Nick: slytherin ele
Titolo:
Desert-Mates
Fandom: X-Men
Rating: Arancione
Generi: Commedia,
Romantico
Avvertimenti: AU
Introduzione: Robert
Drake sogna da
quando a memoria di fare un viaggio in Egitto…
un’escursione un po’
particolare, lo metterà nei guai… fortuna, che
c’è John… ehm, quale fortuna?
NdA (facoltative): I
personaggi, soprattutto Drake
potrebbe risultare OOC. Si tratta di una Robert DrakeJohn Allerdyce
(Credo
che
farò un seguito, almeno per me stessa! XD)
La
sfegatata, super fissata dell’Egitto sono io, i vari nomi di
divinità nel testo
sono “veri” dei egizi… faccio una breve
legenda per far capire che non li ho
nominati a caso, sono pochi.
Sobek:
dio
coccodrillo, protettore del Nilo e più in generale di tutte
le fonti d’acqua
Seth:
dio
distruttore, protettore del deserto, degli stranieri e dei confini
Min:
dio itifallico,
dio della fecondità e della fertilità (capirete
perché proprio lui)
Atum:
dio
creatore (se vi interessa sposò la sua ombra e ha una
miriade di altri nomi che
non sto ad elencare)
Questa
storia partecipa al contest, indetto da HigurashiShinko,
“Seme vs Uke - Lotta per la verginità”.
Disclaimer:
tutti i personaggi nominati sono proprietà dei
rispettivi creatori, questo storia non è stta scritta a
scopo di lucro.
Desert-Mates
Ammetteva
di non comprendere come fosse potuto
accadere, insomma quale essere umano dotato anche e soltanto di
un’intelligenza
minima riusciva a perdersi nel bel mezzo del Deserto del Sahara,
perché voleva
vederne la cosiddetta “volpe”, il cui vero nome
è Fennec.
Una
persona normale direbbe: “Prendo il cellulare e
chiamo i soccorsi!” Ecco, Robert Drake non è una
persona normale, no! È l’unica
in grado di intraprendere un’escursione nel bel mezzo della
distesa di sabbia
più grande del globo con il telefonino, miserabilmente,
scarico.
Volete
la verità, eccola. Robert Drake desiderava visitare
l’Egitto dalla tenera età
di otto anni, quando suo nonno, quell’arzillo vecchietto che
in questo momento
vorrebbe uccidere, lo portò a vedere il piccolo museo della
sua città natale,
non era un granché per inteso ma Drake
s’innamorò perdutamente dei papiri che
vi erano esposti, cominciando a fare miriadi di domande su di essi,
senza per
altro ricevere risposta. Da qui, iniziò la sua grande
passione per tutto ciò
che sfiorasse, anche solo per coincidenza, l’antico Egitto,
le dinastie faraoniche,
le divinità e i riti sacri.
Dopo
ben diciassette anni, il conseguimento di una laurea in Storia e
civiltà, con
tesi sugli egizi, e l’accumulo di un bel gruzzoletto, Robert
tentò di
convincere Marie D’Ancanto, la sua ragazza, a fare un viaggio
con lui nella
terra dei Faraoni. La risposta della giovane fu un secco
“no”, perché aveva già
organizzato le sue vacanze alle Isole Canarie e, secondo lei, lui
avrebbe
dovuto rinunciare perché l’Egitto era noioso, non
ci si divertiva, c’erano solo
escursioni e pietre di cui non gliene fregava nulla a nessuno. La
discussione
che venne fuori provocò la rottura inevitabile di un
rapporto di cui, considerò
dopo appena due ore, gliene importava veramente poco. Ci aveva perso
quasi sei
anni della sua vita con quella: che cretino!
Fatto
sta che prese l’aereo il giorno 2 del mese di Agosto,
intenzionato a vedere il
museo del Cairo, le Piramidi, la Valle dei Re e perché no?
Anche una bella oasi
nel bel mezzo del Sahara. I primi tre giorni furono una vera pacchia,
per i
turisti che con pacchia intendono
scarrozzarsi di propria volontà in qua e in là
per vedere milioni di oggetti e
visitare migliaia di luoghi.
