Videogiochi > Final Fantasy X
Ricorda la storia  |      
Autore: AryYuna    24/05/2008    2 recensioni
Perché non sempre le storie hanno un lieto fine.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Disclaimer: Final Fantasy X e i suoi personaggi, luoghi e situazioni appartengono alla Square Enix. Mia è solo questa fanfiction, realizzata senza alcuno scopo di lucro


Sola




Una stanza buia.
Una figura sedeva su una poltrona accanto al camino, unica fonte di luce e calore nella stanza, in quella sera d’inverno in cui la neve era caduta per quasi due metri.
Indossava un abito lungo fino ai piedi, ma il suo volto era in ombra, e la sua voce nella stanza vuota risuonò di irrealtà, come emessa da un fantasma.

–La storia che voglio raccontarvi non è bella, ma è reale– disse lentamente e con voce dolce, rivolgendosi al buio intorno a sé. –Riguarda una ragazza.
Fece una pausa.
Un lungo respiro.
–Io la conoscevo. Ero l’unico.

Rianya aveva sedici anni.
Quasi diciassette.
Aveva lunghi capelli scuri e occhi profondi.
Non era alta né bassa, e nel complesso non aveva nulla di particolare.
E la sua vita era altrettanto priva di colore.
Studiava per diventare un’invocatrice, e lo aveva scelto lei, anche se a volte si sorprendeva a pensare che forse non era stata esattamente lei a sceglierlo,
liberamente… forse, in un certo senso, lo aveva fatto perché tutti se lo aspettavano da lei, la piccola, affidabile, seria ragazzina di Besaid, che tutti conoscevano all’interno del villaggio, dove ancora viveva, ma che nessuno calcolava a Kilika, dove era entrata al tempio e dove ogni giorno si recava presto con la nave

La figura fece un altro lungo respiro, poi riprese.

Odiava Kilika.
“Il grande porto di mare” era pieno di gente stupida, che credeva di essere superiore a lei solo perché lei veniva da un piccolo villaggio… almeno, così sentiva.
E sentiva lo stesso anche sui suoi compagni di studio.
“Compagni di studio”.
Si aspettava di trovarne uno o due… tre, forse… non venti!
Le sembrava strano che tanti ragazzi della sua età avessero deciso di morire per portare la pace…
In ogni caso, questa storia va raccontata dall’inizio, e allora ancora non sapeva di cosa i suoi compagni pensavano o di come si comportavano.
Viveva, come ho già detto, a Besaid, villaggio talmente piccolo che tutti si conoscevano.
E tutti andavano d’accordo.
E la sua vita procedeva piuttosto bene, per quanto in modo semplice.
Aveva trovato quello che credeva fosse anche l’amore, anche se presto lui fu costretto ad arruolarsi nella milizia e comunicavano in modo difficile.
Ad ogni modo, tutto sembrava andarle bene.
Questo, fino all’estate in cui Sin tornò.
Non aveva ancora quattordici anni.
Sin attaccò Besaid e, in particolare, la sua casa.
E lei rimase sola.
E tutti, ma proprio tutti, al villaggio si erano offerti di aiutarla, di darle riparo…
In realtà volevano solo spingerla ad entrare al tempio.
Lo trovavano naturale: Sin ti lascia solo e tu ti vendichi diventando invocatore, non fa una piega, così, indirettamente, la ragazzina si sentiva spinta a compiere quella scelta, ogni giorno di più, finché si convinse di essere lei a volerlo.
Io non lo so bene.
Non so se realmente sia stata una sua scelta o no.
Forse, all’inizio, ne era veramente convinta, ma poi iniziò ad avere dei dubbi…
Mi sto ripetendo, forse…
Comunque, a tredici anni e mezzo, prese per la prima volta nella sua vita una nave, quando il sole era sorto da poco, per andare a Kilika.
Forse vi starete chiedendo perché non entrò al tempio di Besaid.
Probabilmente se lo avesse fatto la sua vita sarebbe stata molto più felice.
Comunque, non fu una sua scelta, semplicemente il tempio di Besaid non c’era ancora.

La figura si interruppe ancora, concentrata su una piega della veste.
La lisciò, poi continuò.

