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Autore: drowninginfables    01/01/2014    2 recensioni
Dieci secondi. E’ questo il tempo che è passato. Dieci secondi fa la scuola era in piedi, dieci secondi fa i miei amici erano vivi. Come può essere cambiato tutto così?
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dieci secondi. E’ questo il tempo che è passato. Dieci secondi fa la scuola era in piedi, dieci secondi fa i miei amici erano vivi. Come può essere cambiato tutto così?
 
Apro gli occhi, sono frastornata e dolorante. Mi guardo intorno e il mio cervello registra l’informazione: terremoto. Volto la testa: la mia compagna di banco mi fissa con occhi vuoti, senza vedermi davvero.
“E’ morta” sussurro.
Mi viene una crisi di panico, penso sia normale in queste situazioni. Grido, chiedo aiuto, chiamo i miei compagni, piango. Nessuna risposta.
-Laura!- ancora nulla. Tento di alzarmi per controllare come sta, ma la mia gamba è incastrata sotto un pezzo di soffitto. La chiamo ancora, con tutto il fiato che ho in gola. Non riesco a immaginare cosa possa esserle successo, non voglio pensarci.
Inizio a spingere con tutte le mie forze contro ciò che mi blocca, per liberarmi. Quando riesco a guardarmi la gamba vedo molto sangue e l’osso in fuori.
-Sto per morire- penso.
Poi sento una che chiama il mio nome. Sono quasi sicura di averla sognata, ma l’adrenalina inizia a scorrermi nel sangue e riesco a liberarmi. Prendo, con fatica, un lungo ferro tubolare da terra e mi alzo sostenendomi ad esso.
Lo spettacolo che mi si apre davanti è orribile e agghiacciante: è tutto crollato, i corpi dei miei compagni tra le macerie, stesi a terra in modo scomposto. Mi avvicino al punto dove, pochi minuti fa, la mia migliore amica rideva. La gamba mi lancia fitte acute, ma non mi arrendo. Attorno a lei c’è molto sangue.
-Laura?- sussurro. Non può essere morta. Mi abbasso verso di lei. Avvicino una mano al collo: niente. Tento di sentire il cuore: nessun battito. La scuoto istericamente, mentre le lacrime iniziano a scendermi sulle guance. Mi raggomitolo su me stessa, scossa da tremori che mi sconquassano il corpo, il sangue e le lacrime che mi si confondono in bocca. Non so per quanto tempo resto lì: minuti, ore forse, giorni.
Poi succede. Le scosse ricominciano e io prego di morire. Ma dopo poco terminano: sono solo di assestamento.
Guardo ancora una volta la mia migliore amica, poi mi alzo, nonostante il dolore, e cerco l’uscita della classe. Quando riesco a trovarla, noto che pavimento e muro sono semidistrutti. Fuori non c’è più niente. I palazzi sono arroccati, lunghe crepe si aprono nell’asfalto. Non c’è più nessun posto dove tornare.
Devo rimanere qui, sola con i miei fantasmi e con il mio dolore. Mi avvicino alla finestra: ci sono più di nove metri, impossibile sopravvivere.
“E’ ciò che voglio”. Mi guardo ancora una volta indietro, come per salutare – ma chi? Poi faccio un passo avanti e mi lascio cadere, chiudendo gli occhi. Una voce mi sta chiamando.

 

  
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