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Autore: Mrs C    15/12/2013    5 recensioni
«Sono caduto.»
Dean si zittisce di colpo, Sam trattiene il respiro e Bobby molla la birra sul primo ripiano che trova.
Castiel si sfrega le mani, come se stesse cercando di scaldarle ma non ci riuscisse e trema vistosamente.
Dean se ne accorge ma non sa cosa fare. Sente il freddo, è il primo pensiero lucido di Dean.
Sente freddo. Ed è come se una secchiata d’acqua gelida gli fosse caduta addosso.
«Caduto. Tu se-- cosa
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Because you're different

(È solo dopo che hai perso tutto che sei libero di fare qualunque cosa)






La birra è fredda.
Non troppo né troppo poco. 
Fredda al punto giusto e scivola giù per la gola che è un piacere, in un’estate afosa come questa.
A Dean non piace l’estate. È il periodo dell’anno che più detesta, perché si sente stanco anche quando non fa niente. Che nel suo caso è un po’ un’utopia, il non fare niente.
Dean ha passato tutta la vita facendo cose.
Quando era bambino aggiustava i trenini dei suoi vicini con il materiale che riusciva a trovare in casa. 
Non duravano mai troppo a lungo, perché Dean era ancora troppo piccolo per capire dove mettere le mani e quanta colla utilizzare nei punti da riparare. 
Impiastricciava tutto il divano e a volte il pavimento. Suo padre non era mai contento quando succedeva. 
Mary, invece, rideva. Rideva spesso e a Dean piaceva sentirla ridere, anche se suo padre si arrabbiava. Non importava perché Mary rideva e a Dean andava bene.
Da ragazzino preparava la cena per Sammy, e molto spesso si scottava le dita. Non è mai stato bravo ai fornelli, Dean. Ancora adesso si limita a comprare cibi pronti o mangiare nei fastfood perché non gli piace cucinare. Ma Sammy, anche quando era solo latte e qualche biscotto, sembrava contento. E a Dean, anche facendosi male alle mani, andava bene, perché Sammy era felice.
Da adolescente, Dean voleva tornare a fare le cose da ragazzino, perché cacciare non era divertente. Ogni notte, dopo la caccia, andava al solito motel e si piegava in bagno a vomitare mentre suo padre era da qualche parte a bere. Quando tornava, Dean era già a letto.
Dopo un po’, fare certe cose era diventata routine e Dean non vomitava più. Ancora oggi non sa quanto esserne contento.
Da uomo, beh, Dean preferisce veramente non pensare a tutto ciò che ha dovuto fare una volta adulto. 
Beve un altro po’ dalla bottiglia di vetro e per la prima volta sente che non è obbligato a fare nulla. Non oggi e nemmeno domani.
Non avrà niente da fare per molto tempo, se non lo vorrà, e questo non lo spaventa. Lo fa sentire al sicuro, protetto. Come se questo fosse il suo riconoscimento per tutto ciò che ha fatto in questi anni.
Dean sente di esserselo meritato, di aver fatto molto più di quanto fosse costretto. Ma adesso che è tutto finito, adesso che finalmente non ha più niente da fare, Dean pensa che forse ne è valsa la pena perché la sua famiglia è lì, a giocare a scacchi sul tavolo della cucina, sana e salva… e se per questo ha dovuto lottare per gran parte della sua vita, beh, va bene. Non importa più di tanto.
«È un gioco di logica, Cas. Le regole sono quelle, se perdi il Re sei quasi automaticamente sconfitto.»
«Ma Sam, se è un gioco di logica allora è illogico. Ci sono altri quindici pezzi perché uno dovrebbe essere così importante da fare la differenza?»
Sam alza le mani mentre Cas continua a guardare la scacchiera, confuso. Dean pensa che non ricorda quand’è l’ultima volta che ha visto suo fratello così allegro come quel momento.
«Beh, io non credo dipenda dall’importanza ma da quello che ogni pezzo è in grado di fare. Alcuni si limitano a guardare, altri riescono a cambiare le cose.»
Cas alza gli occhi verso Dean, agrottando le sopracciglia, come se fissando lui potesse risolvere una complessa equazione che non porta da nessuna parte. Poi abbassa lo sguardo e annuisce appena. Sam sembra soddisfatto ma Dean non saprebbe dire proprio per che cosa. Fa spallucce, limitandosi a non rifletterci mai troppo quando si tratta di Cas, e continua a bere la sua birra, ormai tiepida.
«Come Dean.»
Dean sputa il sorso che stava ingoiando per terra, tossendo un paio di volte mentre Bobby gli batte una mano sulla schiena, divertito.
«In che senso, Cas?»
Sam sorride, e Dean si rende conto che è suo fratello ha manipolato tutta la conversazione per andare a parare proprio in quel punto.
Piccolo bastardo.
«Io sono un Angelo. E Dean è un uomo. Un piccolo uomo insignificante, secondo Michael, una scimmia senza cervello e nessuna capacità.»
«Tuo fratello mi fa rizzare i peli dalla gioia quando si spreca in complimenti, mille grazie.» Mormora Dean, sarcastico, trattenendo a stento un insulto.
«Ma… io non credo sia così.» Cas lo guarda e Dean sente distintamente la birra ribollire nel suo stomaco. 
Sam ridacchia. 
Dannato ragazzino manipolatore.
«Cas, dobbiamo parlare di questo tua brutta abitudine di muovere la bocca e farne uscire dei suoni.» [1]
«Le mie scuse.»
Dean sente Bobby intervellare risate e parolacce contro un tubetto di maionese particolarmente ostico da aprire. 
Sam ricomincia a spiegare le regole degli scacchi a Cas e Dean torna alla sua bottiglia.
Il battito del suo cuore è calmo regolare e non ricorda quand’è l’ultima volta che si è sentito così rilassato, senza la paura che qualcosa possa distruggere la quiete della sua casa. La birra ha un sapore davvero buono oggi.



