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Autore: Nazumichan    12/01/2014    0 recensioni
Vederlo sorridere mi riempiva il cuore di gioia, sempre. Mi dava conforto nei momenti difficili.
Probabilmente è per questo che non ero riuscito a dirgli di no; la cosa che mi chiesi in quel momento fu: “Perché volevo vedere il suo sorriso? Perché mi rendeva così felice guardarlo sorridere?”
“Ma soprattutto...perché adesso quel sorriso meraviglioso mi provocava solamente un inguaribile dolore?”
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 5

La speranza, la tua voce

 

 

 

 

“It's time to let go,

it's time to carry on with the show

don't mourn what is gone, greet the dawn

n'I will be standing by your side

together we'll face the turnig tide.”

 

 

* * *

 

 

-Potrei vederlo?

-...Si, fa pure.

La madre di Tohru singhiozzò nel rispondere, e suo padre se ne stava, con uno sguardo pieno di dolore, perso nel vuoto a fissare il pavimento della stanza in cui c'era il suo amato figlio.

Una stanza abbastanza piccola, riempita da vari fiori, ricevuti in dono da amici e parenti, per Tohru. Mi avvicinai lentamente alla bara color nocciola, ormai chiusa, e ne aprii, sempre molto lentamente, il piccolo coperchio.

“Tohru-chan...”

Ciò che vidi fu il volto senza vita del mio migliore amico. Probabilmente, quella fu la cosa più straziante che avessi mai visto in tutta la mia vita. Il volto della persona a me più cara, che un tempo sorrideva, si arrabbiava, parlava e mi guardava con quegli occhi stupendi sempre pieni di vita, adesso era lì, immobile e completamente senza vita.

Così freddo.

Mi chiesi dove fosse andato. Adesso, lì c'era solo il suo corpo, vuoto. Ma lui, dov'era? Avrei tanto voluto saperlo. Avrei tanto voluto vederlo.

“Tohru-chan...ti vendicherò. La farò pagare cara a chi ti ha fatto questo. La tua morte non resterà impunita. Per te...e per me.” Quella fu l'unica frase che potei rivolgergli in quell'istante lungo quanto un'eternità. Il solo vedere il suo viso senza vita mi aveva frantumato il cuore, più di quanto non lo fosse già. Rabbia, odio, tristezza, senso di colpa...tutte queste emozioni si contorcevano l'un l'altra nel mio cuore, non lasciandomi nemmeno il tempo di respirare.

Dopo aver rivolto quel pensiero a Tohru, mi voltai dall'altra parte per non piangere, diedi le condoglianze ai suoi genitori e me ne andai, verso la strada di casa mia. Restare lì un attimo di più mi avrebbe fatto impazzire sicuramente.

 

Tohru morì 3 giorni dopo quel terrificante episodio, di cui non si era accorto nessuno.

Nessuno tranne me, ovviamente, che avevo visto tutto con i miei stessi occhi e che avevo provato un terrore indescrivibile nel vivere quell'incubo sulla mia stessa pelle. La mattina dopo spalancai gli occhi per potermi rendere conto se si fosse trattato solo di un incubo oppure se tutto quel teatro di terrore fosse stato veramente reale. Mi avvicinai in fretta e furia a Tohru, per poterne vedere il collo.

Segni di morso. Ecco ciò che cercavo. E con mia grande gioia non ne trovai, tirando un sospiro di sollievo lungo quanto quella stessa notte. Subito dopo svegliai Tohru per accertarmi delle sue condizioni, ma lui sembrava star bene, era solo un po' assonnato.

E invece Tohru stava male. In 2 giorni manifestò subito i primi sintomi di anemia, ormai divenuta una cosa tipica di quel paese a partire dall'estate, e morì il quarto giorno, per arresto cardiaco.

Il mio sgomento fu tale che non riuscii a credere ai miei occhi né alle mie orecchie, quando lo vidi lì, su quel letto così familiare e caldo, senza vita. Mi sentii mancare, mi senti come se un pezzo di me fosse andato via per sempre.

Il pezzo più importante.

Ormai mi era chiaro che non si trattasse solo di una semplice e banale anemia, bensì di qualcosa di molto più grave e terrificante. Shimizu aveva ucciso Tohru senza pietà, con un odio disumano. Ed effettivamente, non credetti nemmeno per un istante che Shimizu fosse umana. Quella Shimizu che vidi quella sera, quella creatura mostruosa ed inquietante non era umana.

“Un vampiro.”

