Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: xxdrewsbeauty    06/01/2014    5 recensioni
La sua infanzia non fa di certo invidia. E' un ragazzo pieno di problemi, e poi ci si mette pure l'amore. Lui ama lei, lei ama un altro. Ma la storia si ribalta. Lui amerà un'altra, lei amerà lui.
Genere: Drammatico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeremy Bieber, Justin Bieber, Pattie Malette, Ryan Butler, Sorpresa
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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No one's POV
Aveva solo voglia di piangere. Ma le lacrime non scendevano, eppure non è che ne avesse consumate poi così tante, solo ogni santa volte che lei lo lasciava.
Prese il cellulare, sperando in qualche suo, improbabile, messaggio. Come al solito nulla, solo sua madre che lo chiamava all’infinito sperando che potesse perdonarla. Ma lui, a tutte quelle chiamate della donna che l’aveva dato alla luce, non voleva rispondere. Tutto sommato soffriva per colpa sua, se non fosse nato non avrebbe sofferto, e non avrebbe nemmeno conosciuto l’amore. No okay, meglio che sia andata così, perché lui amava amare, e lo esprimeva tramite le sue canzoni. Si, Justin è un musicista, molto famoso anche, ma preferisce stare solo, con la sua musica, oppure col suo letto e le sue lenzuola. Ora invece, aveva voglia di fare musica. Ogni qual volta che le lacrime minacciavano si scendere prendeva un pezzo di carta e la sua chitarra e iniziava a scrivere quello che avrebbe potuto esprimere con l’acqua salata che scendeva dai suoi occhi. Iniziò a scrivere una frase, ma subito dopo la cancellò, faceva proprio schifo. Voleva raggiungere la perfezione, ma visto che non ci riusciva, cercava di raggiungere quello che per lui era il massimo, lei. Ogni canzone parlava di lei, o di qualcosa che le apparteneva. Chiuse la penna, mise a posto la chitarra dopo nemmeno un motivo composto, e chiuse gli occhi. Iniziò ad immaginare la sua vita tra qualche anno. Vedeva persone che lo chiamavano e acclamavano sotto il palco, tanta gente che lo amava, e quando tornava a casa si aspettava di vedere qualcosa, qualcuno, lei. Ma niente, niente di niente. Nessuna donna che lo accoglieva dandogli un bacio e facendolo sedere, nessuna che lo amava. Soltanto tanti mobili costosi e di lusso e soldi dappertutto. Aprì gli occhi e tirò un calcio al vuoto. Andando avanti così avrebbe creato quella merda di futuro. Okay la gente che lo ama, okay i soldi, ma non nessuna donna ad accoglierlo al suo ritorno. Lui ne ha bisogno, lui vive per amare. Lui è l’amore.
Si mise le mani sul volto e si massaggiò la fronte. A furia di pensare gli era venuto un forte mal di testa. Si alzò ancora una volta e si diresse in cucina per prepararsi un tost o qualcosa del genere, aveva un grosso buco nello stomaco. Prese le uova dal frigo e le ruppe mettendole nel piccolo tegame, prese due fette di pane in cassetta e dopo qualche minuto si mise a mangiare, così, da solo. Non avrebbe potuto vivere anni infiniti cosi. Sentì il telefono squillare, sapeva chi era, andò a prenderlo in camera. Sapeva chi era, certo, ma non aveva il coraggio di guardare il numero. Così rispose.
«Oddio tesoro, finalmente mi hai risposto. Sono così felice.» Disse Patty.
Anche lui era felice, ma non poteva darlo a vedere. Dopo due mesi aveva finalmente avuto il coraggio di trascinare la cornetta verde e di sentire la voce della donna che lo aveva tradito. Lo aveva fatto soffrire troppo, non poteva farle vedere che l’aveva già perdonata. Chiamasi orgoglio. Così lui stette zitto, senza dare segnali di vita.
«Tesoro, ci sei?» insistette la madre.
Dopo un altro po’ si degnò di rispondere. «Si ci sono, ma ti ho risposto solo per farti sapere che sono vivo. Ciao.» e chiuse la chiamata. Quanto dolore dopo quel gesto.
Prese di nuovo il telefono e andò nella rubrica, per cercare il numero di Ryan. Voleva dirgli che non gli andava proprio di andare in discoteca, era stanco, triste, e si, per la prima volta aveva bisogno di parlare con qualcuno. Ma, sfogliandola per arrivare alla R, passò prima sulla lettera P. Patty. E ora? Avrebbe voluto richiamarla per chiederle scusa, chiederle scusa lui, anche se è stato lui a soffrire, ma non importa, l’importante è che si sarebbero rivisti. Gli mancava la sua mamma, la voleva di nuovo con lui, nella sua casa, era stata sempre una buona amica. Ma poi come ha fatto a fare quell’errore? No, non poteva chiamarla. Avrebbe fatto la figura del perdente, del sensibile. E non voleva. Anche se con sua madre, se si poteva chiamare ancora tale, poteva fare queste tipo di figure. In pratica, Justin adorava sua madre, ma l’odiava nel contempo.
Alla fine si decise a telefonarlo, a Ryan. Preso da un senso di colpa misto a vergogna misto a.. boh.. pentimento, parlò con Ryan.
«Hei amico..»
«Hei Justin bello! Come va la vita?»
«Ryan, ho bisogno di parlare con qualcuno»
«Cosa?»
«Si, so che è strano, fin troppo. Ma ne ho bisogno sul serio. Ci sei solo tu qui, Chaz è partito.. Ti prego aiutami.» disse tutto d’un fiato, mettendosi una mano sulla fronte.
«Si okay, arrivo subito.» e partì, mentre Justin terminava la chiamata.
Ecco a cosa servivano i migliori amici, non solo a mangiare e bere insieme, raccontando le notti, ma anche aiutarsi in questo modo. Questo aveva capito Ryan, solo adesso, un po’ tardi, ma meglio tardi che mai.
Quando l’amico arrivò, aprì la porta che era socchiusa, e vide Justin seduto sul divano con le mani nei capelli. Si sedette vicino a lui, mettendogli una mano sulla schiena.
«Che succede?» chiese preoccupato.
«Sto malissimo per sta mattina, mi sento un fallito, non sarò mai bravo a fare niente, ho immaginato la mia vita tra qualche anno, e lei non c’era. Rimarrò da solo per sempre. In più mi ha chiamato mia madre e finalmente ho avuto il coraggio di risponderle, ma le ho detto solo che sono vivo e ho subito riattaccato. Mi sento un vigliacco, un emerito vigliacco. E non mi va per niente di venire con te in discoteca, sono stanco e poi per il resto.. e non mi va di farmi una ragazza in questo stato pietoso. Sono un vegetale. Vorrei morire.» ecco che le temute lacrime salate iniziarono a scendere dai suoi occhi.
Le povere orecchie di Ryan dovettero sentire il monologo del suo migliore amico e rimase spiazzato. Era preoccupatissimo per lui e poi gli faceva pena, e poi non avrebbe mai voluto essere al suo posto se non per aiutarlo. Ma non sapeva che fare o che dire. Come al solito.
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Eccomi yee c: ho aggiornato, non so se troppo presto o troppo tardi lol ma questo capitolo lo avevo pronto dal 3 e non vedevo l'ora di postarlo. Non so se piacerà però.. staremo a vedere haha c: buona lettura e grazie mille per le recensioni allo scorso capitolo :3 
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