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Autore: Stella cadente    01/01/2014    3 recensioni
"Li avrei visti dal vivo, per la seconda volta, al loro primo vero concerto.
Esultai di nuovo, mentre un sorriso che andava da un orecchio all’altro mi si stampava in faccia.
Ancora non lo sapevo, ma anche se in quel momento ero soltanto una normale ragazzina felicissima per l’arrivo dei suoi idoli, questa storia avrebbe preso una piega del tutto inaspettata."
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Samantha Chase ha diciassette anni, vive a New York e stravede per i One Direction, la band più alla moda del momento.
Sognatrice e sensibile, ha sempre desiderato incontrarli, dire loro quanto siano importanti per lei, parlarci.
Non sa che un concerto e delle circostanze particolari potrebbero cambiare le cose, catapultandola in una situazione del tutto nuova...
Genere: Romantico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 19.
Prometti soltanto di non dimenticare che noi avevamo tutto


 
Sam
 


Long Island, settembre 2012
 
Cinque giorni.
Erano passati cinque giorni da quella volta.
Non avevo più chiamato Zayn, e lui non si era fatto più sentire. Era come se di colpo fossimo diventati due estranei, come se noi stessi fossimo andati in fumo, dissolti nel nulla.
Lo avevo evitato, in quei cinque giorni. Sapevo che, se non lo avessi fatto, avrei solo reso tutto più difficile e straziante.
Volevo solo dimenticare, preferivo cercare di aggirare il problema invece di affrontarlo.
Eppure adesso ero lì, seduta sulla spiaggia. Alle sei del mattino, come sempre. Osservavo le grigie onde della marea infrangersi a riva, sotto il braccio di Zayn che mi stringeva come aveva fatto diverse volte. La timida e pallida luce che filtrava dalle nuvole riempiva i miei occhi, mentre nella mia testa regnava sovrano il caos.
Quelle mani, ogni volta accoglienti e morbide, sembravano ora essere distanti anni luce.
In fin dei conti, eravamo arrivati al capolinea. Sarebbe finito tutto quanto. E poi sarebbe rimasto solo il rammarico di non averlo avuto per me un po’ più a lungo. Mi ero innamorata della persona sbagliata, e non avevo fatto niente per impedirlo.
Strinsi i pugni nella sabbia. Non dovevo essere lì, dovevo andare via. Dovevo frenare tutto per impedire a me stessa di crollare ancora.
Non doveva andare così.  
Il silenzio era pesante, insopportabile. Un silenzio struggente, un silenzio impossibile, irreale.
Dovevo accettarlo, dovevo accettare che se ne sarebbe andato, e che sebbene ci promettessimo di scriverci o di chiamarci non sarebbe successo.
Non ci riesco.
Quello che stavo provando bruciava più di una ferita aperta. E io cercavo di curare quella ferita, di fermare il sangue, di alleviare il dolore, ma senza successo. Mi stavo infliggendo un colpo dopo l’altro.
– Ci pensi che tra poco dovrò andare via? – chiese Zayn in tono vago, senza guardarmi, come se mi avesse letto nel pensiero.
Rimasi anche io a fissare un punto lontano, a vuoto, assaporando per un attimo il suono della sua voce libera nell’aria, come uno schiaffo ma una carezza allo stesso tempo.
Sì. Lo so.
 – Sì... – sospirai, dando voce ai miei pensieri. Ero completamente priva di espressione. Odiai quella domanda, quella situazione, odiai anche lui, che sapevo mi sarebbe mancato da morire.
Sarei stata sola.
Sono già sola.
Per qualche secondo ci fu solo il rumore della risacca a fare da sfondo ai nostri pensieri. Su di noi, un cielo increspato da nuvole leggere, impercettibili, che sembravano esser fatte di vetro.
Zayn tirò un sospiro pesante, nostalgico; sembrava aver già vissuto per secoli.
 – Sam, andiamo, continueremo a sentirci. O perlomeno, io ci proverò – cercò di rassicurarmi, voltandosi finalmente a guardarmi negli occhi.
Il suo volto non era che una maschera di dolore soffocato. Appariva così... sofferente.
Non potevo vederlo in quello stato.
Scossi debolmente la testa, mentre sentivo le lacrime salire immediatamente e bruciarmi negli occhi.
– Non è finita, non è assolutamente finita, mettitelo in testa – continuò lui. Ma la sua voce era solo un fievole sussurro, sembrava più un tentativo per non cadere, una convinzione assurda e lontana come le immagini di noi due, che ora sembravano quasi appartenenti ad un’altra epoca.
Tornai ad abbracciarlo debolmente. – Zayn – mormorai, la voce cupa, persa. – Questo è quello che pensi tu.
