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Autore: MartyJane1775    07/01/2014    6 recensioni
Ci sono un alieno, un sociopatico e un angelo che devono scambiarsi i regali di Natale...
non è l'inizio di una pessima barzelletta, è il Natale al 221B di Baker Street.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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NdA: Non c’era davvero bisogno di scrivere questa fanfiction, tra l’altro “consegnata” in netto ritardo sul programma. Ma quest’anno lo spirito natalizio si è impossessato di me (non mi succedeva da quando avevo 10 anni), trasformandomi in un elfo di Babbo Natale. Tra thé con le amiche, muffin e biscotti, cerchietti con le corna da renna e un capodanno meraviglioso all’insegna della Capaldiness e del relax, questa fanfiction è pensata soprattutto per ringraziare tutti quelli che hanno reso questo periodo natalizio-inizio anno-befanoso speciale. Non sono tipa che sbrodola troppo quindi concludo dicendo:

“A Sara, Eleonora, Michela, Elena, Valentina, Chiara e la mia famiglia”
 

«Sherlock, hai visto il CD di carole che ho comprato due giorni fa?» chiese John, aggirandosi per l’appartamento del 221B, controllando su ogni ripiano.

«Intendi quello con San Nicola in copertina contornato da donne vestite in modo succinto?» rispose il suo coinquilino, alzando la testa solo per qualche secondo dal microscopio che teneva in cucina. John si affacciò sulla soglia, con un sospiro.

«Sai, la tua ostinazione nel chiamarlo San Nicola non modificherà la tendenza mondiale a chiamarlo Babbo Natale. Comunque sì, intendo quello.»

«Era troppo pieno di spirito natalizio, l’ho usato per un esperimento.» rispose con naturalezza l’uomo dai ricci scuri, alzando lo sguardo con un ghigno per godersi l’espressione a metà tra l’omicida e l’esasperato del suo coinquilino.

«Trovo questa tendenza a fare finta di essere buoni e felici estremamente irritante. È solo Natale, santo cielo!» concluse poi.

«È bene che tu sappia che è stato il Natale a salvarti, altrimenti avrei compiuto un omicidio.» rispose John, rabbuiato. Era una settimana che preparava la casa per l’arrivo dei loro ospiti, davvero felice di rivederli dopo tanto tempo, e Sherlock non aveva fatto altro che creare problemi col suo spirito da Grinch. Si allontanò velocemente dalla cucina, e andò a sprimacciare i cuscini del divano con foga.
«Bene, almeno avrei avuto un caso con cui far passare questa noia mortale!» urlò Sherlock di rimando, passando dalla cucina alla sua stanza e chiudendosi la porta alle spalle. John decise di ignorarlo con tutte le proprie forze e fece una puntatina al piano inferiore per andare a prendere l’eggnog, il necessario per preparare il tè e i sandwich e i dolci con cui accompagnare le bevande da Mrs. Hudson, che gli piazzò tra le braccia un vassoio enorme con grande soddisfazione, ma non senza ricordargli che “sono la padrona di casa, non la vostra domestica!”

Una volta tornato al piano di sopra, si dedicò a piazzare il tutto in salotto con cura quando la figura del suo coinquilino che avanzava nella stanza si materializzò ai limiti del suo campo visivo, piazzandosi alle sue spalle. John iniziò a fare un conto alla rovescia mentale, ed aveva appena pensato “zero” quando Sherlock spezzò il silenzio.

«Suonerò io qualcosa, John. » John si sentì subito in colpa per avergli tenuto il broncio nella mattina della vigilia di Natale, ma poi ricordò che Sherlock se l’era pienamente meritato e che non si sarebbe fatto comprare a così buon prezzo.

«Per fortuna il tuo violino si è salvato dagli esperimenti.» borbottò a occhi bassi, ma non riuscì a metterci tutta l’acidità che avrebbe voluto. Sherlock alzò gli occhi al cielo.

«Vado a vestirmi, ora.» annunciò, andandosene di nuovo. John fissò per qualche minuto lo strascico di coperta che l’altro si era avvolto attorno al corpo esile, apprezzando lo sforzo che stava facendo per non farsi trovare in pigiama.

