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Autore: larryslaughs    19/12/2013    2 recensioni
Ed è così che deve essere, pensa Louis, l’amore. È così che ci si deve sentire, come un nodo all’altezza dello stomaco, come le unghie artigliate nella carne e i segni lasciati sul collo. È così che deve andare, si ripete. E allora semplicemente glielo dice, sempre con il cuore a palla, le mani sudate, le orecchie tappate ed un nodo in gola. «Ti amo, Harry.» Ed Harry semplicemente sorride perché , conferma, è così che deve essere.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Same love.




Louis ama il suo lavoro, davvero, lo adora con tutto sé stesso. Ama il modo in cui una piccola macchina creata nell’800 riesca ad immortalare non solo lo spazio circostante ma, bensì, le emozioni che quello spazio riesce a provocare. Louis ama fotografare gli alberi: foglie rosse, verdi, gialle, perfino arancioni con sfumature dorate. Ama il modo in cui quei piccoli pezzi di cielo colorati riescono a donargli una pace quasi disumana, e allora le fotografa. Le fotografa per il semplice fatto che vuole, deve far sapere al mondo intero che, nel bel mezzo della merda che tutti i giorni li circonda, un briciolo di speranza ancora c’è.
E allora si siede, come ogni giorno, sull’immenso prato verde ricoperto da margherite, ne stacca una e se la rigira tra le dita piccole e magre, la osserva e giura, lo giura sulla sua stessa vita, lo giura persino su Joseph Niépce (suo unico modello di ispirazione, e Louis lo tratta un po’ come un’antica divinità greca o romana, ha anche una sua fotografia sul comodino di mogano accanto al suo letto, ma – Non sono ossessionato, lo giuro!- ripete più e più volte) di riuscirne a vedere ogni minimo particolare, i petali bianchi ma non troppo (e ‘Avorio, forse’, si ripete), il giallo che proprio giallo non è perché, se si osserva attentamente, una sfumatura di un arancione pallido circonda l’intero fiore. Lo stelo verde, ma non verde pastello, verde verde, di quelli che ti fan voglia di correre nudo per tutte le strade e urlare come se non ci fosse un domani.
Poi Louis getta la testa all’indietro mentre un sorriso si fa spazio sulle sua labbra piccole, fini, come disegnate dal più grande pittore di tutti i tempi perché, dio, si è di nuovo perso nel commentare le sfumature di un fiore o dei colori. Perché, si sa, per lui il mondo non è bianco o nero. Il mondo intero, per Louis Tomlinson, è di un vivace blu elettrico contornato da un arancione shocking.
Si rigira il fiore tra le mani, appoggia il cavalletto sul prato, lo lucida con la mano e al diavolo se si sporca, poi, quella è l’unica cosa preziosa che ha; si alza facendo presa sui gomiti e, dopo essersi passato una mano abbronzata tra la frangia che, colpa del sole, è incollata alla sua fronte e cattura quelle goccioline di sudore che gli accarezzano gli zigomi. Estrae poi la sua Jupiter (perché sì, ha dato un nome anche alla sua macchina fotografica), ne accarezza ogni centimetro come se fosse la cosa più preziosa del mondo –ed in effetti lo è- e la appoggia sul cavalletto, cautamente. Inquadra poi l’enorme ciliegio in fiore distante una decina di metri da lui, zoomma e puf, scatta la foto. Quando la riguarda, poi, sente un nodo salirgli in gola e le mani sudare: è semplicemente perfetta. E no, Louis non è per niente un ragazzo modesto, anzi è –sicuramente- il più insicuro del mondo ma non può attribuire nessun altro aggettivo che non sia ‘perfetto, splendido, Dio –e l’ultimo non sa nemmeno come attribuirlo ad un aggettivo, ma lui semplicemente lo fa-‘ perché i raggi solari si fanno strada tra gli spiragli lasciati dal ciliegio, dando la giusta quantità di luminosità. C’è quel rosa, poi, il rosa di quei fiori così aperti e grandi e belli da far battere il cuore di Louis ad una velocità che lui stesso definisce disumana, perché non è davvero possibile che una semplice foto lo faccia star così.
E allora ricomincia, fotografa, sorride e si morsica l’interno guancia perché è quello che vorrebbe fare da grande – anche se è grande, insomma vent’anni non sono proprio pochi.
Poi la fame lo assale, il suo stomaco brontola e degli amorevoli crampi decidono di apparire nel momento clou dello show (stava, infatti, per fotografare una piccola famiglia di scoiattoli con delle noci in grembo), e decide quindi, dopo essersi maledetto mentalmente perché ‘Dai, Louis, potevi almeno mangiare, idiota!’, di fare uno spuntino.
