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Autore: ImInLoveWithBoo    28/12/2013    4 recensioni
A ventidue anni, hai la tua vita nelle mani.
A ventidue anni, il tuo sogno nel cassetto --diventare un cantante famoso in tutto il mondo-- è diventato realtà, la fantasia non serve più a nulla perché, adesso, è tutto reale.
A ventidue anni, una folla di ragazzine che continuano a urlare il tuo nome, non ti fa più nessuno effetto.
A ventidue anni, cinque ragazzi, una boyband appena sciolta, una conferenza stampa e il successo lasciato alle spalle, ti fa credere che la tua vita non è più così perfetta.
A ventidue anni, con un incontro nel bagno con il ragazzo più bello del mondo alle spalle, resta ancora la cosa più bella che ti sia mai successa.
[Larry - 38.883 k]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 I'll see you always

A sedici anni credi di avere la tua vita nelle mani.
A sedici anni appena compiuti, con un modulo da compilare, un sogno nel cassetto e la fantasia che vola via, ti senti il ragazzino più potente al mondo.
A sedici anni, un incontro in un bagno con il ragazzo più bello del mondo -- a tuo parere -- ti sembra la cosa più bella che ti sia mai successa.
A sedici anni, una folla di ragazzine che urla il tuo nome, ti fa sentire importante.
A sedici anni, cinque ragazzi, una boyband appena formata, la partecipazione ad un programma televisivo e il successo a portata di mano, ti fanno credere che la tua vita sia perfetta.
 
A ventidue anni, hai la tua vita nelle mani.
A ventidue anni, il tuo sogno nel cassetto --diventare un cantante famoso in tutto il mondo-- è diventato realtà, la fantasia non serve più a nulla perché, adesso, è tutto reale.
A ventidue anni, una folla di ragazzine che continuano a urlare il tuo nome, non ti fa più nessuno effetto.
A ventidue anni, cinque ragazzi, una boyband appena sciolta, una conferenza stampa e il successo lasciato alle spalle, ti fa credere che la tua vita non è più così perfetta.
A ventidue anni, con un incontro nel bagno con il ragazzo più bello del mondo alle spalle, resta ancora la cosa più bella che ti sia mai successa.
 
 
A distanza di sei anni, i più grandi stadi che si chinavano davanti a voi, il delirio di milioni di ragazzine che sono cresciute con voi, i più importanti programmi televisivi che vi hanno ospitato, non hanno più lo stesso gusto.
Non quando gli One Direction si sono sciolti.
Non quando hai perso la cosa più bella che ti sia mai successa.
 
Cinque anni e mezzo di relazione.
Cinque anni e mezzo di amore condiviso, speranze urlate, paure confessate, segreti sussurrati nella notte.
Cinque anni e mezzo di finzioni.
Cinque anni e mezzo di Harry e Louis.
Cinque anni e mezzo di fidanzate finte e amore nascosto.
Cinque anni e mezzo e nient'altro.
Tutto era finito, tutto era volato via.
Tutto era finito, tranne il mio amore per Louis. Nonostante lo avessi lasciato io, lo amavo ancora con tutto me stesso. Quasi sei anni di relazione non si potevano dimenticare.
Non quando Louis era stato il mio primo tutto.
Il mio primo ragazzo, il mio primo bacio, il primo ad avermi avuto, il mio primo amore. Il primo amore non si dimentica. Non tanto perché era stato il primo, quanto perché Louis mi aveva tolto tutto.
Si era preso ogni cosa di me, facendola sua, tenendola stretta a sé, non lasciandola andare.
Era sempre stato così tra di noi, l'uno prendeva un po’ dell'altro: gioie, dolori, sentimenti, paure, le faceva proprie. Il cuore di Louis era mio, quanto il mio era suo. Lo sarebbe sempre stato, nonostante tutto.
Ma quasi sei anni di finzioni, di relazione nascosta erano troppo da sopportare, perché faceva male, maledettamente male. Così tanto da superare l'amore che sentivo nel petto ogni volta che lo vedevo, sentivo il suo nome o semplicemente lo pensavo. E il suo voler continuare a nascondere tutto nonostante ormai la band, il management, il mondo non esistessero più, mi aveva fatto doppiamente male. Potevamo essere liberi insieme, lui aveva deciso di esserlo da solo.
E andava bene così. Non ero più quel ragazzino che pendeva dalle sue labbra, dalle sue decisioni. Avevo imparato a ragionare con la mia testa, con il mio cuore. Avevo imparato ad essere un po’ egoista, a pensare ogni tanto a me nonostante non facesse parte del mio carattere. Avevo imparato a capire ciò che era importante da ciò che invece era futile. Avevo imparato che l'amore doveva essere dimostrato ogni giorno, anche con i minimi gesti.
Louis l'aveva sempre fatto. Ma quella sera di alcuni mesi prima, rintanati sotto le coperte dopo aver fatto l'amore, mi aveva detto che non aveva intenzioni di dichiarare vera la nostra relazione e io non ci avevo visto più.
 
"Il mondo non è ancora pronto per noi, babe" 
"Come vuoi tu, Lou. Ora dormo, buonanotte"
"Non fare così, Harry"
"Buonanotte"
Mai avrei detto che in quella bolla, quella che sentivo crearmisi intorno quando Louis era accanto a me, mi sarei sentito soffocare.
Mai avrei detto che quella bolla sarebbe scoppiata.

Freddo.
Sentivo freddo dentro, sentivo il vuoto nel petto come se qualcosa mi fosse stata tolta. Quando lui aveva cercato di parlarmi, di spiegare le sue ragioni, avevo fatto finta di dormire, di essere stato rapito da Morfeo solo perché altrimenti il groppo in gola che cercava di soffocarmi, le lacrime agli occhi che cercavano di accecarmi e il cuore a pezzi che chiedeva aiuto, sarebbero stati troppo evidenti.
Avevo aspettato che si addormentasse e poi, con lo stomaco che faceva male, avevo fatto le valigie e avevo preso il primo volo per Los Angeles.
 
 
 "Harry? Ma che fine hai fatto? Louis è preoccupato, non ti fai vedere da una settimana, perchè non hai avvisato almeno lui?"
"Forse perchè non voglio più vederlo, Niall?" non avrei mai dovuto rispondere ma avevo capito che in quella settimana, nascondermi, scappare da tutto e da tutti non sarebbe servito a nulla. Dovevo chiudere tutto, tutti i contatti che avevo con Louis ma abbandonare i miei fratelli, quelli che erano diventati la mia famiglia mi risultava difficile se non impossibile. Erano parte di me e non potevo abbandonarli così
"Cosa è successo?" il suo tono di voce era adesso preoccupato.
"Non posso parlare, digli solo che per lui, Harry Styles non esiste più. Tra qualche giorno vengo a prendermi le ultime cose, mi trasferisco qui" quella era la frase che più mi fece male. Forse più del nascondere al mondo la relazione con Louis. Questo, però, l'avrei scoperto anni dopo.


