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Autore: iWantNiallsHug_    04/12/2013    8 recensioni
“Louis teneva costantemente la sigaretta tra le labbra, non l’accendeva mai. Eppure si ostinava a cambiarla ogni qualvolta le sue mani raggiungevano il pacchetto aperto di Malboro. Apriva la scatolina di carta, guardandone attentamente il contenuto, disturbandosi anche di scegliere accuratamente quale di quelle portarsi ad ornare la sua bocca. “
Dal testo:
“Sono Harry, Harry Styles.” Apostrofò il ragazzo dirigendosi a grandi falcate verso la persona che gli aveva parlato poco prima. “Sono qui per l’annuncio sul giornale.” Tossì, schiarendosi la voce. “Cercavate un cameriere, giusto?” Concluse.
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OS Larry, se non vi piace il genere non leggete.♥
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Louis teneva costantemente la sigaretta tra le labbra, non l’accendeva mai. Eppure si ostinava a cambiarla ogni qualvolta le sue mani raggiungevano il pacchetto aperto di Malboro. Apriva la scatolina di carta, guardandone attentamente il contenuto, disturbandosi anche di scegliere accuratamente quale di quelle portarsi ad ornare la sua bocca. “

 

Quella ventosa mattinata di fine gennaio, Louis Tomlinson, ripeté la stessa azione, mordicchiando cautamente il filtro e passando la lingua ad accarezzare quest’ultimo, quasi a volerne lasciare un marchio di possessività.

Lanciò uno sguardo oltre il vetro sporco della finestra, si scompigliò leggermente i capelli con il palmo della mano ed iniziò a sfogliare le carte sparse sulla sua scrivania da lavoro.

Conti, prenotazioni, addebiti e ricevute, Louis non riusciva nemmeno ad immaginare quanti soldi stessero sfiorando metaforicamente le sue dita in quel momento. Cominciò a riordinare i fogli cercando di alleviare il disordine che da sempre lo perseguitava, dividendo i vari documenti in pile improvvisate.

Sbuffò sonoramente quando il pensiero della sua stressante professione gli saltò in mente, e si fece scappare una risata quando ricordò che era stata proprio lui a sceglierla.

In effetti, ritrovarsi a 21 anni proprietario di uno dei ristoranti che lavorava maggiormente nei pressi di Doncaster non era cosa da poco.

Dopo essersi scarsamente diplomato al liceo Alberghiero, Louis, aveva sfruttato il patrimonio del nonno defunto per intraprendere la carriera del libero professionista, aprendo quello che doveva essere una piccola locanda e che in poco tempo era diventato un distinto e discretamente frequentato ristorante.

Dover fingere tutte le sere smorzati sorrisi e intraprendere squallide conversazioni con i clienti lo irritava, gli saltavano i nervi solo dover girare il cartellino che giaceva sulla porta alle 20:00 di ogni sera, cambiando la scritta in esso da ‘chiuso’ a ‘aperto’.

Scosse la testa come a scacciare quei pensieri, passandosi la mano sul viso nel tentativo di riprendere a pieno le energie, per poi lasciarsi cadere a peso morto sulla poltroncina rovinata al di là del bancone.

Fece per riprendere il suo lavoro, ma qualcos’altro attirò l’attenzione del moro. La porta del ‘One Direction’, così si chiamava il locale, si spalancò, e la campanellina che risiedeva in cima a quest’ultima cantilenò l’arrivo di una persona.

 Un ragazzo, dai ricci scuri e dai jeans attillati, fece la sua entrata di scena portandosi dietro di se un trolley rosso. Questo, richiuse la porta alle sue spalle per poi guardarsi intorno disorientato.

“Ti serve aiuto?” La voce cristallina di Louis riecheggiò limpida nella sala, facendo trasparire quel velo di noia e irritazione che essa conservava.

“Sono Harry, Harry Styles.” Apostrofò il ragazzo dirigendosi a grandi falcate verso la persona che gli aveva parlato poco prima. “Sono qui per l’annuncio sul giornale.” Tossì, schiarendosi la voce. “Cercavate un cameriere, giusto?” Concluse.

