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Autore: Laylath    06/01/2014    1 recensioni
niente è paragonabile alla perfezione degli orologi degli Alchimisti di Stato. Il loro meccanismo è insuperabile.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kain Fury, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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 SILVER POCKETWATCH 
 


“Colonnello, qualcosa non va? Negli ultimi giorni la vedo molto pensieroso.”
“Va tutto bene, tenente, tranquilla.”
Ma mentre rassicurava la sua assistente, il colonnello Mustang rifletté sul fatto che effettivamente c’era qualcosa che non andava. Era la fastidiosa sensazione di essere perennemente osservato, anche all’interno del proprio ufficio: in genere il suo sesto senso lo avvisava di un pericolo imminente, ma questa volta sembrava che non ci fosse alcuna reale minaccia. Era come se il suo misterioso osservatore non avesse cattive intenzioni nei suoi confronti e la cosa, considerato che non era proprio benvoluto, era abbastanza strana.
Forse dovrei chiedere a Breda ed Havoc di sentire che aria tira nel Quartier Generale: magari qualche novità mi è sfuggita.
In ogni caso era sicuro che, in quel momento, mentre si avviava nei corridoi con il tenente Hawkeye per andare finalmente a casa sua dopo un’altra giornata di lavoro, il suo osservatore non fosse presente.
Questo lo fece rilassare leggermente, considerato che era veramente stanco e niente gli sarebbe stato più gradito di un bagno caldo ed un letto: ultimamente la sua squadra aveva affrontato solo lavoro d’ufficio e nessuna missione pratica… e Roy Mustang trovava molto più stancante il primo che la seconda.
Ma in fondo è un bene, considerato che il ragazzino si sta ancora abituando e non è il caso di…
“Oh…” mormorò distrattamente, fermandosi in mezzo al corridoio.
“Signore?” fece il tenente.
“Dannazione, – sospirò lui, frugandosi la tasca della divisa – ho dimenticato l’orologio in ufficio. L’ho levato dalla tasca quando stavo cercando delle monetine da prestare ad Havoc e l’ho posato nella scrivania.”
“Vuole che vada a riprenderlo, signore?”
“No, faccio da solo. Tu vai pure a casa: – sbadigliò l’alchimista – ci vediamo domani, tenente.”
“Buonanotte, colonnello.” salutò la donna, avviandosi verso l’uscita; il fatto che non avesse minimamente protestato la diceva lunga sulla stanchezza che la attanagliava e se Roy le poteva evitare quell’ultima piccola incombenza era meglio così.
A volte sapeva di essere particolarmente capriccioso in ufficio.
Girando sui tacchi iniziò a percorrere i corridoi all’indietro.
A dire il vero c’era anche un’altra motivazione che l’aveva spinto a compiere personalmente quel recupero che avrebbe potuto fare anche il giorno dopo: quell’orologio era il simbolo degli Alchimisti di Stato, certamente, ma per Roy era anche il monito che lo spronava ad andare avanti nella sua scalata ai vertici. Era la bandiera delle persone che erano state usate come armi umane e di questo particolare lui non voleva e non poteva dimenticarsi.
Anche se in fondo era solo un orologio d’argento…
 
… che in quel momento il misterioso osservatore stava contemplando: gli occhi illuminati da un desiderio tale che, sicuramente, un particolare homunculus sarebbe stato fiero di quel comportamento e gli avrebbe offerto di entrare senza indugi nella sua banda di chimere… anche se non c’era nulla di chimerico in lui.
Però, effettivamente, c’era un qualcosa di animalesco nel posare le mani sulla scrivania dell’alchimista di fuoco, sollevarsi e ritrovarsi inginocchiati sopra di essa. Ma nel caso in questione era solo un retaggio dei giorni d’infanzia e dell’abitudine di accoccolarsi accanto alle cose che suscitavano in lui particolare meraviglia.
L’orologio d’argento giaceva così vicino a lui e sembrava circondato da un alone di magia. La mano destra si mosse lievemente a sfiorare la catenella argentata, ma non osò toccare la scatola vera e propria. Certo era veramente una grande tentazione e lui sapeva benissimo che non doveva trovarsi in quella posizione, tuttavia….
