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Autore: Rota    22/01/2014    2 recensioni
Ivan sospira, e c'è una nuvola di vapore che si condensa davanti alla sua bocca. Socchiude le palpebre, per raccogliere la forza rimanente sulle proprie spalle e alzarsi, fino ad avere la schiena ritta. Il piccone gli scivola appena dalle dita irrigidite e va a sbattere, con la punta, sopra l'ultima delle pietre di Siberia che Russia ha tentato di aprire, per scovare l'oro tanto desiderato.
Oltre l'orizzonte di neve e bianco, c'è quella striscia di azzurro che è il mare – e fin lì si sente il suo respiro calmo, accompagnato dall'odore di salsedine e da una sensazione di quiete.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*Autore: Rota
*Titolo: Sea – Oltre l'orizzonte
*Fandom: Axis Powers Hetalia
*Personaggi: America/Alfred F. Jones, Russia/Ivan Braginski
*Genere: Introspettivo, Sentimentale
*Rating: Giallo
*Avvertimenti: Shonen ai, Flash fic
*Prompt: Mare
*Parole: 1450
*Dedica: A L'ele, perché sì. E anche a Nemeryal, altrettanto perché sì.
*Note: Mancavo un po' nel fandom, non potevo che tornare con una RusAme, ovviamente (L) Robetta semplice semplice, sia chiaro xD
Buona lettura (L)

 

 

 

 

 

 

Il poco sudore che lo sforzo fisico ha distribuito sulla fronte viene raccolto dal tessuto spesso della cuffia di lana, perché l'aria gelida non la ghiacci sulla carne e faccia penetrare oltre il dolore e il freddo all'interno, verso le ossa e il cervello stesso.
Ivan sospira, e c'è una nuvola di vapore che si condensa davanti alla sua bocca. Socchiude le palpebre, per raccogliere la forza rimanente sulle proprie spalle e alzarsi, fino ad avere la schiena ritta. Il piccone gli scivola appena dalle dita irrigidite e va a sbattere, con la punta, sopra l'ultima delle pietre di Siberia che Russia ha tentato di aprire, per scovare l'oro tanto desiderato.
Oltre l'orizzonte di neve e bianco, c'è quella striscia di azzurro che è il mare – e fin lì si sente il suo respiro calmo, accompagnato dall'odore di salsedine e da una sensazione di quiete.
La Nazione sospira un'altra volta e deve anche tossire: ha ingoiato un fiocco di neve che è andato a sciogliersi esattamente dentro i suoi bronchi, facendolo rabbrividire tutto. Qualche secondo ancora, giusto perché l'odore di buono svanisca dalle sue narici, e il rumore del picconare del metallo diventa un ritmo regolare, nel suo orecchio.

 

 

Il primo cane della slitta abbaia, probabilmente un comando per i compagni, e decide di virare prima che una banchina troppo molle di ghiaccio lo faccia cadere in acqua e tutto il gruppo si ritrovi a dover lottare con il peso legato alle spalle per non farsi risucchiare dal vortice di acqua e gelo che prima annebbia i sensi e poi uccide i più sciocchi.
Alfred si tiene saldamente ai manici della sua slitta, piegando docilmente le ginocchia al momento opportuno e assecondando il movimento con estrema accondiscendenza. Prende un profondo respiro, a pieni polmoni, e tutta l'aria di Alaska gli si imprime nelle cellule del corpo, e lo morde con il proprio freddo e lo esalta nella propria magnificenza. Non c'è sole che accompagni il suo tragitto – l'alba dell'Artico arriverà fra almeno un paio di mesi – ma solo una sparuta luce proveniente da oltre l'orizzonte e l'esperienza dei suoi cani che seguono la propria memoria più dei suoi comandi.
America fa sempre quel tragitto, quando deve tornare alle sue miniere d'oro, costeggiando la riva sull'oceano aperto e proseguendo verso Nord finché non è obbligato a immettersi nell'entroterra.
Allora non è il mare ad accompagnare il suo cammino ma le alture bianchissime, le montagne piene di valanghe e di alberi eterni.

 

 

Qualcuno urla la propria gioia troppo vicino al suo orecchio perché lui possa condividere il sentimento proposto: sorride, per cortesia, e alza la bottiglia di vodka con cui si sta intrattenendo all'invito dell'uomo a un brindisi accorato, ma di più non fa. Rimane seduto al proprio posto, su quella panca di legno, e guarda i suoi compagni di miniera che parlano a voce altissima, che si rivolgono ingiurie di ogni tipo spinti all'ardire dall'alcool e cominciano a cantare all'improvviso. Come in una qualsiasi normale serata in locanda, dove la mancanza di fuoco e calore è soppesata dall'enorme quantità di alcool che circola.
Ivan si bagna ancora le labbra con quel liquido buono e appoggia il mento sopra la mano coperta da un guanto spesso e scuro. Il ragazzo che passa accanto a lui si china sul tavolo e raccoglie i boccali ormai vuoti di quei due distesi per terra, e si dirige sbuffando verso il bancone.
Riesce a sentire, nel frastuono, le note di una canzone conosciuta – c'è un vecchietto, in un angolo, totalmente ubriaco, che si è all'improvviso ricordato di un amore infantile ed è diventato triste. Russia si unisce a lui, con un tono basso e dimesso, che non tenta neanche di lottare con il chiasso circostante, ma se ne fa maschera e protezione e fa del proprio intento un sussurro discreto, che appartiene soltanto a lui.
Alza gli occhi al soffitto, e l'alcool che ha in corpo lo aiuta a immaginare il mare.

