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Autore: ladymisteria    04/12/2013    0 recensioni
Jack Harkness visita il Dottore nel cuore della notte per chiedergli aiuto.
Ma riuscirà a convincere il vecchio amico a seguirlo al Torchwood, per risolvere una faccenda che sta mettendo lui e Gwen Cooper in seria difficoltà?
Colpi di scena, vecchi rancori e molto altro per il mio primissimo Crossover.
La fanfiction è stata revisionata per implementare dettagli da "Il Giorno del Dottore"
Versione riveduta e corretta.
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Doctor - 11, Jack Harkness, River Song, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Baby Time for Doctor and River'
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Il Dottore chiuse la porta dietro le sue spalle, lanciando un’occhiata veloce alla telecamera.

Poi si avvicinò con circospezione alla cella in cui l’Angelo era forzatamente immobilizzato dagli sguardi fissi su di lui.

«Beh, che posso dire? Buongiorno» disse l’uomo tranquillamente, studiando il vetro incrinato.

«Immagino sia frustrante il dover essere costretti a fermarsi, quando si è così vicini alla libertà» continuò.

Sonicizzò l’intera cella, affascinato dai risultati ottenuti.

«Vetro rinforzato proveniente direttamente dalle fabbriche di Braconix. Non hai badato a spese, eh Jack? Peccato non sia servito a un granché» mormorò.

Scrollò le spalle.

«Salve, sono il Dottore. Allora… Suppongo che tu e i tuoi amici - ancora là fuori - vi siate accorti che d’ora in poi non vi saranno più… pasti gratuiti. Ritengo, anzi, che sia proprio questa la causa del tuo improvviso desiderio di abbandonare la tua prigione» disse, allegro.

Fece spallucce.

«Ovviamente non avevi messo in conto che la fuga sarebbe potuta essere un tantino più problematica dell’arrivo...».

Arretrò fino al muro di fronte alla cella dell’Angelo, senza mai perderlo di vista.

«Quello che davvero vorrei sapere, però, è perché architettare un piano così elaborato. Potevate tranquillamente arrivare qui in massa e spazzare via l’intera struttura in un battito di ciglia. Ops, pessima espressione, scusa» ghignò.

Si fece pensieroso, scrutando l’Angelo in cerca di risposte.

«A meno che…».

Un sorrisetto comprensivo gli si allargò sul giovane viso.

«Oh, ora ho capito… Tu sei l’unico Angelo ad aver potuto beneficiare dell’energia temporale fuoriuscita da ciò che rimaneva della frattura al vostro arrivo. Ecco perché le sparizioni sono cessate con la tua cattura, e perché la sede non è stata invasa dagli Angeli. Sei rimasto solo. Gli altri non erano abbastanza forti da poter cacciare adeguatamente, così hanno deciso di andarsene. Non è rimasto che un unico Angelo, qui: tu».

Guardò nuovamente la telecamera con la coda dell’occhio, poi scrollò le spalle.

«Mi sono sbagliato. Capita sempre più di frequente, ormai. E’ proprio vero che inizio ad invecchiare…» si giustificò.

«Beh, poco importa».

Si avvicinò nuovamente alla cella.

«Solo una piccola curiosità. Da quanto hai messo fuori uso la telecamera?»

*

River Song e Jack Harkness non perdevano nemmeno uno dei movimenti del Dottore.

«A costo di ripetermi, quell’uomo è completamente pazzo» mormorò Jack, quando vide l’amico avvicinarsi pericolosamente al vetro che lo separava dall’Angelo.

«Non dirmi che avevi ancora dubbi al riguardo, Capitano. Guarda solo quello che ha fatto in questi pochi mesi. Una “gita” su Trenzalore, Gallifrey, me…».

Jack ghignò.

«Ora che vedo quella cosa imprigionata, mi torna alla mente una cosa che avrei sempre voluto chiederti» disse.

«Sarebbe?».

«Come diavolo facevi a sopportare il dover startene rinchiusa a Stormcage? Dubito tu possa esserti divertita molto, mentre eri là. Anche ammettendo che fuggissi di frequente…».

River rise.

«Non sono molto d’accordo con te, Jack. Ho avuto diverse notti… piacevoli, anche rimanendo nella mia cella» disse, civettuola.

«Ovviamente tutto dipende dalla compagnia» aggiunse, in tono innocente.

Jack ridacchiò, continuando a fissare il monitor.

In quel momento sembrava che il Dottore stesse conversando tranquillamente con l’Angelo.

«Non avevo dubbi» mormorò l'uomo.

Si fecero di nuovo seri.

«Gwen?» domandò River, dopo un po'.