“Parola mia, niente è paragonabile alla perfezione degli orologi degli Alchimisti di Stato. Il loro meccanismo è insuperabile.”
E quando sui meccanismi fondi tutta la tua passione e la tua vita, una frase simile non può che farti effetto. E da quel momento l’orologio del tuo amato superiore, dell’uomo che ti ha preso in squadra nemmeno poche settimane prima, diventa una vera ossessione.
A Fury in quegli ultimi giorni era sembrato che il colonnello mettesse deliberatamente l’orologio d’argento in bella vista, quasi a tentarlo. In realtà erano solo sue impressioni dettate dal suo grande desiderio: la catenella d’argento pendeva sempre nello stesso modo dalla tasca di Mustang e se alcune volte l’oggetto era stato lasciato sopra la scrivania non era una novità; ma al giovane soldato semplice sembrava di essere deliberatamente provocato.
E l’apice era stato raggiunto qualche minuto prima: erano usciti già tutti e lui stava tardando per finire di rimettere a posto i suoi piccoli attrezzi quando il suo sguardo era caduto sulla scrivania del colonnello e l’aveva notato. Un brivido di eccitazione gli aveva percorso la spina dorsale mentre si rendeva conto che era un’occasione perfetta che mai più si sarebbe ripresentata nella vita: così si era avvicinato come ipnotizzato e alla fine, in maniera quasi inconsapevole, era arrivato alla posizione attuale e…
“Fury, che diamine stai facendo appollaiato sulla mia scrivania?”
La voce improvvisa di Mustang fece balzare il cuore in gola al soldato semplice.
Girandosi vide il suo superiore con la mano ancora sulla maniglia della porta: era stato colto in flagrante senza alcuna possibilità di scampo.
“Io… io…” sbiancò cercando di trovare una scusa per quella posizione chiaramente equivoca mentre Mustang si avvicinava a grandi passi e notava l’oggetto della sua attenzione.
“L’aveva… l’aveva dimenticato qui, signore – mormorò – ed io… io volevo solo vederlo da vicino.”
“Ah, quindi non ti stavi esercitando a fare l’avvenente segretaria? Anche perché con quella posa accovacciata eri tutto meno che attraente. Il tenente può dunque sentirsi tranquilla… non rischia di venire superata da te!”
“Non è mai stata questa la mia intenzione, signore!” esclamò Fury, scuotendo il capo con sincerità.
Per una frazione di secondo Mustang lo squadrò come a chiedersi se lo prendesse in giro, ma poi si ricordò che a differenza degli altri della squadra, molto più smaliziati, il giovane soldato aveva una notevole ingenuità di fondo e l’ironia gli era difficile da capire.
Di conseguenza preferì ingoiare qualsiasi risposta rovente che aveva in mente: con lui sarebbe stata sprecata.
“E sentiamo, allora, perché lo volevi vedere da vicino?”
E già nella sua mente sentiva la risposta del giovane su quanto fosse incredibile l’alchimista di fuoco e quanto avesse desiderato vedere da vicino il suo orologio d’argento… le solite, inevitabili, lodi da parte di un giovane soldato che non conosceva nemmeno l’odore della guerra e dei corpi bruciati. Ma dal soldato in questione Roy si sarebbe sinceramente aspettato qualcosa di più e…
“Ecco, io volevo vedere il suo meccanismo.”
Aveva la voce flebile Kain Fury, specie quando si trovava fortemente in imbarazzo come in quel momento. Tuttavia quella risposta trapassò Mustang come un fulmine: nessun riferimento al suo essere alchimista di fuoco, all’eroe di Ishval…a quanto c’era di sbagliato in quella carica.
“Il suo meccanismo?” gli occhi scuri e sottili si puntarono su quelli del giovane che stava ancora seduto sulla scrivania. Fu un gesto rapidissimo fatto in modo che il ragazzo non avesse il tempo di abbassare lo sguardo, un difetto che Roy stava tentando di correggergli: e fu incredibile scoprire che la risposta che aveva dato era la pura e semplice verità.