 
Sapevo che tasti toccare con Louis, sapevo cosa fare per farlo tornare, ma così non era stato.
Il primo mese avevo ricevuto miliardi di chiamate e messaggi in segreteria da parte sua.
Il secondo mese di lontananza queste già iniziavano a diminuire, dal terzo in poi non si era più fatto sentire.
Ma mi mancava, mi mancava terribilmente. E ne ero consapevole che un amore come il nostro è difficile da dimenticare.
Da superare.
Ma dovevo andare avanti, con il tempo tutto sarebbe passato. Il tempo si sarebbe portato via i miei sentimenti, si sarebbe portato via il ricordo di Louis, si sarebbe portato via il mio cuore.
 
 
***
 
 
"E l'amore guardò il tempo e rise, perché sapeva di non averne bisogno. [...]
Si addormentò in un angolo di cuore per un tempo che non esisteva.
Fuggì senza allontanarsi, ritornò senza essere partito,
il tempo moriva e lui restava."
 
 
Il tempo non aveva aggiustato nulla, erano passati quattro anni e mi ritrovavo con un cuore spezzato, un amore troppo grande da tenere dentro e nessuna notizia dell'uomo che avevo sempre amato.
Ero rimasto in contatto con Niall, Liam e Zayn perché anche solo un minimo accenno di una vita che non era più mia mi faceva respirare, mi faceva sentire ancora quel ragazzino con il mondo tra le mani, con il mondo ai suoi piedi. Mi faceva sentire ancora quel ragazzino con una relazione perfetta, una famiglia perfetta, una vita perfetta. Arrivato ormai all'età di ventisei anni, guardandomi alle spalle, avevo capito che il mio carattere non era come tanto decantavo.
Ero stupido, infantile, codardo. Avevo lasciato scappare una vita che poteva ancora essere perfetta, nonostante tutto. E adesso, guardandomi, mi rendo conto che dalla vita ho imparato tanto e con il tempo ho capito che l'amore che provavo e provo per Louis non passerà mai.
Da Niall, anche se indirettamente, avevo saputo che Louis era cambiato tanto, aveva dovuto affrontare qualcosa di troppo grosso per un ragazzo si ventiquattro anni, all'epoca.
Adesso, a ventotto, la sua vita rasenta la perfezione. Se si sia creato una famiglia senza di me non lo so. Non lo voglio sapere, farebbe troppo male. Spezzerebbe in mille pezzi quel minimo di cuore che mi è rimasto. Avevo sempre saputo di essere egoista, ma non volevo neanche pensare all'eventualità di una sua vita senza di me. Di una vita senza di lui. Senza di noi. Perché se esistevano davvero le anime gemelle, quelle eravamo noi, l'avevamo sempre saputo. Nonostante tutto, nonostante i mille errori, nonostante le mille difficoltà, eravamo anime gemelle destinate ad amarsi per sempre. A noi, quel tempo così grande, ma allo stesso tempo mai abbastanza, non ci aveva mai spaventato. Il nostro amore andava oltre a tutto. Era troppo grande anche solo da raccontare, anche solo da poter credere alla sua esistenza. Il nostro amore aveva coinvolto destino e fato, fili rossi e coincidenze.
Il nostro amore era l'unica cosa perfetta che la vita mi aveva dato e poi tolto.
 
***
 
Quando Gemma mi aveva detto di essersi trasferita a Doncaster con suo marito, non avevo perso neanche un secondo. Avevo preso il primo aereo e dopo interminabili ore di viaggio ero finalmente atterrato in quel piccolo paese che sapeva di ricordi e speranze.
Ero tornato a Doncaster, perché lui era lì e perché Doncaster, in fondo, era stato il punto di inizio per noi.
 
 

"Harry, questo è il mio posto speciale, sai?"
"E' magnifico, Lou. Ma perché me lo stai mostrando?"
"Perché voglio che il mio posto speciale sia spettatore di un evento altrettanto speciale.”
"Di cosa parli, Lou?"
 […]
"Adesso, questo, è il nostro posto speciale, vuoi essere il mio ragazzo, Harold?"
"Se la smetti di chiamarmi Harold, molto volentieri."
 
Adesso, in quel posto speciale, c'ero solo io. Gli alberi che mi cirdondavano, creando uno scudo contro il mondo, rendendomi invisibile, mi aiutavano ad isolarmi. A creare una bolla che mi permetteva di ricordare, di farmi ancora del male. L'altalena, quella in cui ci eravamo seduti poco prima di dichiararci, era ormai distrutta e le panchine, quelle che ricordavo essere bianche, ora erano solo un vago ricordo. Quel parco che tanto avevo amato adesso era distrutto, un pò come l'amore che era nato in quello stesso posto.
Il ricordo del nostro primo bacio, del parco abbandonato del paese, delle nostre risate, dei suoi occhi blu brillanti. Quegli occhi che piano piano si sono spenti a causa mia. Tutto il male che avevo fatto a Louis non potevo cancellarlo, purtroppo. Potevo solo ripromettermi, che una volta tornato mio, non avrei più rifatto gli stessi errori, l'avrei solo amato, alla luce del sole o nel buio delle nostre quattro mura di casa. Non mi sarebbe più interessato, semplicemente perché avevo capito, avevo provato cosa significasse una vita senza di lui. E quella vita, se vita si poteva chiamare, non mi allettava.
Faceva troppo schifo, faceva troppo male. Ero vuoto, ero il nulla, senza di lui.
 