Non riesce a dormire bene, Dean, e questa è forse l’unica cosa che non è cambiata.
Si sveglia spesso durante la notte, sudato e nervoso, e poi non riesce più a prendere sonno. 
È così da anni e non può certo cambiare da un momento all’altro.
Sam, al contrario, ha un sonno piuttosto tranquillo e non si sveglia mai. Dean è felice che almeno uno dei due non abbia incubi di sorta ma non riesce a fare a meno di controllare che dorma come si deve, seduto su una sedia per quasi tutta la notte per poi andarsene non Sam sta per svegliarsi.
Dean si rende conto che non può passare tutta la vita a guardare suo fratello per essere sicuro che stia bene, ma per adesso è così e se ne fa una ragione.
Stanotte poi, Dean non è proprio riuscito a chiudere occhio. La sedia scricchiola ed è scomoda, e ha paura che non riesca a reggere il suo peso. Non per tutta la notte, almeno. Forse dovrebbe alzarsi e andare via ma non ne ha voglia e non lo fa.
«Non hai ancora perso questo tuo vizio da voyeur di spiarmi, Cas. Vieni dentro invece di rimanere lì dietro.»
Per Dean è automatico accorgersi di Castiel. Non deve nemmeno voltarsi per rendersi conto che effettivamente, il suo angelo è dietro la porta ad osservarlo in perfetto silenzio. Non ha bisogno di conferme, lo sa e basta.
Cas entra piano nella stanza e i piedi scivolano sul pavimento senza far rumore. Non ha le scarpe e neanche il solito trenchcoat. 
È così strano vederlo senza la sua tenuta da battaglia addosso, con i capelli sparati in tutte le direzioni e la camicia arrotolata fino ai gomiti... sembra quasi umano. 
Dean preferisce non pensare che, anche se si ostina a considerarlo un suo pari, Castiel non lo è. 
È un Angelo del Signore, e presto dovrà andare via. Non è una cosa facile da digerire.
«Dovresti andare a riposarti, Dean.»
«Non ho sonno.»
Castiel annuisce appena, agrottando le sopracciglia, come se stesse cercando di risolvere un problema particolarmente complicato. Dean sorride appena, scompigliandosi i capelli.
«Adesso che è finita tornerai nell’alto dei cieli, Cas?»
Non sa davvero da dove gli sia venute fuori le parole per fare quella domanda e non è nemmeno sicuro di volerne sapere la risposta, ma preferisce saperlo adesso, piuttosto che domani. Riuscirà a farsene una ragione, a perdere un pezzo della sua famiglia... non è la prima volta che succede, può accettarlo. Con un po’ di tempo.
«Sì.»
Può riuscirci. Sul serio.
«Va bene. È ok. Il tuo posto non è questo, devi tornarci, è giusto. Non hai niente che ti trattiene qui. ET torna a casa.» [2]
«Dean…»
«Credo andrò a dormire adesso. Buonanotte.»
Cas non dice niente. Scivola fuori dalla stanza, lasciando la porta aperta e Dean lo sente distintamente scendere i gradini a passo pesante. Era preparato all’evenienza. Questo non rende la cosa meno dolorosa, comunque. Si alza dalla sedia senza sapere realmente dove andare, cosa fare e meno che mai cosa dire. Forse perché non c'è qualcuna parola che può esprimere cosa pensa in questo momento.
«Forse dovresti chiederglielo, Dean.»
Sam è seduto, gli occhi arrossati per il sonno interrotto e l'impronta del cuscino su una guancia. Chissà da quanto tempo è sveglio e quanto del discorso precedente ha sentito. A Dean non interessa, non realmente.
«Cosa?»
«Di restare.»
Dean ride, a bassa voce.
«Perché dovrebbe?»
«Dean…»
«Sammy, non c’è neanche da discutere. Non posso chiederglielo.»
Mentre chiuda la porta e va in camera sua, Dean si rende conto di aver detto non posso piuttosto che non voglio
Ed è più che sufficiente per non farlo dormire tutta la notte.