Ora, Louis non è una persona possessiva, condivide sempre tutto con tutti. Ma nessuno deve permettersi di avvicinarsi alla sua macchina fotografica perché, seriamente, potrebbe trasformarsi in un lupo mannaro stile Teen Wolf e fare a brandelli qualcuno. E, quando alza lo sguardo, nota che qualcuno ha le mani appoggiate al suo cavalletto e osserva le sue foto. E Louis giura di sentire il sangue ribollirgli nelle vene, manco fosse una pentola a vapore, e arrivargli dritto negli occhi perché, seriamente, potrebbe incenerire qualunque cosa con quello sguardo così rosso e pieno di rabbia. Così si avvicina e «Togli le mani da qui» dice a denti stretti, la mascella è così contratta da non poterne più, i denti sfregano tra di loro facendo quell’odioso stridio che Louis odia ma che non può fare a meno di evitare. L’altro ragazzo si gira e – Oh. Si ritrova a pensare Louis. Davanti a lui c’è un ragazzo (e, tra parentesi, che ragazzo!) con dei ricci ribelli che potrebbero far invidia alle miliardi serpi di Medusa, un paio di occhi verdi – e Louis subito si scalda, il sangue ricomincia a scorrere nelle vene ma il respiro si affanna perché: verde! Lui conosce tutte le sfumature del verde, ama il verde, è risaputo- grandi come quelli di un cerbiatto, un paio di sopracciglia fini con nessun pelo fuori posto e – ceretta? Si domanda Louis. Passa poi al naso, non troppo piccolo e non troppo grande fino ad arrivare alle labbra. Le labbra. Rosse, rosso ciliegia con una punta di rosa pastello, constata Louis, apparentemente sottili ma Louis sa che, non appena a contatto con un altro paio di labbra, quelle diventeranno tremendamente oscene e grandi e rosse da far paura. –per la precisione, rosso porpora. Si accorge solamente dopo che, per dio, sta indossando un ridicolo cappello stile pescatore sulla testa ed i boccoli che fuoriescono da questo lo fanno sembrare un bambino di dieci anni, Louis riesce persino a immaginarlo con un succo di cartone tra le mani e una cannuccia tra le labbra, mentre sorride contento alla madre per quel regalo. Sposta di poco lo sguardo e oh, oh. Indossa una camicia bianca gessata aperta, aperta! E Louis riesce perfettamente a notare le clavicole –e, per dio, ha un debole persino per quelle- sporgenti sotto le quali sono poste due rondini grandi come una casa. Sono fatte bene. constata, dettagli accurati e precisi, già gli piacciono. Si accorge poi della collanina d’argento (gli sembra) contornata da pietrine rosse a forma di croce. Dei pantaloni tremendamente stretti –come fa a respirare?- e delle ridicole scarpe, se così si possono definire dal momento che sembrano solo un paio di stivaletti rubati ad un barbone, che indossa.
Louis sbatte gli occhi un paio di volte, sorpreso, perché davvero non si aspettava di vedere un ragazzo così alto e così bello davanti a lui e per un attimo pensa che sì, al diavolo, può toccare la sua attrezzatura quanto gli pare. Poi però si rende conto della situazione che sta –letteralmente- degenerando, e allora lo guarda cercando di assumere uno sguardo che sia almeno minaccioso. L’altro ragazzo lo fissa incredulo, e subito dopo uno stupido sorriso gli si pianta sul viso e Louis, per dio (quante volte avrà già imprecato nell’arco di quel minuto?), riesce a vedere i suoi denti e non riesce a credere a quanto siano allineati e bianchi e perfetti, si accorge poi che quella sottospecie di divinità greca o bronzo di riace (perché, sul serio, Louis non ha mai visto un ragazzo più bello di lui) ha anche un paio di fossette scavate sulle guance e lui ha, per un attimo, la voglia di affondarci il viso dentro.
