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Autore: AlessiaDettaAlex    18/01/2014    8 recensioni
[Frozen- Il Regno di Ghiaccio]
La prima cosa da dire: non l'ho scritta io. E' una traduzione, ho trovato questa one-shot in inglese su un sito e ho deciso di incominciare un progetto di traduzione di FF anglo-americane da postare su EFP.
La one-shot tratta degli innumerevoli tentativi, diversissimi col passare degli anni, con cui la piccola Anna cerca di far uscire Elsa dal bunker della sua camera. Riuscirà nel suo intento? Leggete e scoprirete!
Autrice: yumi michiyo
Titolo originale: Bribery, Force, and Other Nefarious Tactics
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Anna aveva cinque anni quando ideò il primo piano per costringere Elsa a uscire dalla sua stanza.
Non era una cosa troppo complessa; consisteva semplicemente nel piazzare un pasticcino (rubato dalla cucina) fuori dalla porta di Elsa e aspettare che lei uscisse.
Disgraziatamente, Anna si dimenticò del suo progetto nel percorso tra la cucina e il piano superiore e si mangiò il dolcetto.
Il secondo tentativo fu quando aveva cinque anni e mezzo.
Questa volta, infilò sotto la porta di Elsa un invito per un “Ballo del Pupazzo di Neve”, stampato con cura. Aveva creduto fosse un piano infallibile. Dopo tutto, nel biglietto aveva descritto nel dettaglio quanto ci sarebbe stato da divertirsi coi giochi invernali e tutto il cibo e la cioccolata presenti (il prezioso bottino di una settimana di dessert appositamente messi da parte).
Eppure, la porta era rimasta ostinatamente chiusa. Anna ne rimase delusa, ma la prospettiva di tutta quella cioccolata che ora era solo per lei in qualche modo le ritirò su il morale.
Il conseguente disastro post-zuccheri all’interno del castello era ancora ricordato dai domestici, spesso con un brivido.
Una tenace Anna di sei anni decise che l’adescamento era una tattica troppo infantile, e optò per l’attesa.
Pianificò la sua impresa meticolosamente: una coperta, le sue bambole preferite raffiguranti lei ed Elsa, qualche snack per lo spuntino, una tazza per bere e un libro da leggere per combattere la noia.
Anna montò praticamente un campo fuori dalla porta di Elsa usando come appoggio i suoi giocattoli e stendendoci la coperta sopra a farne una comoda tenda. Soddisfatta del suo operato, mangiucchiò gli snack e poi si rannicchiò a terra col suo libro.
Resistette circa dieci minuti prima di addormentarsi, e fu riportata in camera sua da suo padre.
A sette anni tentò con un metodo che solitamente con lei funzionava: la costrizione.
“Buon compleanno, Elsa!” gridò emozionata la giovane principessa.
“Grazie, Anna”
“Ti ho comprato un regalo, ma devi aprire la porta, altrimenti non posso dartelo”
Ci fu una pausa. “Grazie Anna, ma, davvero, non dovevi”
“Ma sì che dovevo! Ora apri la porta, così puoi vederlo!”
“Va bene. Puoi darlo a mamma o papà? Sono un po’ occupata ora”
Anna fece una smorfia di disapprovazione. “Ma loro hanno i loro impegni reali. E lo stesso i domestici”
Scese un silenzio tagliente.
Ci fu del trambusto dietro la porta. “No, Anna. Mi dispiace”
Anna scoppiò a piangere e corse nella sua stanza singhiozzando fino  quando non si addormentò.
Il mattino successivo al risveglio, incappò in un piccolo foglietto lindo sul suo cuscino che la ringraziava del regalo di compleanno. O, per precisione, inizialmente era stato appoggiato sul suo cuscino, ma siccome per tutta la notte Anna aveva continuato a voltarsi e rigirarsi, lo trovò di fronte alla sua camicia di notte.
Il bigliettino finì in una piccola cassaforte che Anna cominciò a chiamare “La Collezione Elsa”
Quando Anna compì otto anni decise di tentare con un altro approccio.
La nuova giovane domestica Ingrid – assunta per rimpiazzare una delle vecchie donne delle pulizie – simpatizzava particolarmente con la principessina e acconsentì subito ad aiutarla col suo piano.
Col cestello del bucato in mano, la giovane serva bussò alla porta di Elsa.
“Vostra Altezza? Sono qui per raccogliere il bucato”
Ci fu una pausa, e la serratura scattò.
“Aha!” strillò Anna, balzando da dietro la gonna di Ingrid e correndo con foga verso la porta.
Ma Elsa fu più veloce e chiuse la porta con un tonfo un istante prima che potesse sgusciarci dentro Anna, che, arrabbiata, prese a calci il legno duro.
“Elsaaaa!”  ringhiò, massaggiandosi i piedi.
Alcune settimane dopo il suo nono compleanno, Anna decise di provare a negoziare. Era una tattica sofisticata che Giovanna le aveva suggerito mentre stava discutendo animatamente con gli altri ritratti.
