Li osserva
dalla porta della stanza, incerto se entrare o fermarsi lì a
vegliare su di
loro, a distanza. Da una parte non vorrebbe disturbarli,
dall’altra è così
felice di vederli tutti e tre insieme, sani e salvi, che non
può fare a meno di
averli vicini. Ha quasi rischiato di perderli oggi. Ci è
mancato poco che non
riuscisse a conoscere la sua nipotina.
In barba
alla genetica.
Sarah Grace
è la figlia di un uomo che per lui è come un
fratello, ergo è sua nipote.
Punto.
Jenny riposa
serenamente nel suo letto, vicino alla culla che accoglie Sarah Grace,
un
miracolo venuto alla luce in un’ambulanza a pochi metri
dall’edificio nel quale
suo padre ha rischiato di morire, inghiottito da un incendio. Deve
essere stato
terribile per lei: Dio solo sa dove abbia trovato la forza per
partorire la sua
piccola dopo quella telefonata straziante
in cui
Ryan praticamente le aveva detto addio. E ringraziando il cielo
è arrivata una
bambina: un moccioso irlandese,
pallido e
biondiccio, non si sarebbe mai potuto chiamare Javier. Ci ha scherzato
sopra
quando ha sentito il suo partner parlare con la moglie e suggerirle
quel nome,
se fosse stato un maschio. Latte e miele è sempre stato un
uomo sensibile ed
emotivo, decisamente troppo. Ma anche se Esposito ha la maschera del
duro, nel
profondo del cuore quel gesto lo ha toccato e lo ha commosso, anche se
non lo
ammetterà mai, nemmeno sotto tortura.
Nel letto
vicino, al di là della culla, c’è
proprio Kevin. Gli hanno ripulito il viso e
gli hanno fatto indossare una maschera per l’ossigeno, ma non
ne ha voluto
sapere di allontanarsi dalle sue ragazze. E’ stato grazie
all’intervento di
Castle che gli hanno rimediato un posto nel reparto
maternità. La
capoinfermiera del turno di notte, infatti, si è rivelata
essere una sua grande
fan e lui è immediatamente entrato in modalità
“scrittore famoso affascinante,
praticamente irresistibile”, e il
risultato è che Kevin si è fatto medicare
velocemente ed ora eccolo lì che
riposa, a pochi centimetri da sua moglie e da sua figlia. Ha qualche
leggera
ustione e contusione, specialmente sulla gamba che è rimasta
schiacciata dalla
trave di cemento, ma tutto sommato sta bene. Certo, con la sua pelle
diafana le
scottature ci metteranno un po’ a guarire, ma la cosa che
conta è che adesso è
lì con le donne della sua vita. Si è addormentato
su un fianco, girato verso
Sarah Grace e Jenny, quasi a non volersi staccare da loro nemmeno
visivamente.
Anche Javi
dovrebbe riposare, ma non ha resistito a venire a trovare una parte
della sua
famiglia, così ha approfittato del fatto che Lanie si fosse
appisolata sulla
sedia, si è trascinato fino alla loro stanza ed ora osserva
con tenerezza la
sua nipotina. Con l’indice le accarezza appena una
guanciotta, poi scende sulle
manine chiuse a pugno e lei fa una smorfia con il naso, apre la mano
destra e
afferra subito il dito dello zio, stringendolo con forza.
Sarà anche un duro,
ma un’ondata di dolcezza lo travolge e una lacrima gli
scivola furtivamente
lungo la guancia. Accidenti, è sempre colpa di Kevin. Anche
quando ha chiesto a
Jenny di sposarlo, davanti a tutto il Distretto, Javier Esposito si
è commosso:
per fortuna, in quell’occasione tutti erano impegnati
dapprima a fingere di
non osservare con attenzione cosa stesse facendo
il detective Ryan e poi a congratularsi con i futuri sposi,
così era riuscito
ad asciugarsi gli occhi senza farsene accorgere. E per fortuna, anche
qui non
c’è nessuno che lo vede: deve mantenere la sua
immagine da macho, non può certo
farsi beccare a piagnucolare come una femminuccia.
“Javi,
che
ci fai qui?” gli chiede Jenny sottovoce. Appunto, beccato
subito.
Quelle
parole lo fanno sussultare: non si era accorto che la neomamma si fosse
svegliata.
“Hey,
volevo
solo assicurarmi che steste tutti bene… Jenny, hai fatto una
magia, lo sai?” le
dice sorridendo e facendo un cenno con la testa ad indicare la cucciola.
“Già…
devo
ammettere che la tua Lanie è stata fantastica. Senza di lei
non ce l’avrei
fatta!”
“Sì…
è una
donna speciale…” commenta Esposito, sempre
sussurrando.
Per non
svegliare padre e figlia e, più che altro, per non far
percepire a Jenny quanto
la commozione gli abbia incrinato la voce.
