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Autore: _Ella_    01/12/2013    1 recensioni
Zexion guardò con aria piuttosto critica l’albero, piegando le ginocchia per abbassarsi – gli sistemò meglio la sciarpina e calò di più il cappellino per coprirgli le orecchie, scuotendo un po’ il viso. «È troppo grande, Demyx» gli spiegò, consapevole di stargli dando l’ennesima tremenda delusione (come quando gli aveva detto che no, non potevano avere un cagnolino, visto che era allergico).
[Ienzo/baby!Demyx]
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Demyx, Zexyon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Uhm, questa volta penso sia meglio mettere le note prima della storia, non sono sicura del perché ma insomma, va bene così. Ho finito questa storia all'incirca secoli fa ma continua a sembrarmi una cazzata stratosferica giustificata dal fluff, ma a questo punto voglio pubblicarla anche se rimane una cazzata stratosferica giustificata dal fluff.
Quello che volevo dire è che, ovviamente, quello che per tutta la storia chiamo Zexion è Ienzo, visto che questa storia è ambientata in un possibile futuro in cui per motivi strani che non conosco Demyx ha un cuoricino ma è rinato bimbo. Ma non serve una motivazione quando c'è di mezzo il fluff, credo-
Per quanto riguarda Zexion, credo sia un po' OOC, ma io non sono proprio riuscita a farlo più freddo, come diamine si fa ad essere gelidi con un bambino patatino come Dem? Quindi. Questo è quanto. Sto dicendo un botto di cose senza senso.
Buona lettura!





;holdhands.