***

Louis rimase piacevolmente sorpreso quando il suo nuovo impiegato si ricordò al primo tentativo quali dei diversi barattoli contenevano le spezie, solitamente non ci riusciva mai nessuno. Guardò come il ragazzo riccio mostrava il suo agio all’interno della cucina, ovvero quello che sarebbe diventato il suo piano di lavoro.

“Gli attrezzi per la pulizia sono in quello stanzino.” Lo apostrofò indicandogli con un cenno del volto una porta poco distante. “Mentre i foglietti per le ordinazioni stanno su questo tavolo.”

Harry annuì pigramente senza smettere per un attimo di guardarsi intorno, per poi “A che ora si inizia a lavorare?” Chiedere.

Tomlinson alzò un sopraciglio percependo quel pizzico di menefreghismo nella voce, sorridendogli in modo complice e “Il ristorante apre alle otto, ma visto che sei nuovo, e che dovrai mettere a posto la cucina ti consiglio di farti trovare pronto per le sei, se ci tieni al posto di lavoro.” Dicendogli.

Il più piccolo, per quanto la differenza d’altezza non faceva sembrare, ricambiò il sorriso, avvicinandosi fino ad appoggiarsi con il busto al bancone della sala.

“Perfetto.” Commentò. “Sarò puntuale.” Aggiunse. “Ma visto che oggi è il mio primo giorno, penso che mi fermerò qui fino a stasera.” Concluse.

Louis fece spallucce per mostrargli la sua indifferenza mentre terminava di spiegargli le ultime regole base del ‘One Direction’.

-

Alle quattro di pomeriggio, come di routine, Tommo estrasse dalla tasca il solito pacchetto di Malboro scegliendosi e portandosi una sigaretta alle labbra, per poi inglobarne il filtro con la bocca.

“Posso?” Chiese Harry rivolgendosi al suo capo. Questo annuì con la testa, porgendogli il pacchetto e lanciandogli l’accendino, nuovo di pacca, che teneva nascosto nella parte posteriore dei jeans.

Louis guardò ammaliato come il fumo grigio uscì sensualmente dalla bocca di Harry, come lui stesso traeva piacere dal retrogusto del tabacco, chiudendo gli occhi e facendosi arrivare la nicotina fino ai polmoni.

“Non l’accendi?” Il moro si risvegliò dal suo stato di trance.

“Come?” sbatté le palpebre.

“Ho detto.” Ridacchiò. “Non l’accendi?”

Louis rise insieme a lui, per poi scuotere la testa.

“Se l’accendessi” Guardò la sigaretta tra le sue dita. “Primo o poi finirebbe.” Disse.

Harry lo osservò confuso ed incredibilmente incuriosito, trovava in quel ragazzo un qualcosa di impossibile da spiegare a parole, e fu proprio quella strana sensazione che lo spinse a chiedergli altro.

“Tutto prima o poi finisce.” Approcciò con voce roca fissandolo negli occhi per la prima volta, rendendosi conto del loro colore cristallino, maledettamente ipnotico, e successe quasi nello stesso momento in cui Louis si accorse di stare fissando due gemme smeraldine al posto di un paio di iridi.

 

“Boobear.” Il riccio interruppe il silenzio che si era creato, suscitando in Louis una reazione che parve strana ai suoi occhi.

“C-che hai detto?” Balbettò.

“Boobear.” Ripeté Harry. “Ce lo hai scritto sul polso.” Fece notare.

Tommo si sbrigò a tirarsi giù la manica della felpa per non lasciare neanche un secondo in più le lettere di inchiostro in bella vista, mentre le sue guancie assunsero un colore più vivace del normale. L’altro ragazzo lo notò.

“Cosa sarebbe?” Domandò curioso grattandosi il retro della nuca, leggermente pentito di aver creato una così imbarazzante tensione tra loro.

“Solo un… soprannome.” Rispose passandosi la lingua sulle labbra secche.

“Tuo?” Continuò. Louis annuì, imbarazzato.

“Se sei così a disagio a parlarne come mai te lo sei tatuato?” Chiese impertinente Harry, provocando una smorfia nell’espressione dell’altro che prontamente “L’ho fatto per portare sempre con me un mio ricordo, di certo non per dover dare spiegazioni al primo sconosciuto che passa.” Rispose.

Il riccio face un gesto di resa con le mani per poi tornare ad osservare i lineamenti sinuosi del ragazzo che gli si presentava davanti. Era bello, forse troppo.