Si schiarisce la voce con un colpo di tosse e «Come? È roba tua?» dice e Louis, (per dio!) Per la centesima volta si ritrova ad imprecare perché la sua voce è così roca e lui riesce persino ad immaginarsi le sue corde vocali vibrare sfiorandosi tra di loro per far uscire un suono così, perché nessun essere umano, o non, potrebbe davvero eguagliarlo; allunga le parole e parla lentamente, troppo per i gusti di Louis, e gli da’ l’impressione di un sonnambulo appena svegliato dalla fidanzata furiosa. «Puoi, per cortesia, togliere le tue mani dalla mia roba?» gli risponde e quasi vorrebbe prendersi a pugni perché, cazzo, la sua voce sarà venti ottantesimi più acuta di quella del ragazzo di fronte a lui e sembra altamente patetico, una stupida voce da femmina –e lo dice sempre, se lo ripete, ma tutti per consolarlo si limitano ad un ‘Ma no, Lou, è perfetta’. Perfetta ‘sti cazzi, si ritrova a pensare. Comunque si stupisce, non ha nemmeno balbettato. «Oh, io – non – cioè scusa» continua l’altro soffocando una risata nervosa e, non sa, quante altre cose deve scoprire Louis? Perché già pensa che sia perfetto così e tutte queste sua qualità di certo non lo aiutano a fargli cambiare idea. Lo fissa negli occhi, ne esamina ogni singolo centimetro cercando di arrivare in profondità perché no, si ripete, occhi così non possono essere reali. Allora, assorto nei suoi pensieri e distratto come non so chi, dice semplicemente «Verde smeraldo, forse con un tocco di verde pastello attorno alla pupilla». Il ragazzo riccio sbarra letteralmente gli occhi, si aggiusta il cappello con una mano e –dio, ha delle dita lunghissime e Louis fa’ pensieri che non dovrebbe fare. Inizia a torturarsi il labbro inferiore con i denti e Louis vorrebbe davvero dirgli di smetterla perché è un peccato rovinare tanta bellezza. «Come?» gli chiede allora spostando la mano dalla macchina fotografica. Louis si riprende, sbatte un paio di volte le lunghe ciglia e oh, l’ha detto ad alta voce. Così si schiarisce la gola, gonfia leggermente il petto e si alza le maniche del maglione ad altezza gomiti –oggi, tra l’altro, indossa il suo maglione preferito: dorato con le trecce e, anche qui, potrebbe definire ogni singola cromatura dell’oro- e, mentre le sue dannate guance si colorano di rosa, risponde. «I tuoi occhi, il loro colore»; vede il riccio sorridere e, sotto sotto un po’ si sente fiero, perché non sta ridendo di lui o cosa, come tutti. «Blu cobalto, verde striato attorno alla pupilla, magari perché hai fissato troppo intensamente i miei, di occhi » dice scherzando e Louis annuisce, perché forse è davvero così, si è concentrato così intensamente su quegli occhi che, è possibile? Forse, Louis decide di stare nel dubbio, in fondo nemmeno conosce il suo nome, ancora. Poi gli da’ un colpetto sulla spalla e Louis sobbalza, è stata questione di un attimo ma il castano può giurare di avere ancora l’impronta delle nocche sulla sua spalla, e questo non gli dispiace proprio per niente. Si tocca il punto in cui è stato colpito, più volte, poi assottiglia le palpebre e, con scatto repentino, da un buffetto al riccio dietro al collo, facendolo urlare. «Ehi!» protesta lui mentre le dita corrono ad accarezzare la porzione di pelle colpita. Louis alza semplicemente le spalle. Poi il ragazzo si gira, una folata vi vento primaverile gli fa’ volare via il cappello da pescatore e sì, si dice Louis, i suoi capelli potrebbero davvero far invidia a Medusa. «Il cappello!» riesce a urlare infine Louis mentre la sua voce si fa ancora più acuta, il ragazzo si sta’ allontanando e lui non può far altro che guardare le sue lunghe gambe avanzare. Poi si gira sorridente, le fossette ai lati della bocca e «Me lo ridarai quando ci rincontreremo, straniero» gli dice. Poi estrae dalla tasca di jeans un..pezzo di maglietta? E se lo attorciglia in testa a mo’ di bandana schiacciando tutti i ricci. Gli fa’ l’occhiolino e Louis vorrebbe solamente sprofondare perché «Sono Louis!» urla col cuore a mille. L’altro lo fissa, serio, poi sorride e «Harry» dice, «Harry Styles» e poi scompare tra i ciliegi.
E Louis, se è possibile, conferma la sua teoria sullo sprofondare perché le sue nocche sono diventate bianche da quanto stringe il cappello di Harry e, per dio, sente le guance andargli a fuoco e gli sembra quasi di volare mentre «Harry» dice tra un sorriso e una grattata di capelli, «Harry Styles» sussurra in preda all’estasi perché, ora collega tutto, Harry gli ha praticamente detto che si rivedranno e lui è felice più di un bambino a Natale. E allora si maledice mentalmente, per l’ennesima volta.