Poi si sedette sulla sua poltrona preferita e aspettò.

***

I primi ad arrivare furono Clara e il Dottore. John era quasi appisolato davanti al camino acceso, ma l’inconfondibile suono (per chi lo conosceva) della TARDIS lo risvegliò completamente. Corse alla finestra, curioso e come sempre affascinato dalla materializzazione della cabina telefonica, ma non la vide nemmeno quando aprì l’anta e si affacciò con la testa completamente fuori nell’aria fredda per scannerizzare la strada da cima a fondo. Rimise la testa dentro, perplesso, e la vide.
La TARDIS.

Nel suo salotto.

«Scusa John, coordinate sbagliate! Ma comunque Buon Natale!» esclamò il dottore, saltando fuori in uno svolazzo della (nuova?) giacca color melanzana e correndo a salutarlo con due baci sulle guance.

«Clara ha portato i crackers!» annunciò felice sedendosi sul divano, mentre la ragazza lo salutava brandendo gli involti colorati tra le mani.

«E anche cappellini per tutti.» completò lei, guardandosi intorno.

«Non credo proprio. Clara, Dottore, buon Natale!» salutò Sherlock, materializzandosi nella stanza quasi come aveva fatto la TARDIS.

«Dottore, dove hai messo i nostri regali?» chiese Clara al Dottore, ignorando la velata protesta di Sherlock e piazzando la prima corona di carta velina (fucsia) proprio in cima ai suoi ricci scompigliati.

«Sotto l’albero, ovviamente!» rispose subito quest’ultimo, un cappello da Babbo Natale appena spuntato sulla sua testa. «Oh! oh! oh! È da tanto che non faccio un salto dal vecchio Jeff, ci passeremo dopo magari.»

L’atmosfera iniziava a farsi così allegra e Sherlock era talmente buffo con l’espressione imbronciata e quella corona dal colore improbabile che John iniziò a rilassarsi, e si mise un berretto a punta da elfo a righe rosse e verdi mentre Clara si sistemava un cerchietto adornato da corna di renna in feltro e campanellini. Impegnato in quell’azione, ci mise qualche minuto a realizzare le parole del Dottore.

«Dottore, noi non abbiamo un albero di Natale…» iniziò a dire, ma fu interrotto da Sherlock.

«Ho decorato il tuo bonsai prima, mentre non c’eri. Ci tenevi, mi pare.» per una volta, nelle sue parole non c’era traccia di freddezza o sarcasmo o altre sovrastrutture che il suo amico usava per tenere il resto del mondo lontano, e John sorrise senza dire niente.

«Andrà benissimo. Un albero su misura per te, John!» esclamò il Dottore facendo ridere tutti così forte che non sentirono il campanello e furono richiamati all’ordine solo da quattro colpi forti che risuonarono attraverso il legno della porta. Nessuno, a parte forse il detective di Baker Street, ebbe il tempo di cogliere il lieve pallore che passò veloce sul volto del Dottore prima che questi balzasse in piedi e iniziasse come suo solito a scorrazzare di qua e di là nella direzione –più o meno- dell’ingresso, aprendo la porta di volata.

«Sam! Dean! Castiel!» li salutò, e presto gli ultimi arrivati si unirono all’allegria generale. Erano venuti tutti e tre con cappelli da Babbo Natale coordinati, e la faccia ancora verdastra di Dean si intonava benissimo al suo cappello. Sul volto di Sherlock spuntò un ghigno.

«Per fortuna i Padri Pellegrini sono arrivati in nave.» fu il suo saluto per il più grande dei fratelli Winchester, che per tutta risposta lo schizzò con l’acqua santa.

«Controllo di routine.» rispose con un sorriso “innocente”, godendosi la scocciatura comparsa sulla faccia del detective. Sam si mise subito tra loro.

«Bambini, se vi comportate bene avrete entrambi una fetta di torta.» commentò ridendo e trascinandoli in salotto.

«Torta di mele?» chiese speranzoso Dean, che aveva rimosso l’avvertimento dalla frase, incapace di processare altro oltre alla nozione di “torta”.