***
 
Erano passati già due mesi da quando vivevo a Doncaster.
Il paese era esattamente come lo ricordavo. Avevo trovato lavoro in un piccolo negozio di dolciumi. Il luogo era carino, accogliente ma non troppo frequentato. Ma questo dettaglio, forse, mi andava più che bene. Avevo il tempo per pensare. Circondarmi di gente, adesso, non mi allettava più. Avevo provato il piacere della privacy e di quella non volevo più sbarazzarmene. Avevo sempre amato il calore delle fan, dei paparazzi, dei giornalisti, ma adesso, ora che la fama e il gossip non facevano più parte della mia vita, non ne sentivo la mancanza.
E andava bene così.
Ero nel negozio quando decisi di prendere il telefono in mano e portarmelo vicino all'orecchio.
"Ciao, Lottie."
Chiamare la sorella del mio ex-ragazzo, forse, non era stata l'idea migliore. Ma questo, l'avrei scoperto solo minuti dopo, se non mesi.
"Ciao, Harry, come stai?" la voce di quella che ricordavo essere la dolce e tenera Charlotte, adesso assomigliava più a quella di una donna.
"Potrebbe andare meglio, tu?"
Non si sa quanto tempo passammo a parlare di cose futili, argomenti preimpostati, discussioni banali. Ma avevo bisogno di spianare il terreno, prima di far scoppiare la bomba. Sapevo che Lottie, nonostante mi volesse bene, sarebbe sempre stata dalla parte del fratello e potevo capirla. Avevo fatto soffrire il suo fratellone, quello che l'aveva cresciuta e che era sangue del suo sangue.
"Sono felice di sentirti, Harry, ma perché hai chiamato?"
Il suo cambio di tonalità mi fece preoccupare, non tanto per la domanda in sé quanto al fatto che risultasse apprensiva quanto complice. Ma non me ne resi subito conto, troppo intento a trovare una risposta. Avevo deciso di dire la verità perché di bugie la mia vita ne era stata sempre piena e adesso che ero alla ricerca di una nuova vita, magari accanto all'uomo che amavo, i cambiamenti erano l'unica soluzione.
"Come sta?" non avevamo bisogno di specificare il nome, entrambi sapevamo a chi mi stessi riferendo perché entrambi eravamo accomunati da lui.
"Dopo tanto finalmente sta meglio, Harry. Perché ti interessa?"
La voce, adesso fattasi più dura, risultava quasi accusatoria.
Sapevo quanto Lottie mi avesse odiato ogni qualvolta Louis la chiamava in lacrime dopo un nostro litigio. Sapevo, però, che anche lei vedeva in noi l'amore che tutti vorrebbero trovare, per cui non mi scoraggiai perché la determinazione era l'unico mio appiglio per tentare di scalare un qualcosa di troppo alto, troppo difficile.
"Lottie, ti prego, lo sai quanto amo tuo fratello, lo sappiamo tutti."
Il mio tono quasi supplicante, intriso di sensi di colpa si trasformò ben presto in un tremolio dettato dalle lacrime.
"Perché vuoi rovinargli di nuovo la vita, Harry? Proprio adesso che si sta riprendendo…"
Aveva ragione, aveva maledettamente ragione. Ma non potevo fare a meno di essere egoista, perché era di quello che si trattava.
Era il mettere al primo posto la mia felicità tralasciando quella degli altri, ma non mi importava, era come se il mio cervello vedesse solo quello.
Era come se vedesse solo quel tunnel che alla fine portava a Louis. Lui era la mia missione, “noi” era il mio punto di arrivo.
"Adesso vivo a Doncaster, Lottie. E ti giuro su qualsiasi cosa, sulla cosa più importante della mia vita che me lo riprenderò, perché Louis è mio, lo è sempre stato. E' mio tanto quanto io sono suo. Ma dimmi, si vede con qualcuno?"
Quella era la domanda che più mi preoccupava, perché se Louis fosse andato avanti, se Louis si fosse creato un'altra vita, una nuova famiglia, nuovi progetti, la mia missione sarebbe stata più complicata.
"No, non frequenta nessuno da un bel po’ di tempo. Ma, Harry, perché sei qui?"
Il suo tono adesso risultava ansioso, preoccupato, misterioso come se mi volesse nascondere qualcosa, come se avesse timore, ma questo l'avrei scoperto solo mesi dopo.
"Ho trovato lavoro in un negozio."
Avevo trovato quel lavoro molto prima di sapere che Louis fosse tornato a Doncaster. E solo una parola mi frullava nella testa: destino.
"Va bene, allora, ci vediamo in giro" sentivo il sorriso sulle sue labbra e poi i miei occhi si spalancarono perché "Lots, con chi parli?" era la sua voce, avrei potuto riconoscerla tra mille altre nonostante gli anni l'avessero resa meno acuta.
"Non dirgli nulla, Lottie, ti prego" era stato il mio sussurro poco prima di sentire un "Ci vediamo presto, Sam" e allora sorrisi perché sapevo che Lottie tifava per me, tanto quanto voleva la felicità di suo fratello.
Entrambi sapevamo che l'unica vera felicità di Louis, sarei stato sempre io.
 
 
***
 
Due mesi più tardi, avevo capito che il destino era dalla mia parte perché quel negozio si era rivelato essere il posto abituale in cui Louis portava suo figlio. Quando lo vidi per la prima volta dopo anni entrare dalla porta, mano nella mano con un piccolo esserino tanto simile a lui, avevo smesso di respirare.
Il pensiero che fosse andato avanti senza di me batteva sempre più forte nella mia testa, tanto da convincermi quasi. Ogni martedì e giovedì pomeriggio, Louis e il bambino entravano da quella porta alle 15:00 in punto e io, come solo un codardo sa fare, mi nascondevo nel retro.
"Lottie, Lottie perché non me lo hai detto?"
Parlare con quel groppo in gola faceva male, molto meno del dolore che sentivo nel petto, però. Perché Louis era andato avanti, condivideva una famiglia con qualcuno che non ero io. E l'idea, la semplice idea, che un altro avesse messo le mani addosso a Louis nel modo in cui solo io potevo permettermi, mi faceva male e rabbia allo stesso tempo.
Mi faceva male perché Louis lo permetteva. Mi faceva rabbia perché quell'immagine era stata ormai incisa dietro le mie palpebre.
Ogni volta che chiudevo gli occhi, quell'immagine mi tornava in mente e le lacrime correvano giù, spedite e copiose.
"Non potevo dirtelo, Haz. Dovevi scoprirlo da solo" era stata la risposta della donna, seduta al tavolino del negozio in cui lavoravo ormai da tre mesi.
"Perché?"
I miei occhi erano ormai pieni di lacrime che però non volevo mostrare, perché l'orgoglio era tanto e la voglia di scappare, di rinchiudermi in camera mia era il doppio.
Ma, dopo tanti anni, avevo capito che le questioni vanno risolte poiché, in un modo o nell'altro, tornano prepotenti e distruttive.
Prima avrei capito che Louis non era più mio, prima mi sarei rinchiuso in camera a maledirmi per il resto dei miei giorni per aver perso la cosa più bella che mi fosse mai successa.
Lo sentivo lontano, maledettamente lontano.
"Perché ci sono tante cose che devi ancora sapere, tante cose che sono successe troppo in fretta" il suo tono vago mi indispettiva, avevo bisogno di risposte.
Ma sapevo che Lottie non c'entrava nulla in tutta quella storia. In tutta quella confusione che erano gli eventi e il mio cervello, Lottie non c'entrava nulla.
Era solo l'intermediaria della mia vigliaccheria, poiché sapevo che se fossi stato coraggioso almeno un quarto di quanto lo fosse lei nel parlarmi, nonostante la consapevolezza che se suo fratello ne fosse venuto a conoscenza non l'avrebbe presa bene, adesso tutto sarebbe più chiaro, adesso io sarei di fronte a Louis a parlargli.
Ma non ero mai stato coraggioso e questo lo sapevo.
"Vai a parlare con lui, Harry" come se Lottie mi avesse letto nel pensiero, quelle parole mi fecero rabbrividire, perché quell'idea, quella di parlargli, si era impossessata del mio cervello per due secondi.
Due stupidi secondi in cui l'immagine di noi due, di nuovo vicini, di nuovo a contatto, mi balenava in testa.
"Ho troppa paura, Lottie. E adesso lui ha una famiglia" ero ormai allo stremo, le lacrime erano lì, pronte a bagnarmi il viso.
"Non tutto è come sembra, Harry" era stata la sua risposta criptica poco prima di andare via, lasciandomi con mille dubbi.
Ma io di frasi fatte e risposte vaghe ne avevo abbastanza.
Avevo bisogno di certezze e risposte, avevo bisogno della verità. Ma la paura, quella che ti attanaglia le viscere, quella paura della verità stessa, quella che tanto cercavo, mi bloccava, non mi faceva neanche respirare. E l'aria mancava sempre di più, e sempre di meno respiravo e i miei polmoni non lavoravano correttamente. Sapevo che l'attacco di panico era lì, pronto ad arrivare proprio adesso che ero solo, adesso che le lacrime stavano scendendo, proprio adesso che il mio cuore urlava un solo nome: Louis.
Perché solo lui sapeva come fare a tranquillizzarmi e allora, ora che lui era lontano da me, lontano da noi, solo i ricordi potevano essermi d'aiuto.
 