Esseri sovrannaturali che si nutrono di sangue umano. Non sapevo assolutamente nient'altro di vampiri e robe varie, non sapevo come combatterli, come annientarli. Dovevo, tuttavia, trovare a tutti i costi un modo per distruggerli tutti; solo così avrei vendicato lui, che non aveva fatto niente di male ed eppure me lo avevano portato via. Non potevo sopportare un simile dolore, non più.

Così decisi di reagire.

Iniziai a cercare ogni tipo d'informazione possibile su quelle creature sovrannaturali e, in questo modo, venni a conoscenza della loro paura dei crocefissi, del fatto che non potessero essere esposti alla luce del sole, perché altrimenti sarebbero morti bruciati.

Ad un certo punto, credetti di essere diventato pazzo. O almeno, se avessi provato a parlarne con qualcuno, questi mi avrebbe sicuramente preso per un folle.

Fu allora che decisi di provare il tutto per tutto. Tanto, non è che avessi altro da perdere, eccetto la mia vita.

Mi rivolsi anche al dottor Ozaki, il dottore del paese. Un medico senza dubbio professionale e molto legato al suo lavoro, che avrebbe fatto qualunque cosa per i suoi pazienti.

 

-Salve, potrei farle un paio di domande? - dissi io, con aria trafelata, datosi che avessi corso per tutto il tragitto per trovarlo appena in tempo, prima che andasse via dal suo studio.

-Dimmi. Tu sei...?

-Yuuki Koide. Piacere.

-Capisco, sei il figlio di Koide. Di cosa volevi parlarmi?

Un attimo d'incertezza, ma poi mi tornò in mente il motivo che mi aveva spinto ad arrivare fino a quel punto.

Vendicare Tohru.

-Riguarda Shimizu. Megumi Shimizu-san. E' stato lei ad esaminare il suo corpo e... - m'interruppi un attimo, incerto, ma poi continuai - ...ad effettuare l'autopsia, giusto?

Un lampo di sorpresa nello sguardo del dottore, che non sfuggì ai miei occhi.

-Si, l'ho fatto. Ed ho anche scritto il suo certificato di morte.

-Ma lei...era davvero morta giusto? Prima di mettersi a ridere, mi faccia finire. Quello che intendo dire è che a volte vi sono anche dei casi di morte celebrale, no?

-Indubbiamente, ma non nel suo caso. La sua è stata una morte cardiaca; successivamente, ha anche mostrato segni di livor mortis e rigor mortis. Non c'è alcun dubbio che fosse morta, s'è questo che ti stai chiedendo. Se ci fosse stata anche la minima possibilità che fosse stata viva, l'avrei esaminata attentamente, anche se ciò fosse andato contro il volere della sua famiglia.

Sembrava davvero serio, mentre mi diceva quelle cose in maniera del tutto professionale. Eppure, qualcosa che mi sfuggiva c'era ancora.

-Quindi... quindi non è assolutamente possibile che Shimizu sia ritornata in vita?

Mi stupii della mia stessa domanda.

Il dottore rise, dicendomi semplicemente che, se fosse successo, sarebbe stato sotto forma di zombie o vampiro. Tutt'un tratto, però, il sorriso svanì dal suo volto, trasformandosi in sgomento. Lo stesso sgomento che si formò dentro di me, alla pronuncia di quelle parole.

Sotto forma di vampiro. Esattamente quello che volevo sentire. Adesso ne avevo la certezza. Non ero diventato pazzo, assolutamente no; la verità stava venendo a galla ormai.

-Ehi, tu! Perché sei venuto a farmi queste domande? - mi chiese poi lui, dopo un attimo d'esitazione.

Io lo fissai per un po', ma poi mi voltai e mi avviai per la mia strada.

“Lo faccio solo per lui.” Era quello il motivo delle mie strane domande. Evidentemente, però, il dottore non le aveva trovate strane. Senza dubbio, anche lui stava cercando una soluzione a quella fantomatica epidemia che si era manifestata dagli inizi dell'estate, con l'arrivo di quei nobili a Satoba. A modo suo, anche lui voleva risposte. Io, le mie, le avevo quasi trovate tutte.

Nei soggetti che si “ammalavano”, iniziava tutto con un'anemia. Nessuna ferita, strane punture d'insetto. L'anemia aumentava col passare dei giorni eppoi il decesso improvviso.

Strane punture d'insetto.

Sbagliato.

Erano morsi. Morsi di vampiri. Erano quelli che uccidevano le persone. Erano stati dei morsi ad uccidere Tohru.

Fu in quel momento che promisi che avrei fatto davvero di tutto per non morire. Non volevo morire. Io dovevo vivere. Dovevo restare in vita anche per lui, a cui la vita l'avevano strappata via.

