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Autore: MaikoxMilo    06/01/2014    18 recensioni
Giugno 2011.
I Cavalieri d'Oro, dopo il sacrificio al Muro del Pianto e la punizione divina, tornano misteriosamente in vita, quasi come se si fossero svegliati da un lungo sogno. Dovrebbe essere momenti di pace e serenità, ma per uno di loro in particolare rinascere vuol dire nuovamente fare i conti con il proprio passato. Un passato remoto in cui si sente ancora il vagito lontano di una neonata, e un passato prossimo ancora denso di soffici piume di cigno e di occhi azzurri come il cielo terso in una giornata estiva...
Questo è il prologo alla mia serie "Passato... presente... futuro" e quindi alla long fic "La guerra per il dominio del mondo" della quale però non è necessaria la lettura per capire gli eventi. E' anche il mio primo esperimento di one shot.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aquarius Camus, Cygnus Hyoga, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Passato... Presente... Futuro!'
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LA FINE DELL'INVERNO

 

Mia cara,

nel bel mezzo dell'odio

ho scoperto che vi era in me

un invincibile amore.

Nel bel mezzo delle lacrime,

ho scoperto che vi era in me

un invincibile sorriso.

Nel bel mezzo del caos

ho scoperto che vi era in me

un'invincibile tranquillità.

Ho compreso, infine,

che nel mezzo dell'inverno

vi era in me un'invincibile estate.

E ciò mi rende felice.

Perché afferma che non importa

quanto duramente il mondo

vada contro di me,

in me c'è qualcosa di più forte,

qualcosa di migliore

che mi spinge subito indietro

(Albert Camus, Invincibile Estate)

 

 

Tre nuove allieve.

Tre nuove allieve. Era tutto ciò che il Grande Sacerdote, il redivivo Shion, gli aveva detto quella mattina di metà Giugno. Null'altro.

Tre nuove allieve...

Non era stato sufficiente, no, aver già addestrato dei bambini spauriti nel clima spietato della Siberia; non era bastato, no, averne persi tre su quattro, e ancora meno rischiare il tutto per tutto con l'unico discepolo rimasto.

Non era bastato, no, morire più di una volta, soffrire terribilmente nel recitare una parte che non era propria, fingere davanti al suo migliore amico e agli altri compagni Cavalieri d'Oro di essere diventato uno sgherro di Hades.

Non era nemmeno bastata la punizione divina, quella più terribile e spietata, la minaccia di rinchiudere per sempre lui e i suoi amici dentro l'incoscienza più completa, dentro un sonno privo di sogni, privi addirittura di tutti i ricordi più cari. Non era bastata, no...

“SCARLET NEEDLE!”

Un lampo di luce rossa ben famigliare, seguito da un breve ma intenso dolore alla clavicola destra, troncò di netto tutti i suoi pensieri. Uno solo, un'unica cuspide... e cadde bocconi per terra.

 

Perché mi hai tradito, amico mio?!”

 

E di nuovo, repentinamente, la memoria lo ricondusse a quei giorni apparentemente lontani, a ripercorre per l'ennesima volta le scale del Grande Tempio insieme ai compagni Saga e Shura. Com'era buia l'atmosfera intorno a loro, o forse era lui stesso ad essere completamente avvolto dalle tenebre come in un sogno effimero?!

Quante lacrime versate, quanto dolore si era ritrovato a sopportare mentre fingeva di appartenere al male, compito arduo ma non impossibile, se era per un fine superiore. E lo era stato di certo, sebbene le lacrime, quelle, non lo avessero mai del tutto abbandonato nelle fatidiche dodici ore concesse da Hades.

La sua crosta di ghiaccio non era forse già stata incrinata, anzi, completamente distrutta da Hyoga, Milo e la piccola Sonia?! Cos'altro gli rimaneva in quella folle corsa se non fingere?! Fingere, già... probabilmente lo aveva fatto per tutta la vita nel vano tentativo di non mostrare tutta la sua fragilità. Del resto, quanto poteva essere delicato un cristallo di neve se tenuto in mano da qualcuno?

“Si può sapere cosa ti succede ultimamente, Maestro dell'Acqua e del Ghiaccio? Non è da te distrarti in questo modo sul campo di battaglia!”

La voce dell'amico lo raggiunse, spingendolo lentamente a sollevarsi sulle braccia. Il foro della cuspide bruciava, procurandogli un dolore a tratti lancinante, ma non vi badò.

“Uhmpf, Maestro dell'Acqua e del Ghiaccio..." ripeté con amarezza, sedendosi per terra nel non incrociare volutamente lo sguardo del suo migliore amico.

Era impossibile guardare in faccia gli altri suoi compagni, non dopo tutto ciò che era successo durante la guerra contro Hades, non dopo essere ritornati alla vita così misteriosamente, non dopo le parole taciute e strozzate trattenute a forza dentro di sé.

Certo, il suo onore era stato ampiamente ristabilito, così come quello di Shura, Saga, Death Mask e Aphrodite... La verità era, però, che nulla sarebbe stato come prima, LUI non sarebbe mai potuto essere come prima!

“Cosa ti succede, Camus?” chiese ancora Milo con più dolcezza, offrendogli la mano sinistra come aiuto per alzarsi.

Questa volta il Cavaliere dell'Acquario trovò la forza di alzare lo sguardo verso l'amico, il quale stava ritto davanti a lui, l'uniforme d'allenamento, il solito sorriso comprensivo di quando erano piccoli e tentava di farlo parlare.

“Nulla, sono solo ancora intontito da... lo sai!” tagliò corto lui, rifiutando la mano per alzarsi comunque con le sue sole forze. Come al solito, le parole non erano il suo forte e sperava nella comprensione dell'amico che da sempre era stato in grado di capirlo così bene. Non quella volta, tuttavia.

Milo infatti, sospirando impercettibilmente, passò più volte le dita tra i suoi capelli per poi allontanarsi di qualche passo. Solo in secondo momento decise di spezzare il silenzio.

“Al dire il vero non lo so, Camus, non so cosa ti succeda in questo periodo. Sei... troppo distante!”

L'Acquario spalancò gli occhi, stupito da quell'inaspettata rivelazione, non tanto per la frase in sé ma per il tono adoperato dall'amico.

Certo, lui per Milo era sempre stato un libro aperto in cui non era necessario usare le parole per farsi capire, perché tutto era cristallino come il ghiaccio della sua tanto amata Siberia. Quella volta però, a suo dire, non riusciva a vedergli dentro, o forse lo stava semplicemente mettendo alla prova, d'altronde non avevano avuto molte occasioni di parlare dalla loro rinascita.

“Camus, non posso sempre sforzarmi io di capire cosa si celi dietro la tua espressione malinconica. Posso solo intuirlo, visto quello che hai e che abbiamo dovuto passare tutti noi Cavalieri d'Oro, ma tu... tu hai qualcos'altro, non è vero?” chiese ancora lo Scorpione, facendosi serio e percettivo come di consueto.

Il Cavaliere dell'Acquario sorrise mestamente tra sé e sé, ancora una volta rincuorato dall'intuizione del suo amico e dalla sua presenza così vicina in quel momento. Ne era grato e rassicurato: quella volta sarebbe toccato a lui esternare ciò che provava. Glielo doveva, dopotutto!

“Il Grande Sacerdote Shion mi ha affidato tre nuove allieve...”

Milo spalancò gli occhi cerulei, dischiuse le labbra, poco prima di lasciare trapelare fuori largo sorriso che gli illuminò immediatamente il volto giovanile.

“E' meraviglioso, Camus! Anche Sonia sarà...”

“...ma io preferirei non averle!”

Il sorriso di Milo si spense in un lampo, così come la luce radiosa che aveva illuminato il suo viso. Alla sua allieva Sonia avrebbe fatto così tanto piacere conoscere finalmente altre ragazze, magari anche della sua età, perché, nei fatti, per i rigori voluti dalla stessa dea Atena, il Santuario era sempre stato popolato per la maggior parte da maschi!

“Perché? - chiese laconicamente, poi intravide lo sguardo dell'amico che si era ulteriormente rabbuiato e comprese – Ah, ho capito... per Isaac, vero?”

Camus annuì appena, mentre il pensiero tornò dolentemente all'allievo perduto tra le correnti gelide della Siberia dell'Est. Erano passati tre anni da allora, alcuni ricordi cominciavano già a sfumare, come travolti da tutti gli avvenimenti che erano accaduti fino a quel momento, ma il dolore per la sua perdita era sempre rimasto nel suo cuore, non svanendo mai del tutto.

“Non sono un bravo maestro, Milo... Isaac è morto per mia disattenzione, non ero in Siberia quando successe quel fatto. Mi sono precipitato lì appena ho avvertito l'esplosione del cosmo del ragazzo, ma, pur cercandolo con tutte le mie forze, non sono riuscito a a rintracciarlo. Mi è... scivolato via! - sospirò a fatica, tremando, come sempre quando parlava del suo amato allievo - Di contro, ho dato il tutto per tutto con Hyoga, riuscendo però solo a farlo soffrire ulteriormente"

"Forse era l'unica maniera, questa, per farlo crescere..." azzardò Milo, cercando di essere il più delicato possibile visto l'argomento difficile.

"No, il tuo metodo è stato quello giusto. - ammise l'Acquario, scrollando la testa - Il tuo, e non eri neanche il suo maestro. Tu lo hai capito, Milo, non... io!"

Stettero in silenzio per qualche secondo, mentre la brezza ancora leggera di inizio estate si divertiva a giocherellare con i loro capelli. Camus faceva fatica ad esprimersi, era sempre stato molto difficile per lui, ma lo Scorpione provò un moto di gratitudine nel vederlo sforzarsi così per la prima volta.

