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Autore: Patta97    23/01/2014    3 recensioni
Il biondo prese posto nella poltrona davanti a lui, dritto come un fuso e con un sorriso gioviale sul viso. - Su, allora, racconta! Non tenermi sulle spine.
- Credo di avere l’Alzheimer.

Sherlock ha scoperto una cosa e non vede l'ora di raccontarla al suo amico. Le cose potrebbero non rivelarsi come le apparenze suggeriscono...
Note: angst a fiotti, triste, molto triste, tristissimo, lievissimo spoiler per la terza stagione
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sì, ritorno dopo meno di 24 ore, e con la storia più angst che abbia mai scritto, temo.
Ho scritto "lievi spoiler" nelle note, in quanto sarà presente un ipotetico figlio di John e Mary. Vi informo anche che ho pianto mentre la scrivevo (anche se non sono molto attendibile, temo... sono parecchio sensibile quando ho tosse e raffreddore...) e quindi, se leggerete, lo farete a vostro rischio e pericolo.
Un abbraccio,
Chiara








 

Tell me




Sherlock aprì gli occhi di scatto e portò le mani, prima giunte al di sotto del mento, sui braccioli della poltrona.
- John! John! – non arrivò alcun segnale di vita dalla stanza o da altre parti, quindi sbuffò e richiuse gli occhi, rimuginando sulla sua nuova deduzione.

- Sono qui – la risposta poteva essere venuta un minuto o un’ora dopo.

Il detective sorrise nel riconoscere il viso dell’amico.
- Eri a comprare il latte? Hai fatto bene, l’ho giusto finito poco fa. Siediti, dai! Ho capito una cosa!

Il biondo prese posto nella poltrona davanti a lui, dritto come un fuso e con un sorriso gioviale sul viso.
- Su, allora, racconta! Non tenermi sulle spine.

- Credo di avere l’Alzheimer.

Il sorriso si spense velocemente negli occhi dell’altro, che si aggrottarono, inquieti.
- Cosa te lo fa dire?

- Oh, andiamo, John! E ti fai pure spacciare per un dottore… Ultimamente ho difficoltà nel ricordare dove poso le cose. All’inizio pensavo che le cose le muovesse… cambiasse… spostasse la signora Hudson, ma poi mi sono reso conto che scordavo semplicemente dove le avessi messe!

- Non è che stai solo perdendo colpi, amico? – chiese il biondo, cercando di scherzare.

- Non essere ridicolo! E poi ci sono gli sbalzi d’umore improvvisi! E difficoltà a ricordare dove poso le cose e scatti d’ira e l’altro giorno ho confuso l’odore dello zolfo con quello della marmellata. Poi è come se continuassi a scordare dove poso le cose. Perché mi guardi in quel modo? Che ho detto? John? Rispondimi. Rispondimi o giuro che…!

- Signor Watson. Vuole che lo sediamo?

- No – disse il ragazzo, cercando di divincolarsi con delicatezza dalle braccia di Sherlock, le quali lo arpionavano all’altezza dei gomiti, stringendo forte. L’indomani avrebbe avuto sicuramente dei lividi - come al solito. – Non si preoccupi, ce la faccio.

Sherlock lasciò andare piano la presa e William lo abbracciò, stringendolo brevemente, e poi piano, verso la sedia di plastica da cui si era alzato poco prima, in preda a uno scatto d’ira.
- Andiamo, zio Sherlock, da bravo.
Il vecchio si accomodò, docile, e il ragazzo gli fece una breve carezza sui capelli candidi.
- Mi riconosci, adesso? – tentò, con un sorriso d’incoraggiamento.

- Sei Billy! Me l’avevi fatta, piccola canaglia! Somigli sempre di più a John… Dov’è John? È con Mary? – lo sguardo di Sherlock rasentava il maniacale.

- Stanno riposando, zio. Verranno a trovarti presto.

L’ex-detective sembrò rilassarsi e i suoi occhi cerulei sembrarono ritornare quelli brillanti di una volta, quando gli raccontava di casi e omicidi e si faceva aiutare nei suoi esperimenti. William si morse il labbro inferiore per ricomporsi.

- Perché non mi racconti della storia del tassista?

- So che è solo un modo per saltare i compiti, Billy. Ma sarai tu a doverti sorbire i rimproveri di tua madre. Le dico sempre di non lasciarti qui a fare i compiti… Allora. È iniziato tutto nella piscina… No, scusami, a Dartmoor. A Londra, cioè. A Londra. C’era questo tassista che non era poi tanto bravo nel suo mestiere e che decise di uccidere qualche persona…

William si sedette a gambe incrociate ai piedi di Sherlock, mentre lo ascoltava, preferendo l’asettico pavimento bianco alla scomoda sedia di plastica. E, fino a quando le ginocchia e la schiena non gli avrebbero fatto male o l’infermiera lo avrebbe buttato fuori perché l’orario di visita era terminato da un pezzo, sarebbe rimasto lì, ad ascoltare le storie dell’unico consulente investigativo al mondo e del suo blogger.

  
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