Demyx riuscì a lasciargli la mano dopo un po’ di insistenza, trotterellando via goffo nel suo cappottino invernale – non si allontanò molto, Zexion l’aveva strigliato abbastanza da fargli capire che non poteva nel modo più assoluto andarsene dove gli pareva nei luoghi più affollati, perché lui lo avrebbe perso di vista e non lo avrebbe più trovato.
Era successo una volta sola e Zexion ci aveva perso più o meno metà degli anni che gli restavano da vivere – lui riusciva ad avere indietro un adorabile Demyx bambino che si addormentava di colpo tutte le volte che iniziava a leggergli le sue favole preferite, e poi lo perdeva tra la folla della festicciola di paese di Radiant Garden dopo neanche dieci minuti che camminavano tra le bancarelle. All’inizio gli era venuto quasi da piangere, quel giorno. Poi lo aveva ritrovato con la bocca spalancata mentre guardava sognante un artista di strada che incantava i passanti con le bolle di sapone. Aveva aspettato che lo spettacolo finisse, che Demyx facesse scoppiare due o tre bolle gigantesche ed infilasse qualche munny nel suo cappello, e poi lo aveva tirato via per, supponeva, i cinque minuti più brutti della sua vita (non che fosse riuscito a dirgli molto e con sguardo troppo truce, perché non era stato capace di essere gelido di fronte ai suoi occhi lacrimosi e disperati appena gli aveva detto “Sei stato cattivo, mi hai fatto spaventare, non farlo mai più”).
Almeno adesso non si allontanava senza il suo permesso e faceva sempre attenzione a restare dove poteva guardarlo. Demyx era un bambino ubbidiente, tutto sommato. Stava ad ascoltarlo quando gli diceva come mantenere la forchetta ed il coltello (nel senso che ci provava, prima di mangiare con le mani), lo ascoltava quando gli diceva di non mangiare troppo in fretta il gelato (anche se ancora tentava di dare i morsi senza congelarsi i dentini) e si divertiva moltissimo a fare il bagnetto, l’unico problema era farlo uscire dalla vasca quando l’acqua non era più molto calda e le sue manine e i suoi piedini erano tutti raggrinziti.
Zexion infilò le mani nel cappotto, raggiungendolo quando si fermò di fronte ad un abete altissimo. Aveva deciso di portarlo a comprare gli addobbi per Natale quando lui gli aveva raccontato che tutti i suoi amici a scuola avevano un albero e le lucine in giro per casa, e si era un po’ sentito in colpa per non averci pensato prima, ma lui non era mai stato un tipo che teneva a festività di questo genere. Immaginava che fossero sempre state quelle che il Demyx di un tempo amava di più.
Demyx voltò il viso per guardarlo, alzando il braccio per prendergli la mano mentre gli regalava quel sorriso bellissimo che aveva sempre avuto (solo che ultimamente gli mancavano i due dentini superiori, rendendolo più buffo del solito). «Quesso mi piase tattissimo, Zession».
Zexion guardò con aria piuttosto critica l’albero, piegando le ginocchia per abbassarsi – gli sistemò meglio la sciarpina e calò di più il cappellino per coprirgli le orecchie, scuotendo un po’ il viso. «È troppo grande, Demyx» gli spiegò, consapevole di stargli dando l’ennesima tremenda delusione (come quando gli aveva detto che no, non potevano avere un cagnolino, visto che era allergico). «Non entrerà mai nel nostro salotto, non credi?» lo guardò mentre s’imbronciava appena e tentò di non ridere per non offenderlo. «E poi nessuno di noi due è abbastanza alto per riuscire a mettere il puntale, non possiamo mica arrampicarci».
Demyx arricciò le labbra, concentrato. Faceva ancora un po’ fatica a rendersi conto delle proporzioni, come quando era convinto che i suoi pigiami gli stessero e allora Zexion era costretto ad infilargli le sue maglie che gli arrivavano fino ai piedini ed accorciargli le maniche lunghissime per fargli capire che no, non gli entravano affatto. Ancora non capiva perché insistesse tanto per farsi mettere i suoi vestiti.
«Dobbiamo prenderne uno più piccolo – quello non andrebbe bene?» ne indicò uno, dandogli un buffetto sul naso per farlo girare – era poco più alto di Demyx, pensava andasse bene. Così avrebbe potuto addobbarlo anche senza il bisogno del suo aiuto.
Però lui scosse la testa: «Non mi piase» disse, sibilando leggermente perché come al solito la lingua andava a finire nello spazio che aveva tra i denti.
«Perché?» non credeva che scegliere un albero di Natale potesse essere così difficile. Lui aveva pensato di andare al negozio, prendere il primo che capitava assieme a degli addobbi che non fossero troppo un pugno in un occhio, tornare a casa e sperare che Demyx non si tirasse addosso l’abete perché era rimasto impigliato col piede nelle luci mentre correva come un forsennato in giro per il salotto.
Il bimbo gonfiò le guance, grattandosi la punta rossa del naso. «È… è corto».
«Ne vuoi uno più grande, allora?» sospirò, consapevole che non sarebbero tornati a casa con un albero che Demyx non avesse ritenuto bello abbastanza.
Annuì. «Come quello!» indicò di nuovo l’albero che aveva scelto per primo, piuttosto entusiasta. «Così tutti i regali di Babbo Natale c’entrano sotto».
Zexion sbuffò una risata, prendendolo in braccio mentre s’alzava – ancora qualche anno e sarebbe stato troppo grande per poterlo tenere così contro il petto. Voleva approfittarne. «Sei sicuro che ti porterà molti regali?».
«Sono ‘tato bravo!» disse, stringendogli le braccine attorno al collo. «E pure tu sei ‘tato bravo. Ci potterà tattissimi regali!».
Sospirò, continuando a tenerlo in braccio mentre prendeva a camminare, scrutando gli alberi in vendita. «Questo potrebbe andare bene, secondo te?» quell’albero era alto poco più di loro due in quel momento, con un po’ di fortuna Demyx si sarebbe accontentato – non lo aveva mai fatto, da adulto. Aveva sempre accettato le sue decisioni, aveva sempre fatto in modo di incastrarsi alla perfezione contro di lui senza che Zexion dovesse sforzarsi, ma gli aveva sempre fatto capire quando qualcosa non andava bene. Come quando gli diceva che non potevano dormire assieme tutte le notti e lui annuiva sospirando come se lo avesse appena condannato al patibolo, e allora pian piano Zexion accettava che si intrufolasse nel suo letto e lo stringesse come voleva senza neanche immaginare di dirgli che era contrariato – perché non lo era, non lo era più. O come quando gli diceva di starsene zitto perché doveva leggere ed aveva bisogno di concentrazione e lui non diceva più nulla, ma si sentiva in diritto di carezzarlo e guardarlo così dolcemente che lui cedeva e cominciava a parlargli con una scusa.
Demyx aveva sempre avuto moltissimi ascendenti su di lui, ma non se n’era mai neppure accorto.
Zexion lo osservò in silenzio, mentre con gli occhietti vispi socchiusi scrutava con aria critica l’abete, il nasino e la fronte arricciati. Poi annuì. «Quetto è il più bellissimo» commentò, ed anche se da qualche parte la grammatica piangeva Zexion ignorò, per una volta. Demyx era così contento in quel momento che avrebbe potuto dire qualsiasi cosa in qualsiasi maniera.
Accennò un sorriso, godendosi la sua espressione felice. «Piace molto anche a me» e Demyx girò il viso per lasciargli uno di quei bacioni appiccicosi e lunghissimi sulla guancia, abbracciandolo stretto come poteva visto com’era piccolo.
Probabilmente non sarebbe bastato un albero grande quanto tutti i Mondi messi assieme per contenere ogni singolo desiderio che aveva in quel piccolo cuore che si sentiva battere contro il petto, ma per esaudirne soltanto alcuni forse quello sarebbe andato bene.
Zexion gli baciò la testa prima di rimetterlo a terra, prendendogli la mano. «Ci vuoi le luci sull’albero?» gli chiese, facendo la strada a ritroso per cercare il negoziante e comprare l’abete – non aveva davvero idea di come portarlo a casa, comunque.
«Tattissime!» gridò esaltato, saltellando al suo fianco con una risata. «Tutte colorate!».
Si trovò ad annuire, stringendo di più la presa sulla sua manina perché se fosse inciampato – come capitava spessissimo – non lo avrebbe fatto cadere. Non gli avrebbe più permesso di farsi male, mai più.




 
   
 
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