Castiel si era già piazzato davanti al camino scoppiettante, sfregandosi le mani soddisfatto e chiacchierando con Clara.

«Non fa così freddo in Kansas…» ebbe appena il tempo di dire, prima che un vassoio che sembrava quasi troppo grande per John facesse la sua comparsa.

«È pronto il tè!» esclamò, iniziando a servirne tazze scompagnate a tutti.
Dean si guardò intorno speranzoso e Sherlock alzò gli occhi al cielo. «John, credo che il nostro ospite stia scalpitando per la torta di Mrs Hudson. Niente mele nel ripieno, mi dispiace.» aggiunse, prendendolo in giro.

«Beh, non mi aspetto altro da gente che non beve alcolici prima delle sei del pomeriggio.»
Ma nonostante questo commento, Dean accettò la sua tazza di té (complice forse lo sguardo eloquente che gli lanciò il suo compagno) e finì per versarsene dell’altro, di nascosto, quando nessuno poteva guardarlo.

La serata passò in allegria, grazie agli ottimi dolci di Mrs Hudson, alla irrefrenabile energia del Dottore che continuava a raccontare di tutti gli ultimi viaggi fatti con Clara (ben attento a nascondere i particolari che avrebbero aiutato Sherlock a dedurre i regali che avevano portato), e alla calma e serenità emanata principalmente da John e Castiel, che si godevano l’improbabile riunione di quella che consideravano la propria strampalata famiglia.

Dean fu ovviamente la principale causa per cui sparì non solo la torta ripiena di frutta secca, ma anche i muffin, che lui e Sam si lanciavano a pezzetti, cercando di farli atterrare nelle bocche aperte dell’altro. Durante una di queste manovre l’enorme secondogenito dei Winchester investì per sbaglio Clara, seduta a terra su un cuscino con la bandiera della Union Jack (il preferito di Sherlock), e che le finì tra le braccia. Entrambi i ragazzi arrossirono e si allontanarono così velocemente da far credere che si fossero scottati. Sherlock si trattenne dal dire ad alta voce quel che in realtà stavano sospettando tutti, e che le sue parole avrebbero confermato. Fu il Dottore a spezzare quel breve momento di imbarazzante silenzio che si era formato, saltando su ed esclamando: «regali!» e correndo a prendere dei pacchetti ricoperti da una strana carta blu ricoperta da stelle che brillavano quasi come fossero pezzi strappati al cielo notturno. Ce n’erano cinque più o meno uguali per forma e dimensione, e un involto più piccolo, quadrato, che sembrava una scatolina. Distribuì i cinque regali “fratelli” a John, Sherlock , Sam, Dean e Castiel, e la scatolina (che produceva un ticchettio metallico se agitata) a Clara.

I cinque, curiosi come pettegole (benché tutti si curassero di non darlo a vedere), attesero che Clara aprisse il proprio pacchetto prima di fare altrettanto. Quella scatolina si rivelò essere una di quelle da orafi, che conteneva una collana fatta di un semplice catenina forse d’argento, ma Clara saltò su felice e corse ad abbracciare il suo Dottore.

«Grazie! Grazie Dottore!» esclamò, stampandogli un bacio sulla guancia che produsse un sonoro schiocco, mentre il Dottore ricambiava l’abbraccio, felice. Sbirciando meglio, gli altri capirono il perché di tanto entusiasmo: il ciondolo della catenina era in realtà una chiave. Non serviva certo Sherlock per immaginare che fosse quella della TARDIS. Clara contraccambiò dando al Dottore un libro che si rivelò essere un album che aveva fatto lei stessa, con pezzi di racconti delle loro avventure, e souvenir di varia natura (tessuti, foglie e altri piccoli oggetti) attaccati alla pagine, e persino qualche foto scattata chissà dove e come.

Liberati dal peso della curiosità, gli altri si dedicarono ai propri pacchetti, che si rivelarono essere tutti manufatti artigianali: statuine di donne vestite con abiti sgargianti e decisamente “alieni” che se avvicinate a una fonte di calore iniziavano a cantare una melodia dolce e allo stesso tempo triste, a metà tra una ninnananna e una preghiera.

