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Autore: Artemisia_Amore    05/01/2014    3 recensioni
Le lancette di un cupo orologio scandiscono l'inesorabile scorrere del tempo di Break. Il gelo nel cuore, il dolore nell'anima. E tuttavia, una sola, flebile occasione per cambiare il destino. Quale sarà la sua scelta?
[Versione italiana della nostra storia "I see fire - A Christmas Carol". Traduzione a opera di thyandra]
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Reim Lunettes, Sharon Ransworth, Xerxes Break
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Nota delle Autrici. Questa storia è nata come racconto di Natale dedicato ai lettori anglofoni (potete trovare l'originale qui). In seguito, quella ragazza e scrittrice fantastica che risponde al nome di thyandra ci ha proposto una collaborazione, affinché potessimo condividere il racconto anche qui. Il testo che leggerete di seguito è opera della sua splendida traduzione, che ha reso con una sensibilità straordinaria ogni piccola sfumatura, ogni piccola luce, ogni piccolo accenno di profumo e colore che abbiamo cercato di comunicare nel nostro originale inglese.
Cogliamo l'occasione di questo piccolo spazietto introduttivo per ringraziare thyandra dal profondo del cuore, e per esortarvi a spendere una parola gentile per il suo meraviglioso lavoro, qualora voleste recensire questa storia.
Buona lettura!




I see fire - Canto di Natale


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Sapeva che gli occhi di lei si sarebbero presto riempiti di lacrime mentre lei sporgeva le rosee labbra in un broncio nel guardarlo delusa e, in qualche modo, ferita.
  “E' solo una simpatica tradizione, Break. Non intendeva essere un bacio serio. Ma tu- Tu... Oh, fa niente. Non m'importa. Fa niente”. Abbassò lo sguardo, continuando a restare sotto al vischio.

Lui la guardò col suo occhio cieco, poi poggiò dolcemente una mano sui suoi capelli soffici, ordinatamente legati per l'occasione in una morbida e lunga treccia.
Le calde fiamme del fuoco, divampando allegramente nel caminetto, sembravano essere state intrappolate in quei delicati boccoli e in quei tristi, umidi occhioni. Non tollerava l'idea di quello sguardo irritante. Non sopportava le sue lacrime. Distogliendo lo sguardo, Break diede una pacca gentile alla testa di Sharon.
  “Non sono un grande amante di queste tradizioni... ojou-sama, lo sapet-” “Bugiardo.”
Lei si sottrasse al suo tocco e tornò sui suoi passi, uno sguardo orgoglioso baluginante sul viso. Break la sentì abbandonare silenziosamente la stanza, poi sbuffò. Trovò una poltrona in cui affondare e si concesse qualche istante di assoluto silenzio. Ma si arrese subito.
  
“Riesco a sentire il tuo biasimo.”, si rivolse a Reim.
Il giovane uomo non replicò. Continuò ad appendere cristalli di neve sui rami più esterni del maestoso abete. Non era alto quanto se lo aspettava dal casato Rainsworth, o, perlomeno, non era così alto come lo era stato in passato. Tuttavia, c'era un tenero calore grandiosamente messo in mostra dalle gioiose palline di vetro, così colorate e scintillanti quando venivano colpite dalla debole luce delle candele.
  
“Perché dovrei disapprovare la tua irrimediabile mancanza di tatto?”
I luminosi occhi nocciola di Reim si soffermarono sul viso di Break. L'uomo stava guardando, inespressivo, il caminetto con uno sguardo cupo, piuttosto infastidito. Reim prese un profondo respiro, poi cominciò:
  
“Non puoi farla piangere ogni anno, Xerx. Non se lo merita. Mi chiedo cos'hai da perdere, alla fi-”.
  
“E' una bambina. Semplicemente, non posso farlo”.
  
“Lei è una donna, Xerx. Ed era solo un gioco sciocco. Potevi farla felice”.
  
“Baciando una bambina, Reim-kun?”.
Il giovane uomo lo fissò, digrignando i denti. Fece qualche passo avanti e qualche istante dopo, depose una mano sulla spalla di Break, sporgendosi verso di lui. Le sue labbra toccarono leggermente l'orecchio dell'uomo.
  
“Allora sei inequivocabilmente cieco, Xerx.”