Il
quarto giorno la guida, dopo averli svegliati alle quattro della
mattina e
averli fatti accomodare nella saletta “hobby” del
Fairmont Nile City Hotel,
aveva annunciato che avrebbero fatto un’escursione nel
deserto per l’intera
giornata, avrebbero visto e visitato le Piramidi, attraversato
chilometri di
sabbia e sarebbero giunti all’oasi più vicina per
rinfrescarsi, in tarda
nottata sarebbero giunti nuovamente all’albergo stanchi ma
soddisfatti.
È
solamente possibile immaginare il giubilo che colse Robert alla
notizia, si
sentì rinvigorito e pronto a mettersi in marcia come mai,
guadagnandosi delle
occhiate maligne e altre più perplesse dai suoi compagni di
viaggio.
La
gioia anche per Drake durò per mezza giornata scarsa,
inutile dire che dopo
aver visto le piramidi, gli altri turisti si erano stufati di cavalcare
quei
maledetti cammelli per ore e ore.
A
tutti sembrava che l’oasi fosse troppo lontana,
c’era chi aveva cominciato a
dire che non esistesse neppure e che la guida avesse deciso di far loro
uno
scherzo di cattivo gusto. Robert non si preoccupava di questo dettaglio
insignificante, avrebbero raggiunto l’oasi e lo avrebbero
fatto nel tempo
necessario: ne era certo.
Fu
alla sesta ora di viaggio che persino l’impavido
e volenteroso Robert- voglio vedere tutto dell’Egitto- Drake ebbe
un crollo
e cominciò a guardarsi intorno alla ricerca di una
distrazione qualunque da
quello che gli pareva voler essere il Sole assassino. Faceva troppo
caldo e,
nonostante la sua inenarrabile resistenza al calore, non ce la faceva
più. Fu
così che tra la sabbia che lo circondava, vide qualcosa
muoversi. Inizialmente,
si avvicinò con il cammello all’animaletto che
correva intorno alla propria
coda, poi si rese conto che si trattava di un Fennec e gli venne quasi
da esclamare
per la felicità. Una volpe del Deserto: poteva spuntare un
altro elemento della
lista “Cose estremamente fondamentali da fare in
Egitto”.
Si
allungò verso l’animale, non rendendosi conto che
non avrebbe potuto toccarlo
senza scendere dal cammello e… bam! Come si dice: te guarda,
la forza di
gravità… piacere, sono Robert- il re degli
idioti- Drake. Fortunatamente, non
si fece nulla di che, anzi si entusiasmò, vedendo
l’animaletto avvicinarsi a
lui e annusargli le dita. Lo prese tra le mani e se lo mise in grembo,
accarezzando il suo pelo.
“Che
carino che sei, piccolino!” Non avrebbe saputo per quanto
tempo avesse giocato
con quel cucciolo di Fennec, ma a un certo punto aveva sentito un
brivido lungo
la schiena, un brivido di freddo: la notte era calata. Ora poteva
affermare che
non fosse una diceria: nel deserto, di notte la temperatura scendeva
terribilmente, tremò, stringendo a sé il cucciolo
che aveva preso ad agitarsi.
Si voltò: solo la sabbia a circondarlo. Si mise a correre,
gridando aiuto.
Prese
lo zaino che aveva con sé, ringraziando di aver portato la
tenda e il sacco a
pelo e imprecando di non aver caricato la batteria al cellulare.
Provò,
in vano, ad aprire la tenda; non era mai stato un asso del campeggio.
Non
sapeva che fare, era solo, beh non proprio c’era
Fenny… ma che poteva fare una
piccola volpe per lui.
Era
no orami passate quasi due ore e Robert si stava arrendendo alla sua
miserabile
fine, quando…
“Drake!”
sentì una voce familiare chiamarlo e si girò
verso la fonte di essa. Per circa
venti secondi rimase a bocca aperta non credendo che fosse possibile,
doveva
trattarsi di un miraggio. Scosse la testa, doveva essere messo proprio
male:
perché non appariva un’oasi, una jeep che lo
portava in salvo o una bella
ragazza come allucinazione? Perché la sua mente doveva
fargli vedere il suo ex
compagno delle superiori John Allerdyce, con la sua solita camminata
spavalda e
il suo ghigno arrogante?
Cominciò
a camminare verso l’altro ragazzo, pensando che se ci fosse
passato in mezzo la
sua psiche avrebbe ritrovato un minimo di controllo.
“Drake!