«Ragazzo, sembri uscito dal regno dei morti.»
Dean se ne rende conto e ha la decenza di non commentare. Sa benissimo di non avere una bella cera, non potrebbe averla neanche volendo. 
È rimasto sveglio fino alle sei di mattina e ha cercato di riprendersi con una doccia che gli è servita solo a procurarsi un mal di testa apocalittico.
Buona scelta di parole, Winchester.
«Dov’è Sam? E Cas?»
Bobby fa spallucce, versando una dose generosa di caffè bollente in due tazze. Dean storce appena il naso a sentirne l’odore. Farà schifo, ma è l’unica cosa che potrebbe aiutarlo a riprendere le funzionalità neurali.
«Sam è uscito per prendere qualcosa da mangiare. Cas non lo vedo da stamattina presto. Mi sembrava un po’... sconvolto. È successo qualcosa?»
Dean soffia sopra la tazza, lasciandola sospesa per aria.
«In che senso sconvolto?»
«Nel senso che sembrava essersi fatto di acidi per tutta la notte.»
Ok. Questo è strano.
«E non hai idea di dove sia andato?»
«Ti sembro il suo babysitter? Mi sembra che il ragazzo sia grande abbastanza per andare dove gli pare, papino
Dean non dice niente. Bobby ha ragione. Dopo la discussione di stanotte, non ha nemmeno il diritto di preoccuparsi più di tanto. Gli ha praticamente detto di togliere le tende, e forse ha seguito il suo consiglio prima del previsto. Non sarebbe tanto strano, dopotutto.
«Mi sembra solo strano che sia uscito senza avvisare nessuno, tutto qui.»
«A me sembra strano che tu ti preoccupi così tanto.» Replica Bobby, inarcando un sopracciglio «Che hai combinato?»
«Perché deve essere sempre colpa mia?»
«Perché è sempre colpa tua, ragazzo, specie quando apri troppo quella boccaccia che ti ritrovi sotto al naso.»
Dean incrocia le braccia, lasciando il caffè a raffreddarsi sul tavolo, avendo il buon gusto di rimanere in silenzio.
«È possibile che a volte sia successo, ma non ho fatto niente adesso.»
«Allora smettila di fare domande stupide e finisci quel caffè.»