“Perché… - continuò Fury, indotto a parlare da quegli occhi – c’è un orologiaio che una volta ha detto che… i meccanismi degli orologi degli Alchimisti di Stato sono i migliori. E così io…”
“E senti, - lo interruppe Mustang, allungando l’indice affusolato e attorcigliandolo attorno alla catena dell’orologio – posso sapere che cosa hanno in comune i meccanismi di un orologio con quelli delle radio? No, perché a me sembrava di aver preso in squadra un esperto di comunicazione, mica un orologiaio.”
Fury sospirò, cercando di spiegarsi; ma come poteva dire al suo superiore che in realtà, anche se lui prediligeva le radio, amava qualsiasi tipo di meccanismo.
“Io veramente smonto e rimonto qualsiasi cosa abbia un meccanismo.” confessò
“Mi prendi in giro?”
“No, signore! – scosse il capo lui – Lo faccio sin da quando ero piccolo.”
“E quindi volevi smontare e rimontare il mio orologio?”
“No! Cioè sì! – si impanicò Fury – Insomma mi piacerebbe, ma non lo farei mai senza il suo permesso, signore!”
Mustang rimase interdetto davanti a quella dichiarazione: sapeva che il ragazzo era particolare, ma a volte riusciva davvero a sorprenderlo. Con una mossa distratta sollevò l’orologio dalla scrivania e lo fece ciondolare davanti alla faccia di Fury che lo fissò ipnotizzato come un gattino davanti a cui si fa muovere un filo di lana.
Fu solo un rapido pensiero, ma Roy si trovò a riflettere sul fatto che il ragazzo avesse occhi e capelli del suo medesimo colore, l’unico nella sua squadra. Non seppe mai se fu anche questa consapevolezza assurda a spingerlo a dire le frasi successive.
“Sai che è molto prezioso per me?” disse sistemandosi l’orologio nel palmo della mano.
“Posso immaginarlo, signore.” annuì Fury, finalmente libero dall’ipnotico movimento.
“Non è solo per quello che rappresenta formalmente, ma per una serie di motivazioni personali che tu non potresti mai capire.”
Fury non disse niente, ma scese dalla scrivania per mettersi di fronte a Roy, il viso triste, come quello di un bambino che ha appena capito di aver commesso un grosso errore.
“Non vedrà più un simile comportamento da parte mia, signore, – mormorò – glielo assicuro. La prego di scusarmi per la mia sfacciataggine; adesso è meglio che vada e…”
“Fury, ti fidi di me?” gli chiese Roy, interrompendolo e mettendogli una mano sulla spalla esile.
“Fidarmi di lei? Certo, signore.” rispose lui, senza la minima esitazione.
“E allora io mi voglio fidare di te a tal punto che ti consento di smontare l’orologio e rimontarlo.” e gli mise l’oggetto in mano.
“Che? – si illuminò lui, ma poi scosse il capo con veemenza – Ma signore! Mi ha appena detto che questo orologio è davvero prezioso per lei.”
“Allora sono certo che lo tratterai con la dovuta cura. Pensi di farcela in una notte?”
“Certamente! - annuì Fury, stringendo l’orologio in mano, - ma perché lo sta facendo, signore?”
L’alchimista scosse il capo, avviandosi verso la porta.
Perché lo faccio? Un giorno, ragazzo mio, chiederò a tutti voi di seguirmi in sentieri pericolosi che metteranno a repentaglio la vostra stessa vita: e voi dovrete fidarvi ciecamente di me e io dovrò fare altrettanto.
“Per una strana forma di scambio equivalente, Fury: fiducia per fiducia.”
“Su una cosa così importante?” chiese timoroso il ragazzo, raggiungendo Mustang alla porta.
Roy lo guardò con lieve esasperazione, ma poi gli arruffò i capelli con gentilezza.
“Presumo di essere in grado di decidere da solo la scala di priorità, non credi?”
Perché all’improvviso, quell’orologio gli era sembrato davvero poca cosa davanti a quello che in seguito avrebbe richiesto al ragazzo e al resto della sua squadra.
E l’ingenua fiducia di Fury valeva molto di più.

 
  
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