Che cazzo fai?!” Oh per la miseria, era vero! Non si trattava
di un miraggio,
ci aveva appena sbattuto contro. Oddio, avrebbe potuto
spostarsi… ma era in
carne ed ossa… e arroganza, c’era da dirlo.
“Scusa,
Allerdyce…” sussurrò, spostandosi.
“Ero convinto fossi un miraggio…” Quando
vide un ghigno malizioso formarsi sulle labbra dell’altro,
rettificò immediatamente,
balbettando e arrossendo. “U-n o-rrib-ile
mi-r-ag-gio… ovviamente! Che vai a
pensare!”
L’altro
sorrise ancora di più, portandogli una mano fra i capelli e
accarezzandoli.
Robert
rimase un attimo interdetto, godendosi il contatto umano, dopo aver
temuto di
morire sommerso da una quantità enorme di sabbia.
Sentì il respiro dell’altro,
dritto nell’orecchio e rabbrividì. Un brivido che
non gli piacque per nulla. Si
staccò velocemente, riprendendo la piccola volpe tra le mani
e rispondendo
all’occhiata perplessa di John. “Non
lascerò qui questo piccolo cucciolo… deve
essersi perso e ha molto freddo…”
John
sorrise affiancandolo. “Ci sto! Tu ti occupi del Fennec e mi
occupo di te, ok?”
chiese, stringendogli un fianco. Robert sobbalzò, rendendo
irrequieto l’animale
che alzò la testolina guardandosi intorno.
“Grazie,
ma non ho bisogno del tuo aiuto, Allerdyce!” disse, tentando
di essere maligno.
La sua voce interiore gli diede dello stupido, tanto per cambiare:
certo che ne
aveva bisogno! Si trovava in mezzo a una landa desolata di sabbia.
John
lo guardò con i suoi occhi verdi, inchiodandolo sul posto.
Fortunatamente non
sembrava intenzionato a lasciarlo lì. Interiormente
sospirò di sollievo, ma
cercò di mantenere la sua maschera di totale indifferenza al
di fuori. Il
problema era che, in tutta la sua vita, non aveva mai sviluppato questa
grande
capacità di mentire agli altri, dai suoi occhi azzurri
trapelava ogni tipo di
emozione. Capì che John riusciva a leggerlo, quando prese la
tenda dalla
sabbia, o meglio quell’ammasso di stoffa che avrebbe dovuto
fargli da riparo, e
s’incamminò dicendo: “Seguimi, Drake.
Dietro quella duna c’è un oasi…
aspetteremo lì che i soccorsi arrivino… li ho
chiamati un’ora fa… ma non gli
sarà facile individuarci…”
“Cosa?!”
urlò Drake fuori di sé. “ Sei qui da
un’ora e ti sei presentato solo adesso?!
Ma che razza di stronzo sei!” Gli puntò un dito
sul petto, facendo
indietreggiare l’altro, che per risposta prese la sua mano.
“Ehi,
principessa del Deserto, datti una calmata!” Robert
sbuffò inquieto, fissandolo
ancora arrabbiato. “Non mi sono divertito a farti
spaventare…” ammise girandogli
il volto. “Mi sono addormentato
nell’oasi… tutto qui… però
è incredibile che
nessuno si sia accorto della nostra assenza… che
idioti!” Robert tremò, appoggiandosi
a lui.
“Scusa…”
sussurrò.
“Ehi,
va tutto bene… ora, raggiungiamo
l’oasi… monto la tenda e mangiamo le mie
provviste… tranquillo…” La sua voce era
calma, dolce. Lo cullava, si sentiva
bene con lui. L’atmosfera scemò, quando
sentì la mano destra di Allerdyce sulla
sua natica sinistra. Lo spinse via, urlando svariati insulti. In
risposta John
rise.
Si
mise a camminare velocemente verso la duna di sabbia, cercando di
ignorare le
parole di John, che più che delle scuse sembravano
promettere che sarebbe
riuscito a raggiungere il suo obiettivo.
Fantastico!
Pensò. La sua stava per diventare una vera e propria lotta
per tener a bada
quel pervertito e non sapeva neanche quando sarebbero giunti i soccorsi.
In
poco più di venti minuti raggiunsero l’oasi e a
Robert sembrò di essere in un
vero e proprio paradiso; non aveva mai visto nulla di più
bello. Alberi,
cespugli di ogni misure e specie lo circondavano.