"Ho pensato... o meglio, avevo pensato che Hyoga per diventare forte dovesse rigettare tutti i ricordi del suo passato. Ho agito quindi di conseguenza per sradicare via la sua debolezza e il risultato è stata una violenza nei suoi confronti. - continuò poi, anche se a fatica, lasciandosi sfuggire un nuovo sospiro più prolungato - Ho sbagliato completamente approccio con lui, amico mio, cosa potrei dunque fare con tre allieve spaventate e non più bambine?! No... Shion ha fatto un enorme errore di valutazione ad affidarmele!"

Milo ascoltò tutto lo sfogo, fremendo appena nel cercare di trattenersi da interrompere il discorso del compagno, visto che era già una specie di miracolo sentire la voce di Camus per così tanto tempo, figurarsi interromperlo proprio in un momento così delicato. Per questa ragione, si decise a parlare solo alla fine.

“Intanto, ti sono grato per aver provato a a rendermi partecipe dei tuoi pensieri, contrariamente a quanto era stato prima della Battaglia delle Dodici Case... - Milo non nascose un velo di accusa nel parlare - Però, nel mentre, se la finissi di sparare cavolate, Camus, potremo anche cominciare a fare un discorso più costruttivo!” disse bruscamente, con una neanche troppo velata vena ironica.

“Cosa vorresti..?”

“Per iniziare, non sono d'accordo con quanto hai detto: tu non saresti un degno maestro?! Ma come diavolo ti vengono in mente certe cose?! Hai visto Hyoga cosa è diventato grazie ai tuoi insegnamenti?! Dovresti essere fiero di lui, e ancora di più di te: hai fatto diventare uomo un ragazzo timido e preda dei sentimenti!”

“Non fraintendermi, l'orgoglio che provo per lui mi riempe il cuore, ma...”

“Ma cosa, Camus?! E' ovvio che il Nobile Shion, visti i tuoi brillanti risultati con il Cigno, ti abbia affidato tre nuove allieve!”

“Non è questo il punto! E' che... io non ne sono capace, non ne sono più in grado, Milo!”

Il Cavaliere dello Scorpione tacque, fissando l'amico negli occhi, che in quel momento parevano traboccanti di sentimenti ed emozioni a stento celate. Sembravano quasi occhi intimoriti di bambino, non più di uomo devoto ad Atena né di guerriero pronto a morire per la propria dea. Profumavano di infanzia, di un qualcosa tremendamente lontano e vuoto che persino lui faticava ad acciuffare. Dove era lo sguardo di Camus, in quale nebbia passata?

"Le ha affidate a te, Cam, perché sa che ti mostrerai nuovamente degno!" insistette ad un certo punto, ricercando il suo sguardo.

"Non ho saputo gestire il lutto per Isaac, Milo... ero inavvicinabile, avevo un disperato bisogno che qualcuno mi aiutasse, ma ero io il primo ad allontanarmi da voi."

"Oh, lo so bene questo... - un altro sorriso triste, un altro sospiro prolungato, gli occhi si diressero altrove - Pensavamo di averti perso per sempre, Sonia ed io, non sapevamo più come recuperarti. Eri quasi irriconoscibile, Cam..."

"Mi dispiace... tanto! - Camus socchiuse gli occhi e chinò il capo - Ho fatto soffrire Hyoga, ho fatto soffrire voi, con la mia freddezza e i miei modi di fare. Voi, che non lo meritavate affatto, voi, che mi siete sempre stati vicini, voi..."

Ci fu una nuova lunga pausa. Nessuno dei due riusciva più a guardare l'altro, ognuno perso nei propri pensieri e nella propria sofferenza a stento trattenuta. Milo fissava il cielo sopra di sé, le nuvole alte, i raggi del del sole che emanavano calore; quel calore che lo Scorpione aveva temuto di non percepire più su di sé. Ringraziò tacitamente quel qualcuno, ancora sconosciuto, che gli aveva donato una seconda vita e che, cosa non meno importante, gli aveva ridato Camus.

L'Acquario invece era chino in avanti, lo sguardo liquido, un groppo aspro in gola sempre più gravoso. Era certamente vivo, percepiva i raggi del sole sulla pelle, distingueva le forme, i colori... solo questo avrebbe dovuto essere magnifico! Eppure lui non era intrinsecamente in grado di sentirlo, perché una parte di sè era definitivamente morta, e rimasta tale, da quel giorno in cui il suo soldo di cacio dagli occhi verdi e brillanti, sempre pronto a seguirlo ovunque, era scomparso tra le correnti oceaniche.

“Sai qualcosa di queste nuove allieve, Cam?” chiese dopo un po' Milo, rompendo il silenzio nel cambiare discorso.

Camus prese un profondo respiro e, nel farlo, si accorse che tutto il suo corpo tremava con forza. Lo riportò difficoltosamente alla calma.

“Poco o niente. So solo che non sono greche e che vengono dall'Italia... ah, e che sono amiche fin dall'infanzia. Tutto il resto ci sarà spiegato meglio durante la prossima riunione.” spiegò, prima di voltarsi verso i gradoni con l'intento di tornare nella sua dimora per riposare un poco.

“Aspetta, Cammy, ti prego!” Milo, però, lo trattenne afferrandolo per il polso.

“Uhmpf, 'Cammy'! - commentò Camus, ricordandosi di quel appellativo tremendamente osceno – A volte ti ostini a chiamarmi ancora così, come quando eravamo bambini, ma sei perfettamente consapevole che non è un nomignolo di mio gradimento."

“Cosa ti sta succedendo? Perché sei ancora così fragile? E' solo Isaac il problema, o...”

"Sono morto, Milo... due volte! - fu la risposta sbrigativa dell'Acquario mentre ritirava il braccio per rompere il contatto con l'amico di sempre. Di colpo, si era fatto intollerabile quel tocco - Non sarà MAI più come prima..."

"Lo so, ma vedo Shura, Saga, Death Mask e anche Aphrodite... loro guardano in avanti, non indietro!" insistette lo Scorpione, serio più che mai.

Guardare in avanti e non indietro...ciò che aveva da sempre cercato di impartire a Hyoga in tutti quegli anni. In fondo, lui era dello stesso stampo, chi glielo aveva dato il permesso di salire in cattedra?!

“Quando lo saprò con certezza te lo riferirò, Milo, te lo prometto. Ora ho solo bisogno di tanto riposo!” biascicò con ancora più fatica Camus, sfuggente come al solito. Più del solito.

“C'è qualcosa che non va in te, amico mio... lo avverto!”

“Lo so perfettamente! Non so più chi sono, è come se avessi completamente smarrito me stesso...”

Milo a quelle parole rizzò la schiena, cercando con gli occhi lo sguardo del compagno che tuttavia era altrove.

“Sei Camus dell'Acquario, Cavaliere d'Oro di Atene e sacro protettore dell'undicesima casa, la Giara del Tesoro. Noi tutti qui ti chiamiamo 'Mago dell'Acqua e del Ghiaccio' per le tue virtù e perché nutriamo grande rispetto per te!"

Il compagno si lasciò sfuggire un risatina nervosa, divertito dalla solita semplicità di Milo che, il più delle volte, riusciva sempre a risollevargli il morale.

Il più delle volte... ma non quella!

“No, Milo, quello mi dice COSA sono, non CHI sono...” spiegò ancora il sacro custode della Giara del Tesoro, facendo per andarsene perché era davvero stanco e aveva voglia di dormire.

“Uhmpf, hai la particolarità, tutta tua, di complicarti sempre la vita, caro il mio ghiacciolo... Se hai questi problemi di identità, allora che ne dici di partire dal principio?” chiese retoricamente l'amico, sbuffando con forza.

Questa volta i passi di Camus si fermarono, colpiti dall'affermazione del parigrado. La testa automaticamente fece una lieve torsione per permettere ai suoi occhi blu, tipici di una notte tempestosa, di incontrare il cielo splendente di una giornata tersa che albergava in quelli Scorpione.

Queste tue nuvole, Cam, io le spazzerò via una volta per tutte! Era la mia promessa quando ci conoscemmo, lo sarà anche adesso che siamo resuscitati.

Milo annuì deciso con la testa, come se quel gesto potesse avvalorare il suo pensiero. Sorrise all'amico di sempre: sì, quello che stava per dirgli era l'unico consiglio per aiutarlo, anzi, per aiutare entrambi, maestro e allievo perduto.

“Hyoga. Quel ragazzo ha fatto passi da gigante, non trovi? Solitamente si allena con i suoi compagni di mille avventure qui, nell'arena di combattimento la mattina presto. Domani vai da lui, Camus... chissà se, parlando con il tuo giovane allievo, non ti sovvenga la cosa più giusta da fare per ricominciare a vivere senza alcun rimpianto!” affermò, prima di voltargli le spalle, i lunghi ciuffi ribelli smossi appena dalla dolce brezza della stagione più calda dell'anno.

 

 

* * *

Camus' POV.

 

Ricordo ben poco della casa materna, quasi nulla, al dire il vero. I ricordi sbiadiscono e si sovrappongono, non permettendo alle pagine bianche della mia memoria di riacciuffare il filo della matassa.

Ma una cosa è ben nitida nella mia mente e risale a quel giorno... quel giorno di metà marzo, quando la primavera aveva già abbracciato, più precocemente di altri anni, i muri grigi della città con i suoi profumi, rompendo, di fatto, anche le pareti di ghiaccio della mia anima...

 

Mancava un solo pezzo; un unico pezzo e la torre degli animali sarebbe stata finalmente completa e pronta per essere ammirata in tutta la sua maestosità.