 

Quando l'orologio a pendolo suonò la mezzanotte, si svegliò con un brivido. Si era addormentato nel salotto? Non riusciva più a sentire il tenue calore del fuoco: doveva essersi spento. Sbadigliò pigramente e si sfregò le mani poco dopo. Perché faceva così freddo? La pungente e gelida aria sembrava trafiggergli la pelle. Si alzò per andare a chiudere la finestra, maledicendo Tobias, il ragazzo la cui sbadataggine era ben conosciuta tra i servi. Ma la sottile, melodiosa voce di una donna lo fece fermare.
  “Così ti stavi nascondendo qui, mio quieto cavaliere...”

Impallidì, mentre sentiva distintamente il suo cuore perdere un battito. Quella voce. Non poteva essere-
  
“...Possibile? Nondimeno sta accadendo.”
Una mano delicata accarezzò i suoi capelli, e non appena voltò la testa, il suo occhio cremisi si sgranò. Lei era di fronte a lui. E lui era in grado di vederla.
  “Sto sognando?”
Shelly sorrise, inclinando la testa da un lato e ponendo un dito sulle labbra di lui.
  “Che accoglienza fredda...”
  
“Mia signora...”
Sentì la sua mano fresca carezzargli i capelli con dolcezza, sistemandoglieli dietro l'orecchio, e diede un'altra occhiata furtiva alla leggiadra donna che gli stava di fronte. Era un paio di pollici più alta di Sharon, ma il suo volto condivideva gli stessi lineamenti attraenti: la sua pelle di porcellana bianca, che rivelava ogni emozione col suo delicato arrossire; occhi sorridenti come boccioli in fiore, incastrati tra lunghe ciglia chiare; e le sue labbra – oh, quanto aveva bramato morire su quelle labbra, rubando baci tanto brucianti quanto il suo amore proibito. Sorrise quando le dita di lei sembrarono rispondere alle sue preghiere, baciando la sua bocca con il loro tocco leggero.
  
“Ci è stata concessa non più di un'ora, mio prezioso cavaliere. Per favore, fai tesoro di quel che i tuoi occhi stanno per vedere” sussurrò piano, congiungendo una mano alla sua.
  
“Che cosa significa? Io sono- Io non dovrei essere in grado di vedere...”
  
“Questo è un sogno, Xerxes, e non lo è. Non potevo raggiungerti in altro modo”. Shelly voltò la testa verso la poltrona, e Break seguì il suo sguardo fin quando vide se stesso -il proprio corpo- profondamente addormentato. Stava per andare avanti, ma si fermò quando il suo piede incappò in un minuto ostacolo. Sorpreso, si chinò per raccogliere il piccolo oggetto: una locomotiva d'ottone. Guardò il giocattolo piuttosto confuso. Bizzarro.
  
“Questo è di Reim”, biascicò, capovolgendo la piccola locomotiva per assicurarsene. Trovò le tremolanti, incerte iniziali del suo amico incise sul metallo.
  
“Perché ha-” ma le sue parole si spensero sulle labbra appena un ragazzino e una bambina entrarono nella stanza, correndo allegramente.
  
“Sharon-sama! Non dovreste correre così veloce! Farò cadere il latte!”
  
“Oh, Reim-kun, sbrigati! Lui potrebbe essere qui!”
  
“Pensate davvero che verrà...?”
  
“Lo fa sempre! Ogni anno! Ti dico che verrà!”.
Il ragazzino poggiò il suo vassoio sul tavolo da tè, poi diede a Sharon un piattino con sopra quattro biscotti al cioccolato. La bambina cinguettò, felice, e corse verso il caminetto per mettere il piccolo piatto sulla mensola. Reim fece lo stesso con il bicchiere di latte.
  
“E adesso?”, chiese lui, grande abbastanza per non credere nell'Uomo dei Fiocchi di Neve, ma giovane abbastanza per sperare intimamente nella sua esistenza.
  
“Adesso per voi due è tempo di andare a nanna”, replicò l'argentea voce di Shelly. Era entrata nella stanza pochi minuti dopo i bambini e si era silenziosamente avvicinata alla figlia. La bambina s'imbronciò e Break non poté evitare di ridere, realizzando come la sua ojou-sama non fosse cambiata.
  
“Voglio vedere l'Uomo dei Fiocchi di Neve!”
  
“Non vuoi che ti porti un regalo, Sharon?”
  
“Certo che lo voglio!”
  
“Allora faresti meglio ad andare a dormire, oppure lui scoprirà che sei fuori dal letto e... Beh, L'Uomo dei Fiocchi di Neve non porta regali ai bambini che stanno svegli fino a tardi...”
La bambina sgranò gli occhi e scappò via, presto seguita da un più educato Reim, che si inchinò di fronte a Shelly prima di andarsene. 
Break si voltò verso lo spettro al suo fianco.
  
