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Autore: LookingGlass    16/12/2013    2 recensioni
Un mondo basato sull'antica regola delle streghe.
Due sfumature che lo dominano.
Tre ragazze che non sono segnate né dall'ombra né dalla luce.
Quattro colori che vanno mostrati al suo popolo.
Cinque elementi da mantenere in equilibrio.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Dovere e Avere



Non avevo idea di cosa mi avesse portata in quel parco in pieno inverno. La neve era dura a causa della notte gelida appena passata e scricchiolava sotto le mie scarpe da ginnastica decisamente poco adatte per l’occasione.
Non ero riuscita a dormire, la notte prima. Nei miei incubi uno strano tornado giallino mi aveva rapita dal letto, avevo incontrato una giovane ragazza con camice da medico in un campo di fiori, che poi era svanita in uno sbuffo di fumo d’incenso, ero stata sollevata da terra da una forza misteriosa, una figura di donna sembrava proteggermi, ma a tratti si trasformava in uomo che reggeva delle tavole e aveva il numero cinquanta inciso sulla fronte sanguinante e un gran numero di creaturine snelle ed eteree mi aveva circondata come portata dal vento.
Non avevo mai sognato quel genere di cose, prima di quel giorno e, forse, avevo soltanto bisogno di schiarirmi un pochino le idee.
Mi ero vestita di fretta e avevo portato con me la telecamera, poi ero uscita con l’intento di girare un filmato delle vie della nuova città in cui ero costretta a stare per qualche mese per colpa del lavoro di mia madre, un’agente di polizia.
Gli spettatori fedeli del mio video diario su internet, sapevano molto bene quanto fosse terribile il momento che stavo passando. Mio padre non aveva un lavoro fisso, mia madre era stata trasferita per una stupida questione di riassegnazione e gestione del personale, mentre io ero stata costretta a trovarmi un lavoretto come commessa in un negozio di musica, film e videogiochi non troppo lontano da casa. Lavorare non era mai stata mia abitudine e mi stava togliendo molto più tempo del previsto e i miei diari sulla rete stavano diventando sempre più radi e più tristi.
Era chiaramente il momento di riprendersi e mostrare a tutti il lato migliore della mia nuova vita. Non avevo idea di quanto potesse essere una buona idea, quella di riprendere le strade della città, ma qualcosa mi aveva spinta fuori di casa.
Le strade erano ancora illuminate dai lampioni e la luce faceva brillare i mucchietti di neve ai lati del marciapiede e le macchine passavano di rado. Il parco mi era sembrato perfetto per continuare questa atmosfera sognante e iniziare a riprendere qualcosa.
Dopo pochi minuti di passeggiata, però, iniziai a sentire l’aria scaldarsi soltanto in una direzione. Pensai che qualcuno avesse acceso un piccolo falò, forse qualche senzatetto, e andai ad indagare stando attenta a non fare troppo rumore. Mi fermai dietro la siepe che delimitava il piccolo spiazzo, poco prima di svoltare l’angolo verso il sentiero da cui si poteva percepire il lieve tepore. Accesi la telecamera e feci una ripresa della piazzetta da quel punto di vista, tendendo le orecchie per avvertire qualche rumore.
Altri passi sulla neve e il calore si affievolì. Non volevo perdere l’occasione di riprendere una scena così particolare, così lasciai da parte la paura e mi lanciai per la strada.
Davanti a me, una ragazza che sembrava essere della mia età mi fissava terrorizzata. Sembrava vestita per qualcosa di elegante, pensai, notando la gonna a pieghette che sbucava da sotto il giaccone pesante.  Aveva le gambe scoperte nonostante il freddo pungente e i lunghi capelli scuri perfettamente  in piega. L’abbronzatura, poi, era rimasta tendente all’arancione anche nel bel mezzo della stagione fredda.
Stava lì ferma, a squadrarmi con i suoi occhi scuri e truccati, probabilmente chiedendosi come mai le fossi saltata davanti riprendendola.
-Scusami, non volevo.- Sussurrai, rossa un po’ per la vergogna e un po’ per il gelo.
-Non so cosa stai combinando, ma non puoi riprendermi in questo stato.-  Mi rispose accennando un sorriso.
Probabilmente si era ripresa, ma per qualche ragione il tono amichevole con cui aveva pronunciato la frase cozzava con il suo contenuto.
Presi fiato per scusarmi ancora, ma lei non aspettò la mia risposta e mi superò a passo svelto, avanzando sulla neve molto più agevolmente di me.
Quando riportai lo sguardo sullo schermo della videocamera, era spento.  
Tutti i miei tentativi di riaccenderla fallirono miseramente e, irritata, seguii i passi della ragazza incontrata poco prima, facendomi strada verso l’uscita del parco.