È passata una settimana e Louis non ha ancora rivisto Harry, è talmente nervoso che non riesce nemmeno a scattare una fotografia decente. Ha provato di tutto: l’acqua azzurra cristallina del ruscello di fianco casa sua, Tom –il vicino di sedici anni- che ficca la lingua in bocca alla sua ragazza (e, di solito, Louis riesce ad inquadrare perfettamente le lingue e molte volte si sente un totale idiota), i ciliegi. I ciliegi. Louis giura che, da quel giorno, sono il suo albero preferito. E mentirebbe se dicesse di non aver pensato ad Harry durante questa settimana, perché l’ha fatto, forse più del dovuto. Vedeva Harry in ogni cosa, appena sveglio sul cuscino, mentre faceva colazione nei cereali (perché col latte diventavano colore ‘ricci di Harry’ e allora iniziava a tossire e smetteva di mangiare, perché gli dispiaceva mangiare i capelli del riccio), in una canzone, si ritrovava a pensarlo anche nei momenti meno opportuni – esempio quando doveva studiare per il corso di fotografia o quando si faceva la doccia. Una volta ha pure sognato di baciarle, quelle labbra rosse, ed è stato il sogno migliore della sua vita perché, se ci ripensa, può ancora sentire il sapore (immaginario) delle labbra di Harry sulle sue che gli mordono e succhiano il labbro inferiore.
Comunque, Louis ora è seduto sul solito prato verde, ha una margherita infilata tra l’orecchio e il piccolo ciuffo di capelli lisci come spaghetti, le cuffiette con i The Script a palla e un libro sulla fotografia tra le mani. Indossa i soliti jeans che lasciano scoperte le caviglie, un paio di vans nere e un maglione blu decisamente troppo grande per lui, occhiali rettangolari fissi sul naso e matita incastrata tra i denti. È così preso dal libro –“…Per profondità di campo si intende la nitidezza di una fotografia nei diversi spazi..”- da non accorgersi nemmeno che un ragazzo si è seduto davanti a lui a gambe incrociate e ora lo sta fissando così intensamente da consumarlo. Distoglie lo sguardo solamente quando una farfalla bianca con sfumature azzurre si posa sulla sua mano, ancora stretta al libro, e un sorriso sincero si fa’ spazio tra le sue labbra sottili provocando delle piccole rughette ai lati dei suoi occhi. E quando sente un «Sai, le farfalle di solito si posano su persone meravigliose» detto da una voce tremendamente roca, scatta all’indietro e sbatte la testa contro la corteccia ruvida del ciliegio: la farfalla vola via. Louis sposta lo sguardo su quelle dita ricoperte da anelli che riconoscerebbe ovunque perché ormai pure nei suoi sogni son presenti. Alza lo sguardo e «Harry, mi hai fatto prendere un colpo» commenta sistemandosi gli occhiali con l’indice. Il cuore inizia a pompare all’impazzata e il cervello è un susseguirsi di: finalmente sei qui. Harry ride e la sua risata è come una ventata d’aria pura che si insinua nelle vene di Louis facendolo volare tre metri sopra al cielo. «Chiedo scusa, regina dei fiori» risponde lui picchiettando le dita sul ginocchio e guardando Louis con un sopracciglio alzato e Louis, davvero, deve cercare di non arrossire come una stupida dodicenne perché non è il caso, idiota, si ripete. Poi, però, riflette sulla frase di Harry e –regina dei fiori? Gli sta dando per caso del gay? Alza infatti un sopracciglio in rimando, si riporta la matita tra i denti e, con un colpo secco, fa’ saltare la parte finale di essa. «Regina dei fiori?» chiede poi mentre, lentamente, piega l’angolo di pagina 34 e ripone il libro davanti a lui, sul prato coperto da margherite. Harry ridacchia, si sposta i capelli con una mano e «Sì, hai una margherita proprio qui» continua a dire mentre poggia un dito sopra all’orecchio di Louis sfiorandolo leggermente e sfilando il fiore da esso. E Louis sa che tutto quello è durato non più di tre secondi ma, cavolo, giura su Jupiter che il tempo si è fermato, o è nettamente rallentato, perché Louis è riuscito persino a vedere dei piccoli nei che sembrano costellazioni sul viso di Harry e avrebbe voluto soltanto prendere un pennarello e unirli tutti, ma forse è meglio di no: perché rovinare la costellazione migliore di tutte con altre minori? Quindi sta semplicemente zitto mentre il cuore gli tamburella troppo forte nel petto e davvero crede di morire perché, cazzo, le dita di Harry gli hanno sfiorato l’orecchio che improvvisamente ha iniziato a bruciare e lui decide, semplicemente, di trattenere il fiato. Riprende a respirare solo pochi secondi dopo aver visto Harry giocare con lo stelo del fiore portandoselo poi sopra all’orecchio, esattamente come lo aveva Louis poco prima. Poi sposta lo sguardo sul libro di Louis, arriccia il naso e «Vai all’università?» chiede distratto mentre si sdraia sull’erba: la maglietta decisamente troppo corta per lui si alza leggermente e Louis non deve assolutamente far caso alla parte di pelle scoperta esattamente attorno all’ombelico. È tutto un fuoco, ormoni a palla e, cos’altro? Non ne ha idea.
