vanità, lasciando andare la chiave inglese e avvicinandosi al tavolo. Con estrema delicatezza, sollevò il triangolo di luce azzurrata e lo pose al centro della teca in titanio già predisposta ad accoglierlo.

Congratulazioni, signore, ha creato un nuovo elemento. Il reattore ha accettato il nucleo modificato.” - disse Jarvis, l'immancabile voce fuoricampo delle vittorie e delle sconfitte - “Eseguirò test diagnostici.

Tony contemplò l'oggetto, restando chino su di lui. Quel triangolo, microscopico e senza nome, era l'inizio di una nuova era. Era energia pulita, era futuro, era... era speranza.

Oggi, papà, tu mi hai salvato. Prima ancora che il mondo, tu hai salvato me.

E io, a conti fatti... non intendo aspettare oltre.

Tony sollevò il nuovo reattore e insinuò una mano sotto la maglietta, sfilando il vecchio. Poi, mentre ancora Bruce non si capacitava di ciò che stava per fare, sorrise.

“Sai che ti dico, Jarvis? Diamo priorità a questo test.” - ordinò. E, con un colpo deciso, inserì il reattore nello spazio al centro del torace.

La luce fu accecante.

Gli sembrò che Bruce lo chiamasse per nome, scattando verso di lui, tra le macerie. Poi non sentì più nulla. E, tutto sommato, la cosa non lo sorprese. Dopotutto... era la fine.

Tell me what you want to hear

Something that were like those years

Sick of all the insincere

So I’m gonna give all my secrets away

(One republic - Secrets)

Dimmi cosa vuoi sentire Qualcosa che era come quegli anni

Sono stanco di tutta questa falsità Perciò svelerò tutti i miei segreti

(2 agosto 2013)

  
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