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Autore: 31luglio    23/12/2013    3 recensioni
Cosa succede quando una ragazza viene scoperta dentro la lussuosa villa del suo cantante preferito proprio da lui stesso?
Tratto da un capitolo:
Mi sdraiai sul divanetto e guardai il cielo. «Secondo te, le stelle quante sono?» chiesi, cercando di contarle tenendo il segno con le dita. Una, due, tre, quattro, cinque... Mi persi a cercare di individuare le costellazioni, quindi ricominciai. Dopo aver fallito una mezza dozzina di volte rinunciai, e tornai a guardare con aria sognante.
Mi rivolse uno sguardo divertito. «Sei proprio fuori.»
«Rispondi.»
«Non so che cosa dirti, Audrey.»
«Spara un numero.»
«L'infinito...»
«Come io e te in questo momento?»
Mi guardò nuovamente, sorpreso. «Sì» sorrise, «come noi due in questo momento.»

another Justin & Miley fanfiction
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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(cap 9) friends with benefits

 

«Parleremo di stanotte oggi pomeriggio» annunciai, prima di uscire dalla stanza e, di conseguenza, di casa. Era lunedì mattina e, dopo avere cercato di stare a letto, avevo obbligato me stessa ad alzarmi, vestirmi ed andare a scuola. Erano gli ultimi giorni prima delle vacanze estive e dovevo tenere duro; un'assenza sarebbe potuta costarmi la promozione.

Justin, invece, sarebbe rimasto a casa mia fino alla fine della giornata scolastica; mia madre era via per lavoro, così come mio padre, Evie era dalla nonna e mio fratello al college, perciò nessuno lo avrebbe saputo.

Salii in macchina e mi diressi verso la scuola, incerta su cosa aspettarmi una volta arrivata. Forse Aaron aveva sparso la voce che io ero andata a letto con qualcuno e ora tutta la scuola mi avrebbe etichettata come una troia; forse aveva fatto anche il nome di Justin e ogni giornale avrebbe riportato la notizia, mettendo il biondo nei casini. Prima di scendere dall'auto, dopo aver parcheggiato di fianco all'Audi di Heather, mi guardai allo specchietto retrovisore e sospirai cercando di darmi coraggio.

Camminai lentamente fino all'entrata principale dell'edificio, dove trovai la mia migliore amica ed il suo ragazzo. Le mi salutò con un bacio sulla guancia, poi mi prese da parte e mi guardò seria. «Come stai?» domandò.

«Bene» risposi; dopo qualche secondo di silenzio, mi decisi a confessare che ero andata di nuovo a letto con Justin, il giorno precedente. Lei sospirò, scuotendo la testa rassegnata. «Non è stata colpa mia!» mi giustificai.

Ridacchiò divertita. «Ah, no?»

«Io gli avevo detto che non volevo più avere nulla a che fare con lui, ma poi si è presentato a casa mia, abbiamo litigato e...»

«E d'un tratto ti sei trovata ad urlare il suo nome» concluse lei.

Abbassai lo sguardo, colpevole. «Non so cosa dirti, Heath.» La guardai, aspettandomi di trovare un'espressione severa dipinta sul suo viso; invece, sorrideva, come per incoraggiarmi a continuare. «Non riesco a resistere alle sue labbra, alle sue braccia che mi stringono, alle sue dita che mi accarezzano. Non riesco a fermarlo.»

Mi abbracciò come solo una migliore amica sa fare, facendomi sentire amata. «Io non ce l'ho con te» iniziò, «penso solo che dovresti capire quello che provi davvero.»

«Io so che non mi piace» dissi. «Quando sono con lui non provo quello che provavo con Aaron, non sono nervosa o incerta... Provo un sentimento forte, ma non è amore. È come se fossimo due calamite che si attraggono.»

«E per quanto riguarda il povero cornuto?»

La spinsi scherzosamente. «Se ci penso sono triste, poi arriva Justin.»

«Te lo fa dimenticare, non è vero?»

Annuii. «Non so come sia possibile, ma quando c'è lui è come se non esistesse nessun altro.»

Heather sorrise ed io la seguii a ruota. Era una ragazza così bella che era impossibile non essere contagiati quando le sue labbra si curvavano all'insù, mostrando quella fila di denti bianchissimi. «Non posso dirti che quello che fate sia sbagliato, se ti fa questo effetto.»

«Ma non è nemmeno giusto» aggiunsi.

Si schiarì la voce. «Anche questo è vero, secondo me. Ricordati che, per colpa della reazione che ha su di te, hai dimenticato di essere fidanzata da un anno e mezzo e hai tradito il tuo ragazzo. Non è sbagliato, ma non è giusto. Credo che dovreste parlare di questa cosa e decidere cosa fare. E, soprattutto, impara a controllarti!» Pronunciò l'ultima frase con tono scherzoso.

«Provaci tu a controllarti, con uno così!» ribattei.