Le manine del bambino tremolavano appena ed erano imperlate di una strana sostanza che le rendeva umidicce, cosa alquanto insolita per lui e soprattutto incomprensibile. Qualcosa si muoveva dentro. Inspiegabile. Qualcosa gli punzecchiava il cuore.

Anche le sue emozioni erano incredibilmente e febbrilmente astruse per la sua giovane mente, quasi come se fossero sostanze a sé stanti e slegate da quel piccolo corpo. In quel momento non aveva comunque importanza, la casa degli animali aveva la precedenza su tutto, mancava così poco per finire l'opera, un unico tassello e...

Inés!!! Inés!!! E' nata... è nata!!! Ho ricevuto ora la chiamata dall'ospedale!”

Era successo. Tutto il lavoro fatto fino a quel momento era andato in fumo, come se un improvviso cataclisma si fosse abbattuto sulla torre, distruggendola completamente. La mano del bimbo, ancora tremante e protratta davanti a sé con l'ultimo pezzo stretto tra le sue dita minute, rappresentava il residuo di un antico, glorioso, sogno che era svanito in un lampo.

"Grazie a Dio! E come stanno madre e figlia?!"

"Il parto è andato bene, nonostante la piccola avesse fretta di uscire... dovranno tenerla nell'incubatrice per un po', monitorarla, ma la dottoressa mi ha riferito che è sana, Antoinette è stata bravissima!"

"Grazie al cielo, Dante! Grazie al cielo!"

"Grazie ai medici, semmai, Inés!"

Camus fissava ancora ciò che rimaneva del suo lavoro, finito a terra e completamente distrutto per colpa della cosa indefinita che lo aveva avvolto nel sentire la voce dei suoi nonni. Non riusciva a capire cosa fosse, lui, abituato a vivere nel grigio di un'esistenza eterea quasi staccata dalla realtà. Non sentiva e non avvertiva niente, in genere, e tuttavia quella volta, in quella circostanza, il suo cuore aveva dato un impulso, accelerando inspiegabilmente i suoi battiti.

Nonostante questo, rimaneva immobile, lo sguardo apparentemente impassibile, troppo distaccato per appartenere ad un bambino di soli 5 anni, troppo spento per vedere un qualche tipo di colore che non fosse il grigio della città, ma quale città?! Dove si trovava? Il nome di quel luogo... proprio non si memorizzava nella sua testa!

Camus, hai sentito? La tua sorellina è venuta al mondo!” lo chiamò ad un certo punto la nonna, inginocchiandosi davanti a lui per poi accarezzargli teneramente la testa.

Il bambino non cambiò espressione, non sorrise... si limitò a fissare a sua volta la vecchia signora davanti a lui. Per qualche strana ragione non riusciva a scorgerle il viso, misteriosamente annebbiato da qualcosa di più forte. Quella matassa non voleva proprio saperne di essere sbrogliata...

Camus, non ne sei felice? Finalmente, dopo otto mesi, potrai vederla!” insistette ancora la nonna in tono gioioso e soave.

Nessuna risposta da parte del piccolo, solo l'intenso desiderio di saperne di più e riuscire a scorgere un viso che sapeva essere famigliare. Niente da fare, il tumulto dentro di lui appannava il resto.

Inés, vacci piano con lui, sai che è un bambino con grosse problematiche, non so nemmeno se capisce..."

Ancora Camus non si mosse, udiva la voce burbera di suo nonno, gli faceva male il tono che adoperava con lui, ma reagire era impossibile.

"Oh, figurati se non capisce, Dante, questa potevi risparmiartela! - si oppose la nonna, sempre con la mano sopra i ciuffi a cespuglietto del nipote - E' stato sempre così presente durante la gravidanza, ha aiutato la mamma in mille più modi, è un bimbo prodigio!" gli allargò un altro sorriso, orgogliosa più che mai.

"Mmh! - il nonno tuttavia non era convinto - Andiamo in ospedale, piuttosto, voglio vederla e sincerarmi anche delle condizioni di mia figlia!" stabilì, afferrando la giacca dall'attaccapanni per poi apprestarsi ad uscire.

"Arriviamo subito! - disse la signora Inés, prendendo il nipote per mano per farlo alzare dolcemente in piedi - Ora andiamo in ospedale, Cam, là troverai la mamma e conoscerai finalmente la tua dolce sorellina, va bene?”

Il piccolo annuì automaticamente e, subito dopo, tutto si fece buio.

Camus si ritrovò ben presto a serrare gli occhi per evitare di impazzire a seguito di tutte quelle sensazioni che vorticavano intorno a lui, dentro di lui, mandandolo sempre più in confusione. Sembrava che la testa potesse esplodere da un momento all'altro, sembrava che qualcosa colpisse ritmicamente le pareti del suo cervello, chiedendo di entrare, o meglio, di rientrare in un esistenza che non avrebbe mai più potuto essere così tanto eterea. Rientrare, ancora una volta, ritrovarsi, anche se sotto un'altra forma, e forse riconoscersi...

Perché le cose perse trovano sempre il modo di ritornare, anche se sotto un'altra forma rispetto a come si conoscevano un tempo...

Cammy, ora apri gli occhi, coraggio!”

La voce della nonna gli carezzò delicatamente le orecchie, spingendolo ad aprire le palpebre per mostrare al mondo i suoi grandi, grandissimi, occhi blu.

A quel tentativo, il contorno del viso era più definito, tanto da permettergli addirittura di distinguere la bocca rosea e le rughe marcate sul viso che lasciavano spazio a due occhi grigio-azzurri pieni di serenità e dedizione.

Camus sbatté più volte le palpebre, sorpreso e quasi incredulo nel rivedere un viso così famigliare ma contemporaneamente così remoto nei suoi ricordi. Qualcosa cominciava ad entrare, pizzicandogli le guance. Faceva male.

Cammy, guarda... guarda attraverso la vetrata, vedrai quanti neonati ci sono!” lo incoraggiò lei appoggiandosi leggermente al muro. Lo teneva tra le braccia come dolce peso.

Chi... chi è la mia sorellina?” chiese il piccolo, guardandosi smarrito intorno. C'erano tanti neonati in quelle strambe scatole vetrate, era difficile capire chi fosse lei. Davvero difficile.

Era ancora tutto grigio, ma non sembrava più così definitivo come un tempo. Rimase quindi in attesa, cercandola, come il crepuscolo del mattino aspetta il suo sole.

Camus aveva sentito vagamente parlare della “nursery” da sua madre. Sapeva che si trattava di un'immensa stanza dove venivano lasciati i bambini portati dalle cicogne, ma ancora non riusciva a capire perché la sua 'mère' fosse stata portata in fretta e furia in quel luogo già molto prima della data di arrivo della sua personalissima cicogna, quella che avrebbe finalmente portato la sua sorellina.

Ad un certo punto, all'improvviso, il sole. Qualcosa attirò la sua attenzione, un luccichio, una sorta di balenio furtivo. La vide. La riconobbe in un istante: era lei!

Si sporse all'improvviso, frenetico, meravigliando non poco la vecchia signora che, non aspettandoselo minimamente, dischiuse le labbra rosate in un'espressione carica di meraviglia.

"E' lei! E' lei, nonna, vero?"

"C-chi, caro, a chi ti..?" chiese, presa in contropiede.

"Lei! - Camus gliela indicò con l'indice - E' lei la mia sorellina!"

Nonna Inés si ritrovò a trasalire, mentre, passando lo sguardo più volte dal ditino del nipote all'incubatrice, constatava con sorpresa crescente che davvero stava indicando sua sorella, non sapeva se per un caso fortuito o...

"Oh, sì, è lei, è lei, c-caro!"

Suo nipote era davvero un prodigio.

La mia sorellina!" disse ancora il piccolo Camus, sporgendosi ancora un poco dalle braccia della nonna come a volersi avvicinare maggiormente a lei. Il suo respiro mutò, facendosi più sereno e controllato, più... ampio!

La signora Inés sorrise tra sé e sé rasserenata, chiedendosi tacitamente se la nascita di quella nuova forma di vita non sarebbe potuta essere, in qualche modo, il punto di partenza per riscaldare l'anima apparentemente ghiacciata del nipote più grande.

E' davvero lei, sì, l'hai vista? Non è bellissima?”

Lo era. Gli occhioni di Camus si spalancarono per l'emozione di vedere il piccolo esserino all'interno dell'incubatrice. Non era che il primo raggio del sole che albeggiava, il primo sparuto raggio, ma sufficiente per riuscire a vedere con nitidezza i contorni delle cose.

Era una sensazione difficile da spiegare, se non addirittura impossibile: del resto era tutto così sconosciuto per lui, raramente le emozioni lo avevano avvolto con così tanta trepidazione. Era sempre stato tutto così grigio e incolore intorno a lui, portandolo a pensare che il mondo fosse proprio quello e nient'altro. Cos'altro avrebbe potuto esserci, altrimenti?!

Osservò ancora più intensamente la neonata, come a voler fissare nella mente ogni più piccolo particolare: le manine così piccole, l'espressione un poco imbronciata, le guance rosee e paffutelle, il cappellino bianco che gli avevano messo in testa e dal quale comunque sfuggiva qualche ciocca di capelli scurissima, per non parlare poi del pannolino quasi più grande di lei, perché era davvero piccola, un fagiolino. Era posizionata a pancia sotto, sembrava dormire, anche se c'era qualcosa di strano... A Camus parve comunque di non aver mai visto niente di più bello e meraviglioso nella sua vita, e più la osservava più i colori prendevano forma, scacciando le sfumature di grigio della sua anima.

Il mondo quindi non era così monotono. Esisteva l'arancio, esisteva il rosso... e persino il verde!

Oh, cielo! Camus! Tu... Tu stai sorridendo!!!” esclamò ad un certo punto la nonna, accorgendosi dell'espressione del nipote.