Superai la piazzetta, entrai in una strada più grande e svoltai accanto ad un’aiuola completamente bianca, un paio di svolte  più avanti, una luce gialla e calda attirò la mia attenzione.  Arrivava esattamente dal punto in cui ero passata mezz’ora prima per entrare nei giardini, eppure ero sicura di non aver visto nulla di anomalo sulla mia strada.
Ci impiegai poco tempo a convincermi di aver perso il senso dell’orientamento quando vidi il sentiero finire con una scalinata che portava sotto terra, alla fonte della luce, e la ragazza mora in piedi sui primi gradini, intenta a spiare ciò che doveva esserci alla fine dei gradini.
In un secondo ritirai la macchina fotografica e mi avvicinai alla nuova conoscente.
-Scusami!- esclamai, facendola sobbalzare ancora.
Non rispose, si voltò soltanto a guardarmi, con un’espressione ancora più stranita della precedente che mi mise non poco in imbarazzo. A questo punto pensai che semplicemente non dovesse essere in quel posto, che il locale in cui stava sbirciando fosse qualcosa a cui partecipava segretamente. Pensai davvero di inventare qualcosa ed andarmene senza chiederle cosa fosse, ma le parole mi scapparono di bocca.
-Sai cos’è questo posto?-
Fece cenno di no con la testa, poi tornò a fissare in basso.
-Non si vede nemmeno dove finisce la scala.-  Pronunciò quelle parole come se mi stesse rivelando un segreto.
-Non sapevo che ci fosse un locale in questo posto. Sicuramente è suggestivo.-  Cercai di sorriderle amichevolmente, per quanto ne fossi capace.  Dopo quasi due mesi di vita in quella città, non avevo ancora conosciuto qualcuno che non fossero i miei due colleghi al negozio. A loro piaceva davvero vendere videogiochi e se ne intendevano di console, mentre io ero soltanto il loro argomento di risate preferito. Non potevo lasciarmi scappare una ragazza curata, circa della mia età, con cui andare per lo meno a fare compere o con cui guardare un film.
-Nemmeno io.-  Sussurrò appena senza guardarmi.
In quel momento trovai ovvio che mi odiasse a pelle e non volesse parlarmi, però decisi di fare un ultimo tentativo. La sua reazione così fredda poteva essere portata dalla curiosità, dall’ora del mattino o dalla temperatura, dopotutto.
-Oh, abiti anche tu qui da poco?- domandai cercando di accentuare all’inverosimile il tono di sorpresa.
Gli occhi scuri di lei mi si appoggiarono addosso ancora una volta come per studiarmi e dopo qualche secondo interminabile di silenzio, iniziò a scendere i gradini, rispondendomi per la prima volta a voce alta.
-No, io passo di qui ogni mattina per andare al lavoro.-
-Come?- La voce sorpresa non era finta, questa volta. L’informazione mi spiazzò. Un locale  sotterraneo nato in ventiquattro ore in quel posto così immensamente silenzioso, dove anche il rumore delle macchine sembrava sparito, e così particolare, tra l’altro, con gradini di pietra viva, completamente liberi dalla neve, e quella luce particolare che sembrava troppo delicata per essere artificiale, ma troppo stabile per essere fuoco.
La curiosità prese il sopravvento e presi anche io a scendere la scalinata. La ragazza non mentiva, non si riusciva a vedere il fondo.
-Sono certa che questo posto ieri non fosse qui.- Ribadì lei, arrivata in fondo.

-Sarebbe strano, non trovi? Magari hai solo sbagliato strada, con lo spavento che ti ho fatto prendere prima.- Non ricevetti risposta, così continuai a scendere fino a che una scena unica si presentò davanti ai miei occhi.
La scala portava ad uno stretto corridoio di grotta, illuminato da un liquido iridescente e color oro che trasudava dalle pareti rocciose.
-Oh.- Non dissi altro. In quel momento fui completamente rapita dall’immensa bellezza ed energia di quella piccola grotta.
-Non c’era.- Ribadì la ragazza con tono trionfante, più coinvolta dalla sicurezza di aver ragione che dalla particolarità dell’evento.
La lasciai indietro con la sua piccola vittoria e percorsi il corridoio, fino ad una sala circolare più grande, in cui un’altra ragazza era intenta a raccogliere in una bottiglia di plastica lo strano liquido giallo.
I passi dovevano aver attirato la sua attenzione, perché si girò a guardarmi, lasciando cadere il tappo a terra.
-Mi scusi! Io non volevo… Non credevo che.. Sì, insomma..- Rantolava in quello che sembrava puro panico.
I suoi capelli erano corti e arruffati, del castano più spento che avessi mai visto, quasi in tinta con il blu slavato del maglione oversize che aveva infilato sotto la giacca aperta e sopra un paio di jeans neri abbastanza attillati. C’era da dire che il suo abbigliamento dai colori scuri faceva risaltare magnificamente quel paio di occhi grigi che si stavano riempiendo di lacrime.