John
sorrise, guardando la sua espressione ebete. “Mai vista la
foto di un’oasi?”
ironizzò, mentre s’inoltrava tra alcuni cespugli,
sparendo alla vista
dell’altro.
“Ehi!”
esclamò Drake, colto nel vivo. Era un tipetto permaloso lui.
Forse troppo, ne
era consapevole, ma farsi prendere in giro in quel modo gli dava sui
nervi.
“Guarda
che non è la stessa cosa, ignorante!”
ribatté, raggiungendolo al di là della
folta siepe. Gli puntò un dito contro, pronto a farsi le sue
ragioni, ma poi
rimase sbalordito. Un lago, una grande distesa di acqua dolce faceva
bella
mostra di sé.
“Grazie
Sobek…” disse, provocando un sorriso sarcastico
nell’altro ragazzo.
“Io
ringrazierei anche Seth per non averti scagliato addosso una bella
tempesta di
sabbia, che dici? Visto il suo temperamento avrebbe potuto.”
disse,
lanciandogli un’occhiata ironica. Poteva andare bene tutto,
che Robert fosse un
egittologo provetto lo avevano capito anche i Marziani, ma mettersi a
pregare
gli dei egizi gli sembrava eccessivo. Non che lui si sentisse turbato
in
qualche modo: era un agnostico menefreghista, se c’era
qualcuno… lo avrebbe
visto quando sarebbe morto.
Spiò
Drake con la coda dell’occhio, mentre disponeva tutte le sue
cose sul prato d’erba
su cui si trovavano. Li allineava da bravo perfettino. Sorrise,
chiedendosi
quante stranezze potesse avere una persona sola. Scosse la testa,
incominciando
a piantare la tenda.
Se
non fosse così… non ne saresti
attratto, John… lo sai! È l’insieme
letale delle sue stranezze, dei suoi pregi
difetti che fanno di lui quello che è… Robert- il
tuo personalissimo frutto
proibito- Drake! Ghignò
tra sé, chiedendosi perché la
voce della sua coscienza assomigliasse tanto a quella della sua amica
Liz.
Trovava la cosa irritante, soprattutto perché lei lo sapeva
e gli aveva sempre
rinfacciato di non aver detto la verità, durante gli anni di
liceo.
“Scaramanzia…”
disse John, riportandolo alla realtà. “Non ci
credo davvero… li trovo affascinanti,
tanto! Ma io sono ateo, sono stato anche cristiano ortodosso, come i
miei… ma
non vi trovo nulla di rassicurante in una persona che ci guarda da
lassù e non
muove un dito per aiutare i più
deboli…” John capì che il discorso
rendeva
molto triste Robert, quando lo vide accarezzare piano la volpe, senza
convinzione, la mente lontana, probabilmente a un litigio con uno dei
genitori
per via dell’argomento delicato.
“Fame?”
disse, prendendo un panino dal suo borsone e avvicinandosi a lui.
“Grazie…”
rispose Drake sincero, senza guardarlo, dando un bel morso al pane
imbottito.
John si sedette con lui sulla sponda del lago e sospirò,
cercando di darsi la
carica da solo per far cambiare l’atmosfera. La tristezza era
palpabile e non
andava bene. Voleva scoparci con Drake non farlo deprimere.
“Allora…”
disse. “Ti ha soddisfatto l’Egitto? Te lo aspettavi
così o meglio?” Se c’era un
argomento che spronava Robert era il paese in cui si trovavano, non
poteva dimenticare
le infinite discussioni con i suoi compagni che non ne potevano
più di sentir
parlare di mummie, deserto, piramidi e quant’altro.
“Beh,
diciamo che finire in un’oasi con un mio vecchio compagno di
scuola, senza
sapere se mai ci ritroveranno… non era nei miei
programmi…” rispose l’altro,
grattandosi il collo, un po’ a disagio. “Però
mi piace, è molto più di quello che mi
ero immaginato… sai, a volte la troppa aspettativa rovina...
quello in cui
aveva sperato, insomma… hai presente? Non è stato
così! C'è tutto quello che
attendevo, tutto quello che desideravo vedere…”
concluse, facendogli un
sorriso.
“Piuttosto,
Allerdyce… che ci fai qui?” chiese poi,
guardandolo sospetto. “Mi pedini?”
aggiunse ironico, mettendosi a ridere.
John
lo seguì a ruota con una risata finta, perché la
risposta era “Certo che sì!”.