Era vero. Un sorriso ampio e sincero si era fatto spazio sul viso del nipote; sincero quanto mai inaspettato. Era sbocciato come un raro fiore primaverile tra i ghiacci perenni, eppure sembrava destinato a durare ancora a lungo e diventare sempre più forte. I fiori, del resto, hanno mille colori, no?! Mille, come le emozioni, o forse anche di più!

Nonna, io... io la vorrei toccare!” affermò Camus, posando una manina sul vetro per avvicinarsi di più a sua sorella. Aveva visto, per la prima volta, i colori, toccarli sarebbe stato ancora più meraviglioso, lo sentiva.

Oh, gioia mia, non si può ancora, lascia passare qualche giorno e poi potrai tenerla in braccio, va bene?”

Perché non posso ora? - insistette il piccolo, mentre il sorriso svaniva dal suo viso candido. Guardò meglio la neonata, vide che era legata tramite dei fili, si preoccupò - Cosa le stanno facendo? Perché non la posso toccare?!" si era agitato, sembrava aver capito che qualcosa non andava.

La nonna ci rifletté un poco: per quanto Camus fosse un bambino molto intelligente, era impossibile spiegargli che la sua sorellina era nata prematura e aveva bisogno di assistenza, occorreva ricorrere ad un espediente.

La mamma non te l'ha detto? I bambini appena nati sono ancora sotto la protezione della cicogna e sono curati da lei per i primi giorni."

"Ma la cicogna si è sbagliata! - osservò lestamente Camus, indurendo un poco la sua espressione - Doveva arrivare dopo, fra un mese, perché l'ha portata ora? Se non l'avesse portata ora ma nei tempi giusti, non sarebbe lì, vero?"

"Oh..."

Era difficile parlare a Camus quando si impuntava su qualcosa, era raro ponesse domande dirette a loro, ma quando lo faceva, sulle cose che per lui contavano veramente, non c'era verso di farlo smettere.

"Ora la cicogna l'ha portata troppo presto, lei sta lì, ed io non posso nemmeno accarezzarla! - esclamò, arrabbiato, non spiegandosi il motivo di quell'errore, poi la sua espressione mutò, vittima di un pensiero che l'aveva colto - Nonna, è tanto grave che l'abbia portata prima?" chiese, il tono ridotto ad un pigolio, mentre, con gli occhi lucidi, la guardava supplicante.

O nessuna emozione o troppe... ma era un bene che il piccolo avesse avuto quella reazione mai vista, adeguata a qualsiasi altro bambino della sua età. La Signora Inés sentì che, da quel momento in avanti, le cose avrebbero potuto andare nettamente meglio. Sorrise, abbracciando il nipote per rassicurarlo.

"No, non è grave, la cicogna si è sbagliata di poco. Andrà tutto bene, Cammy!"

Il piccolo annuì e, cosa non meno incredibile in quel giorno che sapeva di miracolo, ricambiò l'abbraccio della nonna!

Comunque ora non c'è più bisogno della cicogna, perché ci sono io a proteggerla!”

"Oh, gioia mia!" mormorò lei, aumentando la stretta sul suo corpicino.

Si commosse nel sentire le manine del nipote stringersi su lei, ricambiando un gesto affettivo per la prima volta nei suoi cinque anni di vita. Quel giorno, quel 15 marzo del 1994, insieme alla piccola era nato anche qualcos'altro di estremamente prezioso!

Facciamo così, Cam... - prese nuovamente parola la nonna, tornando a guardare il nipote negli occhi - ora andiamo a vedere come sta la mamma e poi chiederemo agli aiutanti della cicogna di fare uno strappo alla regola, intesi? Se non possiamo proprio toccarla, almeno ci avvicineremo a lei, le parleremo. Lei ci può già sentire, sai?”

Camus tentò di sorridere nuovamente, cosa che non gli riusciva ancora benissimo, ma gli occhi, quelli, erano luminosi come non mai.

Io le parlerò! Le dirò che non vedevo l'ora di conoscerla, che sono suo fratello maggiore, e che staremo insieme per sempre, vero, nonna?”

Fu il turno della vecchia Signora Inés a lasciarsi andare ad una sincera manifestazione di felicità, permettendosi, nonostante i dolori alla schiena, di alzare il piccolo Camus con le braccia e guardarlo nella sua nuova, sfavillante, forma, del tutto affine a quella di un bambino normale.

Certo, Cammy, noi cinque staremo insieme per sempre. - e aggiunse, non ricordandosi che, in un momento di felicità, non bisognerebbe MAI promettere - Perché siamo una famiglia!”

 

Un rombo sordo, seguito da un intenso lampo che illumina la stanza, mi fa alzare a sedere di scatto. Il lenzuolo mi ricade automaticamente in grembo.

Respiro velocemente, le ultime ombre del sonno scivolano via per poi sfumare nel buio intorno a me, oscurità non perpetua bensì spezzata da improvvisi bagliori fulminei che testimoniano l'avvento di un temporale estivo.

Rimango così al buio per diversi minuti nel tentare di rammentare il sogno e di calmare i battiti del mio cuore che sono come impazziti nel petto. Da quando sono tornato in vita, lo faccio spesso, in realtà, di sentire il mio cuore, di sentire se è vivo e pulsa. Mi tranquillizza.

Il sogno... o meglio, la visione di quel particolare tempo della mia infanzia è tornata a popolare il mio sonno, ora inquieto più che mai. Perché di nuovo? Perché proprio adesso?

Sospiro, massaggiandomi stancamente la fronte. Nel farlo e nel sfiorarmi le guance, noto che quest'ultime sono umide, come se alcune gocce di pioggia, là fuori, fossero penetrate in qualche modo dentro camera mia, incidendo sul mio sonno. Sarebbe bello fosse realmente così, purtroppo sono consapevole che questo bagnato sulle mie gote non proviene dall'esterno, ma da dentro la mia anima.

Asciugo il mio volto con un gesto di stizza, alzandomi poi in piedi per accendere la lampada. La luce non tarda a palesarsi intorno a me, illuminando i contorni della mia camera e la pelle chiara. Un improvviso rombo fuori dalla finestra mi fa sobbalzare, manifestando, una volta in più, la triste verità: sono terribilmente inquieto, come se fossi ancora il bambino emaciato che ha popolato il mio sogno.

Che diavolo mi sta accadendo?! Eppure non sono certo l'unico Cavaliere ad essere tornato in vita dopo essere morto! Tutti noi abbiamo dovuto sacrificare noi stessi nella battaglia contro Hades, tutti noi abbiamo dovuto passare sofferenze indicibili, ma è il nostro sacro compito di Dorati Custodi e ne siamo completamente consapevoli... allora perché continuo ad avvertire questa spiacevole sensazione?! Perché mi sento così irrimediabilmente prostrato?! Che ne è del mio essere Sacro Guerriero qui al Santuario?!

Sospiro ancora una volta nel tentare di scacciare dalla mia mente i pensieri indesiderati. Nel farlo, mi dirigo automaticamente verso la finestra. Non ho indumenti addosso, troppo calda Atene anche solo per respirare, figurarsi poi a giugno. Non sento neanche freddo, troppo abituato a ben altre temperature, e tuttavia, dentro di me, avverto un ineluttabile tremore che mi sconvolge fin nei recessi dell'anima. Rabbrividisco più volte, mio malgrado...

La pioggia che picchietta sul vetro e i lampi che illuminano il paesaggio fuori dalla mia dimora hanno il potere di farmi distrarre momentaneamente dai miei pensieri. Ma è solo apparenza. Infatti, pochi secondi dopo, la mia mente è già tornata a soffermarsi sulle immagini del sogno.

Avevo una famiglia e, cosa non meno importante, una sorella da proteggere.

Non ricordo quasi nulla di loro, tranne qualche sparuta visione che popola i miei sogni fin dall'infanzia e che proprio in questo periodo si fa sempre più nitida e urgente nella mia memoria.

Mi sforzo di respirare con calma nel fissare la mia immagine riflessa sul vetro: sono veramente io quella figura quasi evanescente che mi guarda con insistenza come a voler carpire tutti i miei segreti? Non lo so proprio, ormai mi è piuttosto difficile trovare una certa continuità nella mia vita.

Distolgo l'attenzione dal mio riflesso, provando quasi fastidio nel vedere la mia figura così smunta e i miei occhi così spenti. Torno così a concentrarmi sui grossi goccioloni di pioggia che scendono dal cielo, come un pianto silenzioso e sconsolato.

Tutto inutile! Stanotte il sonno non fa proprio per me, lo capisco dall'affollamento dei miei pensieri che continuano senza sosta ad invadermi la mente sin troppo vigile... e, in qualche modo, tutte le riflessioni mi conducono inavvertitamente a lei; a lei, alla sorellina che ho dovuto lasciare indietro e che probabilmente non rivedrò mai più. Proprio per questa ragione l'avevo isolata in qualche anfratto della mia mente. Ogni tanto la sentivo urlare, ma non erano solo che attimi, poco dopo ritornava silenziosa e tranquilla. Presente. Ma tranquilla.

Ora però non mi è più possibile farlo, la avverto sempre di più e non so minimamente il motivo.

“Dove sei? Cosa ne hai fatto della tua vita in questi 17 anni?” mi ritrovo a chiedere al vuoto, consapevole di non poter ricevere alcuna risposta. Il parlare a voce alta è per me di conforto, mi sembra quasi di poterla raggiungere, di poterla toccare. Ogni tanto mi immagino come possa essere diventata, quale esperienze avrà avuto.

Non conosco il suo aspetto, ma posso dire con assoluta certezza che è viva, lo sento distintamente.

