Ed eccola che approda anche nel misterioso mondo dei Tokyo Hotel…. Però forse è necessaria una premessa…
Questa storia è un regalo per la mia sore Vitto_LF o, altrimenti, mai mi sarei sognata di scriverla. Io non sono una fan dei Th anzi, a dire il vero non mi piacciono proprio, per cui non so quanto il mio Tom sia in character…credo molto poco, ma perdonatemi!!! Non so se a sedici anni i TH si chiamassero ancora Devilisch o no…e allora, già che ci siete, perdonatemi anche questa!!!
La canzone è “Questo piccolo grande amore” di Claudio Baglioni.
Bene, credo di aver fatto tutte le scuse possibili…vi lascio alla lettura!!!!!
Temperance
Da
grande
Il mio primo amore dice?
Non so se dovrei dirglielo… dopotutto è qualcosa di piuttosto personale… ma lei mi sta simpatica, quindi le racconterò tutto.
Lei parla di amore vero, giusto?
No, perché sa, conoscendomi, avrebbe anche potuto semplicemente voler sapere della prima ragazza che ho baciato o della prima con cui ho fatto sesso.
No?
Sarebbe stato molto più facile, ma io ho capito appena l’ho vista che lei mi avrebbe complicato l’esistenza.
Benissimo: cominciamo.
Le voci che girano su di me non sono false: a me è sempre piaciuto divertirmi con le ragazze. Sa come funziona, no? Le mie storie durano sempre massimo una settimana e, effettivamente, quella di cui le sto per raccontare non è durata un giorno di più, ma per il resto è completamente diversa e da poco ho capito quanto importante sia stata per me.
Io e Bill avevamo…sedici anni, mi pare, ed eravamo già discretamente famosi in Germania e Svizzera, ma in Italia erano in pochi a conoscerci e così, per trovare un po’ di relax, scegliemmo la Sicilia come meta per una breve vacanza al mare.
La prima volta che la vidi stava rintanata sotto ad un minuscolo ombrellone, cercando di rifuggire il sole, neanche fosse stata una vampira. Non so cosa mi attirò di lei… forse il fatto che sembrava stare al male per forza, forse il fatto che leggeva mentre tutti giocavano… o forse, e qui ritorna il Tom di sempre, quella maglia superattillata che sottolineava ogni sua forma.
Era una ragazza così semplice, così diversa da quelle che frequento di solito non di una bellezza mozzafiato, non magra come una silfide…eppure quel viso di bambina mi colpì sul serio e decisi di avvicinarmi.
Perché, quando qualcuna mi ispira, la fortunata non ha alcuna speranza di essere lasciata in pace.
Quella sua maglietta fina
Tanto stretta al punto che
Immaginavo tutto
E quell’aria da bambina
Che non gliel’ho
detto mai
Ma io ci andavo
matto
Non ci misi molto più dei miei standard a conquistarla, ma non fu esattamente come tutte le altre volte.
Niente sesso la prima sera, insomma.
Beh, a dire il vero, anche niente baci la prima sera.
Il primo fu la seconda.
Dopo una buona mezz’ora persa a cercare di metterci d’accordo sull’orario –lei in tedesco mediocre, io in cattivissimo inglese- ci incontrammo in spiaggia per un bagno delle dieci, perché mezzanotte per lei era troppo tardi.
Imparai che si chiamava Vittoria e che aveva soltanto un anno meno di me.
Mi divertii per un’ora e passa a sbagliare apposta il suo nome sostituendo la v con una f, anche se ero perfettamente in grado di pronunciarlo nel modo corretto.
Giocammo nell’acque, ci abbracciammo, le feci il solletico…e non provai nemmeno una volta a toglierle il costume –cosa molto, molto strana, per me- ma quel bacio fu, e rimane a tutt’oggi, il più bello della mia vita.
Un bacio dolce e delicato, al gusto di sale e di gelato al cioccolato, dato davanti ad un falò improvvisato sulla sabbia fresca.
Non mi guardi così: anche in me esiste un lato romantico, sa? È solo che cerco di tenerlo nascosto.
Un bacio a labbra salate
Un fuoco, quattro risate
Fu quella sera stessa, mentre cercavo di dormire nonostante il russare di quel trombone di mio fratello che me ne resi conto.
Sentivo il mio neonato rapporto con Vittoria come differente da tutti gli altri perché lo era davvero.
Non mi ero mai innamorato e non pensavo potesse succedere così all’improvviso, così in fretta e di una come lei. E invece ero lì a rotolarmi nel letto di un hotel siciliano vista mare con in testa solo un paio di grandi occhi castani.
Ecco…quest’intervista manderà a puttane la mia immagine da duro senza cuore… ma vabbè.
Ti amo davvero
Ti amo lo giuro
Ti amo ti amo davvero
“Io ti ho già visto da qualche parte” furono le parole più ricorrenti nella settimana che passammo insieme.