“Cosa sta-” provò a chiedere, ma lo spirito scosse la testa e gli mise un dito sulle labbra, intimandogli di stare tranquillo.
  
“Kevin? Puoi entrare, adesso...”, sussurrò Shelly, guardando allegramente la porta. Un giovane uomo comparve alla vista, una borsa di velluto scarlatto tra le mani.
  “Stanno dormendo?”. Kevin sorrise in modo cospiratorio, contagiato dall'allegria della donna, e sedette vicino a lei. Shelly gli diede i biscotti.
  
“A te, signor Fiocco di Neve. Bon appetit!”
  
“Devo lasciare qualche briciola?”.
Shelly annuì e aprì la borsa di velluto per prendere una bambola di porcellana, che dispose sotto l'enorme abete, decorato con cristalli di neve e palline colorate. Kevin la aiutò ad uscire fuori dalla sacca una piccola locomotiva d'ottone, che lo fece sorridere.
  
“Io non sono... abituato a questo...” mormorò, sentendo le sue guance arrossire improvvisamente per la gentile carezza del fuoco.
Shelly si voltò a guardarlo e prese il giocattolo dalle sue mani.
  
“Stai facendo un ottimo lavoro, signor Fiocco di Neve”.
  
“E se loro si svegliassero e venissero a sbirciare?” I suoi occhi seguirono gli aggraziati movimenti di Shelly nel disporre i regali sotto l'albero. Appena terminò, tornò da lui, sorridendo.
  
“Non lo faranno: vogliono così tanto i loro regali che dormiranno come angioletti pur di non perderli”. Fece una pausa, fissandolo. “E tu, Kevin? Lo vuoi, il tuo?”.
  
“Io-? Io ho un regalo...?” replicò, sorpreso.
La delicata donna annuì. Prese la sua mano e la portò lentamente alle proprie labbra. Con gli occhi chiusi, depose un bacio sul suo palmo e guidò le sue dita affinché lo avvolgessero per sempre.

 

Quando si voltò per guardare lo spirito, si trovò di nuovo solo. Ogni luce era scomparsa. Silenziosamente, si mosse verso il caminetto e lasciò scivolare le dita sulla mensola. Non c'era traccia di latte, piattini e biscotti su di essa, niente che suggerisse che quel che aveva visto fosse realmente accaduto. Che strano sogno, infatti. Premette la fronte contro il dorso della sua mano, poi chiuse l'occhio con un sospiro. Perché si era ricordato di quello?
  
“Perché avevi bisogno di ricordarti che c'è stato un tempo in cui amavi festeggiare”.
Break sussultò, spostandosi dal caminetto con un improvviso scatto. E, ad una ispezione più ravvicinata, notò che non c'era più un caminetto. Invece, una gelida foschia aveva preso il suo posto. E un forte odore di tabacco lo circondò rapidamente.
  “Quand'è che hai smesso, Break-kun? E' stato quando le sue sottili dita sono diventate fredde e la luce ha lasciato quegli occhi vivaci?”

Una mano raggiunse la sua spalla e la fresca foschia se ne andò in un batter d'occhio.
  “Os-car... -sama...”.
  
“Come va, amico?”.
Per la seconda volta quella notte, Break impallidì. Tuttavia, si ricompose subito. Dopotutto, aveva di fronte un amico.
  
“Sei anche tu parte del mio sogno?”, mormorò, aprendosi in un sorriso.
  
“Io sono chi ti ha indotto al tuo sogno” replicò l'uomo, guardandolo con quegli occhi allegri coi quali illuminava ogni giorno cupo, quando era vivo. “Sai, qualcuno nell'altro mondo ti ama”.
Lo sguardo frastornato di Break fece ridere Oscar. Prese una sigaretta dal suo astuccio finemente inciso e accese un fiammifero. Qualche istante dopo espirò un piccolo anello di fumo.
  
“Stai sbagliando, amico mio. Sono qui per avvisarti. Stai sprecando la tua preziosa occasione”.
Break fece per parlare, aprendo la bocca, ma la chiuse di nuovo appena il fumo si dissolse e rivelò Sharon, distesa sul suo letto con il viso premuto contro il cuscino in piuma d'oca. I suoi lunghi capelli erano sciolti, adesso, e carezzavano delicatamente la nuda pelle delle sue spalle, svelata dal delicato corpetto lavanda chiaro. Per la prima volta dopo mesi, la vide di nuovo. E il suo occhio non poté evitare di contemplare la sua fragile bellezza. E il suo cuore non poté evitare un inaspettato, frastornato turbinio.
  