Dean smette di preoccuparsi, come gli ha suggerito Bobby. Passa tutto il pomeriggio a riparare auto e guardare la televisione, esce a bere una birra con Sam e poi torna a casa e si fa un’altra doccia.
Inizia ad essere agitato solo verso sera, quando si rende conto che Castiel non è ancora tornato ma, che più di tutto, nessuno sa dove sia. 
Gira irrequieto per l’appartamento, si rifiuta di cenare e ha la stessa birra in mano da quasi un’ora quando finalmente la porta dell’ingresso si spalanca, andandosi a schiantare contro l’intonaco scadente del muro.
Quando Castiel avanza a passi imprecisi nel salone della cucina, Dean tira un sospiro di sollievo sentendo il peso che aveva sullo stomaco da stamattina alleggerirsi… sostituito immediatamente da una profonda irritazione e da una rabbia a dir poco infinita.
«La prossima volta ti farebbe così schifo telefonare? [3] Dove diavolo sei stato?»
«Dean, calmati.»
Sam gli posa una mano sulla spalla ma Dean la scaccia, nervoso. Non riesce a ragionare lucidamente e per di più Castiel continua a stare in silenzio, barcollando come un ubriaco dopo una sbronza colossale. Neanche quello gli interessa, adesso. È nervoso e deve sfogarsi, punto.
«Calmarmi? Sam, è stato via tutto il giorno! Poteva essere morto, potevano averlo investito, magari c’è ancora qualche verme in giro che non siamo riusciti a--»
«Sono caduto.»
Dean si zittisce di colpo, Sam trattiene il respiro e Bobby molla la birra sul primo ripiano che trova. 
Castiel si sfrega le mani, come se stesse cercando di scaldarle ma non ci riuscisse e trema vistosamente. 
Dean se ne accorge ma non sa cosa fare. Sente il freddo, è il primo pensiero lucido di Dean. 
Sente freddo. Ed è come se una secchiata d’acqua gelida gli fosse caduta addosso.
«Caduto. Tu se-- cosa
Castiel arriccia le labbra, stringendosi nel trenchcoat umido di pioggia. È normale che senta particolarmente la temperatura, adesso. Rendersene conto equivale a uno schiaffo in piena faccia.
«Dean, perché non vai con Cas su in camera? Cerca dei vestiti puliti e qualche asciugamano, io preparo qualcosa di caldo.»
Le parole di Bobby sembrano più un ordine che un suggerimento. E anche se non lo fosse, Dean è troppo sconvolto per opporsi. Afferra Castiel per il braccio e lo trascina quasi di peso su per le scale, lasciando Sam e Bobby in cucina.