Rimangono in
silenzio alcuni secondi, intenti a fissare la piccola che continua a
fare delle
buffe smorfie con il viso, senza mai mollare il dito dello zio.
Poi Jenny
riprende: “Kev mi ha raccontato che sei stato un leone
là sotto e che hai
sollevato una trave di cemento pesantissima… Grazie, Javi,
lui è vivo anche per
merito tuo… Sembra che stasera tu e Lanie siate stati
entrambi fondamentali per
la nostra famiglia!”
Javier sta
per risponderle quando una voce ben nota, proveniente dalla porta della
stanza,
sussurra: “Detective Esposito, lo sapevo di trovarti qui. Che
ci fai fuori dal
letto e senza maschera per l’ossigeno?” Parla
sottovoce ma il tono è
inconfondibile e riesce a farlo sussultare. Come sempre.
“Chica,
dovevo assicurarmi che il mio partner e le sue ragazze stessero
bene” le
risponde senza voltarsi, continuando ad osservare la sua nipotina e non
riuscendo a togliersi un sorriso dalle labbra davanti a
quell’esserino minuscolo
avvolto da un pagliaccetto tutto rosa. Anche se è ancora
alle sue spalle, si
immagina Lanie con le mani sui fianchi e lo sguardo che non perdona.
La
dottoressa Parish alza gli occhi al cielo e scuote la testa, poi
scambia
un’occhiata d’intesa con Jenny e dice:
“Ora che hai visto che qui è tutto sotto
controllo, vorresti cortesemente seguirmi nella tua stanza e metterti a
letto?
Forza, su, fra poche ore potrai giocare di nuovo a fare lo zio, ora
vedi di
fare il paziente, ok?”
Javi si
libera dalla stretta di Sarah Grace, le lascia un bacio delicato sulla
fronte,
poi si gira verso Jenny e bacia anche lei sulla guancia, congedandosi
dalla
famiglia Ryan per farsi scortare dalla sua Lanie verso la stanza che
gli hanno
assegnato. Osservando Kev, Jenny e la loro piccola ha sentito, forse
per la
prima volta nella sua vita, che anche lui vorrebbe avere qualcosa del
genere
nel suo futuro, magari proprio con la bella anatomopatologa che si sta
prendendo amorevolmente cura di lui in questo momento.
Giunti nella
camera, Lanie aiuta Javier a salire sul letto e lui solo in
quell’istante si
rende conto che la donna sta tremando. “Hey, chica, tutto
bene? Hai freddo?”
“N-no…
è
tutto a posto” risponde la dottoressa Parish, evitando di
guardarlo negli occhi
e fingendo di essere intenta a sistemargli coperte e lenzuola.
Ma Javi non
demorde.
La conosce e
sa che non va per niente bene.
Le prende
una mano e gliela stringe forte.
Di fronte a
quel gesto, Lanie scoppia a piangere, così che Esposito, con
qualche
difficoltà, si mette seduto sul letto e la tiene stretta fra
le braccia,
sussurrandole che è tutto finito, che lui e Ryan sono vivi e
che Jenny e la
piccola stanno bene. Dopo alcuni minuti, la crisi sembra essere
passata. I
singhiozzi diminuiscono e Lanie sembra tranquillizzarsi, ma rimane
ancora
aggrappata al collo di lui. E da quella posizione, come se si
vergognasse a
mostrargli il proprio volto rigato dalle lacrime, comincia a parlare,
con un
filo di voce: “Ho temuto di perderti. Già quando
ho eseguito l’autopsia sul tuo
sosia, qualche mese fa, mi ero sentita morire, ma oggi ho davvero avuto
paura
che non ti avrei mai più rivisto.”
Al sentire
queste parole, Esposito chiude gli occhi e stringe la donna ancora
più forte a
sé. Anche lui ha avuto la sensazione che non ce
l’avrebbero fatta e Lanie è
stato il suo ultimo pensiero.
“E poi
c’era
Jenny. Lei aveva bisogno di aiuto e io non potevo crogiolarmi nella mia
angoscia. Sono un medico, ma oggi per me è stato
difficilissimo fare il mio
lavoro: come potevo aiutarla sapendoti in quell’inferno?
… Non ti azzardare mai
più a ficcarti in un casino del genere, Javier Esposito,
è chiaro?”
Eccolo qui,
il tono perentorio della dottoressa Parish, il suo marchio di fabbrica.
“Hey,
chica,
va tutto bene. Sei stata spettacolare con Jenny e Sarah Grace. E io
sono
orgoglioso di te. Adesso però riposiamo, ok? Sdraiati qui
con me, dai…”
In pochi
minuti, cullati dal reciproco respiro, Lanie e Javi si addormentano. Il
regolamento dell’ospedale non permette certo che un
visitatore condivida il
letto di un paziente, ma stasera di rispettare le regole non gliene
frega
proprio niente. Hanno ancora alcune cose da sistemare nel loro
rapporto, devono
chiarirsi su ciò che vogliono per il loro futuro, ma ne
parleranno domani.
