La musica parte e tutti gli artisti
entrano in scena per
l’esibizione finale: Ranma e Ryoga zompettando a destra e a
manca, seguiti da
Biancanera e i suoi cuccioli, Azusa e Mikado volteggiando sui
rollerblade, Kuno
– con tanto di rosa rossa tra i denti - sguainando e
maneggiando qualcosa come
una quindicina di spade, Ren agitando il suo ampio mantello e assumendo
ogni
volta l’aspetto di un artista diverso, Yuka e Sayuri tra
capriole e verticali,
perfettamente sincronizzate come sempre, e infine Akane in equilibrio
sulla
groppa dei suoi bei micioni indiani. Il tutto naturalmente a tempo di
musica.
La
cupola del tendone si scopre e il vortice si innalza verso il cielo per
poi
diramarsi a raggiera. Tutte le colombe spariscono nel manto scuro,
eccetto una che,
dopo un giro completo intorno alla platea e alla piramide umana, torna
a
posarsi sulla mia spalla. Intanto una
raffica di fuochi d’artificio illumina senza un attimo di
tregua il manto scuro
del cielo. Sorridendo soddisfatto per la perfetta esecuzione del
numero, mi lascio investire dal caloroso applauso del
pubblico.
–Semplicemente
magnifici!
–Uno spettacolo unico!
–Siete fenomenali!
–Che meraviglia!- esclamano in
coro alcuni bambini.
Il
pubblico è in visibilio: in tanti anni di carriera circense
non ho mai visto
tanto entusiasmo per un nostro spettacolo. La reazione del direttore
è, poi,
semplicemente impagabile:fiumi di
lacrime gli scorrono giù dagli occhi - coperti dai vetri
scuri delle sue lenti
consuete – tanto che Hiroshi e Daisuke si sono visti costretti a
munirsi di catini
e bacinelle per raccogliere tutta quell’acqua salata onde
evitare che la nostra
piattaforma si trasformasse in un’arena per la battaglia
navale.
E’
il momento del discorso finale. Respiro e allargo le braccia, urlando:
E’
giunto il momento,
signore e signori,
che ognun ritorni ai suoi vecchi rancori:
i
domatori a domare,
le fiere ad obbedire,
gli spadaccini a tirare,
le illusioni a sparire.
E
tuttavia tra urla di giubilo e latrati di lupo,
speriam
di tutto cuore che lo spettacolo vi sia piaciuto!
Schiocco e le dita e una nube
rosastra avvolge la compagnia
circense. Qualche minuto sulla piattaforma non restano che i petali
neri di
Kodachi.
All’iniziale mormorio di meraviglia degli spettatori seguono
risa e
applausi scroscianti. Sì, devo ammetterlo: i colpi di scena
sono sempre stati
il mio pezzo forte!
E
a proposito di colpi di scena, il pubblico non è stato
l’unico a restare di
stucco alla mia apparizione. Davanti a me
la schiera di artisti mi osserva con
occhi increduli e si scambia
occhiate fugaci come per confermare che la persona davanti a loro non
sia una
visione.
–Beh,
allora? Nemmeno un “Bentornato, Mousse!” ? Mah, e
io che mi aspettavo
un’accoglienza più calorosa, begli amici!
– scherzo fingendomi imbronciato, con
tanto di braccia conserte e aria offesa.
–Oh, perdonaci Mousse, ma siamo ancora un po’
sconcertati dalla tua
apparizione! – esclama Akane prima di gettarmi le braccia al
collo per
salutarmi. –Comunque sia, bentornato tra noi! E dopo di lei a
mano a mano anche
tutti gli altri mi salutano, mi abbracciano mi stringono la mano, mi
danno
pacche sulla spalla e mi sorridono, contenti del mio ritorno.
–E così ci hai giocati,
eh Mousse? Maledetta talpa, tutto questo casino solo per fare la tua
entrata a
effetto!
Ecco qua. Vi pareva Ranma Saotome non doveva dire la sua?
L’unica nota
stonata di un’armoniosa melodia! Ma cosa volete farci, Ranma
Saotome è pur
sempre Ranma Saotome e volenti o nolenti così ce lo dobbiamo
tenere. –C’hai
preso in pieno, Ranma Saotome. Ho davvero architettato tutta questa
messinscena
dell’addio per tornare con un’entrata a effetto. E
guarda che risultato: è
stato praticamente un successo! BAM!
Spiazzato in pieno. E per la prima volta posso godermi la faccia
corrucciata (
e anche lievemente arrossata, oserei
dire!) del codinato playboy, al
quale
non viene in mente nessuna risposta con la quale controbattere. Il mio
sguardo
cade casualmente alla mia destra: in un angolo buio una ragazza mi
osserva a
braccia conserte e gambe incrociate, appoggiata appena alla colona di
cemento
che fa da sostegno al tendone. Congedandomi dagli altri mi avvicino a
lei.
–Ciao, Shan-Pu.
–Ciao
Mousse. Bentornato. – mi risponde lei con lo sguardo
sfuggente rivolto verso il
basso.
–Usciamo
a prendere un po’ d’aria?
Lei scrolla le spalle. –Come vuoi. La piccola folla di
artisti si apre
per lasciarci passare, poi si ricompone e appena fuori –
diavolo se sono
prevedibili quelli lì! – accorre in punta di piedi
per spiarci. Credo che anche
Shan-Pu si sia resa conto del piccolo corteo di curiosi, eppure non fa
niente
per scacciarli e continua a starmi dietro con le braccia incrociate
dietro la
schiena e il passo lento.
–Bella serata, eh?- cerco di rompere il ghiaccio ammirando il
cielo
stellato.