Poi Louis si sdraia accanto a lui, i loro piedi quasi si sfiorano e Louis può giurare di aver visto Harry scosso dai brividi, o forse ama crederlo. «Mh? Oh, no, studio autonomamente fotografia, voglio migliorare e voglio sapere tutti i segreti che Jupiter nasconde» dice semplicemente e subito dopo si irrigidisce: non aveva mai parlato con qualcuno di..quello, Jupiter o la sua passione. Era il suo piccolo segreto, o forse nessuno se n’era veramente interessato. Però di Harry si fida, non sa perché: forse sono i suoi ricci che desidererebbe stringere attorno alle sue dita, oppure il modo in cui arriccia il naso non appena scoppia a ridere, o forse perché Harry è il primo ragazzo che dopo tanto, troppo tempo, gli fa davvero battere il cuore sena far nulla. Il diretto interessato lo guarda negli occhi e Louis potrebbe perfino annegarci dentro. «Jupiter?» chiede allora mentre si sdraia su un fianco e si regge la testa con il braccio ricoperto da tatuaggi (una barca –veliero-, due mani che si stringono, una ‘G’..? Louis ha quasi una fitta di gelosia ma no, deve smetterla) così si limita solamente ad annuire, sorridere tra sé e «Sì, la mia macchina fotografica» risponde strappando un filo d’erba, se lo porta poi alle labbra e ci fischia dentro. Harry lo guarda per un attimo e ‘Hai lavorato così tanto per levartelo dalla testa Harry, lo hai osservato per circa due mesi pensando di farci due chiacchere, essere amici magari. Non doveva succedere questo’. Si dice chiudendo gli occhi. Poi li riapre di scatto, guarda Louis e «Sai cosa significa, Jupiter?» gli chiede e sorride fiero mentre vede Louis sbattere le palpebre, indeciso su cosa dire. Fare un liceo classico aiuta. «Certo. È una..stella?» commenta Louis mordendosi l’interno guancia e giocherellando con le dita, nervoso. Harry lo mette così in soggezione che potrebbe aver dimenticato persino il suo nome. L’altro ride, di gusto, e Louis si sente un po’ idiota, perché forse già lo ama a modo suo. Poi Harry si siede, incrocia le gambe e si accarezza un ginocchio, sfila la matita di Louis dalle sua labbra e, senza nemmeno pensarci, se la ficca in bocca. E Louis freme perché ora la sua saliva è nella bocca di Harry ed è da una parte disgustato ma dall’altra tremendamente felice perché “Equivale ad un bacio!” urla dentro di sé.
«Jupiter, dal latino Iuppiter, che fa riferimento a Giove, o Zeus, poiché dio supremo della mitologia Romana. Proprietario del cielo e della luce, fonte di vita principale. Oppure è semplicemente il quinto e più grande pianeta del sistema solare, vedilo come vuoi» conclude Harry in una risatina mentre si massaggia la guancia e Louis ha deciso: prenderà in considerazione l’idea del quinto pianeta perché per lui Zeus è Harry, non può essere sostituito. Così, dopo averlo fissato con occhi sognanti e bava alla bocca, dice semplicemente «Ho una voglia matta di fotografare le tua labbra». E Harry lo guarda, con un’unica risposta in testa ‘Ho una voglia matta di baciare le tue labbra’. Così si limita ad un «Porta Jupiter, la prossima volta» sussurrato e mezz’aria mentre, dolcemente, si alza e se ne va.



La casa di Louis è piccola, una topaia: non ha una camera da letto perché il divano è reclinabile, ha un piccolo bagno con una doccia piccolissima circondata da stupide piastrelline verdi.
Tiene tra le mani, che tremano per la presenza di Harry accanto a lui, le chiavi di casa e, lentamente, apre la porta. Entrano ed Harry si guarda intorno: ride. «È accogliente» commenta mentre si sofferma su una foto: un bambino dagli occhi blu mare e con un sorriso che riconoscerebbe ovunque se ne sta lì, sdraiato in una lastra di pietra che sembra quasi una…bara? Harry non riesce a capirlo, intuisce solo che quello è Louis e immediatamente un sorriso si fa’ spazio tra le sua labbra. Poi inizia a parlare «Comunque, mi ritengo offeso» inizia a dire e, mentre si gira, vede la figura di Louis irrigidirsi mentre si sfila le vans e le butta in un angolo remoto della camera/soggiorno. «P-Perché?» balbetta lui grattandosi il braccio. Ha fatto qualcosa di sbagliato? È per caso sporco? È stato due giorni a pulire e sistemare tutto, non può essere quello.. Harry lo fissa e si lecca le labbra: riesce a vedere l’espressione concentrata di Louis, le labbra strette tra i denti e delle rughette accennate in mezzo alle sopracciglia, è una visione così paradisiaca che resterebbe in quella posizione per l’eternità e anche oltre. «Ci conosciamo da un mese e non mi hai nemmeno chiesto quanti anni ho» gli dice allora mentre si siede sul divano: le molle scricchiolano come a volerlo artigliare lì per sempre, sempre con Louis, fino alla fine. Louis allora trattiene a stento una risatina e, dopo essersi portato una mano sulla fronte con fare teatrale, si lascia cadere su Harry, appoggiando la testa poi sulle sue ginocchia. È così caldo e accogliente che vorrebbe trasferirsi lì, non importa quando o come o se verrà probabilmente mandato fuori a calci in culo, lui semplicemente sa che il suo posto è lì. È come una rivelazione, capisci che l’intero universo ti sta mandando un messaggio, un po’ come: farai questo lavoro; è questa la scuola giusta per te; l’incavo tra le sue ginocchia è così accogliente che non puoi farci niente, vorresti solo piangere e toccarlo ovunque e baciarlo –beh, questo nel caso di Louis.