«L’ho mandata a casa. Era sotto shock, e in quelle condizioni non poteva esserci d’aiuto in alcun modo. Anzi, avrebbe persino potuto ostacolarci» disse Jack.

«Lo penso anche io».

Jack si schiarì la voce.

«Comunque, credo che lui abbia ragione» mormorò.

«A che proposito?» s'informò River, curiosa.

«Al non volerti far incontrare di nuovo la creatura. L’ultima volta che l’hai fatto sembravi sul punto di perdere i sensi. So che per te è naturale mostrarti sempre forte, ma… Penso che non debba farlo. Non ve ne è motivo».

River non rispose subito.

«Non è detto che la colpa sia tutta da attribuire all’Angelo» disse poi, senza staccare gli occhi dal monitor.

«Che vuoi dire?».

L’oscurarsi improvviso di entrambi i monitor impedirono a River e Jack di concludere la conversazione.

«Che succede?» chiese immediatamente la donna, guardando Jack.

«Non ne ho idea. Le altre telecamere funzionano ancora tutte correttamente. L’unica ad avere problemi è quella della zona di contenimento».

Non aveva ancora finito la frase, che già River si era alzata, correndo alla porta che conduceva alle celle.

«Chiusa» disse Jack, raggiungendola e provando ad aprirla con tutte le sue forze.

«Sembra quasi che qualcuno abbia voluto escludere l’intera area» continuò.

River estrasse la sua pistola, puntandola contro la serratura.

«Spostati».

Jack però non si mosse, scuotendo il capo.

«Non puoi usarla contro la porta. E’ costruita in vibranio purissimo. Il proiettile le rimbalzerebbe addosso senza nemmeno scalfirla».

River non si diede per vinta.

«Allora dobbiamo trovare qualcosa in grado di aprirla. A tutti i costi».

*

Il Dottore giocherellò distrattamente con il suo cravattino.

«Quindi, ora che siamo solamente io e te… Perché non mi dici quello che hai in mente? E so che puoi farlo. Ho dato un’occhiata alla lista delle persone scomparse, prima di venire qui sotto. Solo una di loro è stata ritrovata. Con il collo spezzato. Nessuno ha pensato di ricollegarla a te. Beh, nessuno a parte me. Perché sai cosa penso? Che tu sia bravo. Molto bravo, in effetti. Hai estratto la corteccia cerebrale della tua prima vittima, così da poterla utilizzare in caso di emergenza, come mezzo di comunicazione».

Non vi fu risposta.

Il Dottore sbuffò.

«Non mi piacciono un granché i monologhi. Mi viene mal d’orecchi, dopo un po’. Quindi, se davvero puoi, rispondi».

E così com’era accaduto nel relitto della Bisanzio, l’Angelo dietro il vetro parlò.

«Ho fame».

«Oh, salve. Devo chiamarti con un nome specifico? Angelo…?».

Non ricevendo risposta, il Dottore fece spallucce.

«La fame non giustifica certo la maleducazione. Ma d’accordo, non importa. Allora, qual è il tuo piano?».

Il Dottore si chiese se quello fosse il giorno in cui quella frase avrebbe finalmente funzionato.

Per sua fortuna, sembrava proprio di sì.

«Ho fame» ripeté l’Angelo.

«Qui c’è tanta energia temporale. Occuperò questo posto e gli Angeli torneranno».

Il Dottore ebbe una fugace visione di Winter Quay, e la mano gli volò istintivamente al cacciavite sonico.

«Quindi sei davvero l’unico Angelo, qui...» mormorò.

Un punto a loro favore.

«L’energia temporale era sufficiente solo per uno di noi» ripose l'Angelo.

Il Dottore si lasciò sfuggire una risatina amara.

«E tu ti sei offerto volontario. Ah, il buon vecchio istinto di sopravvivenza… E’ questo a rovinare sempre ogni cosa, alla fine. Tutti i più grandi imperi, le più antiche e potenti civiltà commettono il medesimo errore. Invece che aiutarvi l’un l’altro, tu e i tuoi compagni avete preferito separarvi. Ognuno alla ricerca di una salvezza da tenere tutta per sé...».

Il Gallifreyano fissò l’Angelo, stando ben attento a non farlo mai direttamente.

«Quindi, se ho ben capito, ora che i tuoi compagni hanno deciso di darsela a gambe – sempre che io possa usare questa espressione per creature che non hanno vere e proprie gambe – tu hai deciso di prendere il controllo di questa struttura e renderla un club esclusivo, con un ricco buffet sempre pronto per voi. Notevole, lo ammetto. Ma permettimi di chiederti come pensi di riuscire a farlo. Sei solo, contro quattro persone ben preparate. Sarai anche nel pieno delle forze, ma non puoi fare nulla, finché anche solo uno di noi tiene gli occhi incollati su di te».