 

 

Un ragazzo non tanto giovane si ritrae, abbastanza spaventato, quando l'urlo pieno di gioia che esce dalla sua bocca lo travolge, assieme a un sentimento così dispotico e totalizzante che non riesce a identificare bene. Alfred ha qualcosa in mano e lo alza, improvvisando un brindisi a festa, e quelli che non gli sono nelle prossimità più attigue rispondono al suo richiamo e urlano a propria volta, già pieni di alcool.
È una festa quella: lo ricordano il calendario cerchiato di rosso e l'orologio appeso al muro, unici strumenti per definire, in quel buio perenne, cosa sia il giorno e cosa sia la notte. In quel momento, per esempio, segnano rispettivamente il 24 Dicembre e le 22.51.
America si siede al primo posto libero che trova, nell'angolo di una lunga panca di legno alla fine di un tavolo bianchissimo e apparecchiato di piatti vuoti e cesti mezzi pieni. Con la mano libera, prende un tozzo di pane e lo porta alle labbra, masticando con voracità. C'è ancora spazio nel suo stomaco e non ha intenzione di fermarsi – neppure quando riprendono a cantare, tutti, e lui con loro.
Ha solo un momento, quando guarda il rum bianco nel proprio bicchiere, in cui qualcosa gli blocca l'aria in gola e lui deve sputare quello che ha dentro le guance per non strozzarsi da solo. Sono come onde, quelle che si infrangono contro i bordi rotondi del vetro tra le sue mani: onde marine.

 

 

C'è una lastra di ghiaccio, sotto i pattini che gli definiscono gli scarponi di pelle ai piedi, abbastanza spessa perché lui non abbia neanche un poco di paura a destreggiarsi in figure artistiche, in virtù di una conoscenza e di un'arte apprese lontano, nella bella capitale. Qualcuno dei suoi compagni ride, schernendolo, ma Ivan ha compassione dei propri piccoli figli, specie quelli cresciuti nelle nevi perenni del suo Nord più spietato. Conserva una serafica calma, allora, e si stringe nel proprio cappotto quando il vento tenta di sferzargli la pelle.
Ha un sorriso bellissimo, sotto le coltri della sua sciarpa rosa, e gli occhi chiusi alla gioia.
Pattina in avanti, verso Est, dove solo la forza e la tenacia di una Nazione potrebbe spingersi.
Il mare dello stretto di Bering si scuote, sotto di lui, e Ivan lo saluta con una piroetta particolarmente complessa.

 

 

C'è una lastra di ghiaccio, sotto i pattini che gli definiscono gli scarponi di pelle ai piedi, abbastanza spessa perché lui non abbia neanche un poco di paura a saltarci sopra come un ragazzino di cinque anni contati, in virtù di un carattere esplosivo ed esuberante che neanche il gelo del Nord ha imprigionato sotto la neve e il freddo. Nessuno lo imita, probabilmente conservando quel briciolo di sensatezza tutta umana che si ricorda bene quali siano i propri limiti e quali quelli di America.
Ha un sorriso bellissimo, sotto quella sua cuffia orrenda fatta dello stesso colore degli gnu, e due occhi spalancati alla gioia.
Pattina in avanti, verso Ovest, dove solo la forza e la tenacia di una Nazione potrebbe spingersi.
Il mare dello stretto di Bering si scuote, sotto di lui, e Alfred lo saluta con una mano alzata e un'esclamazione forte.

 

 

Non ci sono spettatori né pubblico, in mezzo al mare, o per nascondersi o per farsi mirare. Il profumo dell'acqua salata rimane un'impronta nella neve, vissuta alla maniera romantica di chi ne conserva memoria dentro di sé – la verità è che il freddo appiattisce tutto, tranne il colore dei loro occhi.
E Ivan gli gira attorno, come se fossero in mezzo alla folla e lo avesse visto per caso; lo saluta con un risolino strano, che sa di scherno e felicità assieme.
-Salve, America...
Anche Alfred lo saluta, rispondendo alla sua espressione con qualcosa di più accalorato ma altrettanto malizioso.
-Buongiorno, Braginski!
Girano in percorsi concentrici, senza mai toccarsi o pretendere di farlo. Si guardano e sorridono, si avvicinano e ridono un poco di più, per far sentire anche le loro voci. Lo fanno per una giornata intera, perché sono Nazioni e percepiscono distintamente il tempo che passa, e finché hanno una scusa per non doversi ritirare nell'entroterra – lo fanno da molteplici anni e sempre allo stesso modo.
E ormai Alfred non cade più come le prime volte rovinando a terra come il più sbadato dei dilettanti, Ivan non sente l'esigenza di mostrare la propria bravura ma si accontenta di affiancarlo per lunghi minuti silenziosi.
Si salutano senza parlare o al massimo con qualche bisbiglio, si voltano le spalle e tornano dalle loro genti, con le stesse modalità di sempre.
Intanto, hanno depositato altra memoria e altri momenti preziosi, sul ghiaccio di Bering, e sono sicuri che il mare, profondo e amorevole, sarà un degno scrigno di quel tesoro.

   
 
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