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Autore: teabox    10/01/2014    12 recensioni
Uno studio - per l'affetto per questa coppia-non-coppia.
(Vago accenno a "The Sign of Three".)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come in una storia che nessuno ha scritto o ha pensato di scrivere, la pioggia cade su di lei in linee e puntini. 

 

(La pioggia cade simmetrica, gli aveva detto una volta. Aveva riso, poi, precedendo la sua obiezione. Sì, lo sapeva che la pioggia non cadeva simmetrica e sì, lo sapeva che la frase non aveva nemmeno senso, ma le piaceva come suonava comunque.)

 

(Aveva aggiunto “Sherlock”, poi, dopo una pausa. Le piaceva pronunciare il suo nome.)

 

(Molly Hooper era piena di stranezze.)

 

E dalla finestra dell’appartamento buio e vuoto, Sherlock la guarda. Linee e puntini. Puntini, puntini, linee. Ne sente quasi il rumore e potrebbe - se solo volesse, se solo si azzardasse - comporre una sonata per violino, qualcosa di lento e triste per quel momento, e forse dolce - se solo “dolce” fosse una parola che fosse capace di intrecciare facilmente ad una persona.

 

Un uomo le passa accanto, lungo il marciapiede. Un movimento accennato dell’ombrello, si è girato a guardarla, chiedendosi perché lei è lì, sotto la pioggia. Domandandosi se sta piangendo. Chiedendosi se fare qualcosa. Dimenticandola un attimo dopo. 

 

Ma Molly non sta piangendo. Sherlock lo sa.

C’è un movimento preciso che le sue spalle fanno, quando piange. Il corpo si chiude quasi in se stesso, come se cercasse di trattenere dentro quello che sente. 

E se stesse piangendo allora forse - forse - lui non sarebbe lì alla finestra ad osservarla. 

 

Non sa neanche quando l’ha registrato, ma sa che lei lascia evadere quasi esclusivamente la felicità.

 

(“E’ davvero necessario essere sempre così contenti, Molly?”)

(“Molly Hooper, non c’è bisogno di ridere.”)

(“Perché quel sorriso, Molly?”)

 

Quei ricordi suonano freddi anche a lui. Non crede che gli importi più di tanto, comunque.

 

(Bugiardo.)

 

La osserva attraversare la strada senza neanche guardare a sinistra e a destra. Ma lo fa lui per lei e se ci fosse qualcosa di pericoloso, sa che troverebbe il modo di avvisarla per tempo. 

Infondo anche Londra, nel cuore della notte, sa riposare e diventare quasi tranquilla, quasi silenziosa. Quasi vuota. 

 

Sente il portone al piano terra aprirsi, ma rimane alla finestra. 

 

(Lo aveva chiuso, quella sera, quando era tornato dal laboratorio, ma sul pianerottolo del primo piano era tornato indietro e lo aveva socchiuso.)

 

(Aveva provato a dirsi che non c’era una ragione, un motivo razionale, ma l’idea era suonata talmente stupida che quasi si era messo a ridere.)

 

I passi li potrebbe contare. Saprebbe dire esattamente quale scalino Molly stia salendo in quel momento - piano, lentamente, silenziosa come un topo - e tra quanto entrerà nell’appartamento. Ma non è quello che conta. Conta il fatto che non ci sia abbastanza tempo per prepararsi. Riordinare pensieri che ha volutamente evitato da quando ha lasciato il laboratorio.  

(“Cosa c’è, Molly? Sei particolarmente silenziosa oggi.”)

 

E che ha evitato per una ragione precisa. 

 

(“Non credo di poterlo sposare, Sherlock.”)

 

Una ragione così precisa che ha un nome. 

 

(“Certo che lo puoi sposare, Molly.”)

 

E quel nome sta salendo le scale, lasciando gocce di puntini e linee lungo i gradini e portando con sé il profumo strano di Londra quando piove. 

E non riesce a capire - per questo forse evita di chiederselo - per quale ragione sia sempre così difficile isolare singoli elementi in lei. Molly Hooper è un insieme di “et et”, mai un “aut aut”.

 

(Una specie di cristallizzazione frazionata, le aveva detto una volta. Come la neve, aveva replicato lei. Lui aveva scacciato quella sciocchezza - corretta - con un gesto della mano.)

 

(Una complicazione che porta altre complicazioni, aveva detto una volta a Mycroft.)

 

Ed esita di nuovo, Molly Hooper. La sente, sulla soglia chiusa dell’appartamento. Non sente le gocce di pioggia che si è portata con sé, ma sa che le troverebbe lì - puntini, linee, puntini - sull’ingresso, se solo aprisse la porta.