–Mh. – annuisce lei e per la prima volta sento che
i ruoli si sono
invertiti: adesso sembra lei quella a disagio in mia presenza. Io, al
contrario, non mi sono mai sentito più sicuro di me prima
d’ora. O
semplicemente più tranquillo, forse.
–Perché sei tornato?- mi chiede dopo qualche
attimo di silenzio.
La domanda non mi coglie impreparato, ma mi prendo comunque del tempo
per formulare una risposta.
–Sono tornato per te, mi sembra ovvio.
Anche se voltato di spalle posso capire che la mia risposta
l’ha
sorpresa dal leggero sussulto della sua voce. –Per me? No,
dico, mi prendi in
giro o cosa? Tu stavi con Xiwan e stavi per tornartene al villaggio
pronto a
cominciare una nuova vita, e adesso vieni a fare il romantico dicendo
che sei
tornato per me?- sbotta lei ostentando sicurezza, ma tradendo una nota
di
gelosia. –A proposito…- riprende lei acida dopo lo
sfogo – che fine ha fatto la
tua bella? Perché non sei tornato indietro con lei, eh?
E’ già finito tutto
l’amore che provavi nei suoi confronti? Ah, no, forse era
solo lo spasso del
momento, vero? A questo punto il mio autocontrollo va a farsi benedire
e senza
nemmeno rendermene conto afferro Shan-Pu per le spalle e tiro fuori
quello che
per tanto, troppo tempo ho tenuto dentro.
–Vuoi
saperlo? Vuoi davvero sapere tutta la verità fin dal
principio? Vuoi sapere
come io mi sia ridotto a uno zerbino per colpa tua? Tu non hai la
minima idea
di quanto io abbia sofferto per tutti questi anni, di quanto sia stato
male per
ogni tuo sguardo indifferente, di quante volte abbia fatto la figura
del
perfetto imbecille pur di attirare anche solo di sfuggita la tua
attenzione… e
tu niente, mi sei passata attraverso come se fossi stato un fantasma,
una
creatura priva di consistenza, inesistente, un signor nessuno. E sai
qual è la
cosa peggiore, la cosa più umiliante? È che
nonostante tutto questo, nonostante
tutto il male che ho patito per causa tua, io non riesco a odiarti. Ci
ho
provato, ma non ci riesco. Anzi, ti amo più di prima.
Le mie parole la investono come un
fiume in piena, me ne accorgo dalla dilatazione delle sue pupille.
Per una manciata di
secondi nessuno dei due parla, poi lei decide di rompere il silenzio
cercando,
invano, di mantenere il suo solito tono di voce freddo e piatto.
–Se mi amavi così tanto come dici,
perché non
hai affrontato il problema apertamente? Perché hai accettato
l’amore di Xiwan
anziché chiarire con me i tuoi
sentimenti?
Mi
prendo una seconda pausa.
–Accettiamo
l’amore che crediamo di meritare, Shan-Pu- le dico
tranquillamente e la mia
risposta la lascia a bocca aperta. Lei abbassa nuovamente lo sguardo e
da sotto
la frangetta color lavanda calde lacrime le rigano il viso di
porcellana. E’ la
prima volta che vedo piangere Shan Pu. Lei, così fiera,
glaciale, dallo sguardo
impenetrabile adesso era scossa da tremiti irrefrenabili.
–Bianjie...
Mi
sta chiedendo scusa. Shan Pu, l’amazzone dal cuore di pietra,
sta chiedendo
scusa proprio a me, povero contadino della sperduta provincia del
Youkasai, in
Cina, divenuto poi illusionista di un qualunque circo ambulante.
Sfioro
delicatamente una sua guancia con la mia mano destra e le sollevo piano
il viso: i grandi occhi rosso scuro sono diventati ancor più
rossi a causa del
pianto. Prima che possa anche solo rendermene conto il mio viso
è a pochi
centimetri dal suo. Il mio cervello ha ormai dichiarato ufficialmente
chiusa la
sua attività.
Posso
percepire il suo respiro irregolare e il profumo della sua pelle, un
profumo
che inebria i sensi. Lo inalo come a volerlo imprimere nella mia mente
e subito
una sensazione di vertigine o stordimento si impossessa di me.
–Wo ai ni,
Shan Pu.
Incurante della banda di
curiosi appostati a pochi metri da noi, incurante delle possibili
conseguenze alle
quali il mio gesto avrebbe portato, incurante di qualunque altra cosa,
appoggio
le mie labbra alle sue, avvolgendola in un abbraccio protettivo. In
questo
preciso momento il tempo sembra essersi fermato. Rinsavito, mi assale
il
pensiero di una sua possibile reazione (contraria, naturalmente),
tuttavia non
discosto di un solo millimetro le mie labbra dalle sue. Sono
già mentalmente
pronto a prendere un volo di svariati chilometri verso una qualche meta
ignota –
che dire: è stata una vita breve ma intensa, la mia!
– ma la reazione della mia
bella compaesana mi spiazza: Shan Pu si aggrappa alla mia veste bianca
e mi
stringe maggiormente a sé.
–Qing buyao likai wo – mi
sussurra tra
le lacrime. “Ti prego non
lasciarmi” mi implora.
–Yong bu za .- la rassicuro altrettanto
sommessamente. “Mai più” le ho risposto
con un sorriso.
La stringo nuovamente a me, accarezzandole i
lunghi capelli e lei mi lascia fare,
anzi, si abbandona completamente al mio abbraccio, in cerca di
protezione. Le
cose cambieranno, niente sarà più come prima. Ne
ero sicuro.
*Note
dell'autrice*:
La citazione "Accettiamo l'amore che crediamo di meritare" pronunciata
da Mousse è tratta dal film "Noi siamo infinito" di Stephen
Chbosky.