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Autore: cartacciabianca    16/12/2013    4 recensioni
Lui era sempre stato un animale, il naufragio aveva solo peggiorato la sua natura e pensai che probabilmente sarebbe morto come tale.
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SPOILER sequenza 8 - ma consiglio di aver finito il gioco, non si sa mai :)
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Edward Kenway
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Violenza
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_Down among the dead men

1. Nessuna ragione per morire

 

Un lampo, poi il suo tuono e in fine una pioggia scrosciante.

— Solo uno di noi uscirà vivo da quest'isola, gallese! — gridò Vane in cima alle rovine. La voce di pietra rimbombava in modo agghiacciante tra le pietre. — Non intendo imbattermi una volta di più nel tuo brutto muso! —

L'acqua mi entrava in bocca, nascosto dietro le macerie, mentre riprendevo fiato dopo la corsa per arrivare fin lì, al riparo dalla sua vista. Ora aveva un moschetto, in mano, e gli sarebbe bastato un colpo per uccidermi o quantomeno condannarmi ad una lenta agonia. Il cuore mi batteva all'impazzata. Dovevo riuscire ad avvicinarmi e porre fine a quella storia.

— Ancora vivo? Prendi! — esultò Vane quando mi vide uscire allo scoperto mentre correvo verso il riparo più vicino, ma l'esplosivo che aveva lanciato ci arrivò prima di me e il sibilo del suo innesco mi riempì le orecchie cancellando tutti gli altri suoni. Mi buttai verso un cespuglio, ma la forza dell'esplosione mi scaraventò a terra molto dopo di quello.

— Eccoti là, bastardo! — esultò Vane impugnando il moschetto. — Ti mando all'Inferno! —

Rotolai da un lato, schivando il proiettile che fischiò contro un masso, poi mi alzai e corsi dietro una colonna, alla quale mi aggrappai con le unghie quando rischiai di scivolare sul terreno ridotto già ad un bagno di fango. Appoggiai la fronte  sulla roccia, calmando il respiro, e strinsi i pugni.

— Non puoi nasconderti! — lo sentii gridare.

Lanciò un'altra bomba ed io uscii allo scoperto, trovandomela davanti. Sgranai gli occhi ma era troppo tardi e l'esplosione, che coincise con tuono, mi buttò in una pozza d'acqua.

 

 

— Un'isola… —

— Un po' presto per le allucinazioni, Capitano Kenway. —

Corsi all'impavesata di prua e poi su quello che restava del bompresso. Spontaneamente cercai il cannocchiale nei vestiti, ma trovai solo il nulla e dovetti sforzarmi a guardare nelle tenebre ad occhio nudo. Era notte e solo per miracolo il relitto in fiamme su cui galleggiavamo non era ancora affondato, ma il ponte era divorato dalle lingue di fuoco che lo rosicchiavano come giganteschi tarli e il fumo si alzava nel cielo nascondendo tutte le stelle.

— Sì, è un'isola. —

Tornai indietro, e trascinata giù dal cassero in fiamme una cassa di palle da due libbre cominciai a svuotarla per poi riempirla del mio equipaggiamento, ovvero di quel poco che Rackham non mi aveva trovato addosso quando aveva dato l'ordine di perquisirci: una dozzina di proiettili, qualche dardo soporifero, le lame celate e una pistola che Adewale mi aveva infilato di nascosto nella fascia, con l'augurio di farmela bastare per proteggermi dalla bestia più pericolosa tra tutte quelle che avesse mai incontrato...

— Cosa stai facendo? — chiese Vane, avvicinandosi, quando vide che mi stavo sfilando gli stivali.

— Non è ovvio? Preparo i bagagli! — chiusi la cassa.

— E dove te ne vai, sulla tua isola immaginaria? — rise.

— C'è davvero un'isola, razza di idiota, guarda! — gliela indicai e adesso che eravamo più vicini si distingueva chiaramente la banchina di scogli contro cui s'infrangevano le onde, che li riempivano di schiuma luminescente.

— Balle. —

Non si era neanche voltato.

Quella volta scoppiai io dalle risate.

— La cosa assurda è che perdo anche tempo a dirtelo. —

Gettai la cassa fuoribordo e poi la seguii, tuffandomi di testa oltre l'impavesata. Quando riemersi notai che il baule galleggiava come mi aspettavo e così me lo misi sottobraccio. L'acqua era gelida, ma stemperava piacevolmente il mio corpo accaldato dopo le ore trascorse ad un palmo dall'Inferno. Avevo sete e mi inumidii la bocca senza inghiottire, poi cominciai a nuotare. Tenevo gli occhi puntati sugli scogli, ogni tanto trattenendo anche il respiro come un cecchino: la più piccola distrazione avrebbe potuto portarmi alla deriva, ma non avevo dubbi: era un'isola quella che avevo davanti e non distava più di un chilometro. Potevo farcela, ero un ottimo nuotatore e non avevo ragioni per morire ma, al contrario, mille per vivere.

