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Autore: Angel Nikki    17/01/2014    2 recensioni
Amore e morte sono le stessa cosa.
Dalla storia: Non posso dire che lo vidi, ma lo sentii chiaramente, come l'accelerare del cuore e del respiro quando mi agito o il pulsare della vena sulla fronte quando mi arrabbio, per un secondo, per un secondo fu una realtà, una verità inconfutabile.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due anime si trovarono e danzarono il ballo della morte, ma quando la musica finì le due anime dovettero tornare alla loro vera natura.

 

Per me la magia era sempre stata un gioco serio, di quelli che fai con timore reverenziale, adrenalina e aspettativa. Un divertente ma angosciante gioco di ruolo con le mie amiche, spesso mi ero disegnata rune a china accanto al cuore oppure avevo fatto i tarocchi a chi me lo chiedeva. Avevo letto libri su libri di magia, di quelli comprati in quei negozi Wicca new age. Non era mai accaduto nulla, tranne qualche rara volta in cui le mie profezie si erano rivelate vere. Ma quella volta, quella volta accade qualcosa di strano e illuminante.

Presi la penna a china, l'unica che scrive veramente bene sulla pelle e mi disegnai Perth, il vaso della conoscenza, sul palmo della mano sinistra. Non posso dire che lo vidi, ma lo sentii chiaramente, come l'accelerare del cuore e del respiro quando mi agito o il pulsare della vena sulla fronte quando mi arrabbio, per un secondo, per un secondo fu una realtà, una verità inconfutabile. Come il sole che sorge e tramonta ogni giorno.

Era piacevole come una passeggiata in mezzo alla natura; come i raggi del sole primaverile che ti scaldano il viso e illuminano dolcemente la natura che rinasce; come un tramonto in spiaggia che rende aranciato tutto quello che ti circonda e fa brillare il mare; come la tua canzone preferita ascoltata in uno di quei momenti di effimera felicità; come aprire e annusare un libro nuovo e con le prime righe immergermi in una nuova e coinvolgente storia.

Mi fece sentire persa come quando esci di casa e tutto attorno a te c'è una nebbia così fitta che non vedi neanche a un metro da te ed è tutto di grigio-bianco; come quando sei in un posto nuovo e sconosciuto, sta calando la notte e tu non sai dove sei; come quando è notte e sei in quei posti sperduti e dimenticati da Dio e cammini in assoluto silenzio pensando e arrivando a quelle verià a te sconosciute fino a quel momento.

Avevo vissuto tante vite e altrettante emozioni e morti, avevo conosciuto più persone di quante ne potessi ricordare, di quante ne volessi ricordare.

Conoscevo più cose di quante me ne fosse concesse sapere, era tutto dentro di me, mi sarebbe bastato allungare una mano metapsichica, afferrarle e sfogliarle come un libro e avrei Visto. Così feci. Migliaia di visioni di cose viste, fatte e pensate affollarono la mia mente fino a riempirla, a saturarla. Mi fecero ansimare stremata e svenii.

Una volta tornata a casa, sopraffatta dalla mia nuova consapevolezza, mi abbandonai al pianto, non sapendo se fosse di gioia per il mio ritrovato sapere o tristezza per tutte le cose perdute.

Mi lasciai scivolare contro la porta che avevo appena chiuso e piansi finché non mi addormentai.

Quel sogno era davvero strano, ero in un logo tutto nero, le pareti erano nere, il prezioso tavolino quadrato e intagliato era nero, la teiera e le tazze in pregiata porcellana posate sopra il tavolino erano nere, le due poltrone ai lati del tavolino erano di lucida seta nera, la figura su una delle due poltrone era completamente vestita di nero e dello stesso colore erano i suoi capelli e gli occhi.

Mi tese una mano pallidissima a contrasto con tutto quel nero, aveva lunghe dita affusolate e mi stava invitando ad avvicinarmi con un sorriso dolce e rassicurante.

Mi avvicinai con estrema lentezza, intralciata dal lungo e pesante abito in broccato e pizzi in stile parigino del XVI secolo.

Parlò con voce dolce e musicale, piacevolissima all'orecchio e mi invitò a sedermi versandomi una tazza di tè.

Ero perfettamente a mio agio in quel posto macabro ma sentivo che c'era qualcosa di orribile che mi attendeva dietro l'angolo.

“Sai perché sei qui?”

Presi la tazza di tè e l'avvicinai alle labbra, ne bevvi un sorso e la riappogiai sul piattino producendo un lieve tintinnare: “Dov'è qui?”

Sorrise, enigmatico: “Non si risponde a una domanda con un'altra domanda”.

Decisi di essere totalmente onesta, quel ragazzo aveva delle risposte e sapevo che per averle avrei dovuto parlare prima io: “Chiedo venia, non conosco il motivo per il quale sono stata portata qui, ma sento che sta per accadermi qualcosa di brutto”.

Il suo sguardo si riempi di tristezza: “Hai sempre giocato con le Rune perché una parte di te ricordava che l'unico modo per scoprirti era la magia. Ma giocando con essa, a volte, può rivelarti cose che è meglio rimangano nascoste, a volte l'ignoranza è una benedizione. Potresti cortesemente finire il tuo tè così posso invitarti a ballare un valzer?”.

Lui sapeva cose di me che pochi altri conoscevano ma sapevo che di questo ragazzo potevo fidarmi, così consumai il resto della mia bevanda in silenzio, una volta finita lui si alzò e mi porse la mano che io accettai quasi entusiasta.

Sorrise: “Come ogni dama che si rispetti saprai che durante il ballo è buon uso conversare”.

Questo tipo era particolarmente enigmatico e strano: “Rispondendo alla tua domanda di prima, siamo nel Limbo e mi hanno mandato a prenderti perché adesso tu Sai e così non deve essere”.