Era da cinque anni che aspettava solo il moment migliore, senza i loro
stupidi
amici a fare da contorno al tutto. Doveva esserci solo lui. Appena
Marie aveva
detto a Liz che lei e Robert si erano lasciati a causa di quel viaggio,
la
biondina si era precipitata da John e con un “Io te
l’avevo detto che non
sarebbe durata… mai visto un tipo meno sicuro di essere
etero, beh a parte te…
s’intende… che aspetti? Con le finanze che ti
ritrovi un biglietto per Il Cairo
è una passeggiata anche al penultimo minuto!”, lo
aveva convinto a partire. In
effetti, era fortunato ad avere alle spalle una famiglia tanto ricca.
“Ehi,
John… sei partito per la tangente… mi rispondi o
no?” Per la seconda volta si
era perso nei suoi pensieri, quando tornò
sulla Terra, si ritrovò il volto di Drake a due
centimetri dal suo, che gli
schioccava le dita davanti agli occhi. Aveva un cipiglio preoccupato,
come se
lo avesse perso per un lasso di tempo enorme.
“Sono
dieci minuti che fissi il vuoto, John! Così mi
spaventi…”
Allerdyce
rise a disagio. “Scusami…” disse solo,
ricevendo uno sguardo comprensivo
dall’altro ragazzo. Evidentemente pensava fosse stato a causa
del troppo caldo,
a volte succedeva… c’era chi sveniva… e
chi si metteva a fantasticare sugli ex
compagni di scuola… certo, come
no! Eccola
là, la vocina interiore era tornata a farlo sentire un
completo cretino… non
che avesse tutti i torti.
Scosse
il capo, mentre Robert si allontanava. Prima che potesse risedersi del
tutto,
però, John gli prese il mento fra le dita e, immergendo il
suo occhi verdi
nelle iridi azzurre e confuse dell’altro e lo
baciò. Fu un semplice toccarsi di
labbra, senza nessun altro tipo di fine. Semplicemente, era stato un
istinto;
non aveva pensato, ma agito e basta.
Vide
Robert sedersi stupito, ma senza riempirlo di epiteti poco gentili, era
immobile come una statua di sale, non dava segno di vita.
“Volevo
fare una vacanza… e l’Egitto piace anche a
me.” disse John tossicchiando, poi
si alzò e andò verso la tenda. Finora si erano
visti solo grazie alla luce del
suo cellulare, ma se andava avanti a tener accesa la funzione
“lanterna” non
avrebbero potuto contare neanche più sul suo.
“Senti,
mi spiace… non lo faccio più, sul
serio… la tenda è una sola… so che
è tua,
però…” cercò di spiegare
nervosamente, a metà strada tra il ragazzo e il
rifugio.
“Oh,
no certo…” disse Robert, mettendosi in piedi e
prendendo Fenny in braccio,
ormai addormentata. “L’hai montata tu,
però…” sembrò esitare,
indietreggiando.
“Solo, non lo fare più, ok?”
John
annuì, entrando nel loro riparo spartano e mettendosi sotto
la sua coperta.
Chiuse gli occhi, cercando di dormire, quando sentì Robert
entrare e sospirare.
“Non
hai neppure un sacco a pelo… si può sapere che
razza di turista sei?” chiese
spazientito.
John
sorrise girandosi, contento che il disagio fosse scemato.
“Beh, sarò anche poco
previdente… ma almeno io non giro con il cellulare
morto.” Lo punzecchiò. Ridendo,
quando assunse il color di un pomodoro.
Robert
sbuffò, guardandosi un attimo intorno.
“Fa
freddo…” esalò poi, ricevendo
un’occhiata alla capitan ovvio
dall’altro. “ Facciamo così…
io ho un sacco a pelo e
tu una coperta… se ce lo dividiamo e quella la mettiamo
sopra?” John sorrise,
avvicinandosi e tirando su un lembo, mentre Robert si appiattiva il
più
possibile.
Provò
ad appoggiargli una mano sul fianco, ma lo sentì ringhiare e
dire: “Allerdyce, quella
mano te la taglio!”
John
ghignò, chiudendo gli occhi: avrebbe aspettato soltanto il
momento più
opportuno.
Quando
Robert si risvegliò, era solo e aveva un caldo tremendo: i
raggi del Sole
sembravano attraversare il tessuto della tenda per poi bruciargli la
pelle.