 
"Non è bellissimo, babe?"
Il sole che andava a riposarsi oltre l'oceano, la sabbia a farci da cuscino, le onde ad attutire ansimi di un piacere ormai terminato. Le nostre gambe intrecciate e un leggero venticello a rinfrescare i nostri corpi bollenti. I nostri petti a contatto e i nostri cuori che battevano all'unisono. I nostri occhi che si fondevano, i nostri nasi che si toccavano, le nostre labbra separate in dolci sorrisi. Il nostro amore a padroneggiare su tutta quella perfezione che in confronto non era nulla.
"Sì, grazie per tutto questo, amore" era stato il mio sussurro, avevo paura che una sola nota stonata potesse rovinare tutto quello.
"Buon quinto anniversario, sunshine."
Parole sussurrate tra sorrisi dolci e occhi brillanti, labbra che si toccavano e lingue che si cercavano. Corpi che si univano ancora e ancora e il tramonto a fare solo da spettatore.
 

Il ricordo del nostro quinto anniversario mi attanagliò le viscere, tanto da farmi mancare ancora di più il respiro. Avevo bisogno di lui, perchè solo lui riusciva a farmi passare quell'attacco di panico. Barbara era sul retro del negozio, sapevo che quando impastava, lo faceva sempre con le cuffie perchè amava la musica tanto quanto la amavo io. E chiedere il suo aiuto era inutile quanto impossible. Non mi avrebbe sentito, non mi sarebbe stata d'aiuto.
I ricordi andavano così come arrivavano, veloci e devastanti. E il mio respiro ancora non si regolarizzava, non quando il ricordo della nostra perfezione, di quello che eravamo stati, tornava prepotente. Non quando sentivo la sua voce che "Respira, Harry" mi diceva. Come sempre.
Rintanare la testa tra le ginocchia era l'unico modo che sapevo riuscisse a farmi respirare meglio. E allora, con la testa sulle ginocchia, le braccia a creare uno scudo contro tutto quel dolore, sentivo i polmoni reclamare ossigeno e la vista venire meno e al "Aspetta qui, Ed, non ti muovere" sussurrato, una mano ad affondare nei miei ricci, un tocco che sapevo riconoscere da sempre e per sempre, anche il cuore iniziò a farmi male, perché lui era lì, sapevo che era lui.
"Respira, Harry, forza" la sua voce sussurrata nel mio orecchio, la nebbia a offuscarmi il cervello.
"Inspira, forza!"
Feci come mi aveva detto, perché lui era lì, ma tutto mi faceva male, ogni organo, ogni pensiero, ogni ricordo mi uccideva.
"Avanti, Harry, respira. Inspira ed espira, avanti, so che puoi farcela" non potevo fare a meno di crogiolarmi nel suo tocco, quelle piccole carezze che lui sapeva mi rilassassero.
"Sono Louis, forza Harry, respira. Non stai morendo, va tutto bene" scuotere la testa era l'unica cosa che potevo fare, poiché non andava tutto bene, l'aria mi mancava e il petto faceva male e il cervello era annebbiato.
E lui non era più mio.
E "Cosa senti, Harry?" il suo sussurro mi fece tornare a tanti anni prima.
"Fa male. Nebbia" parole sconnesse che sapevo lui avrebbe capito e allora "Guardami Harry, avanti" il suo tocco gentile nei miei capelli divenne determinato, mi fece alzare la testa e quello che mi trovai davanti fece scomparire tutto.
Tutto il dolore, tutti i pensieri, tutti i tormenti, tutte le paure scomparvero quando due occhi blu entrarono nella mia visuale.
Tutto scomparve quando le sue labbra si aprirono in un dolce sorriso, tutto sparì quando la sua mano mi accarezzò la guancia, "Avanti, respira".
 
"Buongiorno, amore mio" sapevo che amava essere svegliato con una scia di baci su tutto il viso. E sapevo anche che, la domenica mattina, quando gli impegni con la band lo permettevano, amava la colazione a letto. Mi ero svegliato due ore prima per prepararla e adesso, con il vassoio poggiato sul comodino, le mie labbra posate sulle sue, aspettavo solo di vedere i suoi occhi blu aprirsi e fondersi con i miei.
"Mh, buongiorno, babe" la voce roca al mattino, i capelli scompigliati e il petto nudo, Louis al mattino era sempre l'ottava meraviglia al mondo.
"Colazione a letto? Grazie, piccolo"
"Ti amo" non potevo fare a meno di baciarlo sulle labbra, perchè le sue labbra erano la mia droga. Quella più forte, quella che ti prende tutto il corpo portandoti in un altro mondo, in un altro universo. Amavo le sue labbra.
"Ti amo anche io, amore" il suo sorriso a fior di labbra, il suo cuore scalpitante, i suoi occhi che brillavano mi dicevano che sì: anche lui mi amava.  
 
I ricordi facevano male, ma ne avevo così bisogno che quel dolore lo andavo a ricercare. Perché era l'unica cosa che restava di lui. E forse, quel dolore, quello dettato dai ricordi, non ero l'unico a provarlo. Quel nome mi era scappato di bocca, era stato un istinto, derivato da un ricordo fin troppo indelebile nella mente e nel cuore. Era stato istintivo tanto quanto lo è il protrarsi in avanti durante uno starnuto o il riflesso di portarsi indietro quando vedi qualcosa che ti arriva in faccia. Era stato solo un sussurro, un "Grazie, Boo" detto con riconoscenza, gratitudine, amore. E istintiva, forse, era stata la sua reazione.
Andare via.
Solo l'eco di un "Ma io voglio le mie calamelle,  papi" a rimbombarmi nelle orecchie e il suo sorriso, quello che sapevo essere dedicato a me, ormai indelebile nel mio cuore.
 