Indossando il suo vestito più bello, marciò verso la porta di Elsa e bussò con solennità.
“Principessa Elsa di Arendelle? Sono io, la principessa Anna di Arendelle” si prodigò in un profondo inchino. “Richiedo gentilmente la vostra presenza per un… evento sociale”
La porta rimase silenziosa.
Anna si schiarì la voce. “Principessa Elsa? Dovreste confermare… guardate, ho anche la bandiera!” il lenzuolo scarabocchiato fu debitamente presentato e fece anche un tentativo di infilarlo sotto la porta. “Questo significa che avete sentito cosa vi ho detto. A meno che non desideriate la guerra tra i nostri regni!”
Ci fu un sospiro smorzato. “Anna”, disse una voce, “vai via”.
“Questo… è un insulto!” Anna si impettì offesa. “Questa è una dichiarazione di guerra!”
Qualsiasi ne fosse il motivo, un’ora dopo, il maggiordomo di corte Kai trovò Anna vestita di un’armatura fatta con le lenzuola mentre guidava un esercito di giocattoli contro la porta della camera di Elsa e ne tagliuzzava via la vernice con un cucchiaio di legno.
Una giovane Anna, appena raggiunti i dieci anni, corse via dalla biblioteca, ispirata dalle storie dei tornei di cavalieri. Dopo aver preso in prestito una scopa dalla cucina, dello spago dal giardiniere del palazzo, e un guanto di metallo dall’armatura sotto le scale (a patto che l’avesse riportato più tardi), trasformò la sua bicicletta nuova di zecca (regalo del suo compleanno) in un notevole ariete da sfondamento.
“Carica!” gridò la principessina pedalando a tutta velocità sul corridoio.
Beh, fu un grave errore da parte dell’architetto del castello mettere la stanza di Elsa proprio affianco alla grande scalinata a spirale.
O almeno così Anna continuava a raccontare a chiunque l’ascoltasse mentre attendeva che il suo braccio rotto guarisse.
La risposta di Elsa fu un dettagliatissimo disegno colorato di Anna in armatura, issata sul dorso di una renna. Finì immediatamente nella “Collezione Elsa”.
Era un piccolo segno di riconoscimento che significava che i suoi sforzi stavano funzionando!
A undici anni, Anna decise che questi metodi, alla lunga, erano troppo dolci. Aveva letto le avventure di Aladdin e Flynn Rider e le loro strabilianti storie ed ebbe un’idea.
Avrebbe semplicemente spaccato la porta per entrare.
E se la porta restava indifferente ai suoi colpi, c’era sempre la finestra!
Legandosi saldamente una corda intorno alla vita (si fece prestare una serpentina dal giardiniere, che scoprì essere anche lui fan di Flynn Rider), Anna legò l’altra metà alla banderuola in cima al palazzo e si posizionò di fronte alla finestra della camera di Elsa. Come Flynn, avrebbe dovuto dondolarsi e spaccare il vetro coi piedi. Poi avrebbe spezzato la corda col coltello che aveva appeso alla vita.
Sfortunatamente, il peso di una bambina di undici anni, per giunta più leggero di quello che avrebbe dovuto avere a quell’età, non era abbastanza per rompere un vetro; Anna rimbalzò contro la finestra, ruotò su se stessa e rimase appesa fuori per un’ora e mezza, finché il giardiniere del palazzo non salì a riprenderla.
Quel giorno Anna imparò che persino una principessa reale (seconda nella linea al trono) non era esente da una bella sculacciata.
Alla fine era riuscita a intravedere Elsa. O, per meglio dire, a intravedere un fulmine coi capelli biondi che si era alzato ed era corso a cercare aiuto quando Anna aveva tentato di rompere il vetro.
Il mattino seguente Anna trovò un bigliettino che le chiedeva se stesse bene, probabilmente infilato sotto la porta nel mezzo della notte.
Era anche piuttosto umido sul bordo, come se fosse stato congelato e poi si fosse sciolto, ma ad Anna non importò. Finì direttamente con gli altri fogliettini nella cassaforte.
Dopo aver passato i tredici anni, Anna ne ebbe abbastanza. Marciò verso la porta di Elsa e bussò con forza.
“Elsa! Apri in questo preciso istante o butto giù la porta!”
“Non ci avevi già provato?” giunse la risposta divertita.
“El – saa”  si lagnò la principessina “Andiamo… eravamo migliori amiche! Che è successo? E’ stato qualcosa che ho fatto? Possiamo parlarne. Per favore!”
“Tu non hai fatto nulla” disse la voce velocemente, ma poi si bloccò. “Ne riparliamo un’altra volta, Anna”
“Non possiamo parlarne ora?”
“No, non possiamo… sono occupata, devo studiare”
Anna emise un ringhio di disapprovazione e provò a sbirciare nella serratura, per poi balzare subito indietro con un grido. “La tua serratura è tutta congelata!”
“Oh. Già. Scusa, Anna, ma dovresti andare ora”
Bene” si allontanò dalla stanza borbottando tra i denti cose riguardo quanto fossero irritanti le sorelle maggiori che se ne stanno chiuse in camera tutto il tempo.