-Sai dove siamo?-  Mi limitai a chiedere, facendo ben intendere di non aver nulla a che fare con il posto e con il suo furto.
-No!- Esclamò senza calmarsi minimamente e guardando alle mie spalle.
- Briny, Careen e Ashley.-
La voce che aveva appena parlato era di donna e veniva da tutt’intorno a loro, come se a parlare fosse la roccia stessa.
Tutte e tre corremmo verso il centro della cavità circolare su cui eravamo affacciate, terrorizzate e incapaci di pensare ad una direzione verso la quale scappare.
-La paura non vi porterà beneficio.- Continuò la voce , accompagnata da un leggero scricchiolio di ghiaia.
La mora strinse mio braccio e mi costrinse a voltarmi verso una  statua di pietra scolpita grossolanamente che rappresentava una donna in una tunica e con qualche fiore in testa.
-La curiosità e la sete di conoscenza vi hanno portate qui, e soltanto loro vi riporteranno indietro.- La statua mosse le labbra, mantenendo la sua espressione completamente vacua.
Per qualche secondo mi sentii mancare. La sensazione era a dir poco estraniante. Non mi spaventò e nemmeno le altre sembravano esserlo.
-I vostri desideri non sono malvagi. Non è il male degli altri ciò che volete, ma la realizzazione di voi stesse.-
La ragazza dai capelli corti si avvicinò alla statua per guardarla meglio. Si poteva leggere sul suo volto la voglia di capire il funzionamento di quel pezzo di arredamento che però avrei giurato fosse vivo.
-Briny, è portare il sapere al prossimo il tuo desiderio? E’ mostrare loro la terra inesplorata e le storie che non sono mai state raccontate?-
Capii la risposta della ragazza solo leggendo il labiale. Non  fui nemmeno sicura che avesse prodotto un singolo suono, ma sì, la supposizione della roccia doveva essere corretta.
-Careen.- Continuò, facendomi sobbalzare. - Quello che vuoi è portare al prossimo un messaggio benevolo di pace e di amore per gli altri?-
Lo era. Non molto tempo addietro avevo aperto il mio video diario per poter dare visibilità al mio pensiero, in un mondo in cui l’odio regnava sovrano e il cinismo era diventato un pregio, in un momento in cui la maleducazione era la norma e voler limitare la libertà altrui era la cosa da fare per essere popolari. Volevo dimostrare  a me stessa e agli altri che avrei potuto diventare popolare predicando la libertà e l’amore per le persone, così da cambiare il mondo tassello per tassello. Non ci ero riuscita, ovviamente.
Non solo, ma avevo anche dimenticato il mio scopo, smettendo di preoccuparmi del mio messaggio e insultando gli altri pur di avere visualizzazioni.  Non pensavo di star sbagliando, avevo solo scelto il modo più facile. Una volta popolare avrei potuto cambiare il mio comportamento, se avessi voluto.
-Lo era.- Risposi sinceramente, senza nemmeno pensarci.
-Lo sarà ancora.- Asserì la roccia.
-E quale sarebbe il mio scopo? Cosa voglio?- Interruppe l’ultima ragazza, con aria di sfida e incrociando teatralmente le braccia.
-Ashley.- La statua la chiamò - Tu vuoi fare qualcosa di speciale, non è così? Non è il mondo interiore, quello che vuoi mostrare al prossimo? E’ forse un mondo spirituale che ognuno dovrebbe coltivare in sé stesso?-
Le braccia di Ashley si distesero lungo i fianchi e la voce si ammorbidì.
-E’ così.-
-Il liquido che questa grotta magica trasuda è energia pura. Assaggiarne una sola goccia può sbloccare tutto il vostro potenziale. Io sono qui per dirvi che il vostro potenziale è benigno e che nel vostro cuore c’è soltanto amore. Il vostro desiderio può essere esaudito una volta compiuto il vostro dovere. Ma, vi avviso, se mi sbagliassi e voi non foste le creature che il mio popolo sta cercando, se il vostro cuore fosse macchiato, sarebbe quell’energia a sprigionarsi e a distruggervi.-

Ascoltai la spiegazione imbambolata. Nulla di tutto quello che avevo sentito poteva essere vero, eppure molto di ciò che mi era già successo non poteva essere credibile.
-Perché?- Chiese Ashley, con il suo tono quasi supponente, anche se addolcito lievemente dall’esperienza che stava vivendo.
-Perché il vostro popolo viene distrutto dalle ombre. Non è nella vostra natura avere l’energia necessaria per cambiarle in luce.- Rispose paziente la donna.
-Chi ci sta cercando? Perché?- Chiesi, senza perdere quella strana sensazione di surreale che circondava tutta la scena.