Un nuovo borbottio tra le nuvole basse, preceduto da un breve fascio luminoso, cattura nuovamente il mio sguardo che si era abbassato sul mio petto, illuminando così le dita della mano destra che, quasi guidate da qualcosa di più forte, si erano messe a massaggiare la pelle appena sopra il cuore.

Chissà... chissà se anche tu hai avuto paura dei temporali, da bambina...

Poi la mia mente mi riporta improvvisamente a Hyoga e ad Isaac, ai giorni del loro addestramento e così alle loro paure ataviche che io, in quanto maestro, dovevo gestire. L'urlo dentro di me si placa, sostituito però da qualcosa di ben più terribile: il senso di perdita, netto e incisivo con il quale molto spesso non riesco a fare completamente i conti.

Cosa ha detto Milo, a questo proposito? Di ripartire dall'inizio per riscoprire me stesso? Ma ho già perduto irreparabilmente mia sorella e la mia famiglia, posso solo...

“Hyoga!” esclamo a me stesso, finalmente deciso sul da farsi.

Ora come non mai ho bisogno di lui... bisogno di qualcuno che mi faccia ricordare chi sono, bisogno di recuperare ciò che ho perso e che può -ancora!- essere recuperato. In tal senso Milo voleva intendere di ripartire dall'inizio, ed è quello che intendo fare.

Certo, Hyoga ormai è cresciuto, è diventato forte ed io sono orgoglioso di lui esattamente come un padre lo è di suo figlio. Non ho comunque più nulla da insegnargli, questo non toglie che sia il mio degno successore e questa casa appartenga tanto a lui quanto a me. Del resto, ha rivestito Aquarius con dignità e onore quando io ne ero impossibilitato, l'armatura è poi tornata a me, ma lui ne è degno, ne è ben più degno di me!

“Ripartirò dal principio, Hyoga, te lo prometto!” affermo, deciso, tornando lentamente a letto per cercare di dormire almeno per una manciata di ore.

Mi corico lentamente sul materasso, portando giusto il lenzuolo all'altezza dell'addome per coprire le parti più intime. Sospiro tra me e me, chiudendo finalmente gli occhi nel lasciare entrare, nella mia testa, l'immagine di una neonata dagli occhi scurissimi che gattona vivacemente nella mia direzione.

 

 

* * *

 

La mattina seguente i caldi raggi del sole non tardarono ad illuminare le stanze private dell'undicesima casa che, essendo posizionata quasi al culmine della vetta del monte, poteva godere di ottime ore di luce perfino in inverno. Come al solito, il suo dorato custode fu svegliato dal riverbero che penetrava dalla grande finestra della sua stanza.

Camus aprì gli occhi, sollevandosi prima sui gomiti per poi alzarsi a sedere. Diede una rapida occhiata fuori: il temporale della notte era passato, sarebbe quindi stata un'altra giornata soleggiata e soprattutto calda, lo si presagiva dall'afa che già impregnava completamente tutta l'aria.

Era il giugno dagli infiniti colori, e già l'estate incombente dilagava con il suo immenso tepore che ben presto sarebbe diventato vero e proprio caldo insopportabile, soprattutto per Camus e il suo discepolo prediletto, abituati alle estati brevi e fresche della Russia Orientale.

Hyoga... Il ragazzo, con ogni probabilità, si stava già allenando nell'arena di combattimento, determinato a diventare ancora più forte e a migliorare la sua tecnica di lotta.

Quel giorno avrebbe rivisto Maestro e allievo riuniti sotto lo stesso tetto, proprio come ai tempi dell'addestramento!

“Forse. Se lui lo vorrà...” borbottò tra sé e sé Camus, mentre si vestiva con una maglietta leggera e dei jeans chiari.

Scese giù in cucina, ma non toccò cibo, troppo caldo e troppa agitazione per riuscirci. Si limitò a bere un sorso d'acqua corrente e ravvivarsi il viso con quella.

Ultimati i preparativi, nel giro di dieci minuti era già fuori e si stava dirigendo, con passo incalzante, verso l'arena. La testa era affollata di pensieri, cercava di non darci adito, perché lo avrebbero risucchiato in una spirale cui sarebbe stato poi difficile uscire. Non si era nemmeno preparato un discorso, e quello era un male, perché le parole non erano mai state il suo forte, me che meno se improvvisate.

“Coraggio, Shiryu, ora è il tuo turno di attaccare!”

Eccola la voce del suo Hyoga, cristallina, determinata e con quel pizzico di spavalderia che aveva imparato ad usare dopo innumerevoli battaglie che lo avevano temprato! Raggiunta l'arena, Camus sorrise tra sé e sé, faticando non poco a distinguere ancora qualche traccia di quel bambino dagli occhi grandi e spaventati nella figura accorta del suo giovane allievo.

“Va bene, amico mio, preparati a ricevere il mio inimitabile attacco: ROZAN SHORYUHA!!!” ribatté l'altro Cavaliere di Bronzo, l'allievo di Dohko, protraendo immediatamente il braccio destro avanti a sé. Dal suo palmo nacque un immenso drago il cui ruggito era in tutto e per tutto affine al fragore di cascata.

“Davvero un bel colpo, Shiryu, ma hai dimenticato che l'acqua congela ad appena a zero gradi?! - esclamò invece Hyoga, sorridendo appena -DIAMOND DUST!!!”

I due attacchi si colpirono in aria, in perfetta parità: il potere congelante di Hyoga riusciva a ghiacciare solo una parte del colpo del Cavaliere del Dragone, che tuttavia non era in grado di soverchiare le ali del Cigno.

Camus ammirava tutto ciò dalle scalinate, sbalordito e un po' ammirato dalla potenza raggiunta da due semplici Cavalieri di Bronzo: anche Dohko aveva fatto un ottimo lavoro con il suo pipillo, non c'era il minimo dubbio!

Pochi secondi ancora e i due colpi si annullarono completamente, facendo finire a terra entrambi i Cavalieri. Shiryu fu il primo ad alzarsi, dirigendosi verso Hyoga e porgendogli la mano destra per aiutarlo.

“Tutto a posto? Hai fatto degli ottimi progressi!” si congratulò poi, sorridendo.

“Anche tu. Sei sempre stato un po' più forte di me, Shiryu e, ancora una volta, lo hai dimostrato!” rispose il Cigno, ricambiando il sorriso.

“Non dire sciocchezze, la nostra potenza è uguale!” aggiunse Dragone, affabile.

"Non completamente, sono ancora lontano dalla perfezione." scrollò la testa il Cigno, sospirando appena.

"Siamo entrambi allievi di Cavalieri d'Oro, amico mio... non vedo differenza tra noi!" si oppose ancora Shiryu, cercando di incoraggiarlo con un sorriso.

Anche sul viso di Camus era apparso un sorriso, ma velato da una certa malinconia. Per degli interminabili secondi, alla figura di Shiryu si sostituì quella del piccolo, determinato, Isaac... era in quei particolari frangenti che la solitudine e il senso di perdita lo colpivano con così tanto impeto, torturandogli il petto e raschiandolo sempre più in profondità. Faceva terribilmente male al solo ricordo, e tuttavia era un male necessario, una lezione che non avrebbe mai più dovuto dimenticare.

“Hyoga, sembra che qualcuno sia venuto qui apposta per te!” sentì dire ad un certo punto da Dragone, e quella frase, solo quella, ebbe il potere di far alzare lo sguardo tanto a Camus, il maestro, quanto a Hyoga, l'allievo prediletto che lo aveva superato.

Sostarono a lungo, guardandosi da distanza, entrambi immobili, entrambi desiderosi di parlare senza però riuscirci. Il Cigno fu il primo ad abbassare lo sguardo, lo diresse altrove, ad una crepa nel terreno, in paurosa difficoltà anche solo a mantenere il contatto visivo con lui. Senso di colpa, difficoltà comunicativa verbale e non verbale. Quelo che forse non sapeva era che Camus, dall'alto della scalinata, provava lo stesso per lui.

“Maledizione, perché mi è così difficile spiccicare parola?!” si ritrovò a chiedersi il maestro, mordendosi il labbro inferiore e stringendo i pugni con foga.

Ad interrompere l'assurda situazione, per fortuna ci pensò lo stesso Shiryu, capendo che probabilmente il Cavaliere dell'Acquario era giunto lì per parlare privatamente con il suo allievo.

“Beh, io vado allora, Hyoga, se vorrai fare un altro combattimento sai dove trovarmi!” disse semplicemente all'amico, dandogli una pacca e facendo un breve ossequio in direzione di Camus.

Lui si limitò ad annuire con un cenno, non di certo per mancanza di rispetto verso di lui, anzi, ammirava i Cavalieri di Bronzo per le imprese eroiche dimostrate, bensì perché, più semplicemente, quello era il suo carattere e l'approccio che riservava alle persone che non conosceva particolarmente bene. Erano una stretta cerchia, i suoi affetti, eppure per loro avrebbe dato l'anima, se solo avesse potuto!

Shiryu si era garbatamente allontanato, Hyoga seguitava a rimanere fermo e immobile in attesa di un suo avvicinamento, cosa che non tardò ad arrivare. Scese elegantemente i gradoni con un balzo, atterrando a poca distanza dall'allievo.

“Hyoga, io... vorrei scambiare due parole con te. Ti disturbo?” riuscì infine a dirgli, chiudendo istintivamente gli occhi.

“No, Maestro, ditemi...” lo guardò finalmente Hyoga, sorpreso e un po' titubante.

Camus sospirò, riaprendo gli occhi in un guizzo e imprimendoli in quelli azzurri cristallini del discepolo.