Quando si accorge che, però, Harry si è improvvisamente irrigidito, tutti i castelli di Louis crollano e lui capisce che, dio, tutti i suoi pensieri erano solamente pezzi di vetro che, col minimo spiraglio di vento, sarebbero caduti sgretolandosi a terra. Stupido, idiota di un Louis, si maledice. Ma poi Harry lo guarda, le guance rosse come non mai e le labbra tremendamente rosse e gonfie per via dei morsi lasciati dai denti, porta una mano (e Louis può davvero confermarlo ora che la ha davanti: è davvero enorme) sulle sue labbra, che si dischiudono subito a quel contatto. Tutto ciò che Louis riesce a pensare è ‘baciami, baciami, baciami’ mentre le orecchie gli si tappano per l’eccitazione e la paura che gli sta scorrendo nelle vene. È possibile che, una persona, dopo un certo asso di tempo diventi così indispensabile da non riuscire nemmeno a dormire la notte? È possibile desiderare così tanto il tocco di un altro essere umano sulla propria pelle, ovunque? È possibile che, questa persona, senza nemmeno rendersene conto riesca a riattaccare tutti i pezzi di cristallo frantumatosi precedentemente? Perché Louis ora può dirlo: Harry è un temporale estivo, una brezza primaverile che arriva in una giornata afosa, è sangue nelle vene e ossigeno nell’aria, è qualcosa di così indescrivibile che a Louis manca il fiato ogni volta che qualcuno pronuncia il suo nome. Ed è possessivo, per la prima volta, perché Harry ormai è suo, anche se non lo sa. Ma Harry non fa nulla: non lo accarezza, non gli traccia il contorno degli occhi e non lo bacia come succede nei film, e qui Louis realizza che la realtà fa’ schifo, che nulla finisce bene e che lui resterà di nuovo con l’amaro in bocca. Ma poi Harry sorride e infila le lunghe dita nei suoi capelli e Louis dimentica tutto: le sofferenze, i baci desiderati ma mai ricevuti, la figura di Harry che si materializzava ovunque dandogli il tormento. Ora ci sono solamente le sue dita che sfiorano la sua cute così dolcemente e piano da provocargli brividi lungo tutto il corpo, e ora urlerebbe se solo avesse le palle, ma è accanto a Harry, su di Harry, e le mani di Harry sono nei suoi capelli e li stringono, tirano ed accarezzano e Louis se ne frega semplicemente di tutto: della pioggia che ha iniziato a scorrere sulle finestree –dio, Louis odia pulirle il giorno dopo-, dei suoi sensi di colpa perché si starà creando altre diecimila illusioni. Louis pensa semplicemente a Harry, a ciò che prova per Harry e tutto sparisce. Il paradiso amaro che ha sempre sognato si è improvvisamente materializzato nella sua vita, nella sua stanza, su quel divano. E «Quanti anni hai, Harry?» sussurra Louis mentre, non si sa da dove, trova il coraggio e inizia a disegnare, sempre con mani tremanti perché Harry è un po’ come una scarica elettrica nel suo cuore, delle piccole spirali sulla sua gamba. E lo sente sospirare e fremere. E a Louis sembra ancora una volta di sognare. Harry massaggia ancora un po’ i capelli di Louis e «Diciotto» risponde con voce spezzata, perché ora la mano di Louis ha iniziato a massaggiargli il braccio e sta tracciando il contorno dei suoi tatuaggi così delicatamente, come se lui fosse una farfalla o un fiore il cui stelo potrebbe rompersi da un minuto all’altro. Ed è impressionante, si ritrova a pensare, come Louis si prenda cura così tanto di lui senza nemmeno rendersene conto. «Io ne ho venti» gli dice, poi prende un respiro e «Cosa significa, questa ‘G’?» gli chiede con un po’ di imbarazzo nella voce perché, davvero, non vuole sembrare geloso o chissà cosa. (Anche se lo è fino al midollo). Harry alza gli occhi al cielo, sorride tra sé e sé e, dopo aver tracciato il contorno del naso di Louis –brividi, un’enorme bomba atomica che esplode nel suo stomaco- e risponde. «Gemma, mia sorella più grande. Lei è- è fantastica Lou, davvero, dovresti conoscerla. Ho tatuato la sua iniziale perché lei mi è sempre stata vicina, la ritenevo la persona più importante della mia vita e quando le