-La domanda è se potete fidarvi e amare un popolo che non conoscete.-
Queste furono le ultime parole della statua, prima che si sgretolasse in minuscoli pezzetti, lasciando aperto un passaggio luminoso.
Ashley corse fino al muro e raccolse con un dito un po’ di liquido luminescente.
-Chi ci dice che non è velenoso?- Borbottò, annusandolo.
-E’ dolce.- Constatò Briny, leccando il bordo della sua bottiglia di plastica, rimasto sporco dalla raccolta precedente.
-Potrebbero essere allucinazioni.-  Pensai ad alta voce. Era la mia unica idea in quel momento. Non volevo rischiare di restare avvelenata o peggio di morire in qualche terribile modo mistico soltanto per la promessa di qualche fan su un sito internet o di un’apparizione in televisione.
Mi avvicinai al nuovo passaggio e lo attraversai, senza pensarci troppo. Presto la telecamera si sarebbe ripresa e io avrei potuto documentare quei posti fantastici ed avere le mie visualizzazioni comunque.
Dall’altra parte il pavimento era ricoperto di cristalli trasparenti e poi si trasformava in terriccio. Quella su cui ero finita era una piccola balconata naturale in cima ad uno strapiombo che doveva essere veramente in alto, data l’aria rarefatta. In torno a me, montagne e colline a perdita d’occhio. A destra un albero completamente spoglio che aveva migliaia di piccoli bigliettini legati ai rami.
Mi voltai e presi fiato per chiamare le altre, ma non entrò aria nei miei polmoni. Cercai di respirare il più velocemente possibile, ma non aiutò. Mi sentivo soffocare ed ero convinta che sarei morta. Il petto era pesante e ogni cosa attorno a me era sfocata. Non avrei nemmeno saputo dire quando era successo, ma sentii la mia testa appoggiarsi sui piccoli cristalli appuntiti. Dei lunghi boccoli neri mi sfiorarono il naso e dopo poco tempo le mie labbra toccarono una sostanza dal sapore pungente e dolce allo stesso tempo. Il lungo fischio che mi aveva impedito di sentire svanì e sentii i miei polmoni dilatarsi molto lentamente.
Avevo un forte dolore alla testa, ma il panico per ciò che mi era appena successo non mi lasciò il tempo di pensarci.
Le mie compagne mi aiutarono a tirarmi su, ma nessuna capì cosa mi fosse successo.
-Soffri d’asma?- Mi chiese Briny.
-No, non credo.- Risposi.
-Beh, qualunque cosa fosse, questa roba ci ha fatto qualcosa.-  Ridacchiò soddisfatta mostrandomi la sua bottiglia di liquido dorato.
-Avresti potuto avvelenarmi!- Esclamai, una volta realizzato cosa aveva fatto.
-Calma, calma. Qui non è ancora morto nessuno.- Disse Ashley avvicinandosi con in mano un bigliettino strappato dall’albero.
Entrambe fissammo a lungo le sue mani, mentre leggeva.
-“Vorrei tornare indietro e potermi dire che cosa ho imparato ora.” Sono tutti desideri.- Ci spiegò, indicando le fronde della pianta con i pezzetti di carta mossi dal vento.
-Sarà un qualche tipo di tradizione.- Tagliai corto, andandomi a sedere su una roccia vicina. Non c’era qualcosa che potesse interessarmi di meno in quel momento.  L’aria era tornata normale, respiravo bene e tutto quello che volevo fare era andarmene. Una statua d’oro della donna con la tunica aveva preso il posto dell’entrata.
Per qualche minuto, Ashley e Briny tentarono di parlarle, di smuoverla o di farle domande, ma l’immagine rimaneva inerte a fissare l’orizzonte.
-Andiamo.- Annunciò la mora alla fine.  - Scenderemo da questo sentiero, troveremo una casa e chiederemo un telefono o qualcosa. E’ il modo migliore.-
Briny non ne era del tutto convinta, ma alla fine tutte e tre ci incamminammo lungo il sentiero spoglio e ripido che scendeva lungo la collina fino in un boschetto. Era mattina, il sole stava iniziando a splendere e avremmo avuto un’intera giornata per cercare qualcuno in grado di riportarci a casa.







Note d'autore:  
Prima storia su efp, prima storia originale, primo tentativo di scrivere in prima persona, primo tentativo di trasportare in versione scritta qualcosa che era stato inizialmente scritto per diventare un fumetto.
Primo tutto, insomma. E' un enorme esperimento, quindi vi prego di farmi sapere come sta andando.
L'agitazione mi ucciderà.
Detto questo, spero vi sia piaciuta almeno un po', se siete arrivati fino in fondo a leggerla, e vi ringrazio infinitimente per aver dato un'occhiata al mio lavoro.
Al prossimo capitolo,

 
Looking Glass
  
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