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Autore: V@le    07/06/2008    0 recensioni
Il teatro era ormai pieno. Chi in piedi sotto al palco, chi nei palchetti, tutti mormoravano dubbiosi o critici riguardo quello che stavano per vedere. C'erano anche Teruyo, Hoshiko, Goemon, Iku, Shirosama, Nori e Fumiaki, venuti o per noia o per curiosità. Tutti i presenti si zittirono quando pesanti passi cominciarono a calcare il palco di legno, avvicinandosi sempre più al pubblico, intimorito dal buio e dall'atmosfera.
[4^ classificata al concorso sul peccato indetto da akane!!!]
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sasuke Uchiha
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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L'INCANTO DEL TEATRO


Il vento soffiava forte quel giorno, infastidendo non poco gli abitanti della cittadina in strada e non solo.

Infatti fece sbattere violentemente la finestra della stanza di una vecchia locanda. Svegliata da un tal botto, un'ombra si mosse nella semi oscurità della stanza e chiuse, impedendo ad altro vento di mescolarsi con l'aria viziata del chiuso.
Dopo aver fatto entrare più luce spalancando le tende logore, Teruyo andò a sedersi davanti allo specchio e, presa la sua bella spazzola in ebano, cominciò a pettinarsi i lunghi capelli ramati, ammirando il suo riflesso come se fosse stata un'immagine eterea.
Non si curò minimamente della sagoma che si sollevò pesantemente dal letto e la raggiunse alle spalle.
"Ora devo andare, piccola" sibilò, per poi strofinare le sue ruvide labbra sul suo collo "ci rivediamo la prossima settimana?"
Prima di rispondere, se lo scrollò di dosso scuotendo le spalle.
"Forse. Vedrò" fece con noncuranza, dandosi l'ultima interminabile spazzolata "ma ora basta starmi addosso. Torna da tua moglie e lasciami in pace."
L'uomo si diresse verso la porta offeso, ma la ragazza lo fermò.
"A a a a... non stai dimenticando qualcosa?"
Con un colpo secco quello lanciò un sacchettino di pelle sul letto e scomparve.
Teruyo sorrise e, alzatasi, ne recuperò subito il ricco contenuto, infilandoselo nella sua cassaforte personale, ossia nel corpetto.
Preso un largo scialle, uscì, ritrovandosi subito infastidita dal vento, che oltretutto le mandò in piena faccia un volantino.

"Signore, signore, vuole comprare la mia mela?"
Una ragazza poco più che adolescente girava per la strada con in una mano tesa il frutto.
Dopo l'ennesimo passante che non le prestava attenzione, Hoshiko si sedette sconfitta al limite della strada, coprendosi la faccia e cominciando a sussultare.
Al che una donna, vedendola e presa da pietà, si avvicinò.
"Piccola, non piangere... cos'è successo?"
"Nessuno vuole comprare la mia mela..." rispose lei singhiozzante "e senza soldi non posso comprare la medicina a mia madre..."
"Oh, povera piccola... tieni, la compro io la tua mela" le porse una moneta.
"Davvero, signora? Grazie, grazie mille signora!"
Appena la donna si fu allontanata, però, Hoshiko si asciugò le finte lacrime e si rigirò tra le mani quella moneta.
Pensava a cosa avrebbe potuto farci, quando si accorse di avere il piede su un volantino.

Un ragazzo passava spintonando tutti quelli che gli capitavano davanti.
Stupide mezze calzette... avevano ritardato il lavoro e, per di più, niente paga quella mattina...
Goemon era veramente furibondo e atterrì un pover'uomo che gli aveva rifilato un volantino.

Il sole era già alto quando Iku si stiracchiò assonnata del suo grande letto, non badando alla minuscola donna che girava per la sua camera rassettando qua e là.
Si alzò, lisciando le pieghe della camicia da notte di seta e chiese:
"Papà è già uscito?"
"Sì, signorina" rispose l'altra continuando a riordinare.
La ragazzina allargò le braccia, attendendo che l'altra la spogliasse e la rivestisse.
Quando fu pronta, notò qualcosa incastrato nel filo del grembiule della donna.
"Che cos'é?" chiese prendendolo in mano senza tanti complimenti.
"Un volantino, signorina. Era sotto la porta di casa."

Shirosama camminava fieramente per strada, con al seguito i suoi 'amici', come ogni giorno.
Qualche conoscente salutava con un cenno e una ragazza si avvicinò azzardando un "Ciao", ottenendo nient'altro che uno sbuffo.
Fece lo stesso quando un bambino gli porse timidamente un volantino.

La locanda era piena, essendo ormai ora di pranzo.
C'era un tavolo particolarmente chiassoso quel giorno: un uomo circondato da ragazze di facili costumi rideva e beveva con certi suoi amici.
In un angolo, al buio, un altro uomo lo scrutava severamente, con le iridi impregne d'invidia.
Quando per un attimo non guardò il fratello per bere, Nori notò sullo sgabello accanto al suo un foglio di carta.
Un volantino.