ho…confessato alcune cose, che non starò qui a dirti,mi ha sempre supportato. La adoro tantissmo e le voglio un mondo di bene, già». E Louis l’ha visto quel luccichio negli occhi di Harry, e forse non dovrebbe sentirsi così geloso ma, per dio, vorrebbe davvero che Harry parlasse di lui in quel modo perché è fermamente convinto che lui lo faccia. Ma, non è solo quello, Louis sa di essere geloso di Harry perché lui ha, attualmente, qualcuno che lo amava, una famiglia. Il respiro gli si blocca per un attimo, getta la testa all’indietro e ricaccia dentro le lacrime. «È un gesto bellissimo, Harry, sei fortunato ad avere qualcuno che ti ami, una famiglia» gli dice senza nemmeno pensarci troppo, come ha già detto può fidarsi di Harry. «Ma tu hai me, Louis» e Louis giura di non aver mai sentito parole più belle, perché Harry è lì con lui e fanculo tutti.
«Mi aspetti un minuto?» gli dice Louis gentilmente, Harry lo guarda e, dio se è bello, pensa, ha delle leggere borse sotto gli occhi, forse per i troppi sogni che vorrebbe realizzare –ed Harry l’ha promesso a sé stesso, l’aiuterà nel farlo, perché se lo merita-, gli occhi stanchi e il viso tirato, eppure è lì, con lui, a casa sua. «Anche due» risponde Harry mentre stiracchia leggermente le gambe. ‘Anche tutta la vita’, si dice. Quando Louis torna ha in mano la sacca nera della macchina fotografica, sul fianco ha scritto col pennarello indelebile verde ‘Jupiter’ e ora la sta estraendo con delicatezza innata. Harry lo guarda e «Perché hai preso Jupiter?»gli chiede curioso. Ha le mani unite sul grembo e muore dalla voglia di avere una foto con Louis. A Louis formicola tutto e «Dovevo fotografarti le labbra, mi pare» dice serio ed Harry può identificare nella sua voce un pizzico di….malizia? Oh. Oh. Allora Harry si alza, convinto, le lunghe gambe che inciampano nel tavolino un paio di volte lo fanno imprecare in una lingua sconosciuta –francese?- e «Pronto?» gli dice abbassando di proposito la voce di un tono. E Louis sa che per quella voce farebbe di tutto, perché insomma, Harry non può essere reale o probabilmente, si dice, nella vita passata dev’essere stato una qualche figura mitologica tipo una sirena, perché la sua voce lo attira così tanto che si butterebbe nell’oceano più profondo per lui. E forse è pezzo, o forse è solamente… innamorato? Può essere, in fondo Louis non sa cos’è l’amore, o forse sì. Allora Louis annuisce mentre fissa imbambolato Harry tendere le mani e aggrapparsi all’estremità della macchina fotografica – proprio sopra alle sue e, miseriaccia, sente un fuoco crescere dentro di lui ed ha quasi paura di muoversi perché, insomma, forse sta bruciando, si sente tipo la torcia umana- e mettere le sue dannata labbra a forma di cuore e Louis giura che immortalerà quel momento per sempre perché non c’è cosa più perfetta al mondo che Harry Styles, ne è sicuro. Le sue braccia scoperte potrebbero tranquillamente sostituire le pareti di qualsiasi abitazione perché, al diavolo! Chi ha bisogno di una casa se hai lui?
E, non appena il flash immortala quella scena tremendamente adorabile, Louis inizia a tremare perché le mani di Harry sono ancora sulle sue e i suoi pollici gli stanno accarezzando i dorsi lentamente mentre lo fissa negli occhi. E quello che Louis sente dentro di sé è paragonabile ad un’eruzione vulcanica perché, dio, vorrebbe tenere Harry con sé e portarlo nelle tenebre per sempre –o in cielo, o al luna park o ovunque voglia lui, basta che stiano insieme. Poi Harry si avvicina e le sua labbra si posano sulla fronte di Louis, restano lì per qualche minuti e ci schioccano un sonoro bacio; infine Harry prende il cappotto, si avvia verso la porta e «Ciao Lou» gli dice e prima che Louis possa ribattere, un pensiero gli sfiora per un attimo la mente e col respiro affannato e le costole incrinate riesce solamente a pensare ‘Ti amo’. E lì capisce di essere fottuto; è, forse, il pensiero più spaventoso che sia mai vagato nel suo cervello in vent’anni di vita.