Ad ogni modo, all’inizio, quella nuova realtà la affascinava.
Il porto era molto più allegro, illuminato, vivo della sua piccola Besaid, e al tempio non era sola, quindi in un certo senso si sentiva fortunata.
Era solo una bambina.
Infantile nella sua maturità.
Cercava qualcosa che non esiste.
Iniziò a frequentare delle ragazze del suo gruppo, quasi a stringere con loro un’amicizia…
Ma, come ho detto prima, cercava qualcosa che non esiste.
E per un po’ si illuse di averlo trovato.
Bambina ingenua.
Le altre erano certamente più furbe di lei, e non lo celarono mai.
Crescendo, loro diventavano più fredde nei suoi confronti, ma lei non cambiava mai…
Forse avrebbe dovuto, ma non voleva.
Cambiare, crescere…
Non voleva.
Voleva restare per sempre la piccola del villaggio di Besaid, la piccola, seria, affidabile ragazzina di Besaid.

La figura rise sommessamente tra sé.
Il suo viso, però non comparve mai nel cono di luce.

In un certo senso, certe cose se le cercava.
Comunque, almeno all’inizio, sembravano unite da un’amicizia abbastanza reale, anche se ancora lontana dal suo ideale quasi astratto.
Lo studio al tempio, invece, non procedeva bene come era sempre andata la sua carriera scolastica, se così vogliamo definire l’istruzione che a quel tempo veniva data ai giovani.
I suoi compagni sembravano sempre più avanti…
Loro “erano di Kilika”.
In ogni caso, anche se non riusciva ad emergere come la migliore del corso, come era sempre stata, non andava male.
Suona strano, incredibile, che pensasse ad emergere in una classe di aspiranti suicidi…
Comunque, nonostante questo suo rendimento non esattamente perfetto, ma comunque buono, il principale problema della sua vita restava il privato.
Giorno dopo giorno, mese dopo mese, si accorgeva sempre di più di quanto la sua “classe” fosse disunita, come fatta di satelliti sparsi… O forse era solo lei ad essere esclusa dalla comunità.
Il suo mondo, perciò, ancora una volta, si riduceva alla piccola Besaid, dove ogni suo successo, anche il più piccolo e insignificante, anche quello di cui lei non andava fiera perché inferiore al livello dei suoi compagni, era lodato.
Lei era pur sempre la piccola, seria e affidabile ragazzina di Besaid.
Ad ogni modo, la sua vita iniziò a precipitare completamente l’anno successivo, quando al tempio fu organizzata una festa.
Lei non era mai stata ad una festa vera.
Conosceva solo le feste del suo villaggio.
Ma quella… quella era diversa.
Era “a Kilika”.
La piccola, seria e affidabile ragazzina di Besaid voleva andarci.
Assolutamente.
Ma quella sera era anche l’anniversario dell’elezione del capo-villaggio, una festa importantissima per l’isola, alla quale lei non era mai mancata.
Cosa fare, allora?
Deludere il suo villaggio?
O evitare la “grande festa”?
La festa di Kilika era troppo importante per rinunciarvi: era la sua occasione per inserirsi nel nuovo mondo, meglio di quanto avesse fatto al primo anno, in cui la sua principale occupazione era stata lo studio, in fondo…
Non poteva rinunciare.
Avrebbe saltato la festa del villaggio.
In fondo, presto tutti l’avrebbero perdonata.
Ma non fu l’unica novità della sera.
Fece tante altre cose nuove per lei.
Non aveva mai messo un abito particolare, prima, o del trucco.
E non era mai tornata a casa tardi.
Quella sera sì.
Tardi.
Tardissimo.
Prese l’ultima nave della giornata, quella che partiva all’una, e giunse a Besaid mezz’ora dopo.
La spiaggia era deserta, buia, e così il bosco, con le sue ombre alte e terrificanti.
Anche al villaggio non c’era nessuno.
Ma l’importanza della serata è dovuta più che altro alla festa.
Tutte le sue compagne, le sue amiche…
Tutte si divertivano.
Lei continuava ad essere tormentata dai sensi di colpa per aver saltato la festa del villaggio.
Non riusciva a non pensarci.
In più, la festa era terribilmente noiosa.

La figura sospirò e un lieve movimento indicò che stava muovendo la testa.