“Ojou-sama...”, sussurrò, mentre un tenue sorriso cominciò a diventare gioioso sulle sue labbra. Ma non durò. Non poteva. Il suo occhio si avvide delle sue lacrime, fresche perle argentee che correvano giù sulle sue guance. Sentì il suo nome, pronunciato con penoso dolore. E in un attimo realizzò che, rifiutando il suo bacio, aveva in realtà pugnalato il suo cuore.
  
“Sai, Break, la vita mi ha insegnato una cosa o due”. Dietro di lui, Oscar parlò con voce solenne. “La lezione più dura è stata che siamo creature arroganti. Ci prendiamo il lusso di ritenerci immortali. 'Abbiamo un mucchio di tempo!', diciamo, per rimandare comodamente. Ma ci inganniamo da soli”. L'uomo sorrise dolorosamente, mentre con la punta delle dita carezzava amorevolmente la sua fede nuziale.
  
“Niente è fatto per durare, amico mio, così come non esiste una cosa come il futuro”. Depose nuovamente la sua mano sulla spalla di Break, ma questa volta le sue dita premettero sulla sua pelle come a far da monito. Break voltò il viso per guardare l'uomo negli occhi, mentre un improvviso, angoscioso peso sul suo petto diventò sempre più opprimente.
  “Che cosa dovrei... fare...?”, mormorò, il suo occhio nuovamente catturato dal corpicino scosso dai singhiozzi della sua ojou-sama.
  
“Accetta il consiglio di un vecchietto in proposito”, replicò Oscar, abbassando la voce. “Non c'è un momento giusto per dire qualcosa di importante, a parte questo. Adesso è l'unico momento. Trova la tua risolutezza, amico mio, prima che sia... troppo tardi...”.
 


Due rintocchi riverberarono nel salotto scuro. Sbatté gli occhi, disturbato da una improvvisa luce che ferì il suo occhio abituato all'oscurità. Lo chiuse e si schermò le palpebre con un braccio. Perciò, non si accorse degli intangibili sbuffi di luce che il suo respiro creava nell'aria gelida.
  
“Come stai oggi, Xerx-nii?”.
La debole voce di Sharon lo portò ad abbassare il braccio. Aprì l'occhio con molta prudenza, quando un bianco abbagliante lo circondò.
  
“Ojou-sama?” chiamò, e avanzò cieco. Ma appena sentì la sua risposta, decisamente non rivolta a lui, raggelò.
  
“Emily e io ti abbiamo portato dei nuovi fiori. Non sono così tanti quanti avrei voluto, ma sono riuscita a trovare qualche cespuglio di gelsomino. Fanno un profumo meraviglioso. Li lascio qui...”.
La ragazza si sporse sulla tomba e poggiò i fiori su di essa. Poi la punta delle sue dita carezzò le lettere impresse sulla pietra.

XERXES BREAK.

Sharon fece un profondo respiro, poi prese Emily dalla borsetta viola damasco. Collocò la silente bambola sulla neve, più vicina possibile alla lapide. Poi sorrise debolmente.
  “Mi manchi, Xerx-nii”, sussurrò, e lasciò cadere qualche caramella sulla neve. “E manchi anche a Reim. Penso che non riuscirà a trovare il coraggio di venire a farti visita, non è vero? Beh... Almeno sono riuscita a sgattaiolare via. Lui non sa che sono qui. Non ne sarebbe felice, se lo sapesse”.
Un pensiero doloroso sembrò adombrare il suo volto. Era più pallida del solito e aveva perso peso. I suoi capelli erano legati in una treccia austera e i suoi occhi erano profondamente cerchiati.
  “In verità, dubito che sorriderà ancora...”.
Lentamente, lasciò che le sue ginocchia toccassero il terreno, poi scivolò sulla neve per sedere di fianco alla lapide. Appoggiò la testa su di essa, come fosse la spalla del suo amato Break.
  “Non riesce a perdonare se stesso per la tua morte. Continua a dire che è stata colpa sua, che non sarebbe successo se solo avesse studiato di più e se avesse trovato un rimedio per il tuo lento avvicinarti alla morte, giorno dopo giorno”. Sospirò e chiuse gli occhi. “Penso che stia peggiorando. Prende tutte quelle... pillole... Tutti quegli infusi... Dice che li sta testando. Mi chiedo quanto ne valga la pena, adesso che non sei più qui...”

La mano di Sharon sciolse con dolcezza il suo cupo, piccolo fiocco e cominciò a liberare i suoi capelli, pettinando i piccoli, morbidi boccoli con le dita.
  