Arrivato alla decima falcata di gambe sentii il tuffo di Vane alle mie spalle e poco dopo, con un mostruoso gorgoglio e in un letto di schiuma e vapore, la nave, ormai un gigantesco falò, affondò.

Per dei lunghi minuti nuotammo in silenzio, un silenzio inquieto che cresceva man a mano che ci allontanavamo dal luogo di morte della nave, dove le ultime lingue di fuoco guizzavano fuori dall'acqua come i tentacoli di un Kraken. Lasciata anche la nube di fumo alle nostre spalle, tornarono le stelle, e con esse l'unico modo di distinguere il cielo dal mare, densi e neri come l'inchiostro. Vane era dietro di me: disegnava ampie bracciate nell'acqua scura senza stancarsi troppo, almeno non subito, come stavo facendo anch'io data la lunga distanza da coprire. Quando cominciai a battere i denti sentii per la prima volta il fragore delle onde che s'infrangevano sugli scogli e potei distinguere il profilo dell'isola contro il cielo stellato. Era grande e le sue coste da quella parte di mare erano alte e rocciose. La corrente andava nella nostra stessa direzione ed era un sollievo per i muscoli, ma una volta che fossimo stati sotto quelle scogliere avrebbe potuto esserci fatale.

— Scommetto che non hai pensato agli squali, — disse Vane improvvisamente, rompendo quel silenzio. — Oppure ci hai pensato e siamo qui proprio perché preferisci una morte più rapida! —

— Non moriremo, Vane! — gridai, digrignando i denti e mettendo più potenza nelle bracciate.

Avrei dovuto togliermi di dosso qualche altro strato di vestiti: affaticavano ogni mio movimento rendendo tutto più difficile. Mi voltai per controllare se Vane, che al contrario non si era tolto neanche gli stivali, avesse tenuto il passo e lo vidi più vicino di quanto mi aspettassi, ad appena un paio di bracciate da me.

Mi ero illuso di essere una sirena, e invece in prossimità della costa le forze iniziarono a mancarmi e mi sentii trascinare verso il fondo. Si era alzato il vento, e l'oscurità e le onde, ora impetuose, mi travolsero. Persi la linea dell'orizzonte, poi il mio baule, e in fine, quando sbattei la testa sugli scogli, i sensi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve ciurma!

Per mancanza di idee concrete, come al solito, non saprei cosa dire per esplicarvi i come e i perché di questa storia, perciò mi limiterò a confessare che, disgustosamente innamorata del personaggio di Charles Vane, non potevo non prolungare e celebrare la sua esistenza con l'ennesimo aborto della mia mente malata. Anche se qui il narratore è Edward, e perciò le vicende si svolgeranno dal suo punto di vista esattamente come nel gioco, il vero protagonista è quell'altro maledetto diavolo.

Sto scrivendo tutto molto di getto ed è probabile che anche la pubblicazione seguirà un ritmo piuttosto rapido (in termini di lunghezza dei capitoli e di intervalli tra un aggiornamento e l'altro.) Questo perché quando ho iniziato a pensare a questa storia, appena finito il gioco, volevo farne un fumetto. Una volta davanti alla pagina di word mi sono detta che dovevo stilare una rapida, sintetica scaletta degli eventi con i caratteri di una sceneggiatura che poi, forse durante queste vacanze natalizie, avrei trasformato in tavole, ma poi sono stata travolta dal fiume di immagini che mi hanno assalita nei minimi particolari e non ho saputo "trattenere la lama". Il risultato forse è una via di mezzo tra una sceneggiatura, con una forte componente nei dialoghi e una scrittura asciutta, scheletrica, quasi, e un romanzo, dove il narratore lascia trapelare le proprie sensazioni ed esperienze, cadendo così in una narrazione soggettiva.

(Scusate il linguaggio macchinoso, ma tra due giorni ho un'interrogazione su Diderot e sono diventata peggio della mia prof!)

Detto questo spero che come inizio vi abbia incuriositi. Numero di capitoli? Sconosciuto. Struttura della trama? Bhé, lo scopriremo insieme. Sto tutt'ora lavorando alla stesura dei prossimi aggiornamenti, quindi si potrebbe definire il tutto ancora un "work in progress". Stamattina ho fatto la prima modifica postuma a questo stesso capitolo e in futuro potrebbero essercene altre, proprio perché la sola ed unica versione definitiva di questa storia sarà un fumetto.

In attesa di commenti :3

cartaccia

 

P.S.

Quella pseudo-copertina è una mia creazione dell'ultimo momento, dato che fino a ieri non sapevo che avrei pubblicato la storia su EFP. Ho un accaunt Tumblr e DeviantArt rispettivamente linkati nella mia pagina autore, se a qualcuno interessasse.

 

 

 

 


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