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Autore: Nimel17    24/12/2013    5 recensioni
Il sindaco French vuole un bambino, e ha solo un candidato in mente... solo che lui ancora non lo sa
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAP.1

 

Storybrooke era sempre stata una cittadina tranquilla, e il signor Gold era abituato al trascorrere monotono dei giorni.

Essere l’uomo più temuto e odiato del posto aveva i suoi svantaggi: pochi venivano nel suo negozio, se non per fare un patto. Non che non amasse il suono delle preghiere disperate che gli rivolgevano, ma di tanto in tanto sarebbe stato piacevole un diversivo.

Quasi quindici anni prima la figlia del fioraio, Lacey, veniva a trovarlo quasi ogni pomeriggio per prendere una tazza di the con lui e, nonostante avesse fatto il possibile per nascondere a se stesso il piacere che gli procuravano quelle visite, ci era rimasto male quando la ragazza se n’era andata a Boston con una borsa di studio, lasciandolo ancora da solo.

Com’erano cambiate le cose, negli ultimi cinque anni… nessuno avrebbe mai pensato che Regina Mills avrebbe dovuto rinunciare al suo trono dorato e cederlo ad un altro sindaco. Sorrise al ricordo di come era sparito in fretta il sogghigno di soddisfazione dal volto della signorina Mills quando aveva realizzato che i voti non erano risultati a suo favore.

Ben le stava per aver sottovalutato l’avversario.

Erano le due del pomeriggio e lui si stava preparando del the, leggendo allo stesso tempo il resoconto degli affitti del mese, quando sentì la porta aprirsi. Sospirò, irritato. Se qualcuno gli avesse rotto la campanella d’entrata l’avrebbe pagata, era probabilmente la cosa più di valore nel negozio.

“Sembra che quando ho comprato quel cartello con scritto chiuso stavo solo buttando al vento il mio denaro.”

“Non sia il solito brontolone, signor Gold, devo discutere con lei di una faccenda importante.”

Lui sbatté gli occhi, decidendo d’ignorare la pulsazione accelerata del polso e l’improvvisa stretta della cravatta. 

“Sindaco French. Cosa posso fare per lei?”

La giovane donna sorrise, ritornando per un attimo la ragazza che veniva a trovarlo dopo la scuola. Per assumere un’aria seria e sofisticata, durante le ore d’ufficio portava sempre un paio di occhiali dalla montatura sottile, pur non avendone bisogno per la vista, e i capelli ramati raccolti in uno chignon ondulato, anche se era un peccato. 

Tuttavia, in quel momento la chioma era sciolta libera sulle spalle e la camicetta aveva qualche bottone slacciato che prometteva ma celava ancora. 

“Voglio un bambino.”

Lacey si era chinata fino ad appoggiare le mani sulla cassa e Gold credette che non sarebbe più riuscito a respirare. Forse era per la sua frase del tutto a sproposito, o forse perché riusciva a sentire il suo profumo di vaniglia e vedere le lucette maliziose nei suoi occhi blu.

“Signorina French, non… non è un po’ presto? Voglio dire, certamente ci sarà..”

“Non voglio adottare un bambino. Solo lei può aiutarmi.”

Stava sorridendo, divertita, e sembrava in attesa di qualcosa, ma che fosse dannato se sapeva cosa. Deglutì e si schiarì la voce.

“Perché non si ferma a prendere una tazza di the, così mi spiega esattamente cosa vuole?”

“Pensavo d’essere stata chiara, ma non dirò di no a un così cordiale invito.”

Mentre si affaccendava a finire di preparare il the, Gold cercò di riflettere lucidamente. Lacey French era venuta a chiedergli un bambino, che però non voleva adottare. Era la sua immaginazione, o lo aveva chiarito con un po’ d’enfasi? 

“L’ha ancora, vedo, la mia tazza dal bordo spezzato.”

Lei era entrata nel retro del negozio, scostando la tenda con un sorriso soddisfatto. Il signor Gold  aveva usato la tazza che lei aveva fatto cadere tanti anni prima, spaventata da uno dei suoi scherzi macabri. Era l’unica cosa cui teneva, lì dentro.

Si schiarì la gola.

“Certo. È ancora funzionante, dopotutto.”

Il sorriso le si allargò ancora e lui si concentrò sulla teiera per nascondere il suo disagio. 

Sembrava che la signorina French sapesse tutto quello che gli passava per la testa.

“Posso farle una domanda, signor Gold?”

“Certamente, anche se non prometto di rispondere.”

“Perché non ha appoggiato Regina, durante le elezioni?”

“Perché mai avrei dovuto farlo?”

Lacey mescolò pensosa il suo the, cercando di trovare le parole giuste.

“Ecco, sin da quando ho memoria, lei e la signora Mills siete sempre stati i due poli di Storybrooke, certo non vi stavate simpatici, era chiaro a tutti, ma…”

“Questo è un eufemismo, dearie. La sconfitta di Regina è stata la cosa più bella capitata negli ultimi anni.”