Quella sarebbe stata l’ultima volta che ci saremmo guardati. L’ultima volta che sarei sprofondata tra le sue braccia sicure, l’ultima volta che avrei sentito il suo sapore sulle mie labbra, l’ultima volta che avrei avvertito il suo profumo sui miei vestiti, fra i miei capelli, sulla mia pelle.
Era così che sarebbe successo, lo sapevamo entrambi sin dall’inizio. Fra un concerto e l’altro si sarebbe dimenticato di me, e dopo poco il nome “Samantha” non gli avrebbe più detto niente, non avrebbe più significato niente. Sapevo che sarebbe stato così.
Eravamo appartenenti a mondi troppo diversi, troppo distanti l’uno dall’altro, incompatibili tra di loro, e io non potevo farci niente. Tutto quello che avevo vissuto fino a quel momento era solo e soltanto un sogno.
E i sogni, si sa, svaniscono al risveglio.
– Ehi, ehi non fare così – sussurrò piano, con dolcezza, come mai lo avevo sentito fare, la sua voce come il miele dei suoi occhi. – Andrà tutto bene, fidati. Troverò un modo.
La sua mano mi accarezzava delicatamente la guancia, come se avesse paura di farmi del male. Forse quelle parole suonavano false anche alle sue orecchie; il pensiero che tentasse comunque di essere forte per me mi fece stringere il cuore in una morsa.
Io, intanto, mi ostinavo a mantenere lo sguardo basso sulle ballerine che avevo ai piedi.
Bianche.
Bianche come l’inverno.
Era così che mi sentivo. Come se l’inverno incombesse dentro di me e scolorisse tutti i sentimenti che avevo provato, rendendoli privi di vita. Scendeva il freddo dentro di me, lento, inesorabile, terribile. Era come se, il giorno dopo, la sua assenza avesse azzerato tutto.
Non potevo sopportarlo. Da lì a poco sarei stata persa, completamente persa. Senza quella che era già diventata la mia metà mancante.
– Ti sbagli, niente andrà bene! – scattai, improvvisamente. –Abbi almeno il coraggio di ammetterlo!
Ormai non ce la facevo più. La mia voce si era incrinata come un pezzo di vetro, mentre lui mi guardava sconvolto.
– Smettila, Sam! Perché devi essere così pessimista, eh? Dimmelo, perché io sinceramente non riesco a capirlo!
– A che serve farci promesse, ormai? – chiesi, mentre un groppo in gola sembrava stringersi sempre di più. – Solo a peggiorare la situazione. È così. È così che andrà a finire, ed io...
– Shh – sussurrò lui. Quel sussurro si spense piano, un conforto e una croce insieme.
Avrei dovuto dirgli che mi piaceva da morire quando lo mormorava in quel modo.
Le sue braccia mi catturarono improvvisamente, e mi tennero stretta in un attimo che mi sembrò infinito.
– Te l’ho sempre detto io che parli troppo – continuò malinconico.
La sua voce mi fece venir voglia di piangere.
Mi aggrappai a lui con tutte le mie forze, gli occhi ormai come pozzi traboccanti acqua.
– Per favore, non fare così... – riuscii a dire a stento, imprigionata in quel dolore che non mi lasciava in pace. – Non... non lo fare, Zayn.
– Shh – ripeté lui. Mi cullò nell’abbraccio, mentre io mi abbandonavo ad occhi chiusi. Come se non volessi vedere.
Buio. Ecco di cosa avevo bisogno. Volevo il buio, non volevo vedere più niente.
– Andrà tutto bene, – disse di nuovo – ne sono sicuro.
Mi allontanò da sé per un momento, in modo che potessi guardarlo negli occhi.
Non appena mi vide, le sue sopracciglia si aggrottarono in un’espressione piena di tristezza. Subito mi racchiuse ancora nella bellissima trappola delle sue braccia, stringendomi forte.
– Stai tranquilla, piccola – aggiunse a fior di labbra, mentre mi accarezzava le spalle.
Piccola. 
Non mi aveva mai chiamata così.
Era la parola più bella che avessi mai sentito.
Il cuore sembrò rimbalzarmi nel petto in un istante che scivolò via. – Non posso – dissi in un soffio.
Lui chinò leggermente la testa verso di me.
 – E perché?
– Perché so come andrà a finire. Ti dimenticherai di me, e non posso impedirlo.
Lui sembrò come trafitto dalle mie parole. Mi guardava fisso, gli occhi tristi, vuoti, senza più quel bagliore color topazio; come se lo avessi ferito in profondità, colpito in un angolo del suo cuore che non era mai emerso. Un angolo fragile come un sottile foglio di carta, che lui non si era mai azzardato a mostrare.
– Sam, – cominciò – so che non ti ho mai detto una cosa simile, so che i sentimenti non sono il mio forte. So che magari non sono stato il massimo, in questi mesi.
Quanto si sbagliava.
– Ma – riprese – la verità è che io mi sono legato a te. Ora sicuramente non mi crederai, ma è così. La verità... – indugiò ancora. – La verità è che ti voglio bene. E molto.
– Lo so – dissi dolcemente, facendogli una carezza sul viso.
