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Autore: Meggie    02/01/2014    2 recensioni
A volte, essere vicino ad Haru è come soffocare. Soffa soffoca soffoca. Ma non è mai buio, mai. C’è sempre la luce quando è con lui. E ogni tanto prova ad allungare una mano, speranzoso.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Haruka Nanase, Makoto Tachibana
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Lying Is (Not) The Most Fun A Boy Can Have Without Taking His Clothes Off
Fandom: Free!
Pairing/Personaggi: Makoto/Haruka (ma anche Makoto/Gou e Rin/Haruka)
Rating: R
Genere: Introspettivo
Warning: Yaoi
Disclaimer: Non miei, non ci guadagno nulla, blablabla solite cose insomma.
Riassunto: A volte, essere vicino ad Haru è come soffocare. Soffa offoca soffoca. Ma non è mai buio, mai. C’è sempre la luce quando è con lui. E ogni tanto prova ad allungare una mano, speranzoso.
Note: questa oneshot in realtà è composta da tre parti, scritte per tre prompt diversi per la Notte Bianca di Free! Di troppo tempo fa, e mai pubblicata qui. In ritardo, ma alla fine ce l’ho fatta :)
 
Lying Is (Not) The Most Fun A Boy Can Have Without Taking His Clothes Off
PART I
È facile, ed è quello che mette tutto il resto in secondo piano.
(Tipo il fatto che in realtà mente a lei a se stesso a tutti tutti tutti e continua quella farsa solo perché-
Beh. Perché ci sta provando. Ci sta provando e non va poi così male.)
È facile stare con Gou, perché tutto sommato non richiede molti sforzi da parte sua. Un po’ del suo tempo e delle sue attenzioni, sì, ma Gou è un tipo indipendente, non una damigella da servire e riverire in ogni istante, è la risposta perfetta alla sua costante ricerca di qualcosa che possa distrarlo da quella via, pericolosa fin dall’inizio.
(C’è Haru, in fondo a quella via, c’è Haru che cammina e non è da solo, c’è Haru che non ha veramente bisogno di lui e Makoto dovrebbe smetterla di essere così dipendente da qualcosa che non esiste. È solo amicizia e Makoto deve lasciarlo andare.)
Stringe le mani e tra le sue ci sono quelle piccole e femminili di Gou. La bacia, la sfiora al di sotto della camicetta, accarezza quel corpo di ragazza e si distrae, lecca le labbra di Gou e si chiede quale possa essere il sapore di Haruka, invece.
“Che c’è?” chiede lei, accarezzandogli le spalle.
Makoto pensa ad Haruka che cammina e non è da solo. Pensa ad Haru che si allontana allontana allontana e può allungare una mano,  ma non riuscirà ad afferrarlo. La mano di Haru è già intrecciata a quella di Rin, perché mai avrebbe ancora bisogno della sua?
“Niente,” risponde. Stira le labbra in un sorriso e riprende a baciarla.
(Sei falso, si ripete mentre torna ad accarezzarla.)
È facile stare con Gou. Sa che non è giusto quello che sta facendo, ma l’unico modo per levarsi Haru dalla testa – e da sotto la pelle, e dal petto, dal cuore, dai polmoni. Makoto vorrebbe strapparlo via, perché fa troppo male, troppo. Ma è comunque meglio il dolore di averlo ancora lì, piuttosto che l’apatia provocata dell’allontanamento perenne dalla sua vita – è provare ad andare avanti per la sua strada.
Gou non ha nulla della complessità di Haru. Non ha niente che lo ricordi, fisicamente. Niente che li accomuni.
E, per quello, è assolutamente perfetta.
(Sbagliata sbagliata sbagliata.)
 
PART II
Non è facile stare con Rin, ma ci sono dei momenti in cui tutto sembra andare perfettamente.
Il sesso è uno di quelli.
Forse è il modo in cui Rin si muove, il modo in cui pretende da lui e dal suo corpo, il modo in cui tutto tutto tutto sembra portarlo vicino – più vicino, più vicino ancora e ancora e ancora -, il modo in cui lo stringe e lo soffoca come se stesse annegando.
Haru chiude gli occhi, afferra Rin per le spalle e si spinge contro di lui, anticipando il movimento dell’altro. Anche il sesso è una gara, tra di loro. La stessa adrenalina che gli scorre nelle vene quando si tuffa in acqua e, nell’altra corsia, intravede Rin, lo riempie ogni volta che si ritrova nel letto insieme a lui.
(Con gli occhi chiusi, prova a respirare, ma non riesce. Soffoca soffoca soffoca. È come annegare, con Rin. Una costante trazione verso il fondo.)
Rin gli morde una spalla e Haru si inarca verso di lui, spalancando per un istante gli occhi e avvertendo il sudore della sua pelle contro il proprio corpo. Guarda il soffitto della propria camera, Haru, prima di far scivolare lo sguardo sulle spalle di Rin, distraendosi solo per un momento con la foto appoggiata sulla mensola dall’altra parte della stanza.
(“È così vuoto, qui dentro!” aveva detto Nagisa sedendosi per terra, “Dovresti almeno metterci la nostra foto, Haru-chan!”
L’aveva fatto.)
Richiude gli occhi di scatto. È come se tutti loro lo stessero guardando.
Non pensa. Allunga il collo all’indietro, geme a labbra strette e rafforza la presa che ha sulle spalle di Rin e lo tira a sé, affonda le dita tra i suoi capelli e il naso nel suo collo e quell’odore, quell’odore lo riconoscerebbe tra mille – e c’è stato un tempo in cui l’ha cercato sul serio, tra mille e più persone -  e può essere solo e soltanto Rin, Rin, Rin.
Lo tiene stretto, come se potesse perderlo di nuovo, come se potesse scivolare via, come se potesse essere ancora calpestato da lui, sbattuto a terra e lasciato lì, in attesa della mano di-
“Mako-to,” sospira a bassa voce, venendo contro lo stomaco di Rin e spalancando gli occhi, mentre sente la gola chiudersi completamente attorno all’ultima sillaba.
(Con Rin è come affogare. Una costante trazione verso il fondo. Soffoca soffoca soffoca.)
Rin si solleva da lui, guardandolo fisso negli occhi e Haru non riesce a decifrare la sua espressione. Vorrebbe dire qualcosa, ma sta soffocando, non ha più le parole e sta perdendo anche l’ossigeno e Rin continua ad inchiodarlo con la forza del suo sguardo.
Non dice nulla. Si separa da lui, raccoglie i vestiti sparsi sul pavimento e si riveste in fretta, prima di lasciare la camera.
Haru si mette a sedere, incapace di pensare a cos’è appena successo.
(È sul fondo, adesso. Al buio e da solo. E aspetta aspetta aspetta qualcuno, prima di soffocare del tutto.)
 