Adesso ciò di cui hanno bisogno è di stare
l’uno nelle braccia dell’altra.
Nel
frattempo, Rick e Kate sono arrivati al loft. Dopo aver accompagnato i
ragazzi,
Jenny e Sarah Grace all’ospedale ed essersi assicurati che
stessero tutti bene,
sono andati al Distretto per fare rapporto al Capitano Gates, che ha
stretto la
mano ad entrambi, complimentandosi con Rick per il suo contributo
fondamentale nell’identificare
il piromane. Castle è ancora stordito, sia per
l’angoscia che ha provato nel
sapere i suoi amici prigionieri in quell’inferno, sia
– o forse soprattutto –
per il gesto di stima di Victoria Gates. Un’altra cosa che lo
turba è l’odore
acre del fumo. Gli ha riportato alla mente il ricordo
dell’appartamento di Kate
saltato in aria anni fa. In quell’occasione aveva visto
esplodere la casa della
sua musa e le fiamme che erano divampate dalla finestra gli avevano
fatto
temere il peggio. Anche se Kate se l’era cavata con una
leggera ustione su un
braccio, l’odore del fumo gli era rimasto impregnato nelle
narici per giorni.
Appena
entrano nel loft, Rick fa un respiro profondo e commenta: “Hell of a day!”
Kate
sorride, ripensando all’altra occasione in cui aveva usato
questa espressione:
Castle aveva appena salvato New York dall’esplosione di una
bomba sporca
semplicemente strappando tutti i fili dell’innesco. Poi si
volta verso di lui e
lo abbraccia stretto. Sa perfettamente quanto la giornata abbia provato
entrambi. Gli sguardi che si sono scambiati, per farsi forza mentre non
avevano
idea se i loro amici sarebbero mai usciti da quell’edificio
in fiamme, dicevano
più di mille parole: hanno condiviso l’angoscia di
saperli là dentro, la
sensazione di impotenza, la preoccupazione per Jenny e poi la gioia di
veder
uscire Esposito e Ryan, ammaccati ma vivi, e di avere la certezza che
Sarah
Grace sarebbe cresciuta con un padre.
“Kate,
tesoro…” Rick spezza il silenzio. “Non
ti sentire responsabile per ciò che è
successo. E’ colpa del piromane, non tua.”
“Lo
so, è
che loro sono la mia squadra ed è mio compito prendermi cura
di loro quando
sono al lavoro. Lo devo ai ragazzi, a Jenny e a Lanie. Oh, e ora anche
a Sarah
Grace!” confida Beckett con un sospiro.
“Ecco
che è
tornata la mia partner. Non so se
la
conosci. Pretty
girl.
Thinks she can leap tall buildings in a single bound, carries the
weight of the
world on her shoulders.”
Kate solleva gli occhi verso di
lui e sorride, mentre Castle riprende: “yet
still manages to laugh at some of my jokes.”
Scuotendo la
testa, Beckett continua: “Sai, stavo pensando che negli
ultimi mesi ho quasi
perso il mio fidanzato, ho trovato dei sosia dei miei più
cari amici fra le
vittime e oggi i miei ragazzi stavano per finire arrostiti. E in tutto
questo
dovrei anche organizzare un matrimonio….”
“Non
solo,
Kate. Stavo pensando che dovremmo anche fare un bambino. Un maschietto.
E
chiamarlo Cosmo!”
“No,
Castle,
non se ne parla. Toglitelo dalla testa. I nomi li scelgo io.”
“Nomi?
Plurale? Quanti bambini vuoi, Kate?” chiede Rick speranzoso,
spalancando gli
occhi dalla sorpresa, mentre Beckett si allontana da lui, dirigendosi
verso la
loro camera.
“Beh,
in
questi mesi abbiamo anche incontrato un time
traveller che ha parlato di tre figli…”
gli dice mentre comincia a
togliersi i vestiti, ancora disgustosamente impregnati di fumo.
“Oh…
vero. E
per farne tre ci vuole tempo e dedizione. Ti va di cominciare
subito?” propone
Castle, seguendola in camera e cominciando a sua volta a spogliarsi.
Dopo la
preoccupazione che hanno provato nelle ultime ore, hanno entrambi
bisogno di
festeggiare la vita. E di sicuro il modo che hanno scelto è
uno dei migliori.
Nota
dell’autrice
Dopo un episodio
adrenalinico,
sicuramente i nostri beniamini avevano bisogno di un po’ di
dolcezza… o almeno,
io me li sono immaginati così.
Grazie
– come sempre – al mio angelo
custode e grazie a chi di voi mi ha dedicato il proprio tempo ed
è arrivato
fino qui.
Baci,
Deb