Dovevo farlo per lui e lui soltanto. Ed anche per me, perché mi avevano strappato un pezzo di cuore; ormai non vivevo più per nessun motivo, se non per dare vendetta a lui. Mi era rimasto solo il suo ricordo. E non avrei permesso a nessuno di portarmi via anche quello.

 

* * *

 

-Natsuno, io esco. Bada alla casa mentre non ci sono.

-Va bene, mamma. E papà?

-E' sul retro, a lavorare come al solito. Ci vediamo dopo.

-Va bene, ciao.

Mia madre chiuse la porta della camera e poco dopo la sentii uscire di casa, ovviamente senza chiudere la porta d'ingresso. Era diventata una nuova abitudine dei miei non chiudere più a chiave le porte. Loro l'avevano chiamato “vantaggio di vivere in un paese piccolo e sperduto, dove non succede mai niente di male, niente furti né omicidi; insomma nulla.”

Per me, tuttavia, rimaneva un'incoscienza, specialmente dopo le scioccanti scoperte che avevo fatto sull'”epidemia” che girava nel cosiddetto “paese piccolo e sperduto, dove non succede mai niente di male”. Io, da parte mia, per sicurezza, ogni volta che i miei uscivano chiudevo sempre la porta d'ingresso, sempre. Non potevo rischiare nulla. Cosa sarebbe successo se “loro” fossero entrati in casa mia? Cosa avrei fatto? Come mi sarei difeso? Non potevo permettermi una simile leggerezza, in particolar modo dopo la strana apparizione in casa mia di un'inquietante bambina con una bambola che chiedeva di me, quando io non ero in casa, dicendo che avrebbe portato anche suo fratello. Quella bambina...era sicuramente una risorta. Un vampiro.

Passò un altro giorno, poi un altro, eppoi un altro ancora. Ancora niente. Fortunatamente, quella bambina non si era più presentata, tanto meno suo fratello. Il terrore, tuttavia, in me non era sparito, a differenza dei miei genitori, che già non ci pensavano più.

“Razza d'incoscienti che non sono altro.” pensai.

Nonostante l'incoscienza dei miei genitori, io mi sentivo abbastanza tranquillo. Avevo modo di difendermi, avendo trovato, fra gli attrezzi di mio padre, una chiave inglese che non usava più; quindi, se anche fossi stato attaccato, almeno una piccola possibilità di farcela l'avevo. Senza contare il piccolo crocefisso che mi ero costruito, di nascosto dai miei ovviamente, che non sopportavano cose come la superstizione e la religione.

-Devo stare calmo. Se mantengo la calma, sono certo di poter sopravvivere. Io DEVO sopravvivere.

Lo dissi con una grande convinzione e forza d'animo, che mai avevo avuto prima.

Tutt'un tratto, però, udii un rumore provenire dalla finestra della mia camera, come un picchiettio. Chi poteva essere, a quell'ora di notte?

Fu allora che capii.

“Sono loro.”

Strinsi la mia chiave inglese fra le mani, terrorizzato, ma comunque lucido.

La figura dietro la finestra si fece più nitida, e fu allora che riuscii a riconoscere la sagoma di un uomo. “Deve essere il fratello di cui parlava quella bambina...” fu la prima cosa che mi venne in mente. Shimizu non poteva essere di certo: si vedeva chiaramente che si trattava di un uomo.

Tentava imperterrito di forzare la finestra della mia camera, invano. L'avevo chiusa saldamente, come d'abitudine. Non avrebbe avuto nessuna possibilità d'entrare nella mia stanza.

Ero al sicuro.

Tutt'un tratto, l'uomo si fermò. Sembrò quasi fissarmi, al di là di quella finestra, nel tentativo di capire chi fossi. Fu allora che si allontanò, dirigendosi verso la porta d'ingresso. Non avevo alcun timore: avevo chiuso la porta a chiave, come d'abitudine.

O almeno così credetti io.

Sentii il suono di una serratura che si apre provenire dall'ingresso.

“Cosa?! L'ha aperta?! Com'è possibile? Ero sicuro di averla chiusa a chiave!”

Mentre cercavo di capire come avesse fatto ad entrare, mi venne in mente una cosa che mi sembrò di minima rilevanza, ma che poi si rilevò essere una cosa fondamentalmente importante.

“Ma certo...mio padre, oggi pomeriggio, è uscito...e quando è tornato a casa, ha lasciato la porta aperta. E io non l'ho chiusa.”