“Speravo di avere più tempo, sai? Speravo che le tue labbra avrebbero toccato le mie almeno una volta...”.
Le sue gracili mani raggiunsero le scarpe. Le tolse e affondò i piccoli piedi nella neve. Si morse le labbra, ma non si spostò.
  
“Speravo mi avresti guardata come se fossi una donna, nonostante il mio aspetto... Da... Ho aspettato quel momento per anni... Per il momento giusto per dirtelo... Che ti amavo... Con tutto il mio cuore...”.
Le sue dita sbottonarono il suo pesante cappotto invernale. Se lo tolse e lo mise da parte. Indossando un leggero abito di chiffon color ciclamino, si sdraiò lentamente sulla neve, i lunghi capelli delicatamente adagiati sul ghiaccio bianco. Si allungò per tenere la mano di Emily.
  
“Almeno... Saremo presto a casa...” Chiuse gli occhi e si lasciò morire.

 

“NO!”, urlò Break, precipitandosi verso la sua ojou-sama per stringerla forte, per salvarla. Ma le sue mani non riuscirono a toccarla. Ci provò ancora, uno sguardo disperato nel suo occhio.
  “Ti è piaciuto lo spettacolo che ho allestito per te?”

Una voce divertita sussurrò al suo orecchio. Voltò il viso e la Volontà dell'Abisso sorrise, deliziata.
  
“Permettimi di raggiungerla! Lasciamela salvare!”, urlò ancora, odio e supplica nella voce.
  
“Perché dovrei?”. La ragazza diafana rise. “Sarebbe comunque inutile. Non fraintendere... Quello che hai visto non era un sogno. Non era una realtà possibile”. La Volontà dell'Abisso sollevò il suo mento con un dito e soffiò aria fredda sulle sue labbra, gioendo della sua espressione disperata.
  
“E' il tuo destino. Sei condannato”.
  
“NO!”.
 


Quando si svegliò, il fuoco stava scoppiettando allegramente nel caminetto. Poteva sentire il suo tenue calore sulle guance. Alzò una mano davanti a sé e aprì un occhio. Oscurità. Poche, deboli luci. Break sorrise debolmente e si toccò la fronte, coperta di sudore freddo. Le sue dita corsero al petto. Le premette contro il cuore impazzito.

 

Sharon aveva dimenticato di chiudere a chiave la porta. La aprì silenziosamente ed entrò nella camera della sua ojou-sama. La conosceva a memoria: lì l'aveva vista crescere; lì avevano ospitato tea party con le bambole e con Emily; lì avevano pianto per la morte di Shelly. E lì avevano riso e parlato scherzosamente, giorno dopo giorno, fino a quando lei era diventata troppo grande per far entrare un uomo nelle sue stanze. Sorrise, scuotendo la testa. Doveva realizzarlo allora: lei si sentiva e si comportava da donna perché lo era diventata. Era successo davanti ai suoi occhi, ma era stato inopportunamente cieco.
Dopo quindici veloci passi, raggiunse il suo giaciglio. Le tende di broccato del suo letto a baldacchino erano state tirate per tenere lontana l'aria fredda dell'inverno e un discreto orologio da tavolo ticchettava pigramente. Alzò una mano per scostare le ricche tende e si fece più vicino al letto della sua ojou-sama. Sentì il suo calmo respiro dormiente e un sorriso apparve sulle sue labbra. La sua mano raggiunse i morbidi capelli di lei, che carezzò lentamente, respirando profondamene il suo delicato profumo. Fiori di gelsomino...
Break si sporse gradualmente verso la sua giovane signora dormiente e strofinò il suo naso dolcemente contro quello di Sharon, chiamando il suo nome. Poi trattenne il respiro e attese che lei cominciasse a svegliarsi. Le palpebre della ragazza si mossero finché non socchiuse gli occhi. Con voce impastata, lo chiamò.
  
“Xerx-nii...? Ti-Ti senti male? Stai bene?”, si mise a sedere frettolosamente, improvvisamente ansiosa, e lo guardò scuotere la testa e sorridere.
  
“Mi sento meravigliosamente...”, sussurrò, accarezzando con dolcezza le sue guance con le dita. Si avvicinò, trattenne il respiro e improvvisamente, lentamente, le rubò il suo primo bacio.
  
“Ho una domanda per voi dall'Uomo dei Fiocchi di Neve...”. Di nuovo, le sue labbra accarezzarono timidamente quelle di lei, leggere e delicate.
  
“Vorreste prendervi cura del mio cuore?”. 

   
 
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