«Clara ha pensato che vi sarebbero piaciute. Le abbiamo prese al mercato di Akhaten, e cantano la preghiera che rivolgono al loro Dio. Beh tecnicamente ora è andato a dormire per sempre, ma non credo che smetteranno di cantarla in ogni caso.» spiegò il Dottore. Erano tutti visibilmente commossi, e persino Sherlock sembrò cedere per un momento, e questo fu il ringraziamento migliore che il Dottore poteva aspettarsi.

Fu poi il turno dei tre ospiti americani, che tirarono fuori i pacchetti dalle tasche del cappotto di Castiel e da una borsa simil-militare in camouflage. A Sherlock toccò un nuovo kit di vetrini e sostanze per il microscopio, e si lanciò subito affascinato nello studio del contenuto mentre Sam e il Dottore osservavano con curiosità tutto. Dean si avvicinò a John, porgendogli il suo regalo con un sorrisetto complice e un «Lasciamo i nerd tra loro.»

Era una busta, e dentro c’era un buono di due mesi per un’iscrizione a un sito di appuntamenti on-line. John alzò gli occhi per guardare l’amico perplesso. «Ehm… grazie.» borbottò un po’ incerto.

«Hai bisogno di uscire un po’, amico. Anche Sam ha cominciato a domandarsi se sei gay.» annunciò Dean con la massima tranquillità.

«Io non sono gay!» ormai John lo diceva senza più alcuna speranza di venire, prima o poi, preso sul serio.

«Dean...» Castiel, ex-angelo, interruppe la conversazione, sfiorando la spalla del compagno mentre lo chiamava, un’espressione divertita sul volto. Quando gli altri due lo guardarono, Castiel li indirizzò con un movimento della testa a quello che voleva vedessero: Sam che aveva dato gli altri due pacchetti al Dottore e Clara. Il Dottore scartò un nuovo bow-tie, che cominciò a rimirare da ogni angolazione e che alla fine mise togliendosi quello che portava. Clara, invece, guardò Sam per un secondo di troppo, sorridendo, e rigirandosi tra le mani un piccolo involto, con la faccia di chi si dispiace di dover strappare la carta. Sam si chinò per dirle qualcosa all’orecchio, che nessuno riuscì a sentire, e Clara nascose il misterioso pacchetto nella sua borsa. Dean e Castiel si scambiarono un’occhiata complice e soddisfatta, come se fosse tutto merito loro, e poi si scambiarono i loro regali: Castiel aveva studiato una compilation dei brani preferiti di Dean, e dal modo in cui il volto di quest’ultimo si illuminò leggendo la playlist, era ovvio che l’angelo li aveva ordinati con un criterio che faceva parte del loro modo segreto di comunicare. Dean, molto più concreto, fece scartare a un imbarazzato Castiel un paio di boxer, e nella sua mente si stavano sicuramente formando pensieri vietati ai minori. Il Dottore coprì a Clara gli occhi con una mano.

Castiel si riprese, facendo uno sforzo di concentrazione per dare a Sam quello che lui e Dean avevano scelto per lui: un biglietto aperto per un volo da Topeka a Londra. Sam abbracciò Castiel, poi si rivolse a Dean con un ghigno: «Grazie, idiota.»

«Prego, stronzetto.» rispose l’altro, lasciando un confuso Sherlock a domandarsi perché John lo riprendeva sempre quando era lui ad insultare qualcuno. Stava giusto per domandarlo, quando John gli mise in grembo il suo pacchetto. Sherlock lo ringraziò e lo mise da parte, aiutandolo a dare i regali ai loro ospiti. Clara scartò un delizioso fermaglio per capelli in metallo color bronzo, decorato da pietruzze che avrebbero brillato di riflessi tra i suoi capelli scuri, evidentemente una scelta operata da John.

«è John quello che capisce di più queste cose.» borbottò Sherlock, in parte infastidito di ammettere di avere una mancanza, ma ammorbidito dall’atmosfera più di quanto ci tenesse a far vedere. Clara ridacchiò e poi li ringraziò entrambi con un bacio sulla guancia. Il Dottore invece si ritrovò in mano un set di dieci fialette di vetro, di cui una era riempita di un terreno granuloso e umidiccio, una sorta di sabbia un po’ melmosa.