“Non 'maestro', Hyoga. Ormai non hai più nulla da imparare da me, possiamo considerarci pari, anzi, tu sei stato infinitamente migliore di me!" affermò, sorridendo appena, sebbene gli costasse una certa fatica ammetterlo così limpidamente, soprattutto nello stato emotivo in cui si trovava in quel periodo.

Hyoga sorrise a sua volta, abbassando lo sguardo nel sentire le sue guance colorarsi di porpora a seguito delle parole di Camus. Tuttavia, quando parlò, lo fece senza la minima esitazione.

“Maestro, come posso cancellare il rispetto che nutro nei vostri confronti? E' merito vostro se mi sono evoluto a tal punto, non lo dimenticherò mai!”

“Hyoga...”

“Vi considererò sempre il mio maestro!” aggiunse ancora il Cigno, arrischiandosi ad avvicinarsi un poco al mentore senza tuttavia toccarlo.

Quest'ultimo rimase per qualche secondo a bocca aperta, stupito dalle parole del giovane allievo, poi le sue labbra si dispiegarono in un sorriso aperto e sincero.

“Grazie, Hyoga... vale molto per me!”

Era cresciuto il suo pupillo, quello ormai Camus lo aveva pienamente capito. Era diventato forte e audace, talmente tanto da poter intraprendere un volo ampio e impervio anche per lunghe distanze, proprio come i cigni che arrivavano fino in Siberia Orientale allo scopo di costruire il nido e far nascere una nuova vita.

Tuttavia, solo in quel momento Camus si rese distintamente conto che, pur maturando grazie a tutte le battaglie passate, il suo Hyoga, sempre fedele a sé stesso, era rimasto sostanzialmente il bambino dagli occhioni grandi e le guance paffute che aveva conosciuto anni prima sotto l'aurora. Non era troppo tardi, dopotutto...

“Volevate dirmi qualcos'altro, Maestro?” chiese ad un certo punto l'allievo nell'osservare incuriosito il volto di Camus.

“Uh... B-beh, sì!” riuscì solo a balbettare lui, scrollando via i ricordi che avevano catturato nuovamente la sua mente.

Hyoga rimase quindi in silenzio, dando il tempo necessario a Camus per trovare le parole giuste da adottare in quel frangente. Non era facile.

“Ascolta, io... - l'Acquario fece un'altra breve pausa, sforzandosi di trovare le parole giuste per arrivare al nocciolo del discorso – Io... Uff, come ti trovi qui al Santuario?” chiese infine, stingendo i pugni. Non era realmente ciò che gli voleva chiedere.

Si maledisse mentalmente nel constatare ancora una volta la sua debolezza quando si trattava di dover parlare: aveva bisogno della presenza di Hyoga, ecco tutto! Eppure quella dannata voce non usciva mai dalla sua gola quando si trattava di esternare qualcosa di concreto!

“Mi trovo davvero bene, grazie. Vorrei che fosse sempre così calmo e tranquillo, senza nemici all'orizzonte ad attaccarci, ma proprio perché ciò non è possibile devo continuare ad allenarmi come mi avete insegnato!!”

Allenamento, giusto... anche lui avrebbe dovuto imparare a parlare senza remore alcuna, ma vi era sempre quel qualcosa che lo bloccava, quel filtro che gli rendeva inaccessibile esprimersi come avrebbe voluto, esporsi come avrebbe voluto, per arrivare così a toccare finalmente gli altri... E invece si trovava perennemente relegato in un mondo fermo che lo distanziava da chiunque, perfino dalle persone che amava.

“E voi, Maestro, come state? Vi siete ripreso?” chiese ancora Hyoga, genuinamente interessato.

“Va tutto bene. - mentì, cercando di virare velocemente discorso - Ma non sono qui per me, Hyoga!”

Continuava a non demordere, non era nella sua natura farlo. Al diavolo le difficoltà di espressione, al diavolo il 'sentimentalmente dislessico' con cui lo appellava sarcasticamente Milo!

 

Devi ricordarti che le parole e le esternazioni non sono il tuo forte, caro il mio Camus! Ma, proprio per questo, la tua voce e i rari gesti di affetto che, tra mille difficoltà, regali alla tua stretta cerchia, sono un qualcosa di insostituibile per chi ti sta intorno!

 

Milo aveva ragione, come sempre, e il tempo infine era arrivato.

Camus prese un profondo respiro, preparandosi a parlare senza esitare più. Parlare... per riavvicinarsi una volta per tutte al suo amato pupillo.

“Hyoga, tu sei il mio allievo, nonché il mio degno successore, vorresti... ti andrebbe di stabilirti alla casa dell'Acquario?” chiese di getto, arrossendo un poco.

Poi osservò la reazione del Cigno e automaticamente gli si formò un groppo in gola: Hyoga era indietreggiato di qualche passo, sgranando gli occhi per poi fissarlo sgomento, le labbra tremanti.

Camus interpretò un atteggiamento simile come un segno di netto rifiuto, per questo si affrettò a riparare.

“Se non vuoi, va bene comunque, lo posso ben capire, Hyo...”

Fu più veloce di un lampo e ancora più di una tempesta siberiana ma, contrariamente a quest'ultima, ciò che recava con sé non era il gelo assassino, quanto un calore dolce e rassicurante; un calore che sapeva di famiglia.

Camus incespicò nei propri passi, indietreggiando di un poco per evitare di cadere in seguito alla sorpresa che gli aveva procurato quel gesto repentino: Hyoga l'Aurora lo aveva improvvisamente avvolto con le sue ali; ali non più di cicogna antica, lontana nel tempo e nello spazio, bensì di candide piume di cigno giunto allo stadio di piena maturazione.

Rimasero nuovamente lì fermi per diversi secondi. L'allievo commosso e troppo emozionato anche solo per parlare, il maestro ancora troppo scosso per riuscire a ricambiare quel gesto che pure aveva tanto sperato.

“S-sarebbe per me un onore, Maestro! I-io sono davvero felice, ora che me lo avete chiesto. Ho... ho sempre sperato, in cuor mio, di poter ritornare a casa c-con Isaac e v-voi... - biascicò con voce tremolante Hyoga, aumentando la stretta su di lui – I-Isaac non c'è più, è vero, ma... ma almeno voi..."”

Non riuscì ad aggiungere altro, le lacrime glielo impedirono, mentre, vergognandosi di mostrarsi così, ben conoscendo gli ammonimenti del mentore, tentava di nascondersi nel tessuto della sua maglia.

Camus lo lasciò sfogare senza, in un primo momento, dire alcunché. Non gli impedì di piangere, no, non aveva alcun diritto per vietarglielo, non più. Tuttavia, sebbene lo desiderassero ardentemente, le sue braccia non riuscirono a muoversi per ricambiare l'abbraccio.

“Hyoga, va tutto bene, calmati ora!” lo cercò di rassicurare in tono dolce e presente.

“S-sì, Maestro. P-perdonatemi, ma è più forte di me, i-io... mi sono appena ricordato che, durante la Guerra contro Hades, non... non sono stato in grado di raggiungervi in tempo!” mormorò ancora lui, flebilmente.

La guerra contro Hades... A Camus scappò un brivido nel ricordare quello che aveva vissuto: la corsa a fianco di Shura e Saga, la rabbia degli altri Cavalieri d'Oro, la morte di Aldebaran, la battaglia contro Shaka, il dolore e il suicidio di Atena, i calci spietati del sicario più deplorevole e, per ultimo, la voce... la voce del suo Hyoga che correva verso di lui, prima di sparire nella luce.

"Non sono stato in grado raggiungervi, Maestro, n-non sono... stato in grado... di raggiungervi!" ripeteva intanto il Cigno, stringendogli il tessuto della maglia con sempre maggior forza.

Camus sorrise amaramente, mentre le sue braccia finalmente riuscirono a ricambiare il gesto dell'allievo, permettendogli così di portarselo al petto e stringerlo a sua volta con tutte le energie di cui potesse disporre.

“Ma adesso ci sei riuscito, Hyoga, ci sei riuscito! E... hai compiuto imprese straordinarie, sono così orgoglioso di te!” gli sussurrò con delicatezza, accarezzandogli con la mano destra i ciuffi biondi per poi socchiudere gli occhi e rilassarsi a sua volta a quel contatto a lungo cercato.

“Maestro... - la voce dell'allievo era ancora tremula, piegò un poco la testa di lato per cercare di scorgergli il viso, ma da come Camus lo stava tenendo, la sua immagine gli arrivava solo parziale - Mi dispiace! Devo essere talmente ridicolo ora...” si vergognò ancora, accorgendosi che, con lui, nonostante la crescita, nonostante a lungo avesse desiderato mostrargli i risultati raggiunti, si stava comportando nuovamente come quel bambino corrucciato di 8 anni prima.

“Solo un po'. E comunque io sono il primo ad essere ridicolo in questa faccenda, credimi! Almeno, si può dire, siamo nuovamente in due, non è forse vero, Hyoga?!”

Per la prima volta dopo tanto tempo Camus avvertì la risata dell'allievo riecheggiare nell'aria, come una benedizione: "Certo, Maestro, ora siamo nuovamente in due!"

Rimasero a lungo così, stretti, gli occhi socchiusi ad assaporare quel calore che tanto andavano cercando e che credevano di aver perduto. Hyoga era poco più basso del maestro, ma nascosto così nell'incavo della sua spalla ricordava ancora quel bambino con il nasino rosso e sgocciolante che lui stesso aveva raccolto anni prima in Siberia e fatto crescere a prezzo di immani sacrifici.

"Hyoga... - la sua voce era un poco tremante, mentre, con un lieve cenno, richiedeva la sua attenzione - Avrò delle nuove allieve." gli disse, non riuscendo a nascondere un poco di preoccupazione nel tono di voce.