Io le rispondevo che sì, in effetti ero stato sulla copertina di un paio di riviste.
Io parlavo sul serio, ma lei lo prendeva come uno scherzo ed era lungi da me il farle notare il suo errore. Mi piaceva, una volta tanto, essere solo Tom, il ragazzo tedesco conosciuto al mare e non Tom Kaulitz dei Devilisch.
Lei poi mi sorrideva e mi stringeva forte, dicendo che voleva essere la mia unica fan, che non mi voleva dividere con nessuno.
E lo sa qual’era la cosa più assurda?
Che nemmeno io lo volevo! In quei giorni, tutto ciò che desideravo era poter rimanere lì per sempre. È stata l’unica volta in tutta la mia vita in cui ho desiderato, anche se per poco, non fare la vita che faccio.
Però questo lo so ora… al tempo non capivo il perché di quell’improvvisa non-nostalgia di lustrini e palcoscenico. Ora, invece, è il mio chiodo fisso e vorrei poter tornare indietro…
E lei
Lei mi guardava con sospetto
Poi mi sorrideva e mi teneva stretto stretto
Ed io
Io non ho mai capito niente
Visto che oramai non me lo levo dalla mente
Beh, ora non vorrei diventare mieloso, ma non racconto balle se dico che persino adesso, a venticinque anni suonati, non ho ancora trovato una donna che mi abbia preso come lei.
Patetico, eh?
Il grande seduttore Tom Kaulitz che non riesce a dimenticare una quindicenne che non vede da nove anni.
Rida, rida pure… potrebbe anche essersi sposata, per quello che ne so…
Ma sa una cosa? Anche se solo per sette giorni, lei è stata più mia che di chiunque altro.
Vittoria, il mio piccolo grande amore…
Lei era un piccolo grande amore
Solo un piccolo grande amore
Niente più di questo
Niente più…
Mi manca da morire quel suo piccolo grande amore
Adesso che
Saprei cosa dire
Adesso che
Saprei cosa fare
Adesso che
Voglio un piccolo grande amore…
Sa cosa mi piaceva davvero tanto? Guardarla camminare.
Aveva una camminata particolarissima…dondolante, che la faceva sembrare più impacciata di quanto in realtà non fosse.
Non correva veloce, ma, quando giocavamo la lasciavo sempre vincere, solo per il gusto di arrivare dopo di lei e spingerla nella sabbia, dove poi ci rotolavamo.
E cantavamo canzoni famose italiane…io biascicando le parole, lei sbagliando tutte le note, e ci sfioravamo, desiderando di più, non osando mai nulla.
Strano, vero?
E infatti non durò a lungo.
Quella camminata strana
Che pure
in mezzo a chissà che
L’avrei riconosciuta
Mi diceva “sei una frana”
Ma io
questa cosa qui
Mica
l’ho mai creduta
E lunghe
corse affannate
Incontro a stelle cadute
Mani sempre più ansiose
Di cose proibite
E le
canzoni stonate
Urlate al cielo lassù
Chi arriva prima a quel muro…
Era l’ultimo giorno e ci eravamo già messi d’accordo per rivederci non appena avessimo potuto.
Il problema è, vede, che io non so resistere ad una bella ragazza… e quella me la ritrovai addosso nel tempo di un battito di ciglia.
Forse la baciai perché avevo paura dell’amore vero, o forse solo perché io sono io e non si scappa da quello che si è.
Sta di fatto che non pensavo che lei ci vedesse.
Allora non vidi il mare che le avevo fatto…e vorrei davvero poterle chiedere scusa.
E lei
Tutto ad un tratto on parlava
Ma le si leggeva chiaro in
faccia che soffriva
Ed io
Io non lo so quant’è che ha
pianto
Solamente adesso me ne sto rendendo conto…
La giornalista
strappò un foglietto dal suo blocco, ci scarabocchiò sopra delle cifre e lo
porse a Tom, che la guardò con aria interrogativa.
“Vittoria lavora al
mio stesso giornale, fa la vignettista… Non le ho mai creduto
quando diceva di essere stata con lei… ma, evidentemente, mi sono sempre
sbagliata. Questo è il suo numero: la chiami. Non è troppo tardi per scusarsi.”
Il giovane squadrò
per un po’ il biglietto, poi lo accartocciò e lo gettò nel cestino di fianco
alla scrivania. Poi sorrise alla reporter, che lo
guardava stranita.
“Vede, signorina, non
è da molto che ho capito di aver tradito Vittoria perché avevo paura. Paura di lei, di quel me che non conoscevo e di quel noi che
stavamo diventando troppo in fretta. È vero, sono passati nove anni, ma
io non sono cresciuto e non mi sento pronto per parlarle di nuovo. Quando diventerò grande, la cercherò io. Per intanto, credo
che l’intervista sia tutto ciò che posso fare per
scusarmi.”