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Autore: Melinda Pressywig    14/12/2013    7 recensioni
"Il ticchettio di un orologio spezza il silenzio nel monolocale."
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: 
Questa storia partecipa al Contest  Look'n'Listen indetto sul gruppo di Facebook - Fanfiction Challengers
Ho ricevuto il mio personale pacchetto random, con all'interno una canzone e un'immagine. 
Lo scopo era quello di creare una storia traendo ispirazione dai prompt stessi: la storia attraverso l'immagine, seguendo la trama della canzone. Per mia incredibile fortuna ho ricevuto l'immagine che vedrete qua sotto e la canzone degli Evanescence – Call Me When You're Sober.  Ed ecco qua cosa ne è uscito fuori. Ho cercato di fare del mio meglio per conciliare le due cose e devo dire che ne sono abbastanza soddisfatta. Anzi, prego di aver rispettato l'essenza di Amy Lee (che io amo), perché solo dopo averla scritta mi sono accorta di aver giocato con il fuoco. Dunque, a voi l'ardua sentenza. 

Note eterne per il giudice che non verrà mai: troverai le citazioni della canzone tradotte in italiano direttamente all'interno della storia.
Se la conosci bene, ritroverai tutti i concetti e le frasi stesse. Spero di aver rispettato le regole. Buona lettura!



 
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Burning Paradise  










Il ticchettio di un orologio spezza il silenzio nel monolocale. Le lancette si spostano, secondo dopo secondo, e creano un ritmo incessante, una melodia inesistente. A quell'ora non c'è altro rumore a riempire lo spazio. Sono le due di notte e dall'esterno non giunge più il frastuono del traffico. Sono tutti nelle loro case, nei loro letti, a dormire sonni tranquilli. 
Ma Dana è ancora sveglia, se ne sta seduta sullo sgabello di legno color paglia, comprato a una svendita di mercato. È lì, sotto la luce soffusa della cappa del cucinotto accesa, che guarda un punto indefinito sui fornelli del piano cottura. Il suo sguardo sembra assente. Sta appoggiata al ripiano, fumando distratta una sigaretta, che brucia in una spirale di fumo, riempiendo l'ambiente di un odore pungente. Sta bevendo una tazza di caffè bollente, ne può sentire l'aroma inconfondibile. La rilassa bere il caffè, la riscalda, la conforta. Vicino a lei ogni oggetto presente resta fermo e immobile, così come lo ha lasciato: una scatola di cereali aperta, rimasta lì dalla mattina; un set di coltelli alla sua sinistra, che usa raramente, in fondo all'angolo del ripiano. E sotto, attaccato alla maniglia del forno, c'è uno straccio a quadri, che sta sempre lì quando deve asciugarsi le mani. Dietro di lei c'è una spessa tenda, color grigio topo, che fa da divisore tra la zona giorno e la zona notte. Il posto in cui vive è un triste buco, di cui paga l'affitto ogni mese. Il resto della stanza è nascosto nell'ombra: c'è un letto sfatto alla destra dell'ingresso, i vestiti e delle riviste sparsi a terra. Ci sono anche delle mensole attaccate alla parete; sopra vi sono disposti libri di vario genere, tra cui qualche classico. C'è un armadio improvvisato e un mobile con dentro oggetti utili e personali. Un posto dove far ritorno dopo aver passato una giornata devastante.
Dana è una ragazza differente. Una ragazza che vuole sembrare alternativa ma non ci riesce. Ha occhi neri, ciglia rifatte e labbra carnose. I capelli mossi, corti, sbarazzini, di un biondo tinto, sbiadito, e con una evidente ricrescita nera di ben un centimetro. Una ragazza un po' in carne, ma che non si dispiace. Porta una felpa grossa, di cotone spesso, color blu notte. E porta ancora la minigonna gialla che ha indossato durante il giorno. Le cosce sono scoperte, ma indossa i calzettoni pesanti, neri, che le piacciono tanto. I piedi rigorosamente scalzi, non le importa se fuori ci sono tre gradi o il caldo la soffoca. 
Dana non riesce a dormire, sono tre giorni che soffre d'insonnia e al mattino è uno straccio. 
Non riesce a smettere di pensare a Damon, quel ragazzo - ormai uomo - con cui ha passato tre anni della sua vita. Tre anni a fingere di essere felice insieme a lui. Tre anni di continue bugie e tradimenti. Ma adesso è finita e nonostante il sollievo, Dana non riesce a smettere di pensare all'ultima sera, in cui finalmente si sono lasciati. In cui lei ha avuto il coraggio di farlo per prima e finirla di mentire a se stessa, di accettare una relazione malsana, che non avrebbe portato nulla di buono nella sua vita...