Quello che stavo aspettando, l'ombra che ammantava il mio sogno oscuro, che a dir la verità non era neanche un sogno. Continuò senza darmi il tempo di replicare: “Tu sei stata benedetta per alcuni versi e maledetta per altri. Non apprenderai mai la tua vera identità finché non conoscerai la morte e una volta passato il tunnel ti reincarnerai”.

Mi staccai repentinamente da lui e quasi urlai, in preda alla disperazione: “Quindi tu sei la Morte? Perché mi reincarno, perché non mi è concessa la pace eterna?”

Il suo sorriso era la cosa più triste che avessi mai visto a parte i suoi occhi, due pozzi neri che assorbivano tutto e lo restituivano intriso di dolore e perdita: “Ti racconterò una storia: Secoli fa, prima che l'uomo cominciasse a essere sedentario, arrivò una fanciulla nel Limbo, la più bella che il mondo abbia mai visto, aveva lunghi capelli del colore del grano, intrecciati e occhi color dell'oro più puro, pelle scurita dal lavoro e sorriso dolce e sincero. Quando la Morte incontrò la fanciulla invece di compiere repentinamente il suo dovere, affascinato dalla sua incredibile bellezza, e straziato da una tremenda solitudine, conversò con lei e la tenne con se per lungo tempo, finché non se ne innamorò. Essa vagava come spirito affiancando la Morte finché gli angeli non se ne accorsero e lo dissero a Dio. Il quale apprese la notizia con estrema tristezza, la Morte gli era molto cara ma ora era costretto a punirla perché non aveva strappato l'anima della fanciulla da suo corpo, ella era sulla lista, ma l'aveva tenuta con sé lasciando il corpo in vita e l'anima della fanciulla a tenergli compagnia nel Limbo. Dio ordinò alla Morte di inviargli l'anima della fanciulla, l'avrebbe distrutta come punizione. La morte si rifiutò e disperato minacciò di non compiere mai più il suo dovere. Questo non poteva accadere, nessuno poteva sostituire la Morte, quindi quest'ultima e Dio raggiunsero un accordo, l'anima della ragazza avrebbe vissuto milioni di vite mortali, se avesse anche solo sospettato di ciò che era avrebbe dovuto morire per mano dell'amato. I due erano destinati ad incontrarsi alla fine di ogni vita ma non sarebbero mai potuti stare insieme, mai. E quindi eccoci qui, dovrò distruggerti un'altra volta, mandarti sulla ruota e aspettare il tuo ritorno”.

Mi coprii il viso con le mani e sentii i palmi umidi, stavo piangendo perché la storia che mi era stata appena raccontata era la più bella, triste e vera che io avessi mai sentito.

Piangevo anche perché mi ero rivista in quelle migliaia di morti in cui ci eravamo incontrati, baciati, amati, e io ero passata oltre con la promessa che ci saremmo rincontrati, anche se per poco.

Ma questa volta la consapevolezza dell'amore che provavo per questo ragazzo, intenso, profondo, vero,mi fece capire che questa volta non ero disposta a lasciarlo soffrire in silenzio, ancora. Io avevo avuto la benedizione di non ricordare nulla, ma lui, ogni volta, era costretto a vedermi oltrepassare la porta alla sua destra aspettando il mio ritorno e sentendosi incredibilmente solo.

Ricordai che in quella sala, una volta, avemmo una cruenta discussione in cui lo accusavo di avermi rovinato, ero costretta a perdere tutti coloro che amavo senza potermi ricongiungere a loro, ero costretta a tornare, sempre, per colpa sua.

Ma poi avevo capito che il nostro amore valeva più di mille affetti effimeri e terreni, che era più puro e vero di quello che gli angeli cantavano a Dio e che se per poterlo incontrare, anche per poco, sarei dovuta rimanere per sempre sulla terra lo avrei fatto.

Corsi tra le sue braccia e mi abbandonai al più dolce dei baci, sapeva di tenebra, lacrime e perdita. Era intenso come un uragano e caldo come il fuco. Mi riempì l'anima facendomi rabbrividire e rizzare i peli della nuca. Quando infilò una mano fredda e delicata tra i miei capelli mi strinsi ancora di più a lui, schiudendo le labbra e approfondendo il bacio. Quando ci separammo, ansanti, lui mi guardò con gioia sconfinata e soddisfazione: “Dopo millenni ti faccio ancora lo stesso effetto”.

Risi: “Oh sta zitto! Ti amo, quindi ora tu mi bacerai fino a togliermi il fiato e poi mi lascerai andare”.

Ci baciammo finché mi sussurrò: “Ti amo.” a fior di labbra.

Mi staccai e gli sorrisi tristemente: “Sai che tornerò, lo faccio sempre”.

Mi strinse la mano e mi accompagnò alla porta: “C'è una una cosa che non ti ho ancora detto, forse abbiamo una speranza. Quando verrà l'Apocalisse e tutti moriranno io non avrei più anime da mietere e tu potresti venire da me. Magari Dio sarà clemente e ti farà rimanere con me. Potremmo rimanere nel Limbo in eterno, staremo finalmente assieme come desideriamo da così tanto tempo”.

Con quella nuova consapevolezza posai la mano sulla maniglia e sussurrai: “Te l'ho mai detto che ti amo?”

Aprii la porta e affrontai il mio destino con la certezza che l'avrei incontrato, sempre, qualsiasi cosa fosse successa.

Accettai la mia morte con gioia sperando fermamente nelle sue parole.

 

Mi piacerebbe dire “si ricontarono, rimasero assieme e vissero felici e contenti” ma nessuno ha la certezza che sia andata veramente così.

  
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