***
 
Era passato un mese da quando non mi nascondevo più da Louis.
Un mese in cui avevo potuto constatare che Louis conoscesse la proprietaria, Barbara, e che quest'ultima fosse la baby-sitter di Edward Tomlinson.
Ricollegare il nome del bambino al mio secondo nome fu lecito quanto divertente. Perché se così fosse stato, se Louis aveva davvero ricollegato il nome di suo figlio a me, ad un qualcuno che era sparito dalla sua vita senza un motivo, mi dava ancora una speranza.
Come fai a dimenticarti di qualcuno se hai anche solo un semplice nome che ti ricollega a lui? Se non si tratta di un nome sentito per caso, di sfuggita ma si tratta di tuo figlio, di un bambino di cui ti occupi costantemente; di un nome che pronunci sempre e di un ricordo che, inevitabilmente, ti riconduce ad una persona.
Era stata come una catena, quella speranza ne aveva creata un'altra, che ne aveva creata un'altra ancora, e così via. Fino a dare al mio cuore una nuova gioia, quella di credere ancora in qualcosa, di credere ancora ad un amore che era scritto nel destino.
Perché noi eravamo scritti su pietra, indelebili, marcati con forza, incisi con precisione.
Eravamo HarryeLouis.
 
 
***
 
Erano passati sette mesi da quando vivevo a Doncaster e avevo scoperto solo poche cose della nuova vita di Louis. Lavorava in un bar poco più lontano dal negozio in cui lavoravo, e questi erano separati dalla scuola che frequentava Edward.
Avevo scoperto anche che Louis lasciava Edward a Barbara ogni martedì e giovedì dalle 15:00 alle 18:00, orario in cui terminava il turno al bar, e che il bambino era un amante di caramelle e pasticcini.
Avevo scoperto, inoltre, che Louis era un padre single e che molto probabilmente Edward era frutto di un preservativo rotto (queste però erano solo le mie conclusioni).
Louis e Edward vivevano con Lottie e sapevo, inoltre, che si tenesse in contatto con Niall, Liam e Zayn e questo mi rendeva molto felice perché, se tutto fosse andato per il meglio, avrei avuto l'occasione di ricrearmi quella perfezione a cui tanto aspiravo con tutti i ragazzi.
Mi mancavano, mi mancavano terribilmente. Erano i miei fratelli e non vederli per così tanto tempo faceva male, soprattutto dopo sei lunghi anni passati a stretto contatto con loro.
 
Avevo sempre avuto l'abitudine di lasciare le persiane della finestra aperta durante la notte, perché al mattino, una volta sveglio, adoravo stare nel tepore del letto ad ammirare il cielo nuvoloso di Londra.
Ma da quando mi ero trasferito a Doncaster, questa abitudine si era rivelata essenziale. Era il mio sfogo, il mio pensatoio, perché in quelle nuvole ci lasciavo i miei pensieri, le mie lacrime, i miei dubbi, i miei dolori, il mio amore.
 
"Come potete trovare splendido un cielo atono, azzurro e terso, senza neppure l'ombra di una nuvola a renderlo vero e degno d'attenzione?"
 
Ed era vero, un cielo senza nessuna macchia non era degno di essere ammirato. Non era degno di possedere i miei pensieri, non era degno di vedere il mio sguardo triste puntato su di lui. Era una visione egoistica, vero anche questo, ma ero abbastanza consapevole di esserlo, visti i precedenti.
E credere che un cielo sereno e sorridente non potesse essere paragonato a nuvole e tormenti, mi permetteva di credere che al mondo, non solo la mia vita fosse difficile, non solo la mia vita facesse schifo.
 