Chiusi in camera, Castiel si spoglia in silenzio. Dean non sente l’imbarazzo perché è ancora fermo alla notizia precedente e a Castiel non importa sul serio che lo veda senza vestiti.
«Spiega.» Mormora perentorio Dean, passandogli un asciugamano.
Castiel si friziona i capelli, lamentandosi per le poche gocce d’acqua che gli cadono sulle ciglia, infastidendolo. 
Non sa da dove cominciare e forse non vuole proprio farlo. Non con Dean, almeno, che la notte prima non si è fatto scrupoli a cacciarlo praticamente dalla stanza senza motivo.
«Sono caduto. Non c’è molto da spiegare.» Dice Castiel, sbrigativo.
«Senti, Bridget, hai combinato tanti di quei casini che non so neanche da che parte cominciare ma non è mai successo che ti punissero così duramente. Che hai fatto per farti sbattere fuori dal Paradiso?»
Castiel lo guarda per un minuto che sembra durare una vita. C’è qualcosa che gli sfugge in tutta questa discussione, ma non riesce proprio a capire che cosa. Come se il puzzle non fosse completo, come se mancassero dei tasselli per poter capire. E Castiel di certo non aiuta in questo senso.
«Non mi hanno sbattuto fuori.»
Dean inarca un sopracciglio. Castiel sospira, infilandosi una camicia pulita e cercando di non incepparsi mentre infila piano un bottone dietro l’altro… sbagliando. Dean alza gli occhi al cielo, strappandogli quasi di mano il tessuto e facendo da sé. Castiel rimane zitto mentre Dean ricomincia a chiuderla da capo.
«E allora perché hai detto che sei caduto? Te lo dico, Cas, gli indovinelli non mi piacciono.»
«Perché è vero che sono caduto.»
Sbuffa, Dean, aggiustando il colletto della camicia e guardandolo finalmente negli occhi.
«E allora?»
«Allora l’ho deciso io.»
Ecco. Questo è il pezzo che mancava. Il pezzo che Dean non riusciva a capire, a comprendere.
Non riesce a smettere di guardare le iridi lucide di Castiel, perché adesso tutto torna. Apre la bocca per dire qualcosa, per dirgli quanto sia stato uno stupido cazzone della peggior specie e che, fra tutte le stronzate che ha fatto, questa è senza dubbio la peggiore. 
Invece è come se la gola gli si fosse stretta in una morsa e gli impedisse di parlare.
«Non te l’ho mai chiesto.» Dice, sforzandosi di sembrare reale.
Castiel abbassa gli occhi, come se si sentisse in colpa per non riuscire ad esprimersi bene, in tutta questa situazione. 
Dean stringe ancora la sua camicia e non ha nessuna intenzione di lasciarlo andare.
«Lo so. Solo che--»
«Solo che cosa, Cas? Sei uno stupido. Non ne valeva pena, non per--»
«Sì, invece.»
E Dean si zittisce. Castiel lo guarda come se fosse la cosa più preziosa del mondo, come se non ci fosse mai stata altra scelta. E Dean ne è semplicemente sommerso. Non ci ha mai riflettuto, non davvero, perché c’era troppo da fare e mai un attimo di tregua. Ma adesso che è tutto finito, ora, è tutto così chiaro e cristallino che Dean sente chiaramente che è giusto e basta.  
«Perché?»
«Perché tu sei diverso.» [4]
È giusto così.
Anche quando lo bacia, Dean sa benissimo il motivo per cui Castiel è caduto, non c’è niente per cui discutere, sarebbero solo parole inutili e a loro le parole non sono mai servite, servono i fatti. Castiel, con quest’ultima azione, ha già dimostrato tutto quello che poteva dimostrare. E Dean l’ha capito. Per questo lo bacia. Per questo infila la mano nei suoi capelli neri e glieli tira, gemendo disperato fra le sue labbra e lo sbatte contro un muro tenendolo inchiodato lì mentre gli accarezza il petto e il viso. Dovrebbero parlare, dirsi un sacco di cose ma a nessuno dei due interessa adesso, e Dean, mentre Cas ricambia timidamente il suo abbraccio, leccandogli piano la bocca, si sente finalmente libero.





Ps. I'm a Serial Addicted


Inizio subito dicendo che vi ringrazio per il vostro caloroso benvenuto e appena inizieranno le vacanze risponderò alle bellissime recensioni che mi avete lasciato alla precedente oneshot. Questa, invece, è nata dai prompt che mi ha dato la mia carissima amica Glass Heart, cominciata da tutt'altra parte ma quando si parla di Supernatural noi scleriamo abbastanza di frequente, don't you? Questa è tutta per te e spero tanto che ti piaccia perchè ci ho messo tutto il mio cuore. Love you <3

[1] Una citazione che ho letto da qualche parta ma che proprio non riesco a ricordare, se sapete dov'è presa riferitemelo che metto i credit.
[2] Citazione di Dean nella 8x23.
[3] Semi-citazione del 50th di Doctor Who, The day of the Doctor.
[4] Citazione di Cas nella 4x15.

E Bobby deve essere vivo. Punto. 
Grazie a tutti e spero vi piaccia. See you soon!

ps. Il sottotitolo è preso dal libro Fight Club.



Jess (Mrs C)

   
 
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