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Autore: Callie_Stephanides    17/12/2013    6 recensioni
(...) Dev’essere bello sorridere ai morti: vuol dire non avere rimorsi, solo ricordi.
Why so serious? mi chiederebbe il Joker.
Non ho più sedici anni e conosco la risposta: perché esserci è un affare serio, serissimo.
Come la memoria (...)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alfred Pennyworth, Batman aka Bruce Wayne, Joker aka Jack Napier, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Fictional Dream © 2013 (17 dicembre 2013)
Batman © Bob Kane, DC Comics, DC Entertainment, Legendary Pictures, Warner Bros.
Questa fanfiction è il tributo di una fan e non rivendica alcun diritto sull’opera citata, né persegue finalità lucrative. Non si ritiene infranto alcun copyright o altro diritto depositato.
L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell’autrice (Callie Stephanides - Fictional Dream).

*

You either die a hero, or you live long enough
to see yourself become the villain.
− Harvey Dent

Avevo sedici anni, mezza testa nera, mezza blu, pensieri confusi.
Avevo sedici anni e non sapevo da che parte stare, perché ignoravo – come tutti i sedicenni – che solo gli adulti accettano una parte, con un coraggio rassegnato che cresce con te.
I bambini, no, lasciamoli stare. I bambini non decidono.
Avevo sedici anni, quando scelsi Joker. Era il diavolo e Sid Vicious, era l’entropia che abbandonava i libri di fisica e diventava sostanza.
Era: la polpa nera di tutti i miei incubi.
Forse avevo lasciato l’infanzia alle mie spalle e non me n’ero accorta: uno straccio vecchio, come un paio di scarpe sfondate, calciate in fondo all’armadio.
A sedici anni vuoi distruggere il mondo, perché abitarlo fa male. È un’equazione semplice e si chiama vita. A sedici anni, però, se non chiudi gli occhi e non vivi di sogni come in una bolla, ti accorgi di quando le strade della tua città diventano sangue.
Ti accorgi se, un bel giorno, tuo padre non torna più.

*

Quando morì Harvey Dent, tutta la mia testa era nera, così lo smalto sulle mie unghie e la pelle del lutto. I poliziotti come mio padre, uomini di strada e di frontiera, erano un trafiletto sul giornale, non la celebrazione postuma di un senso di colpa collettivo. Avrei dovuto piangere la scomparsa di un eroe, guardare il cielo di Gotham e stupirmi di quello scampolo di sole che ci baciava tutti.
Io, invece, pensavo lontano e inseguivo un pipistrello.

*

Non ho mai creduto alla colpevolezza di Batman. Era il bene e non mi attraeva, ma era nero e violento e forse ammazzava. C’era, in lui, quel guizzo perverso, quella bestiale, travolgente libertà che mi aveva fatto innamorare del Joker.
Uomini come loro – fantasmi, mostri, eroi… Non era forse la stessa cosa? – non vivevano come noi, ma sopravvivevano. Erano un super da fumetto o da cieli troppo vuoti. Erano l’estremo da guardare in faccia, per scoprire chi ci fosse davvero dall’altra parte dello specchio.
A Joker non piaceva prendere le cose sul serio.
A Batman piaceva troppo.
A me sarebbe bastato chiamare per nome la verità.

*

L’Ultimo Cavaliere di Gotham no, non l’ho mai incontrato. Gli devo la vita, al pari di mille altri sbirri – ratti intrappolati tra terrore, bestemmie e piscio: come dimenticarlo? – eppure del suo mantello ho avuto appena un miraggio.
Mi sarebbe piaciuto parlargli? Forse.
Magari chiedergli se a tagliare i fili di mio padre fosse stata davvero la sua mano.
Se dovessi considerarlo un santo, oppure una scheggia impazzita.
A volte lo penso proprio come il santo bevitore, benché la sua sia una sbronza di misteri e d’amarezza.

*

Ieri portavo a mio padre un mazzo di rose bianche.
Tirava un vento freddo da strapparti le lacrime, mentre un organetto, lontano, belava una Holy Night rugginosa. Oltre a me, lungo il viale, c’era solo un bellissimo vecchio, splendido come si è a una certa età, quando ti copri d’argento e pergamena. Cantava una canzone italiana, mi pare; a labbra strette, le palpebre socchiuse, a tratti ne coglievo un verso:
 
La porti un bacione a Firenze,
che l’è la mia città
che in cuore ho sempre qui.
 
Mi sono chiesta a chi andasse davvero quel bacio e l’unica orchidea che portava con la dignità di uno scettro. Una donna? Un figlio? Un nipote?
Dev’essere bello sorridere ai morti: vuol dire non avere rimorsi, solo ricordi.
 
Why so serious? mi chiederebbe il Joker.
 
Non ho più sedici anni e conosco la risposta: perché esserci è un affare serio, serissimo.
Come la memoria.

   
 
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