Quel pomeriggio Harry lo ha portato al ruscello di fianco casa sua, quello con le anatre di mille colori e ha espressamente chiesto a Louis di portare Jupiter con sé. Così ora si ritrovano lì, con i piedi scalzi ficcati nell’acqua che gli solletica leggermente la pianta e Louis davvero non ne può più. Così, sempre col cuore a mille e una pistola puntata alla testa dice, preoccupato ma felice «Sei qualcosa di stupendo, Harry Styles» mentre raccoglie Jupiter e gli scatta una fotografia. «Forse non ti sei mai visto, Louis Tomlinson» ribatte mentre, lentamente, esce dall’acqua e si stende sulla tovaglia, accanto ai panini. Si toglie poi la maglietta lasciando in bella mostra i tatuaggi e Louis ha l’impulso di baciare ogni porzione di pelle disponibile. Sente calore ovunque, il solito cuore palpitare e la voglia di Harry a mille. Quando lo raggiunge, Harry ha gli occhi chiusi e un sorriso sulle labbra, il respiro è regolare e i ricci sono sparsi sulla stoffa. Louis si abbassa, posiziona ‘Jupiter’ in modalità video perché ‘almeno avrò un ultimo suo ricordo’, e poggia le labbra sulla rondine sinistra di Harry che, al contatto con le sue labbra spalanca gli occhi, ha già il respiro corto e avere Louis su di lui non l’aiuta –soprattutto perché lo vorrebbe in altre posizioni. «Ch-Che fai?» gli chiede Harry allora, è appoggiato sui gomiti e non fa altro che pensare alle labbra di Louis, le vorrebbe ovunque cazzo, ma prima di tutto sulle sue. Così guarda il suo volto disperato, e lo sente dire un misero «Non ce la faccio più» sussurrato contro il suo petto e crede di morire. Louis è lì e sembra a corto d’aria, sembra stia per collassare da un momento all’altro e se Harry guarda nei suoi occhi capisce quanto il bisogno di baciarsi e toccarsi sia reciproco, quindi semplicemente si sporge in avanti, si lecca le labbra e osserva gli occhi di Louis brillare non appena le sue labbra collidono con quelle di Louis.
E poi non si capisce bene, perché è tutto così bagnato e confuso, Louis artiglia i capelli di Harry come se non ci fosse un domani ed Harry gli circonda la vita con le braccia. Nei loro baci c’è lingua e saliva e amore. E Louis riesce ad identificare il gusto di Harry: cocco. E allora ricomincia, lo paragona all’ennesima stupidità, come una fetta di cocco in estate, quella che ti fa star bene e ti sazia o ti salva dalla fame. Perché Harry lo sazia in tutti i modi possibili e lo salva, lo salva con ogni sua singola cellula anche se non se ne rende conto. Lo salva dal mondo e da sé stesso.
Ed è per questo che ora sì, ne è convinto, è riuscito ad identificare gli innumerevoli attacchi di cuore, il sangue versato per lui, le lacrime e i pugni contro al muro. È riuscito a dare un nome alle costole incrinate, al respiro corto e al sapore di un altro individuo nella sua bocca. È riuscito a capire come la voglia di addormentarsi con Harry dopo mangiato una pizza, come la voglia di baciarlo sotto la pioggia proprio come nei film e come la voglia di spogliarlo e fargli sentire che sì, lui c’è ed è lì per lui, sia comunemente conosciuta come: amore. Ecco cosa, Louis per Harry prova amore, un amore di quelli che distruggono, un amore che comprende baci ovunque, sul petto, sulle gambe, sui capelli e sul collo, un amore che comprende i ‘non lasciarmi andare’ sussurrati perché, dio, è così brutto vivere da soli e Louis lo sa. Ma Harry, dopo vent’anni che Louis è stato ad aspettarlo, finalmente è arrivato e gli oceani, il cielo, le montagne e le aurore boreali sono solo ricordi sfocati e lontani perché ora ci sono solamente loro due, Harry e Louis, con le mani intrecciare e le gambe unite distesi su un prato, le margherite attorno e i ciliegi in fiore.
Ed è così che deve essere, pensa Louis, l’amore. È così che ci si deve sentire, come un nodo all’altezza dello stomaco, come le unghie artigliate nella carne e i segni lasciati sul collo. È così che deve andare, si ripete. E allora semplicemente glielo dice, sempre con il cuore a palla, le mani sudate, le orecchie tappate ed un nodo in gola. «Ti amo, Harry.» Ed Harry semplicemente sorride perché sì, conferma, è così che deve essere.
  
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