Hyoga, che aveva di poco sollevato il capo per guardarlo negli occhi, era già stato informato dal Nobile Shion, a riguardo: "Lo so..."

"Saranno tre ragazze già grandi, per il momento non so altro."

"E voi farete un ottimo lavoro, non ho alcun dubbio in proposito, Maestro..."

"Non volevo più allievi, dopo te e Isaac..."

Anche di quello il Cigno ne era consapevole, la sua espressione si incrinò dolente per un breve attimo, prima di sforzarsi di nasconderla: "Se vi sono state affidate, significa che il Grande Sacerdote confida in voi e che non ha alcun dubbio sulla buona riuscita del loro addestramento. Anche io ne sono convinto!"

Fu il turno di Camus di annuire serio, qualcosa baluginò nei suoi occhi, Hyoga fece appena in tempo a chiedersi cosa fosse, che la spiegazione giunse subito dopo.

"Mi... aiuterai?"

I suoi occhi si spalancarono per la sorpresa, dovette boccheggiare un attimo per regolare il respiro: il Maestro Camus gli stava davvero chiedendo una mano? Proprio a lui, l'assassino di Isaac?!

"I-io..."

"Sei andato ben oltre il mio livello, Hyoga, hai raggiunto vette per me inaccessibili, rimanendo te stesso e mostrandomi una via alternativa a quella che intendevo farti percorrere io. - gli disse, con franchezza, sebbene pronunciare quelle parole gli costasse ancora fatica e dolore - Io... ho bisogno del tuo aiuto, di qualcuno che sappia, meglio di me, calmierare la volontà dei ghiacci con le emozioni umane."

Silenzio. Hyoga boccheggiava ancora, aveva abbassato lo sguardo, perfino le braccia che prima avvolgevano Camus erano scese lungo i fianchi. Il maestro scambiò, ancora una volta, quella gestualità come un rifiuto.

"Se non te la senti posso capirlo, Hyo..."

Ma di nuovo le ali ci cigno lo avvolsero, più intensamente di prima, il suo allievo lo strinse con una intensità tale da togliergli il fiato.

"A-anche questo, per me, sarebbe un vero onore!" mormorò il ragazzo, gli occhi lucidi, il cuore che pulsava più velocemente.

Anche il cuore di Camus accelerò più intensamente di prima i suoi battiti. Ricambiò quindi l'abbraccio in maniera molto più decisa e aperta, permettendo al suo viso di affondare nuovamente nella chioma color del grano che erano i capelli dorati del suo discepolo. Quanto era cresciuto...

"Ti ringrazio, Hyoga..." gli disse, posandogli una mano dietro alla nuca per avvicinarlo ancora di più a sé.

Dopo tato patire, non l'avrebbe più smarrito, per nessuna ragione al mondo!

 

 

* * *

 

Quella stessa sera Camus era stato invitato dall'amico Milo per una cena insieme a lui e alla sua giovane allieva Sonia. Non si stupì, il Dorato Custode della Giara del Tesoro, del resto non era affatto raro che lo Scorpione organizzasse simili serate insieme, un po' perché era solito affermare che “un acquario senza alcun pesce, rende sterile e inospitale l'ambiente dell'intera casa”, un po' perché anche la stessa Sonia, avendolo adorato fin dal giorno del loro primo incontro, premeva il suo maestro affinché invitasse Camus ad unirsi a loro.

Certo, dopo la morte di Isaac, le occasioni per rimanere insieme si erano notevolmente assottigliate fino a diventare quasi inesistenti poco prima della Battaglia delle Dodici Case, poi... beh...

Camus preferì non pensarci, mentre i suoi leggiadri passi risuonavano ritmicamente per tutto il corridoio dell'ottavo tempio, già parzialmente oscurato dalle ombre delle colonne che si allungavano sul pavimento.

Sorrise tra sé e sé al pensiero di quei due, alle baruffe verbali che certamente si stavano scambiando per mettersi d'accordo sulla preparazione delle pietanze. Salì lentamente le scale, pensando al contempo a quanto effettivamente gli erano mancati i momenti di svago con loro.

“Nooooooooo, cosa hai fatto, Maestro?!”

“Come sarebbe a dire cosa ho fatto?! Ho buttato il cetriolo per grattugiarlo, no?!

Ecco, per l'appunto. Camus ridacchiò tiepidamente tra sé e sé nell'udire il vociare sempre più concitato di Sonia e Milo che, proprio come appena immaginato, stavano discutendo sulle dinamiche della cena.

“Ma non si fa così, testa quadra! Aiolia prima toglie la buccia e i semi e solo POI lo grattugia!!!”

“Che differenza fa?! Io ho sempre fatto così e poi... uff, se preferisci diversamente vai da lui a preparare la salsa Tzatziki!” ribatté Milo, fingendosi, come sempre, offeso.

“Caro Maestro... voi non sapete cucinare, questo è chiaro!”

“Cosa hai detto?! Ora ti prendo e...” ululò lo Scorpione, acciuffando l'allieva in un nanosecondo per poi iniziare a preparare la famigerata tecnica dei 'mille solletichi'.

“Ahahahahahaha, no, Milo, basta, ti prego, ahahahahaha! BASTA! Ritiro tutto, promesso!”

“Spiacente, ora è il momento della punizione e niente e nessuno potrà...”

“Coff, coff... disturbo? - tossicchiò Camus, attirando l'attenzione dei due contendenti che ormai erano stesi a terra dal ridere - Perdonate l'ingerenza, ma ero qua fuori e...”

Sia Sonia che Milo alzarono gli occhi e arrossirono di netto nel vedere la figura dell'undicesimo custode ritta in piedi all'ingresso della cucina nella sua consueta postura elegante e raffinata.

“Ehm, no figurati, Camus! Ci stavamo solo un po'... ricreando! Ahahahahha!” spiegò brevemente il Cavaliere di Scorpio, ridacchiando nel rimettersi in piedi.

Sonia, dal canto suo, ci mise ben poco a ricomporsi per piombare subito ad abbracciarlo, contentissima di rivederlo.

“Ciao, Camus! Come va?” trillò allegra, puntando gli occhioni verdi sul viso dell'Acquario, il quale si ritrovò per la seconda volta nella giornata ad arrossire a seguito di un contatto fisico così aperto e sincero.

Anche in quel caso, non ricambiò subito, ne sembrava quasi impossibilitato. Milo ne conosceva bene il motivo, e anche la piccola, che tuttavia ci aveva provato comunque, non riuscendo a non manifestare la gioia che provava in quel momento nel rivederlo. Ma Camus, che in varie occasioni passate l'aveva pure abbracciata, stretta, e tenuta in braccio diverse volte, era cambiato dalla perdita di Isaac, facendosi più chiuso e scostante, ancora meno propenso a esprimere il proprio mondo attraverso il contatto fisico -non che prima fosse un asso, in quello, certo!- arrivando perfino a rifuggirlo.

Ben conscio di quello, lo Scorpione fu sul punto di richiamare l'allieva, ma Camus, meravigliando entrambi, riuscì a sbloccarsi.

“N-non c'è male, Sonia. Tu?” le disse, sorridendole per poi posarle una mano sulla testa con movimento soffice e composto.

A Sonia brillavano gli occhi verdi, mentre, trovando maggior incentivo da quel gesto, nascose il suo viso nel tessuto della sua maglietta.

"Ora bene, Camus... sto davvero bene!"

"Anche io, Sonia, ora anche io..." le sussurrò lui, sentendosi finalmente più leggero.

“Beh, Camus... - anche lo sguardo di Milo brillava nel vederli nuovamente uniti. Si spostò poi sui fornelli - sei puntuale come al solito. Prego, accomodati!”

“No aspetta! - Sonia voleva prendere in mano la situazione, pertanto tornò, con due balzi, da lui - Forse è meglio che ci pensi io, qui, altrimenti la casa andrà in fumo!” ironizzò, cercando di riprendersi il mestolo dalle mani di Milo, il quale però alzò il braccio.

“Non provarci, Sonietta! Anzi, voglio farti una promessa: da qui a 4 mesi diventerò un cuoco provetto, altro che i tuoi decantati Aiolia e Aiolos, vedrai!” disse solennemente, chiudendo gli occhi per enfatizzare la scena.

“Sì, come no... ho paura solo a pensarci!” ribatté lei, inarcando un sopracciglio, prendendo comunque il posto da capotavola. Forse poteva fidarsi, forse...

Camus non poté trattenere una leggera risata nel sentirsi nuovamente a suo agio nell'assistere ai battibecchi scherzosi dei due. Prese posto a sua volta vicino a Sonia, che nel frattempo versava l'acqua nei bicchieri.

Quella era una scena tipica di ogni famiglia normale, loro lo sapevano bene, ma allo stesso tempo si chiedevano tacitamente quanto avrebbe ancora potuto essere così ordinaria una situazione come la loro, fatta di precarietà e di insicurezza per il futuro. Anche Milo, come gli altri, era morto almeno una volta, eppure tutto sembrava tornato come prima della Battaglia delle Dodici Case. Sembrava...

Camus si soffermò diverse volte sulla piccola Sonia, ancora quindicenne, che dimostrava meno anni della sua età, che aveva mantenuto quella luce negli occhi, nonostante tutti i terribili avvenimenti vissuti, nonostante, ad un certo punto, fosse rimasta quasi completamente da sola senza più alcun punto di riferimento. Pareva essersi ormai completamente ripresa da quella tremenda esperienza, ma... era davvero così? O semplicemente non lo dava a vedere per non dare loro motivo di preoccupazione?

“Cam, hai seguito il mio consiglio?” chiese Milo, scrutando l'amico di sempre.