“Non volevo offenderti.” Si giustificò dispiaciuto. “Ero solo curioso.”

Il moro ignorò le sue scuse per fargli capire che in realtà non se l’era presa, e perché c’era qualcosa nel viso di Harry che lo attirava da morire. Forse era la bocca, pensò Tomlinson, non ne aveva mai visto una così.

“Quando l’ho fatto,” Fece una pausa breve. “Volevo ricordarmi di essere diverso.” Apostrofò. “A volte la banalità, stufa.”

Ridacchiò amaramente facendo appello a tutte le sue forze per mantenere la massima discrezione con il ragazzo nuovo. “Non credo che tu possa capire.”

Il piccolo non comprese il suo tono, ma non si fece intimidire.

“Invece ti capisco eccome.” Disse orgoglioso, accennando un sorriso sghembo che si allargò su una sola guancia. “Anche io sono diverso.” Enfatizzò l’ultima parola, incuriosendo maggiormente Louis che “Ti ascolto.” Disse.

Harry sorrise maliziosamente, facendo accendere un luccichio ardente nei suoi occhi, un luccichio troppo sconosciuto all’animo inesperto di Lou.

“Sai, amo il cinema.” Disse rimanendo sul vago, non facendo capire a Tommo di che cosa stesse parlando. “E adoro gli attori maschi.” Concluse ghignando e pregustando già la reazione dell’altro.

“Non mi dire.” Esordì Louis poco sorpreso, ma imitando comunque un’espressione giocosa.

“A me piacciono molto gli scrittori.” Ricambiò lo sguardo. “Scrittori maschi.” Puntualizzò.

 

“And I can't change

Even if I tried

Even if I wanted to

And I can't change

Even if I tried

Even if I wanted to

My love, my love, my love”

 

-

Per tutta la durata del servizio ai tavoli, Harry, non fece altro che pensare a Louis.

Per tutta la durata della serata in generale, Louis, non fece altro che pensare ad Harry.

Il primo immaginava le labbra del più grande posate con prepotenza sulle sue, sognava il calore delle guance dell’altro nel momento in cui gli avrebbe fatto scivolare la lingua in gola e riusciva persino a percepire i suoi gemiti rochi che avrebbe emesso nel mezzo di quella che sarebbe stata una notte indimenticabile. Harry non riusciva a capire per quale motivo, ad un tratto, si era messo a fare fantasie poco caste sul suo datore di lavoro.

Il secondo, a differenza del riccio, era pressoché spaventato. Non si era mai aperto così tanto velocemente con nessuno, e aveva paura che, svelato il suo piccolo segreto, se ne sarebbe potuto pentire; per non parlare della grande confusione che aveva in testa ogni volta che si incantava a guardare gli occhi smeraldini di Harry. Da quando si sentiva in quel modo? Louis non lo sapeva, e per questo decise di declassare le sue inutili paranoie con una semplice attrazione fisica verso il piccolo.

-

“Non vai a casa?” Chiese Harry al moro quando vide che aveva ancora addosso i vestiti usati nel servizio.

Con un gesto esperto Hazza si portò all’indietro un ciuffo di capelli, cercando in qualche strano modo di riordinarli. L’altro lo osservò, e quasi gli venne voglia di allungare una mano per toccare quei riccioli perfetti. Non lo fece.

“Questa è la mia casa.” Rispose prontamente ottenendosi uno sguardo più confuso che altro da parte del riccio. Era adorabile.

“Dormi sui tavoli?” Lo rimbeccò ironico Styles, incrociando le braccia al petto e poggiandosi al bancone dell’entrata con un fianco. Lo stava provocando.

Louis ridacchiò divertito. “Il mio appartamento e questo posto sono collegati da quella porta là in fondo.” La indicò con nonchalance.

“Sei organizzato.” Commentò combattendo contro un sorriso che nacque sulle sue labbra.

“Non mi lamento.” Fece spallucce.

Un silenzio che non risuonava imbarazzante si creò nell’abitacolo.

Harry non riusciva a smettere di pensare all’estenuante bellezza di Louis. Louis non faceva altro che cercare di reprimere quel pizzico di eccitazione che gli invadeva il corpo quando guardava Harry.

Entrambi volevano la stessa cosa.

