I can’t change.

Ciaaaao a tutte,
Questa è la prima fanfiction che pubblico in vita mia, quindi vi chiedo di non essere troppo cattive con me AHAHAH!
Anyway, preciso che non sono una fan degli One Direction, ma io sono follemente concinta dell’esistenza di Larry Stylinson, aw.
Ora basta chiacchere, vi lascio alla storia.
Ditemi che ne pensate, accetto le critiche.
-Gio:)

Avete presente il rumore delle foglie in autunno, quando sono trascinate lungo i viali dal vento? Oppure quello degli uccellini in una soleggiata domenica mattina? Oppure ancora quello delle voci delle persone a te care, occupate in un’accesa discussione?
Ecco, tutti questi sono rumori e suoni sconosciuti a Harry Styles, un ragazzino di solo quindici anni, malato di cancro.
Perché Harry, è da sette anni che non mette piede fuori dall’ospedale e non ricorda nemmeno come sia poter camminare su un prato.
Perché Harry non se la sente di aprire la finestra dove, lì fuori, tutti sembrano più felici di lui.
Perché Harry non aveva una famiglia, degli amici e nemmeno un fidanzato.
Fidanzato, era per questo che era solo, a lui non interessavano le ragazze.
E questo era, probabilmente, il problema che gli impediva di avere delle persone con cui parlare, sfogarsi e divertirsi.
Voleva solo essere accettato, ma sapeva che in questo mondo, se un uomo amava un altro uomo veniva escluso e chiamato “frocio” o “checca”.
L’unica volta in cui aveva avuto un fidanzato, era quando sua madre gli aveva presentato Stan, dio solo sa quanto ha amato quel ragazzo. Ma non era quello giusto, perché quando scoprì che Harry era malato gli aveva urlato contro che non volesse un “disabile” come ragazzo.

Ed Harry sapeva di essere malato.
Ed Harry sapeva che fosse destinato a soffrire.
Ed Harry sapeva che non avrebbe mai potuto essere un normale ragazzo di quindici anni.

Ed Harry poteva sembrare felice davanti agli altri, ma quando era solo nella sua stanza d’ospedale, di notte, era lì che capiva quanto fosse inutile e si raggomitolava nel letto, piangendo.
Ed Harry ci aveva provato. Aveva tentato in ogni modo possibile di condurre una vita, per quanto le sue condizioni lo permettessero, normale. Ma come poteva andare avanti quando i suoi genitori non erano a conoscenza della sua esistenza, quando era rinchiuso in quel ospedale da sette fottuti anni, quando ormai non aveva più i suoi ricci e gli occhi verdi erano ormai spenti e tristi? Ed Harry si era oramai arreso.
Ogni giorno aveva gridato aiuto, con i suoi grandi occhi. Perché Harry non parlava; aveva smesso quando si accorse che l’unica voce che gli ritornava indietro era l’eco della sua, quando aveva capito che era inutile parlare se nessuno vedeva il dolore che provava guardandolo negli occhi, quando ormai le parole gli morivano sulle labbra ogni volta che cercava di dare voce ai suoi pensieri.
Harry soffriva in silenzio, soffre tutt’ora ma cerca di gridarlo con gli occhi, perché sa che qualcuno, presto, saprà leggere in essi.