Poco dopo la campanella suonò ed io salutai la mia migliore amica, per poi dirigermi verso l'aula di letteratura. Mentre percorrevo il corridoio che mi avrebbe portata in classe incrociai Aaron: nonostante le sue labbra fossero curvate in uno splendido sorriso, i suoi occhi erano cupi. Non riuscii a capire se fossi l'unica ad averlo notato, o se anche gli amici che lo circondavano lo avessero fatto; passai di fianco a loro con lo sguardo basso, sentendo vari sguardi puntati su di me.

Tuttavia non udii nessun commento acido alle mie spalle; nessuno dei cinque ragazzi mi insultò, né parlò, né ridacchiò. Che Aaron non avesse detto niente riguardo al mio tradimento? Mi sembrava improbabile, ma ero sicura che, se l'avesse fatto, i suoi amici non mi avrebbero risparmiata. Ero stata parte di quel gruppo e li conoscevo abbastanza da sapere che non perdevano mai occasione per vendicare uno dei loro compagni. E lui non era stato vendicato.

Entrai in classe e mi sedetti al mio solito posto, di fianco alla finestra. Il professore entrò pochi minuti dopo e ci salutò cortesemente; dopodiché iniziò a spiegare, con la solita passione che riusciva a coinvolgere anche gli studenti più svogliati. Nonostante di base la sua non fosse una delle mie materie preferite, quell'insegnante mi piaceva tantissimo e durante le sue spiegazioni stavo attenta e prendevo appunti.

«Thompson» mi chiamò, «cosa mi sai dire di Edgar Allan Poe?»

«Poe nacque a Boston il 19 gennaio 1809. Era il figlio di due attori, che morirono quando lui aveva solo due anni, e trascorse l'infanzia presso un mercante di Richmond, John Allan. Nel 1815 con lui si trasferì in Inghilterra, dove frequentò la scuola per i cinque anni successivi...» Continuai a ripetere tutto quello che avevo studiato dell'autore finché il professore mi interruppe per fare continuare Zach. Il ragazzo terminò di parlare della morte proprio mentre la campanella che segnava la fine dell'ora cominciò a suonare.

Mi alzai e presi il libro ed il quaderno di letteratura, poi mi diressi al mio armadietto e lo aprii per prendere le spiegazioni di matematica. Quando lo chiusi, di fianco a me trovai Brad, un ragazzo castano dagli occhi cristallini. Era uno degli amici di Aaron, perciò sapevo cosa mi avrebbe chiesto.

«Ciao» mi salutò, sorridendo.

«Ciao...»

«Non voglio fare giri di parole, quindi cos'è successo?» domandò.

Abbassai lo sguardo, senza sapere cosa dirgli esattamente. «Ci siamo lasciati.»

Rise nervosamente. «Sì, questo lo avevo capito. Sai, non vi guardate più in faccia. Voglio sapere il perché, Audrey.»

«Perché non lo chiedi a lui?»

Sospirò. «Credi non l'abbia fatto? Non mi risponde.»

«Ci siamo lasciati e basta, Brad. Se vorrà dirtelo lo farà lui più avanti, altrimenti credo dovrai farti bastare questo.»

«Ma è successo qualcosa?»

«Non andavamo più d'accordo» mentii, sperando di aver avuto successo. Mi guardò negli occhi ed io cercai di assumere un'espressione convincente; subito dopo se ne andò, lasciandomi da sola in un corridoio pieno di persone.

 

Infilai la chiave nella serratura e la girai; il portone si aprì come se mi stesse aspettando ed io entrai. La richiusi subito dopo dietro le mie spalle, buttai lo zaino lì accanto e mi sfilai gli scarponcini che, per quanto fossero belli, facevano urlare dal dolore i miei piedi. Salii le scale lentamente e mi diressi verso la mia camera.

Sentivo delle note provenire dall'interno di essa. Mi appoggiai alla porta senza fare rumore, per cercare di identificare la canzone. Un re minore, seguito da un mi minore, poi mi, fa, sol, mi minore e di nuovo. La melodia era rilassante, ma non l'avevo mai sentita. Premetti l'orecchio contro il legno finché sentii anche dei versi: «Don't let this go to your head, but you're the best I've ever had.»

Aprii la porta mentre stava cantando le ultime due parole e gli sorrisi. «Bella canzone» commentai, «è nuova?»

Si schiarì la voce ed appoggiò per terra la sua chitarra, che non avevo idea di come fosse arrivata in casa mia. «Sì» rispose infine, «stamattina mi annoiavo, quindi ho iniziato a buttare giù qualche nota e poi qualche parola.»

«Direi che la noia porta buone cose» osservai. «Mi piace.»

Le sue labbra si curvarono in un sorriso che avrebbe fatto invidia alle stelle. Erano quei piccoli e quasi insignificanti gesti che mi facevano ripensare ai sentimenti che provavo per lui. Non sentivo le farfalle nello stomaco quando mi baciava, ma decine di brividi mi percorrevano la schiena quando le sue dita mi sfioravano; sarei potuta annegare nei suoi occhi, ma quando mi guardava con quell'espressione quasi famelica, prima di fondere il suo corpo col mio, mi dicevo che tra noi non c'era nessun sentimento se non l'attrazione fisica. Perché ero sicura che quella ci fosse, mentre non riuscivo a capire le altre emozioni che mi provocava.