"Fumiaki! Non..." la donna fra le lenzuola tacque, zittita dallo sguardo della figura che se ne stava andando.
Uscito da quella casa, ricevette un volantino in cui si annunciava che quella sera avrebbe avuto luogo nel teatro cittadino uno spettacolo teatrale mai visto prima, messo su da una compagnia forestiera.
Con un'alzata di spalle se lo mise in tasca: almeno quella sera avrebbe passato del tempo.

Il teatro era ormai pieno. Chi in piedi sotto al palco, chi nei palchetti, tutti mormoravano dubbiosi o critici riguardo quello che stavano per vedere.
C'erano anche Teruyo, Hoshiko, Goemon, Iku, Shirosama, Nori e Fumiaki, venuti o per noia o per curiosità.
Tutti i presenti si zittirono quando pesanti passi cominciarono a calcare il palco di legno, avvicinandosi sempre più al pubblico intimorito dal buio e dall'atmosfera.
D'un tratto si accesero otto torce che illuminarono la figura retta e composta di un giovane di non più di vent'anni.
Parlò, con una voce bassa e inquietante, che pareva quasi un sibilo, facendo rabbrividire ogni singola persona.

 

"Ho accusato ogni abitante di Konoha delle peggiori colpe.
Perfette facciate, squallide verità.
Mi rivoltavano come nient'altro e per questo sono fuggito.
Fuggito dalla falsa impeccabilità e dall'immoralità nascosta, verso qualcosa di molto più allettante:
il potere
l'indipendenza
la lontananza dal sudiciume degli abitanti del villaggio della Foglia.
Perché, mi chiedete?
Ebbene, voi non sapete...
Voi non potete sapere cosa si nasconde nell'animo dei ninja denominati ingiustamente eroi.
Non capite come la timidezza e l'indifferenza siano le più perfette maschere dei vizi umani.
Voi non sapete e non capite.
Ma non temete!
Vi farò sapere e capire io."

Un'ombra si fece avanti all'estrema sinistra del palco: era una giovane donna, con lunghi capelli biondi raccolti in due code basse, che cominciò a rimirare le proprie mani e il proprio corpo, come se fosse stata davanti ad uno specchio.
Il ragazzo al centro ricominciò a parlare.

"Non avete forse sempre pensato che la bellezza fosse qualcosa di positivo, da ammirare e desiderare? Qualcosa che attira i ladri più dell'oro?
E  non avete mai pensato che una cosa tale potesse essere un male?
Mai?
Allora venite a Konoha e guardate chi l'ha in mano.
Tsunade, Quinto Hokage.
Bella, non è vero? Dimostra almeno vent'anni in meno della sua reale età...
Perché, secondo voi?
Perché tiene così tanto al suo aspetto esteriore?
Vi rispondo io: è una donna.
Una donna dedita a vizi come l'alcol e il gioco d'azzardo...
Solo?
No... questa sua brama di bellezza è riconducibile ad un terzo vizio, molto più sporco ed impudico degli altri due.
Lussuria.
Perché temere tanto d'invecchiare, se non per voluttà?
Lo so, state pensando che sia assurdo.
E invece io vi dico: rifletteteci e così assurdo non sembrerà.
Riflettete sul fatto che un Hokage sia schiavo di un così animalesco vizio.
Vi sembra ancora così paradossale?"

Una torcia, quella più vicina alla donna, si spense, facendola scomparire.
Subito lo sguardo degli spettatori puntò un'altra entità appena apparsa.
Era una ragazzina, dai capelli corti e corvini, che se ne stava accovacciata su sé stessa e dondolava quasi nervosamente.
Il giovane riprese.

"Quante volte vi sarà capitato di compatire una povera giovane ignorata o disprezzata dalla maggior parte delle persone che la circondano?
Quante volte, vedendo Hinata chiusa in sé stessa e sottovalutata, avrete pensato 'poverina'?
Mi scuserete se vi chiamerò ingenui.
Come potete lasciarvi ingannare da una timidezza talmente finta?
Certo, lei non sa, non si rende conto che tutto quello che crede di essere sia così costruito...
Come potrebbe, ritenendosi come lei vuole essere vista?
Sì, ho trovato del male anche in lei.
La piccola dolce povera Hinata Hyuuga, trascurata da tutti, che s'impegna fino allo stremo per essere anche minimamente considerata.
Ingenui e sprovveduti.
Mai vi siete chiesti se non vi fosse un qualche fine recondito dietro tutta quella dedizione?
 Esso c'è.
Ed è un fine che nasconde un vizio, un vizio spesso sminuito, ma pericoloso.
Gola.
Gola di attenzioni.
Non vi sembra grave?
Allora lascerò che attendiate il giorno in cui, dopo aver ottenuto la stima di qualcuno, ne vorrà ancora, ancora e ancora.
E quando si accorgerà di essere considerata un mostro ingordo di considerazione, vedrete come impazzirà.
E la pazzia non è mai un bene, o no?"