Scansò con stizza il sacco a pelo e la coperta, chiedendosi
come fosse
possibile che certa gente vivesse tutta la propria vita nel bel mezzo
del
deserto. Persino nell’oasi si moriva a causa della
temperatura. Voleva
suicidarsi.
Scostò
il lato apribile del rifugio e uscì. Vide Fenny rotolare
tranquilla nell’erba e
sorrise poi si pietrificò all’istante: il suo
compagno di sventure era intento
a buttarsi nel lago con addosso solamente dei boxer neri. Doveva
essersi già
tuffato in precedenza, perché era completamente bagnato.
È
davvero stupendo…
pensò, senza rendersene conto.
Sensuale,
eccitante, bellissimo…
Si
irrigidì, scuotendo la testa. Ma
che
cavolo dico! Si rimproverò, ma il suo corpo aveva
già risposto: la sua gola
si era chiusa all’istante, la bocca era diventata secca e i
bermuda si erano
stretti all’altezza del cavallo.
Se
mi vede sono fottuto,
letteralmente…
Un brivido a metà tra l’eccitazione e
il terrore lo attraversò.
Fece
dietro front, intenzionato a non uscire mai più
dall’accampamento e a
cominciare a scavarsi la fossa, ma la voce di John lo fermò.
“Ehi,
appena in tempo, Robert! L’acqua è
fantastica…” esclamò felice.
Drake
sentì dei passi avvicinarsi a lui pericolosamente, ma rimase
immobile. Era
convinto che qualunque sua mossa avrebbe destato nell’altro
dei sospetti, forse
se faceva l’indifferente…
“Sei
ancora arrabbiato con me?” chiese Allerdyce, sfiorandogli una
spalla. “Ti giuro
che non voglio far nulla contro la tua volontà.”
La sua voce suonò preoccupata,
ma anche dolce e questo non fu un bene per la situazione già
precaria di del
ragazzo.
“Tranquillo,
lasciami da solo… per un attimo, ok? Non
c’è niente che non va.” disse
titubante, diventando ancora più rigido.
“Almeno
guardami!” urlò John, girandolo con un movimento
brusco.
Forse
non la nota…
implorò Robert.
“Oh,
sacro Min!” Allerdyce rimase a bocca aperta, fissando a
intermittenza prima il
problema e poi Drake. Dire che si sentiva preda del desiderio sarebbe stato eufemistico
oltre che
superfluo.
E
ti pareva… tu sia maledetto Atum!
Esclamò fra sé il mal capitato, decidendo di
prendersela direttamente con il
dio-creatore.
“Senti…
posso spiegare…” provò a schermirsi.
John
rise. “Tranquillo, so come funziona.” Lo
inchiodò con lo sguardo, facendo
azzerare di nuovo la poca saliva che aveva recuperato. “Non
dico che ti devo
piacere per forza, cioè tu mi piaci da cinque…
ehm… forse sei anni… almeno
prova… se qualcosa non va, mi fermo…
prometto!”
Per
quanto John sembrasse sincero e si fosse appena dichiarato, Robert
scosse la
testa.
“Non
mi sento pronto… proprio no e… ahhhh!”
lanciò un urlo, impossibilitato a
terminare la frase. John lo aveva issato su una spalla e poi lo aveva
buttato
in acqua senza problemi.
“Cazzo
fai?! I miei vestiti, stronzo!” strillò Robert,
infuriato.
La
sua rabbia scemò, quando sentì John emergere
dall’acqua alle sue spalle e
mettere una delle sue mani, proprio lì, dove desiderava
sentirla. Gemette,
completamente dimentico delle proteste e della sua voglia di rimanere
vergine.
Allerdyce sembrò capire il suo momento di totale
irrazionalità e tirò giù i
pantaloni con un gesto secco. Robert seppe di potersi dichiarare incapace di intendere e di volere quando
l’altro infilò la mano nei suoi boxer.
Forse,
di lì a poco se ne sarebbe pentito e lo avrebbe cacciato
dopo essere stato
appagato, forse ne avrebbe voluto di più e sarebbe stato
alla sua mercé... non
lo sapeva. Sperava soltanto che i soccorsi non avessero il tempismo
sbagliato
di giungere proprio in quell’istante; trattandosi di Robert
Drake tutto era
possibile.