Se solo fosse rimasta a casa…
Come ogni altra adolescente, scoprì per la prima volta il significato della parola amore.
Se ricordate, ho detto che aveva già trovato ciò che credeva fosse l’amore, ma sta proprio in quel “credeva” la differenza.
Ora, scoprì cosa era l’amore.
Non direttamente, no.
Ma i suoi compagni… beh, loro… diciamo che “amoreggiavano” chiaramente davanti ai suoi occhi.
In modo anche piuttosto intimo.
E lei si ritrovò a pensare che lei non aveva mai fatto nulla di simile.
E che probabilmente non lo avrebbe mai fatto.
O, meglio, non avrebbe mai voluto farlo.
Non con lui…
Dubbi, i primi dubbi della prima cotta.
Come ho detto, era solo un’adolescente.
Quella sera, nel suo piccolo mondo, qualcosa si incrinò.
Quando lasciò Kilika, l’aria era gelida.
Aspettò che la nave partisse, ma non scese sottocoperta.
Rimase sul ponte, all’aperto.
Freddo, freddo pungente…
Qualsiasi cosa per non pensare.
Non sapeva come aveva trovato il coraggio di muoversi, scendere dalla nave, attraversare l’isola buia, entrare al villaggio deserto e coricarsi nella sua piccola capanna.
Non si spogliò neppure.
Si stese tra le calde coperte, cercando di non pensare, non pensare a quella maledetta festa…
Ma continuava a pensarci.
Pianse.
Da sola, nel buio.
Odiandosi per non essere rimasta al villaggio.
Il giorno dopo, e per parecchi giorni consecutivi, tutto andò a rotoli.
Lo studio al tempio, le sue relazioni con i compagni… le sue relazioni con gli abitanti di Besaid.
Nessuno sembrava volerla perdonare tanto presto per aver saltato l’anniversario.
Odiò con tutta se stessa quella festa, e nei mesi che seguirono continuò a considerarla come uno spartiacque nella sua vita.
I cuoi compaesani, comunque, dopo un po’ accantonarono il rancore.
Non lo dimenticarono, certo, ma decisero che la futura salvatrice poteva avere il loro perdono, anche se solo temporaneo, e lei, d’altro canto, iniziò a pensare che l’anno successivo avrebbe riparato al torto fatto partecipando alla nuova festa.

La figura fece una pausa.

Non ci fu nessuna festa.
Il capo-villaggio rimase ucciso da Sin l’estate successiva.
Il nuovo capo-villaggio fu presto eletto, ma ormai lei non aveva più modo di riscattarsi: aveva perso l’ultimo anniversario del capo-villaggio.
Punto.
Basta.

La figura rise scuotendo ancora il capo, con quello strano movimento che non ne faceva apparire in luce il volto.