La fiamma di una seconda torcia morì ed un altro personaggio, dai capelli rossi e dai pugni stretti, venne presentato.

"Non sarà certo una novità per voi sapere che l'ira è un connotato proprio di Gaara.
Sì, vi do ragione, è un ninja di Suna e vi ho detto che avrei parlato solo gli abitanti di Konoha.
Ma quante volte lo avete visto coinvolto negli affari della Foglia? Tante volte quante l'ho visto io, immagino.
E chi non ha assistito alle esplosioni della sua rabbia in passato?
Vi sento rispondere che ormai non c'è nulla di cui preoccuparsi. Ma...
Ne siete veramente convinti?
Io non ne sarei così sicuro.
Cosa me lo fa credere?
Semplicemente il fatto che la sofferenza non svanisce da un momento all'altro, proprio come l'ira.
Per quanto dolore ha provato, Gaara non ha sfogato tutta la rabbia che covava dentro.
Preparatevi, state in allerta, perché non si può sapere quando esploderà nuovamente.
E quanto violentemente."

La terza torcia smise di strepitare e, al dileguamento del rosso, comparve una ragazza con una coda di cavallo, completamente abbandonata su ampi cuscini.
Anch'essa venne commentata.

"Uno dei vizi che più odio.
La pigrizia, l'ozio, la poca voglia di fare, l'apatia, il disinteresse verso gli altri, verso se stessi e verso la vita: è questo che viene spacciato per accidia.
Ma io vi dico, ce n'è un altro di genere, molto più infimo e stomachevole.
Perché quelle facce scettiche o stupite? Non credete ci sia un altro tipo di accidia?
Vi sbagliate, un'altra volta.
Il vizio che intendo io è un pigrizia dell'animo e della mente, a causa del quale una persona pensa che il mondo giri intorno a lei, permettendole di vivere senza muovere un dito.
Chi mai è colpevole di ciò a Konoha?
  Ino Yamakana.
Non avete mai notato quanto squallido sia questo suo comportamento?
Non ve ne siete neanche mai accorti?
Io sì."

Una quarta fiamma si smorzò.
Subito si udirono leggeri passi, mossi da un ragazzo che camminava col naso all'insù.

"Suppongo avrete sentito, insieme a tanti altri, come un certo abitante della Foglia vanti la sua superiorità, non in confronto alle persone in generale, ma ad una categoria bene precisa: le donne.
Come dite? Non vi sembra che si ponga in modo superiore rispetto a loro?
Sì, è vero, tutto quello che gli sentite pronunciare riguardo alla classe femminile è "seccatura".
Beh, bisogna saper leggere fra le righe, signori miei.
Shikamaru Nara, perché è di lui che stiamo parlando, nel reputare una "seccatura" il gentil sesso, dimostra quella che io chiamo superbia.
Voi potreste considerarlo solo sessismo. Solo, poi...
Ma se è vero che una convinzione di un atteggiamento sessista è la presunta superiorità o il presunto maggior valore di un sesso rispetto ad un altro, sessismo non diventa altro che un sinonimo di superbia.
E io vi chiedo: quante cose peggiori della superbia ci sono a questo mondo?
Poche, signori miei, poche...
Su questa terra nessun ha il diritto di dirsi migliore di un altro e, anche se penserete che io sia un ipocrita, lo sosterrò sempre."

La quinta fiamma spirò.
La poca luce rimasta permise di vedere la figura elegante di un adolescente dai lunghi capelli neri stare immobile, con gli occhi che bruciavano di fastidio.

"Questo si dice: l'invidia è un tarlo che rode il legno in cui cresce.
Quanto è vero...
Chi di noi tutti esseri umani non può dire di averla provata?
Chi di noi non può ammettere di averla trovata più che insopportabile?
Forse è il vizio più umano che ci sia... ma è anche vero ch'è quello più diabolico.
Non solo desiderare avere qualcosa che ha qualcun'altro, ma addirittura volere che quel qualcuno lo perda.
L'invidioso è anche e persino frustrato, egocentrico e competitivo...
Vi ricorda nessuno? No?
Vi do io allora un nome.
Neji Hyuuga.
Frustrato, nel tentativo di tenere alto il proprio onore e quello della casata cadetta.
Egocentrico, in quanto pensa solo a raggiungere il suo scopo.
Competitivo, confrontandosi sempre con altri per dimostrare di essere il migliore.
Non vi pare forse il ritratto dell'invidia?
A me sì.
Ho sempre visto quel tarlo rodergli dentro, logorandogli l'animo.
Chissà che fine farà, a causa di quel tarlo."