«Com'è andata a scuola?» domandò, distogliendomi dai pensieri. Lo ringraziai mentalmente per questo, perché odiavo perdermici dentro. Per me, spesso e volentieri, i pensieri erano nemici. Non volevo riflettere, perché ciò significava capire ciò che provavo ed io avevo paura di saperlo.

«Normale» risposi, «non vedo l'ora che finisca.»

«Quanto manca?»

Feci un paio di conti nella mia testa prima di rispondere. «Nove giorni.»

Si alzò dal pavimento sul quale era seduto e mi abbracciò. «Allora puoi farcela.»

Ridacchiai divertita. «Speriamo!»

«Lo hai visto?»

«Sì, ma non ci siamo parlati. Non ci siamo nemmeno guardati in faccia.»

«Mi dispia...»

«Non sembrava così, ieri sera» osservai.

Chinò il capo. «Mi dispiace che vi siate lasciati, ma su noi due» fece una pausa per guardarmi con un'espressione maliziosa sul viso, «beh, non posso che essere contento.»

«A proposito di noi due» iniziai incerta. «Non pensi che dovremmo parlarne?»

«Perché parlarne, se abbiamo un letto proprio qui di fianco per ripetere quello che è successo ieri?» propose con aria maliziosa.

Non potei fare a meno di ridere, ma subito dopo obbligai me stessa a concentrarmi su quello che Heather aveva suggerito di fare. «Sono seria.»

«Anche io, tesoro, non sai quanto.»

Scossi la testa, rassegnata. Cosa potevo aspettarmi da un diciannovenne, per di più ricco e famoso? Uscii dalla stanza e scesi le scale, dirigendomi in cucina senza parlare. Un senso di umiliazione si impadroniva lentamente di me: ero stata così stupida! Come avevo potuto pensare che Justin Bieber fosse interessato a me? La sua intenzione era stata portarmi a letto fin da subito e io ero stata un'idiota a non averlo capito subito.

«Aspetta!» gridò. Subito dopo lo sentii scendere rumorosamente le scale, finché mi raggiunse in cucina. Lo fulminai con lo sguardo, aspettando che dicesse qualcosa. «Vuoi parlare? Allora eccomi, sono qui. Parliamone.»

«Non ho più niente di cui parlare.»

Sospirò a lungo. «Faccio sempre qualcosa di sbagliato, non è vero?»

«Esatto.»

«Ma questa volta non posso farmi perdonare baciandoti, giusto?»

«Affermativo.»

«Allora cosa devo fare?» domandò serio.

«Voglio sapere cosa significa quello che abbiamo fatto.»

Mi guardò confuso, poi fece un passo indietro e aprì le braccia. «Cosa vuoi che ti dica? È stata una scopata, Audrey! È questo quello che odio di voi ragazze: date troppa importanza alle cose. Un bacio è un bacio, un sorriso è un sorriso, e cazzo, una scopata è una scopata! Cosa vuoi che significhi? Non ti sposerò perché l'abbiamo fatto!»

«Volevo solo sapere se per te significasse qualcosa di più.»

«No.»

«Bene, perché anche per me è così.»

Sorrise; quando i nostri occhi si incrociarono, ad entrambi fu chiaro cosa volevamo. «Senti, che ne dici di essere amici...»

«Che scopano» conclusi, avvicinandomi a lui. «Può andare.»

«Inauguriamo subito questa nuova condizione?» domandò; senza aspettare risposta cominciò a baciarmi il collo, stringendomi a sé. Poco dopo, eravamo già parte l'uno dell'altra ed ero sicura che la sensazione che provavo fosse felicità.




















"be my date this christmas eve"
Ciao amici, buon inizio vacanze e buona vigilia della vigilia, o buona vigilia, o buon Natale, a seconda di quando state leggendo questo spazio.
Sono in ritardo e mi scuso, ma è stata una settimana un po' così e ho iniziato a scrivere questo capitolo solo ieri sera e ho appena finito. 
Inizio ringraziandovi un milione di volte perché per la prima volta in questa fan fiction un capitolo ha raggiunto le sei recensioni e io sono felicissima davvero! In più, ha superato le 40 seguite e le 30 preferite, quindi non so davvero come ringraziarvi, siete fantastiche e tra poco mi commuovo.
Oggi è uscito anche Journals finalmente, voi che ne pensate? Io lo adoro, mi piace tantissimo, Justin è cresciuto un sacco e io piango perché voglio che smetta di farlo, ahhhh.
Cooooomunque. Spero che questo capitolo vi piaccia; vi prego di lasciarmi una recensione per farmelo sapere.
Non so più che dire oltre che vi ringrazio immensamente ancora una volta e vi auguro un buon Natale.
Vi amo,

Andrea :)

   
 
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