«Grazie…» iniziò a ringraziare, anche se gli si leggeva un certo dubbio in fondo allo sguardo. Sherlock chiarificò: «Vorrei che raccogliessi un po’ di campioni di terreno dei pianeti su cui vai, Dottore. Mi piacerebbe fare degli esperimenti.»

«Ma quella della decima fialetta è sabbia delle rive del Tamigi, Dottore. Abbiamo pensato che è un bel modo per ricordarti che qui sei a casa.» aggiunse John.

«In realtà l’ha pensato John, ma insiste nel volermi includere.» precisò Sherlock, e John alzò gli occhi al cielo.

«Grazie, Sherlock.» si fece avanti Sam, brandendo il libro che il detective aveva suggerito a John di comprare.

«Prego, Sam. Sono sicuro che lo apprezzerai, d’altronde l’ho apprezzato anche io. Ci sono alcune tecniche di osservazione di cui mi avevi chiesto l’altra volta e il modo in cui trarne deduzioni.»
Sentirono distintamente Dean borbottare di nuovo “nerd”, prima di aprire un involto abbastanza spesso da cui uscirono una lunga serie di badge identificativi falsi.

«Oh… questi saranno davvero utili!» disse, scorrendoli e ringraziando i due padroni di casa con un sorriso. Niente abbracci tra uomini. «Come hai fatto a ottenere questi?» domandò, sbalordito, brandendo tre cartellini con la sua foto, di Sam e Castiel e che recitavano “Servizio di Controspionaggio Estero”. Sherlock fece spallucce.

«Mycroft.» disse per tutta risposta, per poi voltarsi verso Castiel, che si stava provando il suo cappotto nuovo. Sherlock ghignò soddisfatto e disse a John: «Visto? Sapevo che gli sarebbe piaciuto.»
John lo ignorò, dicendo a bassa voce qualcosa di poco lusinghiero e ancor meno comprensibile sulla fissazione per i cappotti che quei due condividevano.

Quando tornò a cercarlo con lo sguardo, John si accorse che il suo coinquilino era sparito. Spuntò subito dopo dalla sua camera, con un pacchetto in una mano e il violino nell’altra.

«Buon Natale, John.» glielo porse, con un sorriso che non si disegnò sulle labbra, ma che era perfettamente percepibile nei suoi occhi. John prese il pacchetto sorpreso.

«Pensavi che non l’avrei fatto.» non era una domanda. Sherlock non faceva domande.

«Credevo che… con tutto questo lamentarsi di feste inutili…» abbozzò l’altro. Sherlock soffiò come un gatto arrabbiato. John, imbarazzato, si rigirò il pacchetto tra le mani e lo scartò, tanto per fare qualcosa. Si ritrovò a spiegare un maglione di lana a trecce blu scuro, morbido e caldo, con una decorazione geometrica in rosso e bianco che correva intorno al collo dolcevita e alle maniche. Sorrise.

«Grazie. È… bello.» farfugliò, ancora in colpa per aver pensato che il suo migliore amico non avesse voluto fargli un regalo di Natale. Sherlock non era la macchina che fingeva di essere, dopotutto, e John lo sapeva meglio di chiunque altro. «Beh, adesso devi scartare il tuo.» gli suggerì, tornando a guardarlo con rinnovato affetto. Sherlock affilò lo sguardo e sostenne quello di John. «Niente di sentimentale?» John non rispose, e se ne andò sospirando e scuotendo la testa. Sherlock sarebbe rimasto sempre Sherlock.

«E comunque non sono l’unico a non aver aperto il proprio regalo. Clara?» disse a voce più alta il detective. La ragazza sobbalzò e sul volto le si dipinse un’espressione colpevole.

«Sherlock, mi hai promesso che avresti suonato qualcosa.» disse John, porgendogli il violino e lanciandogli un’occhiataccia.