Dana era nel suo cucinotto. Erano le nove di sera e Damon era passato a trovarla. L'aveva fatto entrare e lui non l'aveva neanche salutata. Era andato diretto verso il frigorifero, portandosi dietro una scia di odore alcolico, misto a sudore. 
«Damon, dobbiamo parlare...» aveva detto.
«Di cosa, bella?» aveva risposto lui, mentre stappava una birra fresca.
«Io non... te ne devi andare. Non voglio più stare con te...» aveva detto tutto d'un fiato.
Damon era scoppiato a ridere, divertito da quella situazione.
«Ma dai, Dana! Non dire stronzate, io lo so che mi ami e che non puoi fare a meno di me», e aveva continuato a ridere, scuotendo la testa. Sorseggiava la sua birra scura come se niente fosse.
«No, non voglio più rivederti». Era decisa. 
Allora Damon si era avvicinato a lei, tornando a essere serio, per un momento. 
«Non dirai sul serio. Tu non puoi lasciarmi. No...». La sua voce sembrava rotta dal pianto. Aveva tentato di abbracciarla, ma lei lo aveva respinto. 
«Guardati, sei ubriaco...» 
Gli occhi di Damon erano umidi, ma Dana non gli credeva. Era tutta scena.
«E vedi di non piangere, non fingere che t'importi qualcosa» aveva detto «Se proprio mi vuoi, allora devi cambiare... altrimenti è finita». 
Subito si era pentita di aver detto quelle parole, perché stava andando contro la sua stessa convinzione di lasciarlo andare una volta per tutte. Non voleva più dargli una chance.
Damon si era seduto sulla sedia, posta accanto al frigo, e si era messo la testa tra le mani. Sembrava davvero scosso. 
«Perché, Dana? Hai un altro, eh?»
«Con che faccia tosta osi chiedermi questo!? Sei tu qui, quello che va con altre donne a mia insaputa, non fare la vittima adesso!» Dana stava iniziando ad arrabbiarsi. 
«No piccola, io non ti tradisco. Sei la mia unica donna!», stava spudoratamente mentendo.
«Certo, come no. Devi essere esausto nel ripetere sempre le solite cose. Ma con me perdi il gioco... Sei un  maledetto bugiardo!». Il ragazzo si era messo a ridere, come colto sul fatto.
«Sai? Hai ragione... Sono un fottuto bastardo e anche un perfetto attore. E tu mi hai beccato, vedo...» Damon aveva cambiato di nuovo tattica, come Dana aveva previsto; lo conosceva troppo bene.
«Tu non mi hai mai chiamato quand'eri sobrio. Anche adesso, non lo sei...»
«Sì bella, non fare l'innocente, non mi dirai che non ti è piaciuto, eh?» ...


A Dana scappa un sorriso. Con quella domanda sarcastica, Damon aveva toccato il punto debole della loro relazione. Non può negarlo, con lui il sesso è sempre stato il paradiso... Avrebbe mentito anche lei se avesse detto di no. Come ha potuto bruciarlo? Nonostante il contrasto, lei lo ha amato davvero: a un livello profondo, quasi immaginario. Forse solo a livello fisico, lui la faceva impazzire. Ma lui non è mai stato suo; è appartenuto a decine di ragazze prima di lei e con lei. Lo sa. Quel ragazzo aveva addosso sempre un profumo diverso. Un profumo di donna, che non era il suo... 

«Te ne devi andare. Ora.»
«Va bene, come vuoi, me ne vado. Tanto ne troverò mille altre come te».
Dana non aveva risposto a quella provocazione. Aveva lasciato cadere l'insulto velato ed era andata ad aprire la porta del suo monolocale. 
C'era una grossa borsa a terra, l'aveva presa e buttata fuori sul piccolo pianerottolo. 
«Tieni, prendi le tue cose e vattene», aveva detto, guardando in basso.
Damon aveva guardato prima la sua borsa, poi lei, un po' interdetto, ma non si era scomposto di una virgola. Si era mosso verso l'uscita, aveva messo la borsa in spalla e se n'era andato senza più considerarla. Rideva, sbeffeggiandola. 
Dana aveva cercato di ignorare quel comportamento così ingiusto nei suoi confronti, per non dargli soddisfazione. Aveva chiuso la porta dietro di sé, scoppiando a piangere. Quella era l'ultima volta che l'avrebbe visto. Era finita.


Dana finisce di fumare la sua sigaretta, e la schiaccia rabbiosamente nella tazza del caffè, ormai vuota. Con quel triste ricordo, decide di andare a dormire. Forse deve smettere di pensarci costantemente. Non merita quella sofferenza. Ormai ha cambiato prospettiva e Damon sarà solo un frammento della sua vita.  
 



  


































 
Spazio Autrice:
Opplà! Spero vi sia piaciuta. 
Se avete voglia di lasciare un commento mi farebbe tanto piacere, come sempre. 
Mi raccomando siate spietati. 
Grazie a chi ha letto. 

Un saluto – Melinda Pressywig

 
  
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