“Sì, l'ho fatto. Da domani Hyoga verrà a vivere stabilmente alla Casa dell'Acquario. Sembrava... contento!” spiegò Camus, sorridendo tra sé e sé, prima di bere un sorso d'acqua.

“Perfetto, che ti dicevo? Questo è un nuovo inizio, amico mio!” esclamò Milo, quasi esaltato da quella informazione.

“Sì, un nuovo inizio...”

Sonia, rimasta rispettosamente in silenzio una serie di minuti, trovò il modo di infiltrarsi nella conversazione.

“Cam, tu mi hai parlato molto di Hyoga e Isaac, ma quasi nulla della tua vita prima del Santuario. Avevi una sorellina, giusto?”

Camus rischiò quasi di soffocarsi con la sua stessa saliva nel ritrovarsi improvvisamente a dover rispondere a quella domanda genuina ma, per lui, fulminea. Non si sarebbe aspettato di affrontare nuovamente l'argomento, non dopo il sogno di quella notte, no...

“Sonia!” la richiamò Milo, con una severità nel tono di voce che mostrava solo di rado con lei.

“I-io ho solo fatto una domanda!" pigolò la ragazza, vergognandosi anche solo di aver chiesto.

“Dovresti sapere benissimo che noi Cavalieri siamo stati portati via dalle nostre famiglie quando eravamo molto piccoli, è difficile ricordare con nitidezza quel particolare evento, e inoltre...

“No, Milo, va bene così. Sonia mi ha posto un semplice quesito ed è giusto che io risponda. Ormai il passato è passato e non ha senso continuare ad evitarlo.” lo interruppe Camus, una strana ombra nei suoi occhi blu che in quel momento sembravano persino più scuri del solito.

“Ma a te più che a chiunque altro il passato fa male, Cammy, soprattutto... questo!” si ritrovò a osservare Milo, ricordandosi di come la sorellina da sempre amata ma costretto a lasciare era stato il primo argomento che li aveva visti parlare sotto una cascata di odorosi fiori gialli e luminosi.

"Proprio per questo... permettimi di parlarne, intanto non la rivedrò più!" disse ancora il Cavaliere dell'Acquario, l'espressione triste e distante.

"Camus..." Sonia era sul punto di dire di lasciar perdere, rammaricata di avergli rovinato l'umore, ma poi lo vide raddrizzare il collo, prendere un profondo respiro e apprestarsi a raccontare.

“Sonia, forse non lo ricorderai, perché eri più piccola, ma... ne abbiamo già parlato, rammenti?" le sorrise con gentilezza, facendole un cenno con il capo.

"Ne abbiamo già... - la ragazza ebbe una folgorazione, dandosi una manata sulla fronte - GIUSTO!!!"

"Come ti ha già detto il tuo maestro, è poco ciò che ricordiamo delle nostre famiglie e delle nostre vite: il tempo e la giovane età non aiutano. Tuttavia l'anno in cui io compii 5 anni me lo ricordo piuttosto bene...”

Sonia guardava il suo viso con il massimo dell'attenzione che poteva avere. Ammirava il modo di esprimersi di Camus e tutto il suo mondo interiore che raramente lasciava trapelare fuori, ma quando questo succedeva, riusciva benissimo a catalizzare tutta l'attenzione dei presenti con il suo linguaggio composto e la voce calma. Insomma, era un mondo tutto da scoprire, e questo la attirava incredibilmente perché si rispecchiava molto nel suo carattere.

“...Il profumo delle mimose quell'anno, fiorite già a febbraio, era piuttosto intenso e sembrava non essere mai destinato a scemare, tanto che a metà marzo era ancora piuttosto vivace. Proprio in quel periodo nacque la mia sorellina. Non ricordo bene in quale luogo ci trovavamo, ma non eravamo più in Francia ed io mi sentivo ancora un po' spaesato da quel cambiamento.” continuò lui, con lo sguardo perso nei ricordi, ancora una volta colorati da soffici ali di cicogna.

“E poi?” biascicò Sonia, sempre più incantata dal racconto dell'Acquario.

“E poi nacque. Ricordo ancora il giorno e l'ora, il 15 marzo del 1994 alle ore 11 e 12, anche se i visi di mia madre e dei nonni sono sfumati via nel tempo. Nacque, ed il mio mondo si tinse di colori, prima mai notati, anche se non ti saprei dire perché... Comunque nacque, ed io promisi a me stesso che l'avrei protetta da ogni male. Era molto piccola, sai? Un fagotto di delicati petali di margherita. Volevo, con tutto il mio cuore, prendermi cura di quella vita, mai avrei pensato che il destino mi avrebbe riservato tutt'altro!”

Si concesse una breve pausa, prima di proseguire. Ancora faceva male, troppo. La ferita non era stata adeguatamente cauterizzata.

“Improvvisamente fu già novembre... novembre che era piombato nella mia vita quasi senza accorgermene, come il vento impetuoso fa cadere le foglie degli alberi. In quel mese il Grande Sacerdote ci venne a trovare, io, mia mamma, e mia sorella ancora nella culla. Disse che avevo un cosmo e che era necessario addestrarmi per diventare Cavaliere: fui costretto ad abbandonarle per sempre e di loro non seppi più niente... ma sento che è viva da qualche parte e, in fondo, solo questo conta!” concluse Camus, faticando non poco a controllare il fremito sempre più lampante della sua voce. E di nuovo la tristezza lo avvolse, coagulandosi nella gola e nel petto.

Milo capì tutto questo negli occhi fuggenti del compagno, decise pertanto di intervenire.

“E poi sono arrivato io, il rompicoglioni per eccellenza, lo stalker del Santuario e il figo per antonomasia!” ironizzo, ridacchiando, servendo finalmente le portate in tavola.

“Già, poi sei arrivato tu... e i colori ripreso a brillare, ancora più nitidi di prima!” sorrise Camus, guardando con gratitudine l'amico di sempre nell'avvertire il peso nel suo cuore farsi più leggero.

“Anche questa è famiglia...” pensò senza dire tuttavia altro.

“Scusa, cosa saresti tu?! Ma non farmi ridere, su!” aggiunse Sonia, con espressione da maestrina, capendo immediatamente il motivo dell'uscita del maestro e volendo altresì risollevare il morale all'Acquario.

“Vedi a cosa servono i discepoli, Camus?! A denigrarti davanti a tutti, ahahahah! Condoglianze per te, amico, anche tu presto avrai delle allieve femmine!” esclamò ancora Milo, facendogli l'occhiolino.

“Eh cosa? Che hai detto? MASCHILISTA! Noi donne siamo molto meglio di voi uomini! Meno forza fisica, è vero, ma più cervello e resistenza, mica poco!” ribatté Sonia, buttandosi a capofitto sul maestro per iniziare una nuova baruffa.

Camus rimase a guardare la scena, sentendosi finalmente risollevato nello spirito. Persino l'idea di avere delle nuove allieve non gli pesava più di tanto in quel momento, e neanche i ricordi di Isaac riuscivano a tormentarlo davanti alla vivacità di Milo e Sonia che poteva essere incredibilmente contagiosa.

Certo, probabilmente non avrebbe mai potuto costruire lo stesso rapporto che aveva avuto con Hyoga e Isaac, anzi, non era solo un discorso di potere, bensì di volere: non avrebbe mai permesso a sé stesso di concedersi così tanto con loro, non con delle ragazze già pienamente formate caratterialmente. Avrebbe dovuto proteggerle, vegliare su di loro e, per riuscirci, era necessaria la consueta calma, poiché solo l'acqua immota poteva contenere il peso di una tempesta.

Non avrebbe più fatto lo stesso errore del passato, no, ciò di cui necessitava era semplicemente essere inamovibile e distante, ma con quel pizzico di umanità in più che cercava sempre di non dimostrare, almeno agli inizi.

Sì, FORSE non sarebbe stato così male avere delle nuove allieve. Anche quello, se non altro, era un nuovo inizio e una reale occasione di ulteriore crescita personale...

“E allora, Sonia, non puoi non ammetterlo per una buona volta: chi è il Cavaliere d'Oro più affascinante e bello che il Grande Tempio abbia mai ospitato?!”

“Mmm, mi è sempre piaciuto Mu, ha quel non so che di orientale che cerco sempre in un ragazzo!”

“C-cosa??? Maledetta, ora vedrai che genere di tortura riesco a farti tramite il solletico. Sei completamente mia, Scorpio non ha alcuna pietà per quelle come te!!!”

...SI', FORSE... considerando che Milo era rimasto il solito deficiente di sempre, anche con un'allieva da educare!

 

 

 

Angolo di MaikoxMilo

Ed eccomi di nuovo qua :) come è nata questa assurdità, mi chiederete... beh mi è balenata l'idea così, non è colpa mia XD Comunque ho deciso di fare questo preludio alla mia serie “Passato... presente e futuro” che vedrà (se riuscirò) 4 storie di qui una già scritta e pubblicata “La guerra per il dominio del mondo” (che a proposito sto ricorreggendo qui su efp capitolo per capitolo perché è poco descritta) un'altra storia che sto finendo di pubblicare “Sentimenti che attraversano il tempo” e altre due storie (felici eeeehh??? XD) (evita i pomodori e i cetrioli che vengono lanciati). Beh questa è la mia prima one shot e non è nulla di che ma sono abbastanza soddisfatta *^*, come dicevo prima questo è il preludio alla mia serie e oltre a questo nel pezzo centrale è presente il mio primo esperimento di Camus's POV anche se è abbastanza raggrinzito e poco approfondito, ma è comunque un esperimento che mi servirà per la terza storia ahahahah.

Che dire, spero che questo capitolino vi possa piacere e/o interessare in qualche modo e come sempre ringrazio chi mi segue e/o chi commenta e/o chi mi da consigli. Grazie a tutti! 

  
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