Più tardi, infilò sotto la porta di Elsa un disegno raffigurante un’Elsa-orco imbronciata dentro una caverna.
Due giorni dopo, ricevette da Gerda un disegnino che raffigurava se stessa mentre pendeva in maniera ingloriosa davanti alle finestre del castello appesa a una corda.
“Questo significa guerra” ringhiò. Ma prima fece attenzione a riporre il foglietto all’interno della solita cassaforte di legno.
La sua successiva opera fu una crudele strisciolina a fumetto, nel linguaggio scurrile che aveva imparato dai domestici, rappresentante Elsa nelle mani dei mostri di ghiaccio e neve di turno.
La risposta di Elsa (consegnata da uno sconcertato Kai) fu una lettera di rimprovero per il suo linguaggio colorito, e un’Elsa in versione cartone animato che si mangiava una manciata di cioccolato con su l’etichetta “Cioccolato di Anna”.
Quando compì quattordici anni, Anna si era ormai arresa dal convincere Elsa ad aprirle la porta. Piuttosto, cominciò a trattare la porta come fosse sua sorella. Non era poi così diverso dal solito, ci era cresciuta con la faccia premuta contro quella porta.
“Ciao, Elsa” disse Anna, appoggiandosi contro il legno freddo. “Oggi è stata una giornata davvero stancante. Vuoi sapere cos’è successo?”
Silenzio.
“Lo vuoi? Davvero? Ok. Beh, mamma e papà mi hanno fatto iniziare lezioni di ballo. Ballo. Io. Mamma ha detto che mi avrebbe reso più aggraziata, il che non ha senso, visto che papà una volta mi ha detto che nemmeno le mie ossa sono aggraziate, quindi, come posso essere aggraziata se non c’è grazia nel punto basilare? Ad ogni modo, ho finito per calpestare i piedi del maestro, inciampare sul mio stesso vestito, e colpire papà in faccia quando ho provato la piroetta”. Anna sospirò profondamente. “Il maestro ha detto un sacco di cose che sembravano francese, ma mi hanno proibito di ripeterle. Scommetto che tu balli molto bene, vero, Elsa? Lo sapevo. Tu hai un sacco di grazia. Probabilmente hai talmente tanta grazia che ce l’hanno pure le tue dita. Il maestro dice che una principessa deve avere compostezza, grazia e dignità. Io credo di non avere nulla di tutto ciò”, borbottò Anna. “Bello essere quella che dovrà diventare regina, eh, Elsa?”
La principessina si rialzò, spazzandosi via la polvere dal vestito. “Beh, devo andare ora. È stato bello parlare con te, Elsa.”
Appena si allontanò di qualche passo sentì la porta scricchiolare. Anna gelò.
Una testa bionda sbirciava dalla porta socchiusa. Due occhi azzurri, del colore del ghiaccio, la osservavano timidamente.
“Io sono inciampata sul mio vestito e sono caduta dalle scale” disse Elsa lentamente, “e qualche volta mentre rido grugnisco”.
“No!” disse Anna con una risatina.
“Sì!” La porta si aprì un altro po’. “E quella volta che mamma e papà mi hanno fatto partecipare a un banchetto ufficiale? Non la finivo più di ridacchiare perché il barone continuava a mettersi le dita nel naso quando pensava che nessuno lo guardasse”
“Veramente?”
“Veramente.”
Anna si avvicinò alla porta lentamente, come se avesse paura di stare più vicina a quella sorella che quasi le sembrava di non aver mai avuto. Elsa le sorrise nervosamente, con le mani dietro la schiena.
“Beh… facciamo un pupazzo di neve?”
Lo sguardo di Elsa balzò su quello di Anna; provò ad essere più positiva che poteva.
“… ok”.
Riuscirono a fare solo uno dei blocchi di neve del pupazzo sul giardino di fronte, prima che Elsa si ricordasse di avere ancora alcuni compiti da sbrigare, ma ad Anna non importò.
Fu comunque il più bel giorno di sempre.



 
Salve!
Benvenuti al primo lavoro di traduzione di Videl. Speriamo di essere stata una buona traduttrice D:
Bello vero? Questa fic mi ha spezzato il cuore e mi ha fatto ridere più volte mentre la leggevo la prima volta (e cercavo di tradurla sul momento), così ho deciso di proporvela. E credo anche (per desiderio di far circolare anche in Italia tutto questo bendi Dio che scrivono all'estero!) che comincerò una lunga serie di ff tradotte dai paesi anglofoni. E' divertente. Ma prende anche tempo. E devo studiare. Studiare tanto. Ma tradurrò la notte *-* cioè, boh, in qualche modo farò xD
Fatemi sapere che ne pensate!
Ecco il link alla storia originale di yumi michiyo: https://www.fanfiction.net/s/9934599/1/Bribery-Force-and-Other-Nefarious-Tactics
A presto!
Videl
   
 
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