 

“Ti... ti va qualcosa da bere?” Il viso di Harry si allargò in un sorriso quando l’altro balbettò quella domanda. Lo voleva eccome, e non solo da bere.

Si mordicchiò il labbro per evitare di dire fesserie, per poi “Dipende.” Dire.

Cercò il più possibile ti tenerlo sulle spine.

“Da cosa?” Chiese, mentre la sua mano si allungava verso il banco per afferrare le chiavi rovinate della sua dimora.

“Da quello che mi offrirai dopo.” Harry lasciò trapelare un pizzico di malizia dal suo doppio senso, sfoggiando contemporaneamente un sorrisetto obliquo e complice e facendo tingere le guance del grande di un porpora sbiadito.

“Non so ancora cosa ti offrirò dopo.” Louis stette al gioco. “Devo, valutare le opzioni.” Ricambiò l’espressione.

Odiava non essere nel lato dominate.

 Lui era Louis William Tomlinson, ed aveva sempre e costantemente il controllo su ogni cosa, conosceva alla perfezione ogni parte del suo ristorante, sapeva recitare a memoria il menù del pranzo e della cena e poteva dirti, nell’arco di pochi secondi, quante posate c’erano all’interno della cucina. “180 in tutto, 40 forchette, 40 coltelli, 40 cucchiai e 20 cucchiaini da caffè.” Di solito rispondeva.

Harold Edward Styles, in pochissimo tempo, aveva sconvolto tutto.

“Non devi valutare un bel niente.” Se ne uscì Harry avvicinandosi pericolosamente a quello che sarebbe dovuto essere il suo capo.

“Devi solo agire.” Gli soffiò sensualmente all’orecchio.

 

Tommo era combattuto.

Sulla sua spalla sinistra l’angioletto della sua coscienza gli stava urlando che non si sarebbe dovuto spingere oltre con quel ragazzo. Dall’altra parte, la piccola sagoma del diavolo, gli ripeteva di non pensare a niente che non sia la bocca di Harry.

Quale vocina doveva ascoltare?

 

“Tic toc.” Cantilenò il più piccolo tenendo il tempo, cercando di velocizzare la decisione dell’altro.

Cercò comunque di dargli una mano.

Infatti quest’ultima gliela posò sul cavallo dei pantaloni.

Louis sussultò per la sorpresa, ma rimase lo stesso immobile quando il palmo di Harry si mosse lentamente contro il suo membro coperto, per poi gemere più piano possibile quando le sue dita lunghe gli strinsero con estrema determinazione la protuberanza cresciuta in mezzo alle gambe del moro.

Lo desiderava da morire.

 “Valutato le opzioni?” Ridacchiò Harry, quando percepì l’erezione di Louis farsi spazio tra il tessuto dei jeans.

“Direi di si.” Ansimò schiacciato contro il suo corpo.

Valutazione finale: Lo voleva come non aveva mai voluto nessuno.

-

Un bacio, due baci, tre baci, ormai avevano perso il conto.

Dopo che Louis aveva accorciato le distanze tra di loro e aveva timidamente posato le labbra su quelle del ragazzo riccio, la lingua di Harry non aveva perso tempo e, dopo aver chiesto come da manuale l’accesso, aveva esplorato ogni minimo particolare della sua bocca sottile.

Lou perse il nume quando i baci caldi di Harry raggiunsero la parte più sensibile del suo collo.

Tra piccoli morsi e languide leccate era sicuro che sarebbe potuto benissimo venire con un semplice succhiotto. Quel ragazzo era Dio.

Haz, invece, non voleva altro che strappare quei fottuti pantaloni al ragazzo che, secondo lui, era decisamente troppo vestito.

Sperava di poterlo fare presto, i suoi boxer non avrebbero resistito ancora per molto.

-

Quella notte, fu proprio come Harry l’aveva immaginata.

Le loro pelli sudate erano rimaste in contatto per ore mentre i loro corpi rotolavano tra le candide coperte bianche del letto di Louis.

“…”

“Ci credi nell’amore a prima vista?” Chiese Harry ansimando con la faccia contro la soffice piuma d’oca del cuscino.

“No.” Un altro gemito, più roco degli altri questa volta. “Non ci credevo.” Spinse forte contro i glutei del piccolo. “Fino a stamattina.”