Ma le nuvole prima o poi vanno via. Il sereno arriva per tutti. Prima o poi…
 
"E allola la maesta mi ha messo in punisfione, ma Hally, io non ho mangiato la sua calamella!"
Il sorriso ad incresparmi le labbra, gli occhi brillanti e il cuore pieno di gioia. Guardavo Edward, seduto sul bancone del negozio che mi raccontava come non aveva mangiato la caramella del suo amico, che poi aveva spifferato tutto alla maestra, e di come il piccolo Tomlinson era stato messo in punizione.
Lo guardai sorridente con la testa inclinata di lato e lui mi guardò colpevole e  "Oookkaaay, folse, ma dico folse, ho mangiato la sua calamella, ma Hally, ela alla flagola, io amo la flagola!"
E il modo in cui lo disse mi ricordò tanto il padre.
Quel viso birichino, gli occhi verdi e i capelli ricci dal colore biondo cenere, mi fece così tenerezza che non potetti che prenderlo in braccio e farlo girare insieme a me, fargli il solletico e riempirlo di baci perché quel bambino era l'esserino più bello del mondo.
"Hally, Hally, mettimi giùùùù" urlò il bambino.
Quando lo posai sul bancone, notai Louis guardarci con una strana espressione, sembrava arrabbiato quanto felice.
Un paradosso interessante, ma conoscevo Louis, sapevo che poteva provare mille emozioni tutte insieme, indeciso com'era.
"Ti devo parlare."
Quella voce che tanto amavo era intrisa di rabbia e questo mi spaventò tanto quanto mi incuriosì.
"In privato, magari" continuò.
Lo guardai sorpreso, non sapendo cosa dovesse dirmi, gli feci segno di seguirmi sul retro. Lasciò Edward nelle mani di Barbara e mi seguì con la testa bassa. Potevo sentire il suo cervello lavorare. Quando chiusi la porta, quella piccola scintilla di felicità era sparita, ora solo la rabbia faceva da padrona.
"Da quanto tempo abiti qui, Harry?" iniziò lui, in un sussurro che mi spaventò.
"Sette mesi" risposi prontamente.
"Quindi sono sette mesi che mi spii?" chiese lui, diretto come lo era sempre stato.
 "Cosa vuoi dire?" lui rise, ma era una risata amara, dolorosa, non era la risata di cui mi innamorai tanti anni prima.
"Credi che non avessi capito che Lottie parlava al telefono con te? Credi che non ti abbia visto fuori dal negozio ad osservarmi mentre portavo Ed a scuola? Credi che non ti abbia visto fuori dal bar in cui lavoro? Credi che non sappia che Niall ti ha dato informazioni su di me in tutto questo tempo? E credi davvero che non lo sappia?"
Il suo tono elevato mi spaventò perché era davvero arrabbiato. Non sapevo come rispondere, non sapevo cosa dire, tutto ciò che mi passava per la testa mi sembrava stupido e insensato.
Tutto ciò che avrei voluto dire era "Ti amo".
Mi accorsi di averlo detto ad alta voce solo quando Louis rise e delle lacrime bagnarono il suo viso.
"Mi hai lasciato tu."
Quella frase, quella che sapevo sarebbe uscito dalla sua bocca, mi ferì perché, cazzo, lo sapevo e me ne pentivo.
"Hai mai capito perché l'ho fatto, Louis?"
Era il momento di chiarire le cose, potevo aggrapparmi solo alla speranza di riaverlo con me, era tutto ciò a cui aspiravo, tutto ciò che volevo.
Era lui. Era il mio Louis.
"Non sono così stupido, so che l'hai fatto solo perché non volevo rivelare la nostra relazione al mondo intero."
Risi amaramente anche io e "Solo?" perché quel solo, il minimizzare un dolore che ci aveva ucciso piano piano per così tanto tempo mi feriva.
"Per quanto tempo ci siamo nascosti, Louis? Per quanto tempo abbiamo sofferto per tutto ciò che ci costringevano a non fare? Ci costringevano a nasconderci, a rinchiudere il nostro amore in quattro mura. Abbiamo sofferto così tanto in sei anni e tu volevi continuare a nasconderci?"
lo guardai negli occhi, quegli occhi che tanto avevo amato e che anche più di prima amavo.
"Volevo solo avere l'occasione di darti tutto ciò che potevo darti, volevo amarti come meglio meriti. Non me ne hai dato la possibilità" dissi.
"Adesso la colpa è mia? Harry mi hai lasciato tu, Cristo. Sei tu quello che se ne è andato, sei tu quello che mi ha lasciato di punto in bianco senza dire niente a nessuno. Sei tu che ti sei trasferito, sei sparito e adesso la colpa è mia? A me bastavi tu. A me sei sempre bastato tu, non mi serviva andare fuori mano nella mano. A me bastavi tu che mi preparavi la colazione, mi bastavi tu che mi guardavi fare la doccia. Mi bastavi tu che mi baciavi i capelli. Mi bastavano i tuoi ricci, i tuoi occhi, le tue labbra, le tue mani, il tuo corpo, il tuo cuore. Non mi serviva nient'altro. Perché cazzo non lo capisci. Amavo te, non mi serviva sfoggiare il nostro amore in mezzo alla strada. Avevamo tutto ciò che ci serviva. Le nostre famiglie, i nostri amici, avevamo noi!"
Le lacrime scendevano copiose su entrambi i nostri volti.
"Volevo avere solo la possibilità di portarti fuori a cena, di gridare al mondo quanto ti amavo. Volevo avere la possibilità di andare in un negozio e dire ‘Vorrei fare un regalo al mio ragazzo’. Volevo avere la possibilità di essere libero" dissi tutto d’un fiato.
E tutti i pensieri stavano venendo fuori, e mano a mano che confessavo tutto quello, il peso che sentivo nello stomaco e nel cuore spariva.
"Abbiamo due concetti diversi di libertà. La tua libertà era il mondo, la mia libertà eri tu."
Un macigno sul petto, l'ennesimo gesto di amore incondizionato da parte di Louis mi colpì in pieno viso.
"Può essere vero, ma il nostro amore è uguale per tutti e due. Io amo te quanto tu ami me, Louis."
Lui mi guardò, con gli occhi lucidi, una punta di incertezza che mi ferì più di tutto quello che stava succedendo.
"Se mi ami ancora, allora accetterai tutto ciò che sto per dirti..."
Non lo lasciai finire perché mi fiondai su di lui, la voglia di baciarlo alle stelle, la voglia di sentirlo di nuovo mio un'esigenza.
Le sue labbra, proprio come le ricordavo erano morbide, piccole quanto piene. Quella sensazione di ritrovato, di casa, di amore mi scoppiò nel petto e non riuscii a trattenere le ennesime lacrime. Ma erano lacrime diverse, erano lacrime di gioia, erano lacrime di serenità.
Perché lui era la mia serenità, era la mia vita.
"Ho sempre voluto te, Louis. Sei sempre stato tu. Volevo solo poterti amare come meglio meriti" fu il mio sussurro a fior di labbra.
La sua bocca a tuffarsi di nuovo sulla mia, le nostre lingue che dopo anni, finalmente, si ritrovavano. Prepotenti, curiose, lente, amorevoli.
Mi era mancato così tanto che stringerlo forte tra le mie braccia era l'unica cosa giusta che potessi fare.
"Sei sempre stato tu, Harry. Il tuo amore, quello che mi hai sempre dimostrato era già abbastanza e forse troppo. Mi hai sempre amato, non posso negarlo, mi hai sempre dimostrato tutto il tuo amore" sapevo che ci fosse dell'altro, lo leggevo nel suo sguardo intimorito ma brillante e infatti continuò: "Ma sei scappato dalle difficoltà, sei scappato da me."
Quelle sue ultime parole mi spaventarono, visto che sapevo quanto rancoroso potesse essere Louis.
"Potrai mai perdonarmi?" chiesi allora, la paura di una risposta negativa a farmi rabbrividire, la voglia di baciarlo ancora e ancora e ancora a protendermi verso di lui così da sfiorare le sue labbra, l'amore che mi scoppiava nel petto a farmi quasi male, ma era un buon male.
"Ti ho perdonato quando ti ho visto dietro il cespuglio" sorrise.
Ricordavo quel giorno.
Mi ero nascosto dietro a un cespuglio con l'intento di spiare le abitudini di Louis. Avevo così tanta voglia di rivederlo, di vedere ciò che faceva quotidianamente.
"Come hai fatto a vedermi?" domandai ancora, ingenuamente.
"Io ti vedrò sempre" era stata la sua risposta.
E i ricordi non potevano far altro che venire a galla, uscire dai meandri di un cassetto, conservato nel profondo del mio cuore, come oggetti preziosi e indispensabili.
 
"Ehi, amore, cosa fai?" chiesi, entrando nella nostra camera d'albergo, estremamente uguale a tutte le altre.
"Nulla, babe, ho appena finito di scrivere la nuova canzone per l'album" rispose lui, prima di sorridermi e regalarmi un tenero bacio a fior di labbra.
E "Come si chiama?" domandai.
 
"I'll see you always."
Quella canzone, però, nessuno l'aveva mai ascoltata. La band si era sciolta prima dell'uscita dell'album. Ma io l'avevo ascoltata, l'avevo amata, l'avevo cantata sotto la doccia per lui, solo per noi. Lui me l'aveva dedicata.