Riportai lo sguardo su Zayn, osservando i suoi perfetti e amabilmente aggressivi lineamenti pakistani, i suoi occhi nocciola, ora vitrei e lontani, le sue labbra rosate che contrastavano con l’incarnato olivastro. Guardai il suo ciuffo corvino, l’espressione che era un misto tra tristezza e perplessità, guardai lui come si guarda un ricordo.
Era diverso da me.
Quest’idea era come scolpita nella mia mente e non dava segno di volersene andare. Perché non me ne ero accorta prima? Perché, fino a quel momento, avevo vissuto nella convinzione che tutto ciò non avesse mai potuto avere una fine?
– Zayn, noi non possiamo più continuare questa cosa – dissi di botto.
No, non volevo dirlo.
Non è quello che voglio davvero.
Ci fu un attimo in cui lui sembrò frastornato, come se non avesse capito bene ciò che avevo detto; ma allo stesso tempo sembrò che avesse capito benissimo e fosse incapace di accettarlo. Mi lanciò uno sguardo che non seppi come decifrare, prima di chiedere, con una nota quasi di sfida nella voce:
– Perché?
Deglutii quando sentii quel tono, e conficcai le unghie nei palmi delle mani fino a farmi male.
– Perché siamo diversi, troppo diversi. Perché viviamo in realtà troppo distanti tra di loro, incompatibili. Perché tu sei un cantante famoso, e io solo una fan qualunque.
– Che cosa significa? – chiese, con lo stesso tono duro e arrabbiato. Vidi la sua faccia contrarsi con rabbia, con confusione.
– Esattamente quello che volevo dire, Zayn – la voce rotta e abbassata dal pianto non tradiva quanto mi costasse dire quelle parole, e lui doveva averlo notato, fin troppo. Mi conosceva, fin troppo.
Doveva capirlo, per forza.
Avanti, fa’ qualcosa.
Cerca di capire...
In risposta ebbi solo il silenzio. Zayn era diventato immobile, rigido, come fosse una statua di sale.
 – Se è quello che vuoi, non posso che lasciarti fare... – disse, restio, ma vidi i suoi occhi cambiare espressione, il suo volto rabbuiarsi all’improvviso.
– Non è quello che voglio – confessai, guardandolo appena. – Ma non vedo altra soluzione.
Non ce la faccio.
Mi lanciò uno sguardo di sufficienza. Sospirai.
– Credevo che ci fosse qualcosa tra noi...
... e credevo che questo potesse anche oltrepassare la tua carriera da cantante, ma mi ero illusa, stavo per dire. Ma lui mi interruppe.
– Già. Lo credevo anche io, sai? E come al solito, mi sbagliavo.
Lo guardai.
– Zayn – dissi. – Non intendevo dire che...
– Lascia perdere – evitò il mio sguardo, improvvisamente scontroso.
Volevo dirti che tu sei stato, sei e sarai ancora importante per me.
Che sarai indimenticabile.
Che niente sarà più lo stesso senza di te.
Che tutto sembrava perfetto, ma qualcosa doveva andare male, evidentemente.
Volevo solo dirti che mi dispiace.
Per tutto.
– No, non posso lasciar perdere, io...
– Senti, se per te va bene così, allora anche a me sta bene. Okay? Vedila in questo modo. Cancella tutto quello che c’è stato, eliminalo totalmente. Perché, stanne certa, è quello che farò anche io. Molto più facilmente di quello che credi.
Era tornato di nuovo chiuso come due mesi prima, freddo, distante. Anzi, adesso era anche peggio: era diventato cattivo, insensibile.
Mi sentii perdere in polvere e feci del mio meglio per non arretrare, di fronte a quelle parole.
Non c’ero più.
– Devo andare.
Due parole, due pugnalate. Inerme, lo guardavo allontanarsi, diventare un’immagine sfocata, come un fantasma. Un fantasma dalla pelle dorata e gli occhi scintillanti.
Non era quello che volevo.
Volevo almeno che mi ricordasse, nell’istante in cui il cielo era grigio.
Volevo soltanto che non dimenticasse che noi avevamo tutto.
 
 





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Okay, allora, va bene che è da un mese e passa che non aggiorno,
ma la mononucleosi ha avuto le sue conseguenze e, 
oltre al fatto che avessi problemi con il pc, avevo anche problemi di salute.
Detto questo, abbiamo capito che non auguro la mononucleosi a nessuno.
Comunque.
Ho messo l'anima in questo capitolo, ma non mi è piaciuto scriverlo.
I miei protagonisti si separano, come avete visto c'è una svolta repentina nella storia.
Mentre scrivevo, sentivo il dolore di Sam, perché, anche se poi le cose potrebbero andar meglio, so quanto siano brutti gli addii.
Sono tremendi, un pugno nello stomaco. 
Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, perciò spero di vedervi in tanti.
E spero che questa FanFiction un po' assurda e inverosimile non vi abbia mai annoiati.
Grazie per seguirmi,

Stella cadente
  
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