PART III
“Haru? Sei qui?” Makoto socchiude piano la porta, prima di intravedere Haru seduto per terra, al buio. “Ah, eccoti!” esclama accendendo la luce, “Oggi mi avevi chiesto di prestarti il libro di matematica, quindi sono passato a- tutto ok, Haru?”
Makoto inclina la testa. Adesso che è davanti a lui si accorge che Haru sta stringendo tra le mani la foto di gruppo scattata qualche mese prima, e che non sembra aver sentito una sola parola di ciò che ha detto.
“Hey,” Makoto si inginocchia davanti a lui, allungando una mano fino a sfiorare la fronte di Haru. È calda. E forse sono gli anni passati ad accudire Ran e Ren, o forse è solo il fatto che è Haruka, quello, ma Makoto non ci pensa due volte, prima di sollevarlo e aiutarlo a stendersi sul futon, facendo scivolare dalle sue dita la foto che stava stringendo con tanta forza.
“Non dovresti occuparti di me,” mormora sottovoce Haru, e Makoto non può fare a meno di sorridere perché, sul serio? Cosa dovrebbe fare? Ignorare che quello è Haruka e per quanto possa allontanarsi da lui, per quanto possa avere la mano di Rin nella propria, per quanto forse non ci sia più tutto lo spazio del mondo nella sua vita, quello è ancora Haruka e Haru è-
(Tutto. Tutto ciò che vuole e che non può avere. Ha Gou, ed è facile stare con lei, ma non è abbastanza, non è mai mai mai abbastanza. Guarda Gou, a bordo piscina, e invece di osservare lei, sfiora con lo sguardo la figura di Haruka, qualche metro indietro, mentre parla con Nagisa. Gou è facile e perfetta. Ma completamente sbagliata.)
“Certo che mi occupo di te,” risponde alla fine, accarezzandogli i capelli, prima di andare in bagno a prendere dell’acqua con cui rinfrescargli la fronte.
Makoto non ha idea di cosa sia successo, ma quando torna nella camera di Haru, ha già in mano il telefono per mandare un messaggio veloce a sua madre per farle sapere che avrebbe dormito fuori, quella notte. Funziona così da sempre, tra di loro. Haru ogni tanto si perde, e tocca a Makoto tenerlo insieme e riportarlo a casa. A volte è difficile essere ciò di cui Haru ha bisogno – a volte è difficile accettare che c’è Rin, adesso, e Rin è… -, ma non smette di provarci.
(Rin ha preso la mano di Haru e adesso è lui a stringerla. Ma in quel momento, adesso che Haru sta male, e in qualche modo Makoto dubita sia per un’influenza, dove si trova?)
“Non sono ammalato,” sussurra Haru, quando Makoto gli appoggia un fazzoletto bagnato sulla fronte.
“Sei caldo, però.”
Haruka scrolla le spalle, prima di girarsi su un fianco, dando la schiena a Makoto ed evitando di guardarlo.
Oh. Ok, pensa con un misto di tristezza e rassegnazione.
“Vuoi che me ne vada?”
La domanda rimane nell’aria per un po’, senza risposta. Makoto cerca di non prendersela. A volte, Haru ha bisogno anche di quello.
Si rimette in piedi, pronto per uscire dalla stanza, quando sente un leggero “No,” provenire da dietro di sé.
Non fa domande. Si limita ad andare davanti ad Haruka e a sedersi per terra di fronte a lui, gustandosi il mezzo sorriso che gli concede Haru.
Allunga una mano verso la sua, poi, e stringe le sue dita tra le proprie. Forte forte forte. Come per non farlo mai andare via. Come per tenerlo sempre lì con lui.
Haruka si addormenta così, l’espressione esausta che finalmente scompare dal suo viso, e Makoto riesce solo a pensare che non potrà mai lasciarlo. Mai mai mai.
(A volte, essere vicino ad Haru è come soffocare. Soffa offoca soffoca. Ma non è mai buio, mai. C’è sempre la luce quando è con lui. E ogni tanto prova ad allungare una mano, speranzoso. Haru che forse non ha più bisogno di lui. Haru che ha Rin, adesso.
In ogni caso, spesso le dita di Haru si intrecciano comunque alle sue. E il dolore di tenerlo vicino a sé è comunque un’ipotesi migliore rispetto ad un abbandono.)
 
NOTE: Ed eccoci alla fine.
Spero di tornare a scrivere presto su questi esserini, perché mi piace sempre molto :D
Il titolo è una storpiatura di una canzone (bellissima) dei Panic! At The Disco.
E come sempre, mi trovate su Facebook e su Twitter :) Aggiungetemi pure, mi fa solo piacere avere più persone del fandom <3
   
 
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