Cinque gennaio: maree.
“Fermati,” dici. “Chiedimi di che soffro?”
Soffro di muti gorgoglii,
ignobili tumulti e violente tempeste
mentre giaccio nelle bianche spiagge dell’anima inquieta.
Soffro di piogge sature
di parole non dette,
arrestate a un soffio dalle labbra tormentate.
Soffro d’indelebili memorie,
affollati palcoscenici di spiriti e
fantasmi rancorosi.
Soffro di tutto e di niente insieme,
un’ipocondria fasulla
profumata di chicchi di caffè acerbi
tanto quanto questa pelle rosea al tocco.
Soffro e ingoio i flutti
di maree dolciastre e sognanti.
*
Note:
Oggi mi sento in vena di scrivere una piccola noticina a bordo pagina; forse è la pioggia che non sembra avere intenzione di cessare, forse è il caffè troppo poco amaro. Portate pazienza e chiudete un occhio.
La frase iniziale, scritta in corsivo, non è mia, ma appartiene all’opera “Le Onde” di Virginia Woolf e ho deciso d’inserirla come “prologo” a questa poesia, perché l’ho incontrata questo pomeriggio procedendo con la lettura del libro e non sono più riuscita a togliermela dalla testa.
E poi mi piaceva intenderlo come piccolo omaggio alla mia scrittrice preferita, ma vi risparmio ulteriori sproloqui riguardo all’amore e alla totale venerazione che nutro verso questa donna.
Colgo inoltre l’occasione per ringraziare tutte le stupende e meravigliose persone che mi accompagnano in quest’avventura lunga trecentosessantacinque giorni, leggendo e recensendo, aiutandomi a crescere. Grazie di cuore a tutti voi, vi abbraccerei tutti quanti se potessi, davvero.
E voi, di che cosa soffrite?