L’uomo ciondolò per un po’ davanti alla cella, sbattendo a turno le palpebre.

«Siamo volutamente in stallo. Sembra succedermi spesso, ultimamente» disse dopo un po’.

«Non siamo in stallo» replicò l'Angelo.

«Tu credi?» chiese il Dottore, fermandosi.

«Hai incrinato il vetro di contenimento, riuscendo così a mandare fuori uso la telecamera. Potresti provare a fare lo stesso con l’impianto elettrico; ma non lo fai, perché sai benissimo che se dovessi vedere le luci sfarfallare, reagirei di conseguenza. A quel punto la tua unica scelta sarebbe quella di rompere completamente la tua cella e uccidermi prima che…».

Improvvisamente il Gallifreyano venne colto da un’illuminazione.

Scoppiò a ridere, incredulo.

«Allora è questo a creare lo stallo, non è vero?» disse.

«Come ho fatto a non pensarci? Il Dalek non uccise Adelaide perché sapeva che lei sarebbe dovuta morire su Marte nel 2059. E tu… Tu sai che non è qui che io devo – come diceva? Ah, sì! - cadere».

Rise di nuovo, sconcertato.

«Strabiliante come, alla fine, lo sappia chiunque. Ma non è questo il punto, ora. Il punto è che puoi prendere qualunque vita, all’interno di questo edificio, ma non la mia. Peccato che per arrivare agli altri, tu debba prima superare me. Stallo».

Benché l’espressione dell’Angelo non potesse mutare a causa della sua forzata immobilità, il tono con cui rispose al Dottore fu inequivocabile.

«Non è invincibile»

«Non ho mai detto di esserlo».

Il Dottore riprese a passeggiare tranquillamente per la stanza.

«Come dice lei, potrei uscire in un attimo. E mandarla nel passato, anziché ucciderla. E con lei nel passato, i suoi amici sarebbero alla mia mercé».

L’uomo ponderò bene la risposta ricevuta.

«Vero. Anche se io non ne sarei tanto convinto. Uno o due di loro potrebbero seriamente darti filo da torcere. Ma se anche non fosse così, dimentichi una cosa».

Si avvicinò pericolosamente all’Angelo.

«Che cosa?».

«Le persone all’interno di questa struttura mi sono care. Sono sotto la mia protezione. E non ho alcuna intenzione di lasciartele toccare, senza aver minimamente combattuto» disse, la voce ferma.

La risata dell’Angelo non lo sorprese.

«Le sue minacce non sono molto credibili».

Il Gallifreyano puntò il cacciavite contro la creatura, ricordando vagamente quando, qualche mese prima, un’incarnazione volutamente dimenticata di sé l'aveva rimproverato di considerare troppo spesso il cacciavite come un’arma.

«Lei mi delude, Dottore. Sappiamo bene entrambi che il suo è un misero cacciavite, contro una creatura in grado di trasformarsi in uno dei materiali più duri di questo universo» disse l'Angelo, in tono vagamente canzonatorio.

«Per adottare una tua frase: “Non sei invincibile”. Quello che ho fra le mani è effettivamente un cacciavite. Ma è un cacciavite sonico. In grado, dopo recenti incontri, di produrre un impulso tale da modificare irrimediabilmente gli atomi alla base della più solida delle mura, e di mandarla in frantumi. In questo caso, sarebbe stato meglio se tu e il tuo popolo foste stati di legno».

Piegò il capo da un lato.

«Quindi te lo ripeto: le persone qui dentro sono sotto la mia protezione. Non lo dirò una terza volta. Se davvero è tua intenzione portare a termine il tuo intento, fai pure. Ma non dire che non ti avevo avvisato».

L’Angelo non rispose, e per qualche minuto l’elettricità di cui era carica l’aria divenne dolorosamente palpabile.

«Se lei usasse il suo cacciavite, il vetro che mi contiene andrebbe in frantumi un istante prima di quanto farei io. E così le luci. E’ un tempo sufficientemente lungo da permettermi di mandarla indietro. Nemmeno lei farebbe qualcosa di così stupido e avventato».

Per tutta risposta, il Dottore strinse maggiormente il cacciavite.

«Un tempo, forse. Ma di recente sono stato molto stupido e avventato, arrivando a fare cose che non avrei mai creduto possibili. Potrei stupirti».

«Non le credo»

«Mettimi alla prova».

«Non lo farebbe» ripeté l’Angelo.

«Sinceramente?» disse il Dottore.

«Temo proprio di sì».

E accese il cacciavite.

 

   
 
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