«Ah, quindi deve restare un segreto? Bene.» rispose serafico Sherlock, imbracciando l’elegante strumento e pizzicandone le corde per saggiarne l’accordatura. Eseguì senza difficoltà qualche brano, all’inizio soltanto un paio di carole, poi iniziò ad accogliere le gentili richieste del pubblico, rifiutandosi di eseguire soltanto “you shook me all night long”. Concluse con un ghirigoro l’ultima battuta di “We wish you a merry Christmas”, tutti applaudirono e il detective mise il violino da parte, per tornare a sedersi sulla sua poltrona e prendere il regalo di John. Dopo averlo soppesato per qualche minuto con indecisione, decise di scartarlo. Quello che si ritrovò fra le mani fu una statuetta fermalibri, abbastanza pesante, modellata nella forma di un drago addormentato sopra un favoloso tesoro. Stavolta, Sherlock sorrise anche con le labbra. «Grazie, John.» e si alzò per sostituirla subito a quella che già adornava la mensola sopra il caminetto.

A causa del cibo e del pieno di buoni sentimenti il clima si stava rilassando sempre più, andando a finire sul sonnecchioso. D’altronde, Sam, Dean e Castiel arrivavano dall’altra sponda dell’oceano ed erano ancora sotto l’effetto del jet-lag, e il Dottore non sopportava bene l’alcol dell’eggnog, che l’aveva un po’ stordito. Alla fine, dopo un altro giro di chiacchiere, scherzi e prese in giro, un plateale sbadiglio di Castiel decretò la fine della serata. I due fratelli e l’angelo iniziarono il giro di saluti, e tutti fecero finta di ignorare Sam e Clara che si salutarono tornando a mormorarsi qualcosa all’orecchio.

Poco dopo, anche il Dottore disse qualcosa sul “l’andare a salutare il suo vecchio amico Jeff”, a cui Clara rispose per le rime, redarguendolo sul fatto che sarebbe andato a dormire senza storie.

«Babysitter. Ecco perché non viaggio con le babysitter.» borbottò il Dottore salutando John e poi balzando nella TARDIS. Prima che Clara potesse seguirlo, Sherlock le urlò dietro:

«Cosa gli risponderai?» Clara si voltò e lo guardò con un sorriso enigmatico degno della Monna Lisa.

«Che peccato, te lo sei perso. Ho già risposto.» tornò a dargli le spalle e si chiuse dietro le porte del TARDIS, che quasi istantaneamente iniziò a scomparire con il suo rumore rassicurante.   

Quando John e Sherlock furono di nuovo soli, si adoperarono a rimettere in ordine, almeno parzialmente (e solo per non sentire le lamentele di Mrs. Hudson). Mentre impilavano nel sacco i brandelli di carta da regali, John non riuscì più a resistere e chiese: «Me lo dirai?»

«Dirti cosa?» ribatté Sherlock innocente, con uno sguardo che però tradiva i suoi veri pensieri.

«Che cosa Sam, Dean e Castiel hanno regalato a Clara.» Sherlock ghignò e si sedette di nuovo sulla sua poltrona.

«Primo errore: solo Sam. Gli altri due erano una copertura.» lo corresse. John scosse la testa.

«D’accordo, solo Sam allora.» il ghigno sul volto del detective di Baker Street si fece più ampio.

«Le ha regalato un biscotto della fortuna.» rivelò, estremamente divertito dall’idea.

«Un… biscotto… della fortuna?» ribatté l’altro, perplesso.

«Beh, era ovvio.» rimarcò il detective.

«Ovvio?» gli fece eco John, nient’affatto convinto. Sherlock sospirò, alzò gli occhi al cielo e non rispose.

«Ho ragione di credere che sia uno di quelli in cui si può personalizzare il messaggio. Diceva “Alla più bella stella che la TARDIS abbia mai visto.”» aggiunse, senza che gli fosse chiesto.

«E no, questo è troppo. Come potresti mai sapere una cosa simile?» chiese John, incredulo, preparandosi a sentirsi un’idiota.

«Perché l’ho vista aprirlo.» rispose Sherlock, serio, per poi scoppiare a ridere una volta che John ebbe processato le sue parole.

Dopo un primo momento in cui mostrò una faccia offesa, anche John cedette e iniziò a ridere.

E così si concluse la serata di Natale più stramba che la storia ricordi: l’Avventura del Natale al 221B.
  
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