Ero sgomento. Sentivo il panico farsi strada nel mio cuore, come un fiume in piena. La mia sconsideratezza l'aveva avuta vinta, questa volta.

“Non posso morire in questo modo assurdo! Me ne andrò da questo villaggio, andrò al college e...” non riuscii più a continuare quel pensiero che mi apparve in mente. S'era pur vero che non volessi morire in quel modo assurdo, non era concepibile ch'io me ne andassi da lì. Non senza aver prima vendicato Tohru. Non potevo andarmene, lasciando qui un pezzo di me, anche se ormai quel pezzo non c'era più.

Non avrei mai potuto.

Sentii la porta d'ingresso aprirsi e chiudersi velocemente, e udii il suono flebile di passi che avanzano.

“Come quella volta...Tohru-chan.”

Sudavo freddo, ma non potevo perdere il controllo, altrimenti sarebbe stata la fine.

Ad un certo punto, però, il rumore di passi svanì, e sentii rumori provenire da fuori, come poco prima.

“Sta tornando fuori? Si può sapere cos'ha in mente?!” pensai, basito. Mi nascosi dietro la finestra, pronto ad attaccare con tutta la forza che avevo in corpo. Lo avrei catturato e portato dagli abitanti del villaggio, senza alcun dubbio. Ce l'avrei fatta, avrei vendicato Tohru. Lo avrei fatto per lui.

Vidi l'ombra dell'uomo bussare alla finestra e mi preparai ad attaccare.

Ma poi l'uomo parlò.

 

-Natsuno.

 

Quella voce.

Quella voce che usava per chiamarmi.

L'unico che usava quel tono di voce così dolce.

Avrei potuto riconoscere quella voce fra mille altre. L'unica voce in grado di scaldarmi il cuore.

 

La sua voce.

 

“...non è possibile...Non è possibile...”

Non poteva essere possibile.

-Natsuno...sono io. Aprimi, per favore. Ti prego, apri.

Mi sentii mancare. Era proprio lui.

Tohru.

La persona che più di ogni altra volessi vedere, la persona che più di ogni altra desiderassi era proprio lì e a separarci era solo una finestra chiusa. Avevo passato tutto il mio tempo, da quando se n'era andato, a cercare un modo per vendicarlo, per distruggere chi lo aveva ucciso...e adesso venivo a sapere che lui stesso era uno di loro.

Tohru era un vampiro. Un rinato.

“Tohru è...rinato. Tohru è vivo.” Tohru era vivo, pensai in quel momento. Non riuscivo a crederci. Forse non proprio vivo come lo ricordavo, ma comunque potevo continuare a sentire il suono dolce della sua voce e, probabilmente, a vedere i suoi occhi e il suo volto, se solo avessi aperto quella finestra.

E se fosse stata una trappola?

In fondo, lui era uno di loro, adesso. Avrebbe tranquillamente potuto uccidermi, se gli avessero fatto una qualche sorta di lavaggio del cervello.

“Non dovrei aprire. Ovviamente, sarebbe meglio restare chiusi qui, al sicuro.” pensai.

“Ma allora...perché la mia mano sembra muoversi da sola?”

Non so cosa mi spinse ad aprire quella finestra, non lo so nemmeno adesso. Eppure, fatto sta che la aprii.

E che non mi pentii mai della mia scelta.

 

Aprii la finestra e guardai fuori, cauto e nervosissimo allo stesso tempo. In fondo lì fuori c'era proprio lui. La persona più importante per me.

Tutt'un tratto, mi sentii afferrare il polso e mi scappò un urlo. Mentre cercavo di liberarmi dalla stretta forte e sicura, intravidi il volto della persona che mi stringeva il polso.

Un volto dall'espressione talmente triste, da far spezzare anche il cuore più duro.

-Tohru-chan... - sentii le lacrime arrivare ai miei occhi. Era vero. Era proprio lì, di fronte a me. Era proprio lui, non qualcun altro. E non era cambiato.

-Tohru-chan!

-Non guardarmi!

Tohru urlò, mi lasciò il polso e scappò via, per evitare di farsi vedere da me. Non riuscii a capire il perché di quel gesto assurdo; nonostante questo io dovevo sapere.

-Tohru-chan, aspetta! Non andartene!

Scavalcai la finestra ed iniziai a correre più veloce che potessi, nel tentativo di raggiungerlo.

“Non scappare, Tohru-chan.

Voglio vederti.

Voglio toccarti.

Voglio parlarti!

Ti prego, non andare via!

Non lasciarmi di nuovo!”

 

Non ti permetterò di lasciarmi.

Non di nuovo.

 

 

 

Fine quinto capitolo

  
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