Egoista.
Se lo disse più volte.
Pensava solo a sé.
Ad ogni modo, quell’anno era destinato ad essere il più importante nella sua vita, specialmente dal punto di vista sentimentale.
Poco dopo l’elezione del nuovo capo, prese una decisione: lasciarsi alle spalle tutto ciò di cui non era convinta.
La scuola, ormai, non si poteva più abbandonare, dato che il clero l’avrebbe perseguitata.
Ma nella sua vita sentimentale… lì si poteva fare molto.
Scrisse una lettera e la affidò ad un comando di milizia capitato per caso nel villaggio.
Pochi giorni dopo le giunse notizia che il ragazzo con cui stava da tanto, quello che l’aveva abbandonata solo perché costretto ad arruolarsi, era sbiancato leggendo la sua lettera e che poco dopo, durante una missione miliziana, era sparito.
Lei si odiò.
Se ne sentiva responsabile…
Ma presto, prevalse il suo egoismo.
Povera piccola.
Tutti questi pesi…
E nessuna amica a cui confidarli, perché le sue compagne si mostrarono completamente insensibili verso il suo problema quando lei glielo espose.
Comunque, in qualche modo libera da ogni peso, iniziò a guardarsi intorno.
E a notare qualcos’altro, a Kilika, oltre al mare e ai suoi compagni del tempio.
Lui era così bello, sembrava quasi irreale…
Ancora una volta fu un’ingenua.
Raccontare tutto alle sue compagne, così…
Ma, in fondo, come poteva sapere che loro ne avrebbero approfittato?
Avrebbe dovuto capirlo, certo: loro erano molto più furbe.
Cattive.
Si misero in mezzo.
E ci si mise anche un’altra del tempio.
E lei rimase ancora in un angolo.
Comunque, questo le servì a capire veramente che quelle non erano assolutamente amiche.
Per niente.
E lei era sempre più sola, sempre più sola…
Finché, l’anno successivo, la sua vita smise di precipitare.
E scoppiò.
Alcuni mostri, chissà come, attaccarono Kilika.
Tutti erano terrorizzati, al tempio.
Le sue compagne, le grandi invocatrici, certamente migliori di lei in quanto a controllo delle magie e non solo, scapparono, terrorizzate, insieme a tutti i sacerdoti e agli abitanti del villaggio.
E lei…
Lei scappò, certo, si rifugiò con gli altri, ma i mostri si avvicinarono…
E lei decise che era ora di smettere di nascondersi.
Cercarono tutti di fermarla.
Beh, in effetti non tutti, solo i sacerdoti: un’invocatrice non poteva morire così, altrimenti chi avrebbe sconfitto Sin?
Comunque, lei decise di fare, per una volta, ciò che voleva veramente, non quello che gli altri volevano che lei facesse, né ciò che gli altri si aspettavano da lei.
Si alzò, con la sua asta stretta in mano, e sorpassò tutti.
Le sue “amiche” non dissero nulla, rimasero così, a bocca aperta.
E anche gli altri.
Compreso quel ragazzo così meraviglioso che le aveva sempre preferito un’altra, più bella, più provocante…
Ma certamente meno coraggiosa.
Eccola lì, terrorizzata insieme agli altri.
Lei invece avanzava, la paura sembrava completamente sparita.
Lasciò il nascondiglio, e nessuno la vide più.
Ma fuori, dove pochi lo videro, un grande drago colorato, con ampie ali e collo rosso di piume saliva in cielo, chiamato dalla sua sconosciuta invocazione, guidato dalla sua asta, dalla sua volontà, dal suo coraggio,
La piccola, seria, affidabile ragazzina di Besaid non c’era più.
Ora era libera.
Libera di essere ciò che era realmente.

La figura si alzò si fermò.
Il racconto sembrava concluso.
Si alzò lentamente in piedi e il lungo abito si afflosciò a terra, ma non lasciò un corpo nudo, bensì un libro, aperto all’ultima pagina tra le pieghe della veste.
“Tu mi conosci, caro diario. Sei l’unico. Ryana”



Piccole noticine
Non scrivo da un bel po'... chiedo venia, ma tra meno di un mese ho l'esame di maturità e sono un tantino presa da altre cose, per quanto preferirei stare al computer a scrivere nuove fanfiction ^^' Comunque, questa è vecchia, e ora che ho un po' di tempo ho pensato di pubblicarca su EFP. In un futuro spero non troppo lontano copierò in word la storia che ho scritto in classe mentre accumulavo l'arretrato su Nietzsche, per ora non posso XD

Allora, un paio di cosine su
Sola. Dopo Beside the heroes di nuovo un personaggio diverso da Yuna e compagnia, ma stavolta un’invocatrice. In realtà, la storia è totalmente diversa dalle altre, anche perchè è una fanfiction su FFX solo per caso. Voglio dire, è per caso, solo perché era il mio periodo FFX, che ho scelto FFX come fandom per questa storia. Avrei potuto benissimo ambientarla in un qualunque altro contesto con una scuola, una ragazza e una vita da raccontare. In fondo, è una storia che potrebbe benissimo essere reale, e credo che più o meno direttamente lo sia. Credo che qualcosa di mio, più o meno volutamente, ci sia. Volevo descrivere la vita sola di una ragazzina che è diversa fuori e dentro, che è vista in un modo ma che è in un altro… e che quando decide di morire, non lo fa per sé, non è un suicidio, ma un sacrificio per gli altri: lei che era sempre stata sola e che non ha mai avuto veri amici, si sacrifica per quelle stesse persona che non l’hanno mai apprezzata... Cavolo dovevo essere davvero depressa quando l'ho scritta! XDXDXD
Vabbè, Non so se vi è piaciuta. In effetti è un po’ strana...
Comuque aspetto i vostri commenti XD

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy X / Vai alla pagina dell'autore: AryYuna