La sesta fiaccola si smorzò.
Stavolta due personaggi vennero alla fievole luce, fermandosi esattamente alle spalle del primo attore.

"Dicesi avarizia la scarsa disponibilità a spendere e a donare ciò che si possiede.
Con ciò che si possiede, tutti intendono denaro e proprietà materiali.
Eppure c'è il proverbio: stretto di mano, stretto di cuore.
Stretto di cuore.
Quindi l'avarizia non riguarda solo ricchezze, bensì anche concetti prettamente umani.
Tipo?
Tipo i sentimenti.
Io ho conosciuto due persone estremamente avare di sentimenti, i cui nomi vi caveranno di bocca un "oh..." di sorpresa.
Essi sono Fugako e Itachi Uchiha.
Esatto.
Padre e figlio.
Mio padre e mio fratello.
L'ho sentito, quell' "oh" di sorpresa.
Perché tanto stupiti? Non mi direte mica che non l'avreste mai detto?
Eppure l'avarizia di mio padre era così evidente a me... molto più evidente di quella di mio fratello.
Quale dimostrazione più palese del suo abbandono ci può essere per definirlo avaro di sentimenti?
Quale segno più chiaro di quello che ha fatto ci può essere per vedere la sua crudeltà?
Perché l'avaro, stretto di cuore, è crudele, signori miei."

Anche la settima fiamma perì e i due si volatilizzarono.
Rimaneva solo il giovane che aveva aperto lo spettacolo.
Sospirò pesantemente e proferì:

"Vi ho parlato degli abitanti di Konoha e dei loro vizi, dimostrandovi che
a parlare male degli altri si fa peccato, ma spesso s'indovina.
Ma vi confesso, in quest'ultima occasione in cui lascerò che la verità scivoli fuori dalla mia bocca, che un altro peccato governa la mia vita.
Sì, signori miei.
Io, Sasuke Uchiha, sono colpevole di
tristezza.
Lo so, state pensando che la tristezza non è un peccato, ma semplicemente uno stato d'animo.
Anche qui vi sbagliate.
Questo mio vizio è ciò che più mi pesa, che più mi addolora, che più mi logora.
E' quel momento per me infinito in cui i miei desideri incontrano i loro limiti propri.
E non è l'esterno che in qualche modo delimita il desiderio, ma i limiti vanno a comporre il desiderio stesso.
Fin quando non si accettano tali limitazioni, non è possibile superare la tristezza.
Avrete capito, signori, come mai io persisto nel mio peccato, quindi.
Tanta perseveranza ho avuto in ciò, che avrebbe potuto tramutarsi in depressione.
La quale, vi garantisco, è ancora peggiore.
Ma, non so se fortunatamente o sfortunatamente, la morte mi ha portato via prima, salvandomi dalla figlia della mestizia.
Perciò vi dico e vi raccomando: state lontani ed evitate..."

E comparvero uno a uno i personaggi prima venuti e spariti.

"...la lussuria
la gola
l'ira
l'accidia
la superbia
l'invidia
l'avarizia
in tutte le loro forme e riguardo ad ogni cosa.
Ma soprattutto, non lasciate che
la tristezza
s'impadronisca di voi e che si sviluppi in qualcosa di più dannoso.
Non seguite l'esempio dei giovani di Konoha e mio.
E, se non ci riuscite, rammentatevi di noi, delle nostre azioni, dei nostri sbagli.
Rammentate, per salvarvi.
Uomo avvisato, mezzo salvato."

L'ottava e ultima torcia si spense e a tutti parve chiaro che lo spettacolo fosse finito, così cominciarono ad uscire dal teatro.
Una volta fuori, però, sentirono come una fitta allo stomaco, segno che qualcosa aveva colpito più su.
Ogni singolo spettatore tornò alla propria casa con gli occhi spalancati, come se uno di quei personaggi rispecchiasse la sua anima e quella sorta di profezia pronunciata dal primo attore fosse inconfutabile verità.

Tant’è che, forse per paura di tale verità, la vita di qualcuno mutò.


Teruyo la mattina dopo non si spazzolò i capelli.

 

Hoshiko non si fece più vedere per strada a vendere mele.

 

Goemon cominciava a essere più calmo con gli altri.

 

Iku chiese al padre di trovarle un lavoro.

 

Shirosama, dopo insistenti richieste, accettò di uscire con una ragazza.

 

Nori non si curò più delle fortune del fratello e cominciò a crearsi le proprie.

 

Fumiaki riuscì a dire "Ti voglio bene".

 

E un vagabondo, orfano, sorrise per la prima volta il vita sua.

 

Perché è successo tutto questo?
Forse… forse per l’incanto del teatro.


Fine

 

 

 

  
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