 

(“Non credo di poterlo sposare, Sherlock.”

“Certo che lo puoi sposare, Molly.”

“Non credo di volerlo.”)

 

(Solo allora aveva capito cosa lei stesse cercando di dire. Non aveva saputo cosa rispondere.)

 

«Non devi bussare per entrare, Molly», dice alzando quel tanto la voce perché lei lo possa sentire al di là della porta.

Passa un istante prima che lei si decida, trascinando con sé tutto un mondo complicato che invade il vuoto dell’appartamento. 

«Scusa.»

 

Sherlock si gira a guardarla. Sta spostando una ciocca bagnata di capelli dietro l’orecchio. E’ pallida - come sempre - ma c’è qualcosa nella qualità della poca luce che filtra nella stanza che sembra renderla ancora più pallida.

 

(Aveva indossato un vestito giallo al matrimonio di John. L’aveva fatta sembrare una lucciola, un elemento caotico in un mare di neri e pastelli. L’aveva vista regalare sorrisi di seconda mano. Non aveva saputo cosa pensarne. Era stato complicato evitare di guardarla.)

 

«L’ho lasciato», dice Molly quasi sottovoce. Si tormenta le mani. Intreccia le dita. Manca l’anello.

 

Leggera. No, più debole. In quel momento la gravità sembra più debole. 

 

(Che è un pensiero assurdo, completamente sbagliato. Il peso di un corpo cambia in base alla posizione e al materiale su cui poggia, non in base a parole e sensazioni.)

 

«Tè?», domanda allora invitandola con una mano a sedersi in una delle poltrone. Trova particolarmente facile sorriderle.

Lei - stanca, confusa - si accomoda quasi con un sospiro. Sherlock sa che in un altro momento si preoccuperebbe di macchiare il tessuto, ma ora il pensiero non le sfiora la mente. 

 

(John probabilmente apprezzerebbe questo attimo. Magari lo aggiungerebbe alla collezione che ha sul blog, in quel suo stile romanzato che sembra piacergli molto. Qualcosa come “Molly Hooper arrivò nel mezzo della notte, bagnata e con la più straordinaria delle notizie”.)

 

(Forse John non scriverebbe “straordinaria”, ma “triste” o “spiacevole”. Ma Sherlock non è John e per lui la notizia è straordinaria.)

 

Torna dalla cucina con due tazze di porcellana così delicate che si domanda come abbiano fatto a sopravvivere fino a quel momento. Le mani di Molly tremano appena quando ne prende una.

 

Sherlock sa che ci sarebbero parole, cose giuste da dire, ma quando cerca di afferrare quelle poche che conosce, sembrano sfuggirgli e nascondersi in angoli remoti. 

Rimane in piedi, allora, a pochi passi da lei, e aspetta. 

 

(La misura di un gentiluomo, ha detto una volta Mycroft, è in quello che dice e in come sa tacere.)

 

(Si domanda quanto sia bravo in una o l’altra delle cose, ma non crede che abbia davvero molta importanza in quel momento, perché tace per il timore di dire la cosa sbagliata e sa - perfino lui sa - che non si può permettere quell’errore ora.)

 

Si schiarisce la voce, quando lei alza gli occhi su di lui. E si sposta quasi a disagio - un che di meccanico nei suoi movimenti - quando decide di sederle di fronte. 

 

«Quindi hai rotto con lui», ripete lui.

Molly accenna un sì con la testa.

«E ora?», chiede Sherlock.

«E ora», risponde lei con un sospiro. «Sono sola.»

 

(Sola. Sola. Sola.)

 

Sherlock lascia passare un istante. «Non essere sciocca, Molly Hooper.»

Le sue parole vibrano nella stanza.

 

(Lei lo sta guardando e lui vorrebbe che non lo facesse. Non così.)

 

«Non sei sola. Hai me.»

 

(La sorpresa è la prima cosa che affiora sul suo volto. Poi un sorriso le crepita sulle labbra. E Sherlock capisce solo in quel momento il perché di tutto quello.)

 

(Nasconde il suo sorriso nella tazza di tè.) 

 

(Molly Hooper è un paradosso.) 

(Una conclusione apparentemente inaccettabile, derivata da premesse apparentemente accettabili, per mezzo di un ragionamento apparentemente accettabile.)

 

 


 

L'universo comincia a sembrare

più simile ad un grande pensiero

che non a una grande macchina.

(James Jeans, astronomo e fisico.)

 

 

 

 

 

 

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