“…”

 

Alla fine, non avevano bevuto.

Quegli alcolici che avevano accidentalmente rotto scontrando contro il tavolo che li separava dalla camera da letto erano l’ultimo dei loro pensieri.

In primo piano, quella notte non troppo ventosa di gennaio, c’erano due ragazzi.

 

Il primo, fedele sostenitore del ‘Carpe Diem’, non era mai riuscito a sopportare la condivisone della sua stanza con la sorella, smalti rosa e tacco a spillo non erano il suo forte. Un giorno, senza una meta precisa e con venti sterline in tasca, se ne andò.

Il secondo, grande appassionato di romanzi storici e opere teatrali, era la reincarnazione della normalità, o almeno così pareva a tutte le persone che non lo conoscevano veramente. In realtà, quel ragazzo dai capelli castani e occhi color acqua marina, era tutto meno che normale.

Possono questi uomini avere un legame nella loro diversità?

***

Boobear.” Esordì Louis guardando come Harry si era accoccolato sul suo petto nudo.

Aveva il respiro regolare e la bocca semichiusa, ma non stava dormendo, ne era certo.

“Avevo 17 anni quando me lo sono fatto tatuare.” Deglutì, inghiottì il groppo in gola. “Ed era il soprannome con cui mi chiamava Stan.” Si inumidì le labbra. “Il mio primo fidanzato.”

 

 

“…”

“Hai intenzione di andartene?” Louis prese un lungo respiro. “Dopo tutto quello che abbiamo passato, hai veramente intenzione di lasciarmi?” La sua voce tremolava sotto l’aspetto di determinazione.

“Mi dispiace, Boobear.” Le scuse di Stan erano davvero poco credibili.

Che vada al diavolo.

“…”

 

“Mio padre è morto quando avevo quattro anni.” Harry parlò proprio quando il moro crebbe che si fosse davvero abbandonato tra le braccia di Morfeo.

Lo strinse più forte tra le sue braccia, non protestò.

“Non dirmi che ti dispiace.” Disse nel mezzo di uno sbadiglio, quasi supplicò. “Odio la compassione.” Concluse.

Louis appoggiò la bocca sulla cute del riccio lasciandogli un innocente bacio sopra, accorgendosi di come i suoi capelli profumavano di un aroma che ricordava tanto un frutto tropicale di cui Louis non conosceva il nome.

“Non stavo per farlo.” Si difese, ed era vero.

 

Harry era l’essere più incasinato ma altrettanto affascinante che Lou avesse mai conosciuto. Semplicemente non lo capiva, e questo lo attirava da morire.

Haz, era arrivato a pensare che il ragazzo su cui stava praticamente dormendo fosse la reincarnazione di qualche Dio greco. Tanta bellezza poteva essere considerata umana?

Si appartenevano.

-

 

Louis si diresse a piccoli passi verso il balconcino del suo appartamento, aprì la porta vetrata e rabbrividì quando l’aria fredda entrò in contatto con la sua pelle ancora accaldata.

Estrasse, come da manuale, la sigaretta dal suo fidato pacchetto di Malboro, se la rigirò per qualche secondo fra le dita e poi se la portò alle labbra.

Successivamente, raggiunse con la mano libera il taschino sul retro dei pantaloni, infilando il palmo all’interno di quest’ultimo e assicurandosi di afferrare l’accendino nel verso giusto.

La fiammella che poi fuoriuscì da questo si scontrò con una delle due estremità della sigaretta, bruciandone appena la carta e accendendola del tutto.

Louis guardò come, pian piano, essa si consumava, finiva.

Ma non gli interessava più.

Prese un lungo tiro dal tabacco e poi si fece scorrere il fumo in ogni angolo dei suoi polmoni.

Fumare non era mai stato così bello.

 

 

Un giorno, un ragazzo dai capelli ricci ed i jeans attillati, ne conobbe uno dai capelli castani e gli occhi color acqua marina.

Lo stesso giorno, la cucina del ‘One Direction’, non era mai stata più pulita. I piatti brillavano.

Ventiquattrore dopo, il sorriso di Louis Tomlinson, non era mai stato così raggiante.

 

“And I can't change

Even if I tried

Even if I wanted to

And I can't change

Even if I tried

Even if I wanted to

My love, my love, my love”

  
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