 
Quella canzone parlava di noi, del nostro amore nascosto ma così visibile agli occhi di tutti. Quell'amore che fuoriusciva dai nostri occhi, così tangibile quanto riservato. Un amore eterno e visibile.
Un amore speciale e malsano.
Un amore che era tutto ciò che ci serviva per andare avanti.
Forse, però, io avevo perso questo concetto, mi ero perso tra la fama e la voglia di vendetta verso chiunque ci avesse fatto soffrire nel passato. Ed una volta presa coscienza, i miei occhi si riempirono di lacrime, ancora lacrime dolorose e "Mi dispiace così tanto, Lou. Ero così accecato dalla vendetta, dal risentimento, dalla voglia di farla pagare a tutti che ho perso di vista la cosa più importante per me. Te".
Abbracciarlo era l'unica cosa che potei fare, l'unica cosa che mi sembrava giusta in quel momento, che mi sentivo fosse giusta. Il mio corpo come sempre a circondarlo, a fargli da scudo in un mondo cattivo.
Il mio corpo ad ancorarlo al mio, le sue braccia, timide, ad arpionarmi le spalle.
"Devo dirti ancora una cosa, Harry... Forse, però, uhm, un altro giorno, sì?"
La sua incertezza ancora non era andata via, era ancora lì, ma non sapevo come interpretarla. E allora, come sempre ero abituato a fare, esposi a lui i miei dubbi, affinché me li risolvesse.
"Perché sembri incerto, Lou?" quel piccolo diminutivo mi fece respirare a pieni polmoni e la stessa reazione, forse, la ebbe anche lui.
"Ti devo spiegare tante cose, Haz" disse in un sorriso.
Sorridergli era l'unica cosa che adesso mi riusciva fare, perché era tornato, lui era lì, tangibile e vicino.
"Mi ami ancora, Louis?" avevo bisogno di certezze, di speranze, quella, quella speranza, era fondamentale per me.
Per andare avanti.
"Non ho mai smesso, Harry. Non puoi avere dubbi su questo."
"Non li ho mai avuti, infatti. Ma dovevo chiedertelo perché ora come ora, non ho più certezze nella mia vita. L'unica mia certezza eri tu e ti ho fatto scappare come uno stupido. Non me lo perdonerò mai. Ho perso tutto ciò che di bello avevo" la mia voce di spezzò sull'ultima frase, troppe emozioni, troppe parole che facevano eco nella mia testa, troppe lacrime nel mio cuore.
I suoi occhi puntati su di me, azzurro nel verde, mare nella foresta, Louis in Harry. Come era sempre stato. Era dentro di me, lo sarebbe stato per sempre, nonostante tutto.
"Io sono qui, Harry" stupore, gioia e lacrime perché questo significava che lui mi amava nonostante tutto, che era disposto ad amarmi ancora. A tornare a ciò che eravamo stati, a ciò che potevamo ancora essere.
"Mi vuoi ancora, Louis? Davvero? Non sto sognando vero?"
Le sue labbra erano sempre state la mia droga preferita, fiondarmi su di esse, per cui, era la mia ritrovata libertà, la mia ritrovata dose di amore e felicità.
"Tu mi vorrai ancora quando ti dirò ciò che voglio dirti da dieci minuti ormai?"
Il suo sarcasmo a pungermi divertito, il suo sorriso che prendeva anche gli occhi, il mio cuore scalpitante.
"Ti ascolto" la voce rotta dal sorriso, perché non potevo smettere di sorridere, non ora.
Non con lui accanto a me. Non con la consapevolezza di essere tornati ad essere HarryeLouis.
"Non qui, vieni a cena da me?" chiese, timido come non lo era mai stato e "Tu non sai cucinare, Lou" risposi con ironia.
Per noi era sempre stato facile scambiare battute, anche taglienti alle volte e il suo sorriso fu da testimone di un ricordo simile se non uguale.
"Insegnami tu, Haz!"
Il ricordo di uno dei nostri primi giorni in casa mia, quando la testardaggine di Louis aveva toccato livelli sovraumani e la sua voglia di cucinare un po’ di carne a renderla infinita.
Il ricordo di un giorno meraviglioso e di una cena bruciata perché per noi, fare l'amore, era necessario quanto imprevedibile.
"Ho imparato a cucinare, idiota!"
La sua risata a invadermi le orecchie ed il cuore.
"lo prendo come un appuntamento?" chiesi e "Assolutamente sì, babe" fu lui stavolta a fiondarsi sulle mie labbra, incapace di trattenersi oltre.
"Ti amo, Boo."
"Ti amo, Haz."
 
***
 
 
Casa di Louis era semplice ma disordinata, come sempre. Il pavimento pieno di giocattoli -- non ero sicuro fossero tutti di Ed -- la maglia gettata sul divano color legno, le scarpe all'ingresso rovesciate, le chiavi ammassate sul tavolino. 
Il disordine tipico di Louis Tomlinson.
"Scusami il disordine, non sono riuscito a pulire, Harry" era stato il suo esordio, appena mi aveva visto entrare in casa, seguito da Lottie.
"Tranquillo, Lou. Ci sono abituato" il sorriso ad incresparmi le labbra, la voglia matta di restare solo con lui.
"Dov'è Ed?" chiesi mentre lui smanettava ai fornelli.
"E’ in camera sua, tra un po’ scende. Lottie stai andando via?" chiese velocemente, quasi avesse fretta di rimanere solo con me, questo mi fece piacere, anche io avevo voglia di stare solo con lui.
"Sì sì, vi lascio soli, fate i bravi e non voglio vedere preservativi in giro per casa, c'è il bambino!"
Lottie scappò prima ancora che Louis potesse aprire bocca per "La uccido prima o poi" dire in un sussurro e "Avanti, Lou. Ha detto anche di peggio in presenza delle nostre famiglie, non fare il pudico adesso…"
L'ironia nella voce a nascondere la voglia che avevo di lui, di rifarlo mio, di risentirmi suo. Di sentirmi di nuovo a casa.
"Non sto facendo il pudico e... ehm sì va bene, lasciamo stare" il suo imbarazzo mi intenerì.
"Da quando sei così timido, Lou?" amavo prenderlo in giro, soprattutto in occasioni come quelle.
"Non faccio il timido, Haz, sto solo cercando di preparare una cena e... al diavolo, sono così contento di riaverti qui, Harry. Mi sei mancato così tanto che avevo male nel petto" il suo cambio repentino di argomento, il suo farmi presente dei suoi sentimenti, il suo rivelarmi un dolore che era stato di entrambi mi fece inumidire gli occhi.
"Mi sei mancato tanto anche tu. Non ti chiedo di dimenticare, so che sarebbe impossibile, ma ti prego, ricominciamo daccapo, voglio tornare a quando eravamo io e te, Lou. Solo noi contro tutto, ricordi?"
Posai le mani sui suoi fianchi, così da averlo estremamente vicino e "Ricordo tutto di noi, babe” iniziò piano ad una spanna di distanza dal mio viso.
“Ricordo ogni minima cosa, ogni minima parola, ogni minimo gesto. Ricordo tutto. Sono dieci anni che mi sei dentro, Harry, non ti lascerò andare così facilmente, ricordi quando ti dissi che ti avrei sposato, beh, non scherzavo, ti sposerò, soprattutto adesso che so cosa si prova a non averti accanto.
Ti amo così tanto che fa quasi male, ma è un bel male. Tu non mi fai mai male, neanche quando sparisci, ma ho da dirti una cosa fondamentale, prima che mi illuda che ci possa essere di nuovo un noi…"
 I suoi occhi puntati nei miei facevano trasparire terrore, ma di cosa?
"Perché dovresti illuderti, sono qui, Lou. Mi vedi, sono qui, non ti lascerò andare neanche io, neanche se dovessi dirmi che hai un altro, ami me, lo so" il suo dito a premermi sulle labbra, la mano libera ad alzare di poco il suo maglione grigio, quello che ricordavo fosse mio un tempo.
"Non sono stato con nessun'altro dopo di te, Harry."
Quello che vidi, poi, fu una cicatrice lungo tutto il suo basso ventre.
"Cosa è successo?" il timore di un qualcosa di spaventoso, un qualcosa che fosse successo a Louis mentre non ero con lui si impossessò di me e mi fece tremare. Mi fece tremare così forte che dovetti aggrapparmi ai suoi fianchi per non cadere.
"E' difficile da spiegare, Harry. Io... io… ho partorito" la voce spezzata sull'ultima frase.
Partorire? Era possibile per un maschio… partorire? Non ero mai stato una cima a scuola ma sapevo con certezza che i maschi non potessero partorire!
"Non stai scherzando, Lou, vero?" lo guardai dritto negli occhi, le lacrime a creare una patina leggera su quel blu brillante, il timore di perdermi di nuovo. Lo vidi scuotere leggermente la testa.
 