“Aveva votato per me?”

“Naturale.”

“Credevo sarebbe rimasto neutrale.”

Lui si strinse le spalle.

“Sapevo che sarebbe stata un cavallo vincente.”

Lei storse il naso.

“Che brutta immagine!”

Gold si concesse un sorriso e bevve un sorso, osservando la sfumatura più scura dei capelli ora che non erano illuminati dalla luce del sole. La pelle era chiara e levigata, e invitava a sincerarsi con una carezza della sua morbidezza, ma lui non osava. Non avrebbe mai osato.

“Non la trova una strana coincidenza, che il suo ufficio avesse preso fuoco, all’epoca?”

“A quanto ricordo, era stato appena un fuocherello.”

“Sembrava peggio di quello che era, è vero.”

Quegli occhi blu lo fissavano spietati e sfrontati, così si difese dietro la sua maschera sarcastica.

“Vuole insinuare che ho appiccato un incendio, signorina French?”

“In realtà, non ci avevo pensato fino a quando non mi ha detto che aveva votato per me, ma ora lo trovo evidente.”

Anche lo sceriffo l’aveva intuito, ma non aveva avuto prove. Credevano che si fosse lasciato dietro una scia di cenere fino al suo negozio?

Tuttavia, l’espressione di Lacey non sembrava inorridita o sconvolta, anzi, aveva la bocca dischiusa e le guance un poco più rosse.

“Temo che questo fatto mi riporti al motivo per cui sono venuta oggi, signor Gold.”

“Giusto, voleva… un bambino? Ho paura di non tenerne qui, ma se ne vuole uno possiamo prenderne uno dalla cantina di casa mia.”

L’altra roteò gli occhi.

“Non è cambiato nemmeno un po’. Non voglio adottarne uno.”

“Lo ha già detto, ma sono sicuro che è consapevole che il rapimento è un reato.”

“Per un uomo così intelligente, signor Gold, questa lentezza di comprendonio mi sorprende.”

Lo afferrò per gli orli della giacca e per un istante immaginò – sperò -  che volesse baciarlo, ma invece avvicinò le labbra al suo orecchio. 

“Non le ho detto che solo lei può aiutarmi, Gold?”

La sua voce era appena un sussurro, ma lui l’avrebbe udita appena anche se avesse gridato, perso com’era tra i suoi capelli. Ebbe un flash di addormentarsi ogni notte, così, con quelle ciocche morbide come cuscino, avvolto dal profumo di vaniglia e more.

Non le rispose, perché la sua gola era più secca del deserto, cosa che lei sembrava aspettarsi perché continuò a parlare.

“Voglio che sia lei il padre, Gold. Gli altri candidati di questa città sono… discutibili, la genetica non sarebbe dalla mia parte.”

“Sarebbe un vero peccato…”

“Se lei accettasse, avrei un bambino affascinante, intelligente e tenero.”

“Non sono sicuro dei benefici che avrei in cambio, sindaco French.”

Lei si allontanò di qualche centimetro, fingendo delusione.

“Vorrà dire che mi rivolgerò a qualcun altro. Sono certa che Gaston Hunter o Keith Nott…”

Non fece in tempo a finire la frase che si ritrovò con i polsi bloccati, la schiena sulla scrivania e gli occhi di Gold persino più scuri del solito a pochi centimetri dai suoi. Le venne da sorridere, al pensiero della gelosia dell’altro, così sollevò la testa e gli sfiorò le labbra, ridacchiando.

“Scherzavo, caro.”

“Nemmeno lei potrebbe essere così crudele, signorina French, da condannare suo figlio ad avere un padre così.”

“Io non sono crudele.”

“Oh, se lo è. Per anni mi ha torturato, con i suoi sorrisi, i suoi occhi…”

“Se devi essere il padre di mio figlio, puoi darmi del tu, Gold.”

“Se insisti… Lacey.”

“E poi, anche tu sei crudele, tesoro. Quando venivo qui, ogni pomeriggio, credevi che fosse per prendere la polvere del tuo negozio?”

“Se potessi, ti terrei qui, tra i miei tesori.”
Lacey si avvicinò ancora per baciarlo, facendo scorrere le dita tra quei capelli lisci come aveva sognato di fare quando era un’adolescente con una cotta enorme per il mostro della città. 

Nessuno l’aveva mai capita come lui, e il lato oscuro che aveva sempre tenuto nascosto a tutti la supplicava di saltargli addosso ogni volta che lui inconsapevolmente, quando era troppo concentrato, si slacciava di qualche bottone la camicia. E il fatto che fosse sempre così controllato le faceva voglia di farglielo perdere.

“Robert.”

“Cosa?”

“Il mio nome, dearie. Credo che tu te lo sia guadagnato.”

 

 

  
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