"Ho partorito. Non sono stato con nessun altro dopo di te."
 
I ricci biondo cenere, gli occhi verdi simili a quelli di Louis, le fossette e le labbra sottili.
 
Edward Tomlinson.
 
"E' mio figlio, vero?" era stato il mio sussurro, quando lo vidi annuire piano, timoroso, impaurito, non potei fare altro che sedermi sulla sedia.
Avevo avuto un figlio dall'amore della mia vita.
"Volevo dirtelo, Harry, te lo giuro, ma ogni volta che provavo a chiamarti mi mancava sempre il coraggio. Mi dispiace così tanto, ti prego, perdonami, io…"
"Sta zitto, un attimo, Lou" il mio tono era duro, il mio cervello stava ragionando e il mio cuore voleva solo una cosa: famiglia.
"Non posso crederci..."
Le sue lacrime mi riportarono alla realtà e allora sorrisi.
"Mi sono perso la cosa più bella della mia vita, ti prego Lou perdonami, ti giuro che sarò presente per te, per Ed, per la nostra famiglia. Voglio te, voglio Ed, voglio noi. Ti prego perdonami" mi ritrovai Louis tra le braccia, che piangeva e il mio cuore era pieno di felicità, così tanta che quando vidi Ed scendere dalle scale non potei fare altro che prenderlo tra le mie braccia e unirlo al nostro quadro familiare perché lui era mio, era mio figlio e lo amavo già.
Il bacio che mi scambiai con Louis, con le risate di Edward nelle orecchie e i suoi "eww", sapevano di promesse, sapevano di futuro. Sapevano di amore, di casa, di felicità.
Sapevano di perfezione.
Sì, era tutto perfetto.
 
***
 
Oggi la maestra ci ha assegnato come compito: "Descrivi la tua famiglia" si intitolava.
Ecco, per descrivere la mia famiglia ci vorrà un po’, ma io non ho voglia di scrivere. Quindi la faccio breve.
Ho quattro nonni. Nonna Jay, che mi compra sempre i regali più belli ma non lo dite alla nonna Anne, anche lei mi fa regali belli ma spesso li dimentica a casa sua e io non li posso scartare e quindi mi offendo, ma lei non lo fa a posta, è solo smemorina (come dice il mio papà!).
Poi ci sono nonno Robin, che mi porta sempre a giocare al parco quando viene a trovarci e nonno Mark che mi compra tante caramelle. Io amo le caramelle!
Ho una valanga di zii.
La zia Lottie e la zia Gemma, che sono le più vecchie e la zia Fizzy che è grande abbastanza da regalarmi dei cuginetti, poi ci sono le zie Daisy e Phobe che sono ancora piccole, ma non piccole come me, un po’ più grandi ma non quanto zia Fizzy, sono una via di mezzo. Ma io le adoro tutte quante perché mi trattano come un principino e io sono il principe di tutte le fanciulle.
Poi ci sono zio Lucas, marito di zia Lottie e Liam, marito di zia Gemma.
Zia fizzy è ancora zitella, ma non glielo dite perché poi si arrabbia e mi sgrida.
Poi ci sono gli altri zii che non sono proprio zii, ma per me lo sono perché gli voglio tantissimo bene e sono zio Niall e zio Zayn e Zio Liam e zia Sophia.
Zio Niall e zio Zayn hanno appena preso Jasmine dall'orfanotrofio, sarà presto a casa con noi e io sono molto felice di questo. Un'altra fanciulla da proteggere. Ed infine arriviamo ai miei papà.
Sì, sapete che io ho la fortuna di avere due papà? Anche se papà Harry sembra più una mamma Harry, ma ssh.
Lui mi fa sempre le coccole, mi prepara la colazione, mi aiuta a fare i compiti e mi porta a casa le caramelle alla fragola che mi piacciono tanto. Mio papà Louis invece mi fa sempre ridere è un clown e io gli voglio tantissimo bene. A tutti e due. E non mi interessa se sono due maschi perché si amano e mi amano, questo è l'importante. E io amo loro così tanto che adesso vado ad abbracciarli perché è suonata la campanella e io non vedo l'ora di andare con papà Louis da papà Harry che ci aspetta al negozio di caramelle.
Gnam gnam ho già fame, ciao maestra! Tutto ciò che posso dirle, però è che io sono fortunato ad avere due papà e se io sto bene, mi sento amato e coccolato e i miei papà si amano perché tutto questo non va bene alla gente?
Per me la mia famiglia è perfetta. E a me va bene così. Amo la mia famiglia!
 
Edward Tomlinson Styles


Boo_Haz:
Salve, questa OS partecipa all’iniziativa del Wanki!Fic, un gruppo su Facebook fantastico che consiglio a tutte. Se il mio EFP non fosse rincoglionito vi linkerei anche la pagina ma ahimè non va molto bene quest’oggi. Allora, la mia OS è dedicata a Federica a cui faccio gli auguri di un Buon Natale e Buon Anno. Mi dispiace, lo so che non è il massimo ma questa OS è stato un parto. Ringrazio la mia nonnina (aka Kikka) che ha betato e mi ha dato consigli ottimi. Ringrazio tutte le ragazze del gruppo di Wecazz (Ale, Fra, Fracida, Cristo, Omonima e Nonnina) e la mia Babe con cui andrò al concerto a Torinoooooooo, non vedo l’ora hahahahahh
Auguro infine a tutte buon Natale e buon Anno, mangiate, bevete e scrivete.
P.S. è la mia prima storia a rating Giallo, sono in blocco totale sulle scene slash, ouch.
Un bacione – Fede xx’
 
 
 
 

  
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